Principi di leadership interpersonale

Abbiamo affidato la regola aurea alla memoria; adesso affidiamola alla vita.

Edwin Markham

Una volta mi fu chiesto di collaborare con una società il cui presidente era molto preoccupato per la mancanza di collaborazione fra i suoi dipendenti.

“Il nostro problema principale, Stephen, è che sono egoisti”, dichiarò. “Proprio non vogliono collaborare. So che se collaborassero potremmo produrre enormemente di più. Puoi aiutarci a sviluppare un programma di sviluppo delle relazioni che possa risolvere il problema?”.

“Qual è il problema: le persone o il paradigma?” chiesi.

“Prova a vedere tu stesso” rispose.

Fu quello che feci. Trovai che effettivamente c’erano egoismo, riluttanza a cooperare, resistenza all’autorità e una comunicazione di tipo difensivo. Era evidente che un conto corrente emozionale in rosso aveva generato una cultura di scarsa fiducia. Continuavo a fare domande al presidente.

“Andiamo più a fondo alle cose,” suggerii. “Perché mai i tuoi impiegati non collaborano? Cosa guadagnano a non cooperare?”.

“Non c’è nessuna ricompensa per la non cooperazione” mi assicurò. “Le ricompense sono invece molto più grandi se collaborano”.

Ne siamo sicuri? chiesi. Sulla parete del suo ufficio, dietro una tenda, era appeso un tabellone con sopra numerosi cavalli da corsa allineati su una pista. Sul muso di ciascuno dei cavalli era incollato il ritratto di uno dei suoi impiegati. Alla fine della pista c’era un magnifico poster turistico delle Bermuda, una splendida foto con cielo azzurro e nuvolette bianche, con due innamorati che passeggiano tenendosi romanticamente per mano lungo una spiaggia candida.

Una volta alla settimana il capo convocava tutti i suoi manager nel suo ufficio e parlava di collaborazione: “Lavoriamo tutti insieme. Così facendo faremo tutti più soldi . Poi tirava la tenda e mostrava il tabellone. “Allora, chi di voi vincerà il viaggio alle Bermuda?”.

Era come dire a un fiore di crescere mentre se ne annaffia un altro, come dire "i licenziamenti continueranno finché non si sarà alzato il morale”. Lui voleva cooperazione. Voleva che i suoi impiegati lavorassero insieme, condividessero idee, in uno sforzo che fosse di beneficio comune. Però li metteva in competizione fra loro. Il successo di uno significava il fallimento per gli altri.

Come succede con moltissimi problemi che dividono le persone nel mondo degli affari, nella famiglia e in altre relazioni, il problema di questa azienda era il risultato di un paradigma sbagliato. Il presidente aveva cercato di ottenere collaborazione da un paradigma di competizione. Quando si è accorto che questo non funzionava voleva una tecnica, un programma, un antidoto usa-e-getta per indurre i suoi uomini a collaborare fra loro.

Non si può cambiare il frutto senza cambiare la radice. Lavorare sugli atteggiamenti e sui comportamenti sarebbe stato come lavorare di zappa sulle foglie. Così cominciammo a dare un indirizzo completamente diverso ai nostri sforzi, invece che lavorare sulla produttività del singolo e l’eccellenza organizzativa, sviluppammo un sistema di informazioni e riconoscimenti per rinforzare il valore della cooperazione.

Sia che il vostro ruolo sia quello di dirigente d’azienda o custode, nel momento in cui passate dall’indipendenza all’interdipendenza, passate ad un ruolo di leadership. Siete nella posizione d’influenzare altre persone. E la regola dell’efficace leadership interpersonale corrisponde all’atteggiamento vincere/ vincere.

4.1 Sei paradigmi d’interazione umana

Vinco/vinci non è una tecnica, è una filosofia globale per l’interazione umana. È in effetti uno dei sei paradigmi dell’interazione:

  • Vinco/vinci• Perdo/perdi
  • Vinco/perdi• Vinco
  • Perdo/vinci• Vinco/vinci o niente di fatto

Vinco/vinci

Vinco/vinci è una disposizione di mente e cuore che ricerca costantemente il reciproco beneficio in tutte le interazioni umane. Il paradigma vinco/vinci significa che gli accordi o le soluzioni trovate portano reciproco beneficio, reciproca soddisfazione. Con la soluzione vinco/vinci tutte le parti sono soddisfatte della decisione e si sentono impegnate nel piano d’azione. Vinco/vinci vede la vita non come un arena competitiva ma come una realtà cooperativa. La maggior parte di noi tende a pensare in termini di dicotomie: forte ò debole, duro o morbido, vincere o perdere. Questo modo di pensare è fondamentalmente errato. Si basa sul potere è sulla posizione anziché su principi. Vinco/vinci si basa sul paradigma “c’è posto per tutti”: il successo di una persona non si raggiunge a scapito di altri.

Vinco/vinci significa credere nella terza alternativa. Non si tratta del tuo modo o del mio modo; si tratta di un modo migliore, di un modo superiore.

Vinco/perdi

Un alternativa a vinco/vinci è vinco/perdi, il paradigma della gara per il viaggio alle Bermuda. Afferma che: “Se vinco io, perdi tu”.

Nello stile della leadership, vinco/perdi rappresenta l’approccio autoritario: Io ottengo il mio scopo; tu non ottieni il tuo”. Le persone che osservano il paradigma vinco/perdi sono propense ad utilizzare la posizione, il potere, le credenziali, i beni o personalità, per ottenere i loro scopi.

Nella maggior parte di noi è stato profondamente inculcato fin dalla nascita un copione ispirato alla mentalità vinco/perdi. La prima e più importante delle forze all’opera è la famiglia. Quando un figlio viene confrontato con un altro, quando pazienza, comprensione o affetto è dato o negato sulla base di questi confronti, le persone sono in un atteggiamento mentale vinco/perdi. Ogni volta che l’amore viene dato in maniera condizionata, ogni volta che qualcuno deve meritarsi l’affetto, quello che gli viene comunicato è che non ha un valore intrinseco o che non è degno di essere amato. Viene confrontato col valore di qualcun altro o rapportato a qualche aspettativa.

Cosa può accadere ad un ragazzo, estremamente vulnerabile, estremamente dipendente dall’appoggio e dall’affermazione emotiva proveniente dai genitori, di fronte all’amore condizionato? Verrà formato, plasmato e programmato secondo la mentalità vinco/perdi.

Se sarò più bravo di mio fratello, i miei genitori mi vorranno più bene”.

“I miei genitori vogliono più bene a mia sorella. Si vede che io valgo di meno.

Un altro luogo in cui questi copioni si formano è il gruppo di coetanei. Un ragazzo vuole prima essere accettato dai suoi genitori e poi dai suoi coetanei, siano essi fratelli o amici. E tutti noi sappiamo quanto a volte possano essere crudeli i compagni. Spesso accettano o respingono completamente una persona a seconda di quanto si conforma alle loro aspettative e norme, rafforzando il copione ispirato al paradigma vinco/perdi.

Anche il mondo scolastico conferma e supporta il copione di tipo vinco/perdi. La “statistica” dice fondamentalmente che tu hai preso 8 perché un altro ha preso 5. Interpreta il valore dell’individuo paragonando questo all’altro. Nessun riconoscimento è attribuito al valore intrinseco; ciascuno è definito in modo estrinseco.

“E veramente un piacere averla con noi alla nostra riunione dell’Associazione dei genitori. Lei dovrebbe essere proprio fiero di sua figlia Caroline. È nei 5 più bravi della classe”.

“Mi fa piacere sentirlo”.

“Invece per suo figlio Johnny non va bene. Lui è veramente negli ultimi posti per profitto”.

“Davvero? Ma è terribile! Cosa si può fare?”.

Quello che questo genere di confronti non vi dice è che magari Johnny si sta impegnando al massimo, rispedì) alle sua capacità, mentre Caroline sta battendo la l'iacea, vivendo di rendita. Le persone non sono classificate in base al loro potenziale o a quanto stanno utilizzando della loro capacità, ma in relazione ad altre persone. E i voti, le classifiche significano valore sociale; aprono porte, opportunità, oppure le chiudono. L’essenza del processo educativo è la competizione, non la cooperazione. La cooperazione, anzi, di solito viene associata al barare.

Altro forte produttore di questo paradigma è l’atletica, soprattutto per i giovani di sesso maschile che frequentano le superiori o l’università. Spesso sviluppano il paradigma fondamentale che la vita è un grande gioco, una partita dove si parte da zero punti e dove qualcuno perde. “Vincere” significa “battere” qualcuno nell’arena della competizione sportiva.

Un altro agente è la legge. Noi viviamo in una società litigiosa. La prima cosa a cui molta gente pensa quando si trova in difficoltà è far causa a qualcuno, trascinarlo in tribunale, “vincere” a spese di qualcuno. Ma la mentalità difensiva non è né creativa né cooperativa.

Indubbiamente abbiamo bisogno della legge, se non vogliamo che la società vada a rotoli. La legge garantisce sopravvivenza, ma non crea sinergia. Nel migliore dei casi produce un compromesso. La legge si basa su un concetto di antagonismo. La recente tendenza ad incoraggiare i magistrati e le facoltà di legge a privilegiare i pacifici patteggiamenti, le tecniche del vinco/vinci e l’impiego di giudici di pace, non fornirà forse la soluzione definitiva ma riflette pur sempre una crescente consapevolezza del problema.

Senza dubbio l’atteggiamento mentale vinco/perdi trova il clima ideale in situazioni caratterizzate dalla competitività e da un basso livello di fiducia. La vita, per la sua gran parte, non è competizione. Non dobbiamo certo vivere ogni giorno gareggiando con il nostro coniuge, con i nostri figli, colleghi, vicini e amici. “Chi sta vincendo nel nostro matrimonio?” è un interrogativo ridicolo. Se non stanno vincendo entrambi, stanno perdendo entrambi.

La maggior parte della vita è una realtà interdipendente, non indipendente. La maggior parte dei risultati che volete dipende dalla cooperazione fra voi e altre persone. E la mentalità vinco/perdi non è funzionale a questa cooperazione.

Perdo/vinci

Altre persone sono programmate nel modo opposto: perdo/vinci.

“Io perdo, tu vinci”.

“Vai avanti tu. Hai vinto”.

“Mettimi i piedi in testa. Lo fanno tutti”.

“Io sono un perdente. Sono sempre stato un perdente”.

“Io sono uno che ama il quieto vivere. Farei qualunque cosa per mantenermi in pace con tutti”.

Perdo/vinci è peggio di vinco/perdi perché non ha alcun criterio: nessuna richiesta, nessuna aspettativa, nessuna visione. Quelli che pensano in termini di perdo/vinci sono di solito pronti a compiacere o a metter pace a qualsiasi costo.

Si sforzano di essere graditi o accettati, perché in questo trovano la loro forza. Non hanno molto coraggio di esprimere i loro sentimenti e convinzioni e si sentono facilmente in soggezione di fronte alla forza delle individualità altrui.

Nelle trattative, perdo/vinci è visto come una capitolazione: arrendersi o abbandonare la lotta. Nello stile della leadership, è permissivismo o indulgenza. Perdo/vinci significa essere “un buon diavolo”, anche se “i buoni diavoli sono sempre gli ultimi”.

Le persone fedeli al paradigma vinco/perdi amano quelle che vivono all’insegna del perdo/vinci perché possono approfittarne. Amano le loro debolezze: ne traggono vantaggio. Queste debolezze sono complementari alle loro forze.

Il problema è che le persone perdo/vinci covano moltissimo risentimento. E il risentimento non muore mai: presto o tardi tornerà a colpire nei modi più pericolose. Le malattie psicosomatiche, soprattutto quelle a carico dei sistemi respiratorio, nervoso e circolatorio, costituiscono spesso la manifestazione fisica di risentimento accumulato, di profondo disappunto e disillusione repressi dalla mentalità perdo/vinci. Altre manifestazioni di emozioni represse sono la collera esagerata, reazioni sproporzionate e il cinismo.

Chi reprime in continuazione i propri sentimenti, invece di trascenderli verso qualcosa di più nobile, crede che questo influisca sulla loro stima di sé e sulla qualità dei loro rapporti con gli altri.

Sia il paradigma vinco/perdi che quello perdo/vinci sono posizioni deboli, fondate su insicurezze personali. In un’ottica di breve respiro, vinco/perdi porta risultati maggiori perché utilizza i punti di forza e il talento di persone ai massimi livelli. Perdo/vinci è debole e caotico fin dall’inizio.

Molti dirigenti, manager o genitori oscillano avanti e indietro, come pendoli, dalla mancanza di riguardo per gli altri del vinco/perdi all’indulgenza del perdo/vinci. Quando non possono più sopportare la mancanza di disciplina, di struttura e la chiarezza di direzione applicano vinco/perdi, fino a che il senso di colpa non li porta al perdo/vinci, e così di seguito...

Perdo/perdi

Quando due persone vinco/perdi sono insieme - cioè quando due individui decisi, ostinati ed egocentrici interagiscono - il risultato sarà perdo/perdi. Perderanno entrambi. Entrambi diventeranno vendicativi e vorranno “rendere la pariglia” o “pareggiare i conti”, ignorando il fatto che l’assassinio è un suicidio, che la vendetta è un’arma a doppio taglio.

So di un divorzio in cui il marito ricevette dal giudice l’ordine di vendere le sue proprietà e di versare metà del ricavato alla ex moglie. In ottemperanza all’ingiunzione, egli vendette un’automobile del valore di oltre 10.000 dollari per 50 dollari e ne diede 25 alla moglie. Quando questa protestò, il cancelliere del tribunale fece un controllo e scoprì che il marito stava procedendo allo stesso modo con tutti gli altri beni.

Alcuni individui diventano così “nemicocentrici”, così ossessionati dal comportamento di un’altra persona, che non vedono altro fuorché il loro desiderio che essa perda, anche se ciò significa che loro stessi perderanno. Perdo/perdi è la filosofia del conflitto fra avversari, la filosofia della guerra.

Perdo/perdi è anche la filosofia del soggetto dipendente, privo di direzione interiore, che si sente infelice e pensa che chiunque altro dovrebbe esserlo. “Se nessuno vince mai, forse essere perdente non è così grave”.

Vinco

Un’altra alternativa comune è semplicemente quella dell’atteggiamento vincere. Le persone con la mentalità vinco non vogliono necessariamente che qualcun altro perda. Questo non ha nessuna importanza. Ciò che conta è che essi ottengano quello che vogliono.

Quando non c’è dissidio o competizione, vinco è probabilmente lo schema comportamentale più comune nelle transazioni di ogni giorno. Una persona con la mentalità vinco pensa in termini di conseguimento dei propri obiettivi e lascia che gli altri conseguano i loro.

4.2 Quale opzione è migliore?

Delle cinque filosofie discusse finora - vinco/vinci, vinco/perdi, perdi/vinco, vincere - qual è la più efficace? La risposta è “dipende”. Se tu vinci una partita a football, significa che l’altra squadra perde. Se lavori in una filiale lontana chilometri da un’altra filiale, e non disponi di nessuna relazione funzionale tra gli uffici, magari competere potrebbe essere un’idea per stimolare gli affari. D’altra parte non vorresti mettere in piedi una situazione competitiva di tipo vinco/perdi del tipo “corsa alle Bermuda” all’interno di un’azienda o in una situazione in cui hai bisogno della cooperazione fra persone o gruppi di persone per raggiungere il successo.

Se dai valore a un rapporto personale e la questione non è poi così importante, in alcune circostanze puoi accettare una situazione perdo/vinci per dare un messaggio positivo all’altra persona. “Quello che voglio non è importante per me come il mio rapporto con te. Questa volta facciamo pure come vuoi tu”. Puoi anche scegliere perdo/vinci se credi che l’impiego di tempo e di energie per ottenere un qualsiasi tipo di vittoria sarebbe in contrasto con altri valori più importanti. Può darsi che semplicemente non ne valga la pena.

Ci sono circostanze in cui vorresti solo vincere e non saresti affatto preoccupato delle conseguenze di tale vittoria su altri. Se fosse in pericolo la vita di tuo figlio, per esempio, saresti preoccupato solo in modo marginale di altre persone e circostanze: l’essenziale sarebbe salvare la vita di tuo figlio.

La scelta migliore, quindi, dipende dalla realtà. Il problema è leggere in modo accurato tale realtà e non utilizzare il paradigma vinco/perdi o altri tipi di copioni in ogni situazione.

La maggior parte delle situazioni, infatti, fa parte di una realtà interdipendente, dove l’unica alternativa veramente valida fra le cinque è quella del paradigma vinco/ vinci.

Vinco/perdi non è una valida alternativa perché, anche se ti sembra che io abbia vinto in un confronto con te, ciò ha influito sui tuoi sentimenti, sul tuo atteggiamento verso di me e sul nostro rapporto. Se, per esempio, sono un fornitore della tua azienda e vinco in una particolare contrattazione, imponendo le mie condizioni, posso ottenere quello che voglio. Ma tu ti rivolgerai ancora a me? Il mio vincere a breve termine sarà in realtà un perdere sul lungo periodo se non mi fai più ordinazioni. Quindi un vinco/perdi in una relazione interdipendente è in realtà, sul lungo periodo, un perdo/perdi.

Se siamo in una situazione perdo/vinci, potrà sembrare che per il momento tu stia ottenendo quello che vuoi. Ma come si rifletterà questo sul mio atteggiamento nel nostro rapporto di lavoro, verso il rispetto del contratto? Forse io non mi rivelerò più tanto ansioso di accontentarti. Non mi dimenticherei di questo in una successiva contrattazione. Potrei lamentarmi di questo con i colleghi o raccontare quello che è accaduto. Così siamo di nuovo al paradigma perdo/perdi. Perdo/perdi, naturalmente, non è valido in nessun contesto.

E se io mi concentrassi sul mio personale obiettivo di vincere e non prendessi neppure in considerazione il tuo punto di vista, non si avrebbe alcuna base per nessun tipo di relazione produttiva.

Sul lungo periodo, se non c’è vittoria per entrambi, perdiamo entrambi. Ecco perché vinco/vinci è l’unica vera alternativa nelle realtà interdipendenti.

Durante una mia consulenza, il direttore di una grossa catena di negozi , che mi disse: ‘Stephen, l’idea del vinco/vinci è buona, ma è troppo idealistica. Il duro, realistico mondo degli affari è qualcosa di diverso. Dappertutto c’è vinco/perdi, e se non ti butti nella mischia non ce la fai, ecco tutto”.

“E va bene” obiettai, “applica vinco/perdi coi tuoi clienti. È realistico questo? .M

“Beh, no” rispose.

“Perché no?”.

“Perderei i miei clienti”.

^Allora accetta l’opzione perdo/vinci: vendi i negozi. Questo è realistico?”.

“No. Nessun margine, nessun investimento”.

Considerammo le varie alternative, e vinci/vinci apparve l’unico approccio veramente realistico.

“ Penso che vada bene per i clienti” ammise, “ma non per i fornitori”.

“Tu sei il cliente del fornitore” argomentai. “perché non vale lo stesso principio?”

“Beh, poco tempo fa abbiamo ridiscusso le modalità dei nostri contratti di locazione con i direttori e i proprietari dei negozi” spiegò. “Abbiamo adottato un atteggiamento vinco/vinci. Siamo stati aperti, ragionevoli, concilianti. Ma quelli hanno preso questa posizione per debolezza, e così ci hanno fregato”.

“Ma perché avete scelto il perdo/vinci?” chiesi.

^ Non l’abbiamo scelto. Il nostro paradigma era vinco/vinci”.

“Non hai detto che vi hanno fregato?”.

“Infatti”.

“In altre parole, avete perso”. “Esatto”.

“E loro hanno vinto”. “Già”.

“Allora questo come lo chiamiamo?”.

Quando si rese conto che quello che aveva chiamato vinco/vinci era in realtà un perdo/vinci, rimase sconcertato. Quando esaminammo le conseguenze a lungo termine di quel perdo/vinci, i sentimenti repressi, i valori calpestati, il risentimento nascosto, convenimmo che alla fine era in realtà una perdita per entrambe le parti.

Se quell’uomo avesse avuto un reale atteggiamento vinco/vinci, avrebbe mantenuto vivo più a lungo il processo di comunicazione, avrebbe ascoltato di più il rappresentante dei negozianti e poi avrebbe espresso il suo punto di vista con più coraggio. Avrebbe continuato a operare nello spirito del vinco/vinci finché non fosse stata raggiunta una soluzione soddisfacente per entrambi. Questa soluzione, questa terza alternativa, sarebbe stata sinergica: probabilmente qualcosa a cui nessuno dei due aveva pensato per conto suo.

Vinco/vinci o niente di fatto

Quando due persone non giungono a una soluzione sinergica - con soddisfazione di entrambi - possono arrivare a un’espressione ancora più alta del vinco/vinci: vinco/vinci o niente di fatto.

“Niente di fatto” significa sostanzialmente che se non possiamo trovare una soluzione che sia di beneficio per entrambi, ci accordiamo su un garbato disaccordo: niente di fatto. Non è stata creata nessuna aspettativa, non sono stati stipulati contratti per specifiche prestazioni. Io non ti assumo oppure non condividiamo questo incarico perché è evidente che i nostri valori o i nostri obiettivi stanno andando in opposte direzioni. Molto meglio rendersene conto prima ancora d’imbarcarsi nell’impresa, che alla fine, quando si sono create aspettative, ed entrambe le parti hanno subito una delusione.

Quando avete un niente di fatto come opzione nella vostra mente, vi sentite liberati perché non avete bisogno di manipolare persone, di riempire l’agenda di impegni pressanti, di impegnare tutti i vostri sforzi in vista del vostro scopo. Potete essere aperti. Potete cercare realmente di comprendere le motivazioni più profonde delle diverse posizioni.

Con un niente di fatto come opzione, potete dire onestamente: “Io voglio lavorare soltanto per il vinco/vinci. Io voglio vincere, e voglio che anche tu vinca. Non voglio abbandonare la mia posizione, ma non voglio neanche che tu non sia soddisfatto, questo, infatti, alla fine, creerebbe un prelievo importante nel conto corrente emozionale. Non credo d’altra parte che ti sentiresti contento se vincessi tu e io perdessi. Perciò lavoriamo per un vinco/vinci. Organizziamoci bene per ottenere questo risultato. E se non possiamo ottenerlo rinunciamo di comune accordo. Meglio lasciar perdere che ritrovarci con una decisione che non vada bene per entrambi. Magari ci si ripresenterà un’altra occasione, e forse riusciremo a lavorare insieme”.

Poco dopo aver appreso il concetto di vinco/vinci o niente di fatto, il direttore di una piccola ditta di software mi raccontò questo aneddoto:

“Avevamo sviluppato un nuovo software che abbiamo venduto con un contratto quinquennale a una banca. Il direttore della banca ne era entusiasta, ma la sua decisione non piaceva ai suoi collaboratori”.

“Circa un mese dopo la banca ha cambiato direttore. Il nuovo direttore è venuto da me e mi ha detto: ‘Non mi trovo proprio con queste innovazioni informatiche. Ho per le mani un bel problema. Tutti i miei impiegati dicono che non si trovano a loro agio, e io non me la sento proprio, per il momento, d’insistere perché si adeguino al programma’ ”.

“La mia azienda era in grosse difficoltà finanziarie. Sapevo di avere ogni diritto legale di far rispettare il contratto. Ma ero convinto del valore del principio vinco/vinci. Così gli ho detto: ‘Noi abbiamo un contratto. La sua banca si è assicurata i nostri prodotti e i nostri servizi per poter convertire le sue attività secondo il nostro programma. Mi rendo conto che lei non ne è contento, quindi accetto di annullare il contratto e di restituirle l’acconto; se un giorno, in futuro, cercherà una soluzione in termini di software, tomi a trovarci’”.

“Praticamente ho stracciato un contratto da 84.000 dollari: quasi un suicidio finanziario. Però ho sentito che, nel lungo periodo, se il principio era giusto, il danno sarebbe rientrato e avrebbe fruttato anche interessi”.

“Tre mesi dopo il nuovo direttore mi ha telefonato: “Sto introducendo innovazioni nel modo di elaborare i dati, e voglio fare un affare con lei. Ho firmato un contratto per 240.000 dollari”.

Qualsiasi cosa di meno di una soluzione vinco/vinci in una realtà interdipendente è una seconda scelta che avrà un impatto negativo a lungo termine sul rapporto. È necessario considerare con attenzione il costo di tale impatto. Se non si può raggiungere una vera situazione vinco/vinci, molto spesso è preferibile optare per un niente di fatto.

Vinco/vinci o niente di fatto introduce un’enorme quantità di libertà emotiva nei rapporti all’interno della famiglia. Se i membri di una famiglia non riescono a mettersi d’accordo su un video che piaccia a tutti, possono semplicemente decidere di fare qualcos’altro piuttosto che qualcuno si goda la serata a spese di altri.

Ho un’amica che per molti anni aveva coinvolto tutti i suoi familiari nell’abitudine di cantare insieme. Quando i figli erano ancora piccoli, arrangiava la musica, confezionava i costumi, accompagnava i bambini al piano e dirigeva le esibizioni.

Quando i figli diventarono più grandi, i loro gusti musicali cominciarono a cambiare e cominciarono a volere decidere il repertorio e i costumi. Dirigerli diventò meno facile.

Lei aveva cantato in pubblico per anni e si sentiva più vicina alle preferenze degli anziani delle case di riposo dove avevano intenzione di esibirsi, e quindi si rendeva conto che molte delle idee suggerite dai figli non sarebbero state opportune. Nello stesso tempo, però, riconosceva il loro bisogno di esprimersi e di partecipare al processo decisionale.

Così stabilì una situazione vinco/vinci o niente di fatto. Disse ai ragazzi che voleva arrivare a un accordo su cui si trovassero tutti soddisfatti: in caso contrario essi semplicemente avrebbero trovato altri modi per esprimersi. Il risultato fu clic ciascuno si sentì libero di esprimere i propri sentimenti e idee mentre lavorava con gli altri per arrivare a una soluzione vinco/vinci, sapendo che poteva essere d’accordo o meno senza stress emotivi.

L'approccio vinco/vinci o niente di fatto è realistico soprattutto all’inizio di un rapporto d’affari o di un’impresa commerciale. In un rapporto d’affari continuativo, il niente di fatto può non essere un’opzione valida o può creare gravi problemi, particolarmente nelle aziende familiari o in relazioni d’affari tra amici.

Nello sforzo di salvare il rapporto, a volte le persone continuano per anni ad accettare un compromesso dopo l’altro, pensando in termini di vinco/perdi o perdo/vinci anche quando parlano in termini di vinco/vinci. Questo crea grossi problemi per le persone e per gli affari, soprattutto se la competizione va ad incidere sul paradigma vinco/vinci e sulla sinergia.

Senza un niente di fatto, molte aziende vanno in crisi, falliscono o devono essere affidate a manager esterni. L’esperienza mostra che spesso è meglio, nell’avviare un’azienda di famiglia o un’impresa fra amici, riconoscere la possibilità finale di un niente di fatto e stabilire un qualche tipo di patto di compravendita in modo che gli affari possano prosperare senza danneggiare in modo permanente il rapporto.

Naturalmente esistono relazioni dove il niente di fatto non è accettabile. Io non abbandonerei mai i miei figli o mia moglie per rifugiarmi in un niente di fatto (meglio sarebbe, se necessario, ricorrere a un compromesso: una forma inferiore di vinco/vinci). In molti casi, è possibile entrare in trattative con un pieno atteggiamento vinco/vinci o niente di fatto: la libertà resa possibile da questo atteggiamento è incredibile.

4.3 Cinque dimensioni di vincere/vincere

L’atteggiamento vinco/vinci è la regola della leadership interpersonale. Esso implica l’esercizio di ciascuna delle facoltà umane - autoconsapevolezza, immaginazione, coscienza e volontà autonoma - nelle nostre relazioni con gli altri. Comporta mutuo apprendimento, mutua influenza, mutui benefici.

Ci vuole un gran coraggio, nonché molta riflessione, per creare questi benefici reciproci, soprattutto se stiamo interagendo con altri che hanno dentro, nell’intimo più profondo, un copione in stile vinco/perdi.

Ecco perché questa regola implica dei principi di leadership interpersonale. Un’efficace leadership interpersonale richiede visione, iniziativa proattiva e quanta sicurezza, direzione, saggezza e potere proviene da una leadership personale incentrata su principi.

L’atteggiamento vinco/vinci è fondamentale per il successo in tutte le nostre interazioni, e coinvolge cinque dimensioni interdipendenti della vita. Si inizia con il carattere per procedere verso le relazioni, da cui nascono accordi. Si nutre in un ambiente dove strutture e sistemi si basano sul paradigma vinco/vinci. E implica un processo; non possiamo raggiungere vinco/vinci attraverso paradigmi vinco/perdi o perdo/vinci.

Il seguente diagramma mostra in che modo queste cinque dimensioni sono in rapporto fra loro: il carattere è il fondamento del paradigma vinco/vinci, e tutto il resto si regge su questo fondamento. Tre sono i tratti del carattere fondamentali per il paradigma vinco/vinci.

Coerenza. Abbiamo già definito la coerenza come il valore che attribuiamo a noi stessi. Le regole 1, 2 e 3 ci aiutano a sviluppare e a mantenere la coerenza. Mentre identifichiamo chiaramente i nostri valori e li applichiamo quotidianamente, grazie alla nostra nuova gestione ed organizzazione, possiamo sviluppare l’autoconsapevolezza e la volontà autonoma, facendo promesse e prendendo impegni importanti, e rispettandoli.

Non ha senso cercare di ottenere vinco nella nostra vita se non sappiamo neppure, in un senso profondo, che cosa sia vincere: che cosa è, in effetti, in armonia con i nostri valori più profondi. E, se non possiamo prendere e mantenere gli impegni con noi stessi oltre che con gli altri, i nostri impegni diventano privi di significato. Noi lo sappiamo; gli altri lo sanno. Sentono la malafede e si mettono sulla difensiva. Non c’è una base di fiducia e vinco/vinci diventa una tecnica superficiale e inefficace. La coerenza è la pietra angolare delle fondamenta.

Maturità. La maturità è l’equilibrio fra il coraggio e la considerazione per gli altri. Se un individuo riesce a esprimere i suoi sentimenti e le sue convinzioni con coraggio, cui fa da contraltare la considerazione per i sentimenti e le convinzioni dell’altro, è maturo, tanto più se la questione è molto importante per entrambi.

Se esaminiamo molti dei test psicologici usati per selezionare candidati, per organizzare campagne promozionali o a scopi formativi, troviamo che sono stati ideati per valutare questo tipo di maturità. Che lo si definisca “equilibrio forza dell’io/empatia”, “equilibrio fiducia in sé/rispetto per gli altri”, “equilibrio interesse per le persone/interesse per i propri compiti, “Io sono okay, tu sei okay” nel linguaggio dell’analisi transazionale, o “9.1, 1.9, 5.5, 9.9” nel linguaggio cifrato del management, la qualità ricercata ò l'equilibrio fra ciò che chiamo coraggio e ciò che chiamo considerazione per gli altri.

Il rispetto per questa qualità è profondamente radicato nella teoria dell’interazione, del management e della leadership umana. È una profonda manifestazione dell’equilibrio P/CP. Mentre il coraggio può concentrarsi sull’ottenimento dell’uovo d’oro, la considerazione ha a che vedere con il bene a lungo termine della gallina. Il compito principale della leadership è quello di migliorare lo standard di vita e la qualità di vita degli stakeholder.

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Molti pensano per dicotomie, in termini di “o questo o quello”. Pensano che se sei gentile non sei energico. Ma vinco/vinci significa essere gentile... ed energico. E due volte più energico di vinco/perdi. Per arrivare al paradigma vinco/vinci, non solo devi essere gentile, ma anche coraggioso. Non solo devi essere empatico, ma anche fiducioso. Non solo devi avere considerazione e sensibilità, ma anche audacia. Raggiungere questo equilibrio fra coraggio e considerazione per gli altri, è l’essenza della vera maturità ed è fondamentale per il paradigma vinco/vinci.

Se il mio coraggio è alto e la mia considerazione per gli altri bassa, dove mi colloco? In quella del paradigma vinco/perdi. Sarò forte ed egocentrico. Avrò il coraggio delle mie convinzioni, ma non mostrerò molta considerazione per le tue.

Per compensare la mia mancanza di maturità interiore e di forza emotiva, potrò prendere in prestito forza dalla mia posizione e dal mio potere, dalle mie credenziali, dalla mia anzianità di servizio, dalle mie conoscenze sociali.

Se il mio livello di considerazione è alto e il mio livello di coraggio è basso, penserò in termini di perdo/vinci. Mostrerò un tale riguardo per le tue opinioni e i tuoi desideri che non avrò il coraggio di esprimere e realizzare i miei.

Un alto livello di coraggio e un alto grado di considerazione sono entrambi essenziali per la situazione vinco/vinci. Il loro equilibrio è il marchio di qualità della vera maturità. Se si possiede questo equilibrio, si può ascoltare, si può comprendere empaticamente, ma si può anche prendere coraggiosamente posizione.

Mentalità dell’abbondanza. Il terzo tratto del carattere essenziale per vinco/vinci è la mentalità dell’abbondanza, il paradigma secondo cui a questo mondo ce n’è per tutti.

La maggior parte delle persone ha introiettato un copione che s’ispira a ciò che io chiamo mentalità della scarsità. Vedono la vita come poco generosa, come se avesse messo a disposizione degli uomini una sola torta. Pensano che se qualcuno prendesse una grossa fetta della torta a tutti gli altri ne toccherebbe di meno. La mentalità della scarsità è il paradigma a somma zero della gelosia e dell’invidia.

Quelli che hanno questa mentalità trovano molto difficile condividere riconoscimento e credito, potere o profitto, anche con coloro che li aiutano nel raggiungere risultati. Trovano molto difficile essere sinceramente lieti per il successo di altri: anche, e a volte in particolar modo, dei membri della loro stessa famiglia o di amici intimi e soci. Quando qualcun altro riceve uno speciale riconoscimento o fa un guadagno inaspettato oppure ottiene un successo o un risultato lusinghiero, è come se qualcosa venisse strappato a loro.

Anche se a parole possono dichiararsi felici per il successo altrui, dentro si rodono il fegato. Traggono il senso del proprio valore da continui confronti, e quindi il successo di qualcun altro significa, in una certa misura, il loro fallimento. Soltanto una percentuale ristretta di studenti ottiene il massimo dei voti; soltanto una persona può essere il “numero uno”. Per i prigionieri della mentalità della scarsità, “vincere” significa semplicemente “battere”.

Spesso hanno il desiderio che qualcun altro abbia una disgrazia: non una disgrazia tremenda, ma una accettabile, che lo tenga “al suo posto”. Fanno sempre paragoni, sono sempre in competizione. Spendono le loro energie per poter possedere cose o persone per aumentare il proprio senso di benessere.

Pretendono che gli altri siano come vorrebbero. Spesso vorrebbero addirittura fame dei cloni, e si circondano di yes men: persone che non si arrischierebbero mai a sfidarli, persone più deboli di loro.

Per gli individui che hanno questa mentalità della scarsità far parte di un team è difficile. Definiscono le differenze come segni d’insubordinazione o di slealtà.

La mentalità dell’abbondanza, invece, nasce da un profondo senso interiore di valore personale e di sicurezza. È il paradigma secondo cui nel mondo regna l’abbondanza e c’è più del necessario per tutti. Il suo risultato è la condivisione di prestigio, riconoscimento, profitti, decisioni. Apre possibilità, opzioni, alternative e occasioni di creatività.

La mentalità dell’abbondanza porta la gioia, la soddisfazione e il senso di realizzazione delle regole 1, 2 e 3 all’esterno, apprezzando l’unicità, la direzione interiore, la natura proattiva degli altri. La mentalità dell’abbondanza riconosce le illimitate possibilità di crescita e di sviluppo interattivo e positivo, e crea nuove terze alternative.

Successo pubblico non significa successo su altre persone. Significa successo in un’efficace interazione che porta risultati reciprocamente positivi a chiunque sia coinvolto. Successo pubblico significa lavorare insieme, comunicare insieme, fare insieme cose che neppure le stesse persone potrebbero fare lavorando ciascuna per proprio conto. E il successo pubblico è un risultato del paradigma della mentalità dell’abbondanza.

La mentalità dell’abbondanza rivela un carattere ricco di coerenza e di maturità, e possiede una genuinità che va molto oltre la tecnica, o la sua mancanza, nelle interazioni umane.

Una cosa che ho trovato particolarmente utile per chi, trovandosi al paradigma vinco/perdi, voglia sviluppare un carattere di tipo vinco/vinci è il frequentare un modello o mentore realmente coinvolto dalla mentalità vinco/vinci. Chi invece ha profondamente introiettato un copione vinco/perdi o altre filosofie del genere e frequenta regolarmente persone dello stesso tipo non ha molte occasioni di vedere e sperimentare la filosofia del vinco/vinci. Perciò consiglio di leggere certi libri, come l’autobiografia di Anwar Sadat, e di vedere film come Momenti di gloria o lavori teatrali come I miserabili, che presentano modelli di vinco/vinci.

Ma ricorda: se cerchiamo abbastanza nel profondo di noi stessi - oltre i copioni che ci sono stati dati, oltre gli atteggiamenti e i comportamenti appresi - la vera validazione del paradigma vinco/vinci, come di qualunque altro principio col letto, risiede nelle nostre stesse esistenze.

Relazioni

Sul fondamento del carattere noi costruiamo e manteniamo relazioni di tipo vinco/vinci. La fiducia, il conto corrente emozionale, è l’essenza del paradigma vinco/vinci. In assenza di fiducia, il meglio che possiamo ottenere è il compromesso; se non siamo degni di fiducia, non abbiamo la credibilità per implementare una comunicazione aperta e franca.

Se il nostro conto corrente emozionale è ricco, la credibilità non è più un problema. Sono stati effettuati sufficienti depositi da far sapere a voi e a me che ci rispettiamo profondamente a vicenda. Siamo focalizzati sui problemi, non su personalità o posizioni.

Dato che ci fidiamo l’uno dell’altro, siamo aperti. Mettiamo le carte in tavola. Anche se vediamo le cose in modo diverso, io so che tu sei disposto ad ascoltarmi con rispetto mentre ti descrivo la giovane donna del disegno, e tu sai che ti ascolterò con lo stesso rispetto quando mi descriverai la vecchia. Il nostro impegno comune è quello di comprendere profondamente ciascuno il punto di vista dell’altro e di lavorare insieme per la terza alternativa, la soluzione sinergica, che sarà la miglior risposta per entrambi.

Una relazione dove i conti correnti sono ingenti ed entrambe le parti sono seriamente impegnate nella direzione vinco/vinci è il trampolino ideale da cui lanciare una vera sinergia (regola 6). Tale relazione non sminuisce assolutamente la realtà o l’importanza dei problemi, né elimina le differenze in fatto di punti di vista. Elimina però l’energia negativa che di norma si concentra su differenze di personalità e di posizioni, e crea un’energia positiva, finalizzata alla cooperazione e alla massima comprensione dei problemi, da risolvere a beneficio di entrambe le parti.

Ma che accade se questo tipo di relazione non esiste? Che accade se dobbiamo arrivare a un accordo con qualcuno che non ha mai neppure sentito parlare del paradigma vinco/vinci e che ha profondamente introiettato un copione vinco/perdi o qualche altra filosofia del genere?

Il vero banco di prova per chi vuol accedere al paradigma vinco/vinci è affrontare una situazione vinco/perdi. E raro che in ogni circostanza si arrivi al paradigma vinco/vinci. E necessario fare i conti con profondi problemi e fondamentali differenze, è molto più facile quando entrambe le parti sanno che nella relazione è stato aperto un grosso conto corrente emozionale e si comportano responsabilmente di conseguenza.

Quando avete a che fare con una persona che proviene da un paradigma vinco/perdi la chiave è ancora la relazione. La sede su cui dovete concentrarvi è la

vostra sfera d’influenza. Voi tate depositi sul conto corrente emozionale tramite la cortesia, il rispetto e l’apprezzamento per l’altra persona e il suo punto di vista. Rimanete più a lungo nel processo di comunicazione. Ascoltate di più, e più in profondità. Vi esprimete con maggior coraggio. Non siete reattivi. Intensificate il vostro lavoro d’introspezione così da portare alla luce tutta la vostra forza di carattere e quindi essere proattivi. Proseguite questi sforzi finché l’altra persona non comincia a capire che volete sinceramente che la risoluzione sia una reale vittoria per entrambi. Il processo stesso rappresenta un enorme deposito sul conto corrente emozionale.

E più siete forti - più il vostro carattere è genuino, più il vostro livello di proattività è alto, più siete impegnati verso l’ottenimento di vinco/vinci - più sarà forte la vostra influenza sull’altra persona. Questo è il vero banco di prova della leadership interpersonale, che ora supera il semplice rapporto di transazione per assumere anche una funzione di trasformazione, che si esercita non solo sugli individui coinvolti, ma anche sulla relazione.

Poiché nella vita ciascuno può provare la validità del principio vinco/vinci, potrete convincere la maggior parte delle persone che esse otterranno più di quello che vogliono ricercando ciò che entrambi volete. Alcune persone, però, totalmente coinvolte dalla mentalità vinco/perdi, si rifiuteranno categoricamente di pensare in termini di vinco/vinci. Quindi ricordate che esiste sempre la possibilità del niente di fatto. Oppure in certi casi potete scegliere di adottare la forma inferiore del vinco/vinci: il compromesso.

E importante rendersi conto che non è necessario che tutte le decisioni siano di livello vinco/vinci, anche quando il conto corrente emozionale è ingente. Ancora una volta, la chiave è la relazione. Facciamo l’esempio che tu ed io lavoriamo insieme, e tu venga a dirmi: “Stephen, so che questa decisione non ti piacerà. Non ho tempo per spiegarti, e tanto meno per coinvolgerti. C’è una buona possibilità che tu la giudichi sbagliata. Ma l’appoggerai ugualmente?”.

Se tu avessi con me un conto corrente emozionale in attivo, naturalmente io appoggerei la tua decisione. Spererei che tu abbia ragione e io torto. Mi darei da fare per il successo della tua decisione.

Ma se non esistesse un conto corrente emozionale, e io fossi reattivo, non l’appoggerei veramente. Potrei dirti a parole che lo farei, ma dentro di me non ne sarei entusiasta. Non farei l’investimento necessario per la riuscita del tuo progetto. “Non ha funzionato” direi. “E adesso cosa vuoi che faccia?”.

Se fossi ipereattivo potrei addirittura cercare di far fallire i tuoi piani e fare tutto il possibile per indurre anche altri ad agire nello stesso modo. Oppure potrei fare uno “sciopero bianco” e eseguire esattamente e unicamente quello che mi dici di fare, senza accettare nessuna responsabilità per i risultati.

Durante i cinque anni che ho passato in Gran Bretagna, per due volte ho visto questo paese ridotto in ginocchio perché i ferrovieri avevano indetto uno sciopero bianco, osservando il regolamento con paralizzante puntigliosità.

La lettera di un accordo significa molto poco se il suo spirito non si regge su una base costituita dal carattere e dal rapporto. È quindi necessario che ci avviciniamo al paradigma vinco/vinci partendo da un autentico desiderio d’investire nelle relazioni che lo rendono possibile.

Accordi

Dalle relazioni scaturiscono gli accordi che definiscono e danno una direzione al paradigma vinco/vinci. Questi accordi (chiamati talvolta accordi di performance oppure accordi di partnership) trasformano il paradigma dell’interazione produttiva da verticale ad orizzontale: la supervisione dall’alto diventa autosupervisione, e alla diversità di posizioni gerarchiche subentra la condizione di partner nel successo.

Gli accordi della categoria vinco/vinci comprendono un ampio spettro d’interazioni interdipendenti. Abbiamo discusso di una importante applicazione quando abbiamo parlato della delega a proposito della regola 3 (ricorderete l’episodio del “verde e pulito”). Gli stessi cinque elementi elencati in quell’occasione forniscono la struttura per gli accordi di tipo vinco/vinci fra capi e collaboratori, fra professionisti che collaborano a progetti, fra gruppi di persone concentrate in modo cooperativo su un obiettivo comune, fra committenti e fornitori: tutte persone che hanno bisogno d’interagire per raggiungere i loro scopi. Creano un sistema efficace per chiarire e soddisfare le aspettative fra individui impegnati in qualsiasi attività interdipendente.

Nell’accordo vinco/vinci, questi cinque elementi sono definiti in modo molto esplicito:

Risultati desiderati (non metodi): identificano che cosa dev’essere fatto e quando.

Linee guida: stabiliscono i parametri (principi, politiche ecc.) entro i quali i risultati vanno ottenuti.

Risorse: identificano la disponibilità di fattori umani, finanziari, tecnici od organizzativi atti a favorire il conseguimento dei risultati.

Valutazione: fornisce la possibilità di valutare le prestazioni in base a canoni stabiliti e in momenti prefissati.

Conseguenze (buone e cattive, naturali e logiche): quello che succede e succederà come risultato della valutazione.

Questi cinque elementi conferiscono vita propria agli accordi vinco/vinci. Una comprensione ed un accordo chiari e condivisi fin dall’inizio su questi cinque fattori stabiliscono il parametro in base al quale le persone possono valutare il loro successo.

La tradizionale supervisione autoritaria è un paradigma vinco/perdi. È anche il risultato di un conto corrente emozionale in rosso. Se non avete fiducia o una visione comune di risultati desiderati, tendete a controllare dall’alto e a dirigere. In assenza di fiducia, vi sentite in dovere di controllare gli altri.

Ma se sul conto corrente emozionale è depositato un grosso capitale di fiducia, qual è il vostro metodo? Lasciar lavorare gli altri secondo i loro sistemi. Se avete un chiaro accordo vinco/vinci fin dall’inizio ed essi sanno esattamente che cosa ci si aspetta da loro, il vostro ruolo è di essere una fonte di aiuto e di ricevere unicamente report periodici.

È molto più nobilitante per lo spirito umano lasciare che siano le persone a giudicare se stesse anziché giudicarle .ottenendo, in una cultura di elevata fiducia, valutazioni più esatte. In molti casi le persone sanno esattamente come stanno andando le cose molto meglio di quanto sia mostrato dai dati. Il discernimento è spesso molto più accurato dell’osservazione o delle rilevazioni.

Training vinco/vinci al management

Parecchi anni fa ero indirettamente coinvolto in un progetto di consulenza per un grosso gruppo bancario, con gran numero di filiali. Ci era stato chiesto di valutare e migliorare il programma di training al gruppo manageriale, programma sostenuto da un budget annuo di 750.000 dollari. Il programma comprendeva la selezione di laureati e la loro assegnazione, mediante dodici incarichi bisettimanali, a vari uffici per un periodo di tempo di sei mesi in modo che potessero farsi un’idea generale dell’organizzazione. Essi dedicavano due settimane ai crediti commerciali, due settimane ai crediti industriali, due settimane al marketing, due settimane alle operazioni bancarie ecc. Alla fine del periodo di sei mesi venivano assegnati come vicedirettori alle varie filiali della banca.

Il nostro incarico consisteva nel valutare quei sei mesi di training formale. Quando cominciammo scoprimmo che la parte più difficile del compito era ottenere un’idea chiara dei risultati desiderati. Ponemmo ai dirigenti la domanda chiave, una domanda difficile: “Che cosa dovrebbero saper fare queste persone una volta terminato il programma?”. Le risposte che ricevemmo furono vaghe e spesso contraddittorie.

Il programma di training era focalizzato sul metodo, non sui risultati; suggerimmo quindi ai funzionari dell’istituto di credito di avviare un programma di training pilota impostato su un paradigma diverso denominato “apprendimento controllato dall’allievo”. Era un accordo vinco/vinci che implicava l’identificazione di specifici obiettivi e criteri in base a cui poter dimostrare i risultati conseguiti, e l’identificazione delle linee guida, delle risorse, della valutazione e delle conseguenze che sarebbero derivate dal raggiungimento degli obiettivi. In questo caso le conseguenze erano la promozione a vicedirettore: in tale veste i partecipanti avrebbero ricevuto la parte pratica del loro addestramento, e un sensibile aumento di stipendio.

Dovemmo insistere parecchio per ottenere una chiara definizione degli obiettivi. “Che cosa volete che sappiano di contabilità? E di marketing? E di mutui immobiliari?”. E via di seguito per l’intero elenco. Alla fine ci presentarono oltre cento obiettivi, che semplificammo, riducemmo e unificammo fino ad arrivare a 39 specifici obiettivi comportamentali e che implicavano il rispetto di determinati criteri.

I ragazzi erano molto motivati a soddisfare nel più breve tempo possibile questi criteri sia per l’opportunità di avanzamento che si presentava loro sia per l’aumento di stipendio. C’era un grosso guadagno in gioco per loro e anche un grosso guadagno per l’istituto bancario, che così avrebbe potuto disporre di vicedirettori di filiale, preparati su criteri pratici, in vista di risultati, e che quindi non si sarebbero limitati a fare atto di presenza in una dozzina di diversi settori di attività. Perciò spiegammo la differenza fra apprendimento controllato dall’allievo e istruzione dell’allievo controllata dal sistema. Sostanzialmente dicevamo: “Questi sono gli obiettivi e i criteri. Queste sono le risorse, compreso l’apprendimento e l’insegnamento reciproci. Dunque, attenetevi a questi fattori. Non appena vi mostrerete all’altezza dei criteri, sarete promossi vicedirettori”.

Finirono in tre settimane e mezzo. Il salto di paradigma del training aveva liberato una motivazione e una creatività incredibili.

Come avviene con molti salti di paradigma, ci furono resistenze. Quasi tutti i dirigenti non credettero alla nostra metodologia. Quando gli fu mostrata la prova che i criteri erano stati rispettati, obiettarono: “Questi allievi non hanno esperienza. Non si sono fatti le ossa, e quindi sono ancora lontani da quella capacità di giudizio che pretendiamo da un vicedirettore di filiale”.

Parlando con loro più tardi trovammo che quello che molti di loro intendevano era questo: “Noi lavoriamo duro tutta la settimana; perché non dovrebbero farlo anche i nuovi arrivati?”. Ma naturalmente non potevano metterla in questi termini, “Non si sono fatti le ossa” era un’espressione molto più accettabile.

Inoltre, per ovvi motivi (compresa la spesa di bilancio di 750.000 dollari per un programma di sei mesi), l’ufficio personale era disperato.

Quindi rispondemmo: “Va bene. Sviluppiamo altri obiettivi sostenuti da criteri pratici, attenendoci sempre al paradigma dell’apprendimento controllato dall’allievo”. Fissammo altri otto obiettivi con criteri molto rigorosi per rassicurare i dirigenti sull’adeguata preparazione dei giovani al futuro compito di vice- direttori di filiale e per proseguire il programma di addestramento sul campo. Dopo aver partecipato ad alcune delle sessioni in cui furono preparati questi criteri, molti dei dirigenti della banca osservarono che se gli allievi fossero riusciti a raggiungere quei criteri così stretti, sarebbero stati meglio preparati di chiunque avesse seguito il programma di sei mesi.

Noi avevamo preparato i giovani ad aspettarsi una certa resistenza. Gli mostrammo di nuovo gli obiettivi e i criteri aggiuntivi e spiegammo: “Proprio come avevamo previsto, l’amministrazione vi vuole far raggiungere nuovi obiettivi, e con criteri ancora più severi di quelli di prima. Ci hanno assicurato che se farete onore a questi criteri, vi promuoveranno a vicedirettori”.

Così si misero al lavoro, in modo incredibile. Andarono dai grandi capi nei vari uffici, ad esempio in contabilità e dissero in sostanza: “Signore, io faccio parte di questo nuovo programma pilota che si chiama istruzione controllata dall’allievo, e immagino che lei abbia partecipato alla definizione dei suoi obiettivi e criteri. In questo particolare reparto ho sei criteri da soddisfare. Sono riuscito a soddisfarne tre grazie alle capacità acquisite all’università; un altro grazie a un libro; il quinto me l’ha insegnato Tom, il ragazzo che lei ha formato la settimana scorsa. Mi rimane soltanto un criterio di cui mostrarmi all’altezza, e mi chiedo se lei o qualcun altro del reparto sarebbe in grado di passare qualche ora con me per mostrarmi come fare”. Così trascorsero mezza giornata in un reparto anziché due settimane.

Questi allievi cooperarono fra loro, sintonizzarono il cervello sulla stessa lunghezza d onda e lo portarono al massimo grado creatività, riuscendo a conseguire gli obiettivi aggiuntivi in una settimana e mezzo. Il programma di sei mesi fu ridotto a cinque settimane, con un notevole incremento dei risultati positivi.

Questo tipo di pensiero può similmente influire su qualsiasi settore di vita organizzativa se le persone hanno il coraggio di esaminare a fondo i loro paradigmi e di concentrarsi sulla formula vinco/vinci. Rimango sempre stupito dei risultati che si producono, sia a benefìcio di singoli che di organizzazioni, quando individui responsabili, proattivi e autodiretti sono lasciati liberi nel raggiungimento di un compito.

Accordi di performance vinco/vinci

Stabilire accordi di performance vinco/vinci richiede salti di paradigma di rilevanza vitale. L’attenzione viene concentrata sui risultati, non sui metodi. Molti di noi tendono a supervisionare i metodi. Certamente ricorriamo alla delega operativa discussa a proposito della regola 3 (il metodo da me usato con Sandra quando le chiesi di fare delle foto a nostro figlio mentre faceva lo sci d’acqua), ma gli accordi vinco/vinci si focalizzano sui risultati, liberando un enorme potenziale umano individuale e creando una maggior sinergia, costruendo nel processo il fattore CP invece di concentrarsi esclusivamente sul fattore P.

Con la valutazione vinco/vinci, le persone valutano se stesse. I tradizionali giochi di valutazione a cui la gente ricorre sono fini a se stessi e spesso demotivanti. Nel paradigma vinco/vinci, le persone valutano se stesse usando i criteri che esse stesse hanno contribuito fin dall’inizio a creare. E se le cose vengono preparate in modo corretto, le persone possono farlo. Con un accordo di delega vinco/vinci, anche un bambino di sette anni può dire da solo se è riuscito a mantenere il prato “verde e pulito”.

Le mie migliori esperienze d’insegnamento in corsi universitari sono venute quando fin dall’inizio ho creato una comune comprensione dell’obiettivo di tipo vinco/ vinci. “È questo che stiamo cercando di realizzare. Questi sono i requisiti essenziali per ottenere il massimo dei voti. Il mio scopo è di aiutare ciascuno di voi ad eccellere. Adesso soffermatevi su quello di cui abbiamo parlato, analizzatelo e dite che contributo personale, unico, vorreste dare. Poi mettiamoci assieme e accordiamoci sul voto che desiderereste e sul piano che vi proponete per ottenerlo”.

Il filosofo e consulente manageriale Peter Drucker raccomanda l’uso della Lettera al manager” per cogliere l’essenza degli accordi di performance fra i dirigenti e collaboratori. Dopo un’ approfondita e accurata discussione di aspettative, linee guida e risorse per accertarsi di essere in armonia con gli obiettivi dell’organizzazione, il collaboratore scrive al manager una lettera che sintetizza la discussione e indica quando avrà luogo il prossimo progetto o verrà riesaminata la discussione.

Sviluppare un similare accordo di performance vinco/vinci è l’attività centrale del management. Una volta messo a punto un accordo, i dipendenti possono cavarsela da soli. Il manager, allora, può avere la funzione di safety car in un gran premio. Può fare in modo che le cose si mettano in moto e poi farsi da parie. Il suo compito d’ora in poi è di eliminare le perdite d’olio dalla pista.

Quando un dirigente diventa il primo assistente di ciascuno dei suoi collaboratori, può aumentare enormemente la sua sfera di controllo. Interi livelli di controllo possono essere soppressi. Invece di tenere sotto la sua supervisione sei o otto elementi, un manager di questo tipo può tenerne venti, trenta, cinquanta o più.

Negli accordi di performance vinco/vinci, le conseguenze diventano il risultato logico e naturale delle prestazioni anziché un premio o una punizione decretati in modo arbitrario dalla persona con funzioni di controllo.

Esistono fondamentalmente quattro tipi di conseguenze che un manager o una coppia di genitori possono controllare: finanziarie, psicologiche, di opportunità e di responsabilità. Le conseguenze finanziarie comprendono cose come il reddito, opzioni sui titoli, gratifiche o penali. Le conseguenze psichiche o psicologiche comprendono riconoscimento, approvazione, rispetto, credibilità, o la perdita. Se le persone non si trovano a dover affrontare problemi di sopravvivenza, la ricompensa psichica è spesso più motivante del compenso finanziario. Le opportunità comprendono training, sviluppo, promozione e altri benefici. La responsabilità si riferisce alla sfera d’azione e all’autorità, entrambi fattori che possono essere ampliati o diminuiti. Gli accordi vinco/vinci specificano conseguenze in una o più di queste aree, e le persone in causa lo sanno fin dall’inizio. Perciò non ci sono trucchi. Tutto è chiaro fin dal principio.

Oltre a queste conseguenze logiche, personali, è importante anche identificare chiaramente quali sono le conseguenze naturali per l’organizzazione. Per esempio, che succede se mi presento in ritardo al lavoro, se mi rifiuto di collaborare con altri, se non sviluppo buoni accordi di performance vinco/vinci con i miei collaboratori, se non li ritengo degni di fiducia in vista dei risultati desiderati, o se non promuovo la loro crescita personale o lo sviluppo della loro carriera?

Quando mia figlia compì i sedici anni, stabilimmo un accordo vinco/vinci circa l’uso dell’automobile di famiglia. Convenimmo che lei avrebbe rispettato il codice della strada e avrebbe tenuto la macchina pulita e in buone condizioni. Decidemmo che si sarebbe servita della macchina solo per scopi responsabili e avrebbe fatto da autista per sua madre e per me nei limiti del ragionevole. E convenimmo anche che avrebbe svolto tutte le sue altre mansioni di buon grado e senza che fosse necessario ricordarglielo. Queste furono le nostre vittorie.

Convenimmo anche che avrei fornito delle risorse: la macchina, la benzina e l’assicurazione. E convenimmo che si sarebbe incontrata settimanalmente con me, di solito la domenica pomeriggio, per valutare come se la stesse cavando con il nostro accordo. Le conseguenze erano chiare. Fintanto che avesse mantenuto la sua parte dell’accordo, avrebbe potuto usare la macchina. Se non 1 avesse mantenuta, avrebbe perso il privilegio finché non si fosse decisa a mettersi in regola.

Questo accordo vinco/vinci stabiliva fin dall’inizio chiare aspettative per entrambi. Fu un vincere per lei - servirsi della macchina - e certamente fu un vincere per Sandra e per me. Mia figlia poteva gestire le sue necessità di spostamento e anche alcune delle nostre. Non dovevamo preoccuparci della manutenzione e della pulizia dell’auto. E avevamo affidato la valutazione a nostra figlia, il che significava che non c’era bisogno che la sorvegliassi o m’intromettessi nei suoi metodi. La sua integrità, la sua coscienza, la sua capacità di discernimento e il nostro ricco conto corrente emozionale le permisero di organizzarsi infinitamente meglio di quanto avremmo potuto fare io e mia moglie. Non avemmo bisogno di una tensione emotiva, e non dovemmo cercar di correggere ogni suo mossa e di sancire immediatamente con punizioni o ricompense se faceva le cose a dovere oppure no.

Avevamo stipulato un accordo vinco/vinci, e questo rese tutti quanti liberi.

Gli accordi vinco/vinci sono veramente liberatori, ma, se sono considerati come prodotto di tecniche isolate, non sono destinati a reggere. Anche se vengono decisi fin dall’inizio, non c’è modo di mantenerli in vita, senza una coerenza personale e un rapporto di fiducia.

Un vero accordo vinco/vinci è il prodotto del paradigma, del carattere e del rapporto da cui scaturisce. In questo contesto, definisce e dirige l’interazione interdipendente per cui è stato realizzato.

Sistemi

Il paradigma vinco/vinci può sopravvivere in un’organizzazione soltanto quando i sistemi lo sorreggono. Se parlate in termini di vinco/vinci, ma il sistema premiante è secondo la formula vinco/perdi, avrete un programma perdente.

Sostanzialmente otterrete quanto date come ricompensa. Se volete raggiungere gli obiettivi e riflettere i valori espressi nella vostra dichiarazione di missione, è necessario che allineiate il sistema di ricompense con questi obiettivi e valori. Se non è allineato in modo sistematico, potrete trovarvi a dire una cosa ma fare il contrario. Potrete trovarvi nella situazione del dirigente a cui ho già accennato prima, che parlava di cooperazione ma in pratica incoraggiava la competizione istituendo una “corsa alle Bermuda”.

Ho lavorato per parecchi anni con una enorme compagnia immobiliare del Middle West. La mia prima esperienza con questa organizzazione avvenne durante un grande raduno dove oltre ottocento agenti immobiliari si riunirono per le premiazioni annuali. Fu un incontro che voleva essere motivazionale, completo di applausi a programma, di bande musicali delle scuole medie e di un gran fracasso di urla frenetiche.

Degli 800 presenti, circa una quarantina ricevettero premi per prestazioni supereccellenti, con motivazioni come “Primo nelle vendite”, “Massimo volume d’affari”, “Maggiori provvigioni guadagnate” e “Record di clienti”. La presentazione di questi premi avvenne in un clima di entusiasmo e di eccitazione, fra ovazioni e battimani. Non c’era dubbio che quei quaranta avevano vinto; ma sotto sotto c’era anche la consapevolezza del fatto che 760 avevano perso.

Iniziammo immediatamente un lavoro di sviluppo organizzativo per contornare i sistemi e le strutture dell’organizzazione al paradigma vinco/vinci. Coinvolgemmo le persone fin dal livello più basso perché sviluppassero i tipi di sistemi che le avrebbero motivate. Le incoraggiammo inoltre a cooperare e a “sinergizzare” fra loro così che potessero raggiungere nel maggior numero possibile i risultati desiderati dei loro accordi di performance individuali e personalizzati.

Al raduno successivo, un anno dopo, erano presenti oltre 1000 agenti, e circa 800 di lorod ricevettero dei premi. Ci furono alcuni vincitori individuali basati sul confronto, ma il programma era destinato a coloro che erano arrivati ad obiettivi di performance per propria scelta ed avevano conseguito quei risultati in gruppo. Non ci fu bisogno di far intervenire le bande musicali delle scuole per dar fiato artificiosamente a una fanfara celebrativa, né degli applausi né di altri artifici. Ci fu invece un enorme interesse e soprattutto naturale, perché la gioia di ciascuno era condivisa da tutti, e ciascuno poteva sperimentare il riconoscimento reciproco e comune, compreso un viaggio-vacanza per l’intero ufficio.

La cosa straordinaria fu che quasi tutti gli 800 agenti che quell’anno ricevettero i premi avevano prodotto ciascuno, in termini di volume d’affari e di profitti, quanto tutti i quaranta dell’anno prima. Lo spirito del vinco/vinci aveva aumentato in misura considerevole il numero delle uova d’oro e per giunta dato da mangiare alla gallina, con un enorme liberazione di energia e di talento umani. La sinergia che ne risultò stupì praticamente tutti i partecipanti al programma.

La competizione si trova nel mercato o con il risultato dell’anno precedente, o anche contro un altro ufficio o un collega con cui non esiste nessuna particolare interdipendenza, nessuna necessità di cooperazione. La cooperazione all’interno dell’ambiente di lavoro è importante per la libera impresa come la competizione sul mercato degli affari. Lo spirito del paradigma vinco/vinci non può sopravvivere in un ambiente di competizione e di confronti.

Perché la formula vinco/vinci sia veramente vincente, perché funzioni, bisogna che i sistemi la sostengano. Il sistema di addestramento, il sistema di programmazione, il sistema di comunicazione, il sistema di budget, il sistema delle informazioni, il sistema remunerativo: tutti devono basarsi sul principio vinco/vinci.

Ho fatto da consulente anche per un’altra società che voleva per i suoi dipendenti formazione sulle relazioni umane. Questo perché pensavano che il problema fossero i dipendenti.

Il direttore mi disse: “Vada in uno qualsiasi dei nostri negozi e vedrà come la trattano. Eseguono solamente gli ordini. Non sono capaci di avvicinarsi ai clienti, non conoscono il prodotto, e nel processo di vendita non hanno la competenza e l’abilità necessarie per sposare il prodotto al bisogno”.

Così andai nei vari negozi, e vidi che il direttore aveva ragione, ma questo non rispondeva ancora a quello che mi chiedevo: che cosa provocava quell’atteggiamento?

“Ecco, siamo sul problema” spiegò il direttore. “Abbiamo capireparto che stanno dando un formidabile esempio. Gli abbiamo detto che il loro lavoro è per due terzi vendere e per un terzo gestire, e stanno superando chiunque altro nelle vendite. Noi vogliamo che lei addestri i venditori”.

Queste parole sollevarono una bandierina rossa. “Ho bisogno di più informazioni”, dissi.

Questo fatto gli piacque. “Sapeva” quale era il problema, e voleva cavarsela con il training. Ma io insistetti, e in capo a due giorni portammo alla luce il vero problema. A causa della definizione del loro lavoro e del sistema remunerativo, di fatto i capireparto svolgevano i compiti più interessanti. Durante i periodi tranquilli rimanevano dietro i registratori di cassa e preparavano il lavoro. La vendita al dettaglio per metà del tempo ha tempi lenti e per l’altra metà è frenetica. Così i capireparto assegnavano tutti i lavori non piacevoli - controlli dell’inventario, lavori di magazzino e pulizia degli uffici - ai venditori mentre loro si piazzavano dietro i registratori di cassa e avevano il meglio. Era per questo che i capireparto erano degli ottimi venditori: al posto giusto al momento giusto.

Quindi cambiammo un solo sistema - il sistema remunerativo - e il problema fu risolto dalla sera alla mattina. Introducemmo un sistema per cui i capireparto erano pagati tanto più quanto i loro venditori facevano soldi. Facemmo coincidere i bisogni e le necessità dei capireparto con i bisogni e le necessità dei venditori. E il bisogno di formazioni sulle relazioni umane scomparve di colpo. La soluzione fu quella di sviluppare un vero sistema remunerativo all’insegna del vinco/vinci.

In un altro caso, lavorai con un manager di una società che esigeva report formali di valutazione. Era arrabbiato per una valutazione che era stata data a un particolare impiegato. “Si meritava tre”, disse, “ma ho dovuto dargli uno” (che significava superiore, da promuovere).

“E perché le ha dato uno?” chiesi.

Ci sono i dati che dimostrano il suo rendimento...” fu la sua risposta.

“Allora perché pensa che si meriti tre?”.

E per il modo in cui ottiene i risultati. Lui non si cura delle persone, ci passa sopra come un carro armato. Ci crea un sacco di problemi”.

“Si direbbe che è completamente focalizzato su P, sulla produzione. Ed è per la produzione che viene premiato. Ma perché non gli parla del problema, aiutandolo a capire l’importanza del fattore CP?”.

Rispose che l’aveva fatto, senza risultato.

“Allora il mio consiglio è di stipulare con lui un contratto impostato su vinco/vinci dove tutti e due siate d accordo che due terzi del suo stipendio verranno da P - dai risultati quantificabili - e l’altro terzo da CP, cioè da come lo vedono gli altri, dal suo valore come capo, dalla sua influenza sulle persone e alla guida di un gruppo.

“Questo sì che avrebbe il suo interesse!” commentò il manager.

Molto spesso il problema è nel sistema, non nelle persone. Se si mettono bravi elementi in cattivi sistemi, si ottengono cattivi risultati. Se si vuole che il fiore sbocci bisogna innaffiarlo.

Oliando gli individui cominciano a pensare realmente in termini di vinco/vinci, possono introdurre i sistemi in grado di creare e consolidare il paradigma. Possono trasformare le situazioni inutilmente competitive in altre cooperative ed esercitare un forte impatto sulla loro efficacia costruendo sia P che CP.

Nel mondo degli affari, i manager possono allineare i loro sistemi per costituire team di persone produttive che lavorino insieme superando criteri esterni ili valutazione. Nel settore educativo, gli insegnanti possono introdurre sistemi di valutazione basati sul profitto di uno studente nel contesto di criteri concordali e poi incoraggiare gli allievi a cooperare in modi produttivi per aiutarsi fra loro a imparare e a far progressi. Nelle famiglie, i genitori possono spostare il contro d’interesse dalla competizione alla collaborazione. In certi giochi, per esempio, possono arrivare come famiglia a realizzare un punteggio e poi cercale ili superarlo. Possono attribuirsi all’interno del nucleo familiare diverse responsabilità mediante accordi di tipo vinco/vinci che eliminino le continue lamentele e mettano i genitori nelle condizioni di fare le cose che solo loro possono fare.

Una volta un amico mi parlò di un fumetto che aveva visto, dove c’erano due bambini che parlavano fra loro. “Se la mamma non ci sveglia presto” uno diceva all'altro, “facciamo tardi a scuola”. Queste parole richiamarono con forza alla sua attenzione la natura dei problemi che si determinano quando le famiglie non sono organizzate su una base responsabile improntataci vinco/vinci.

Il paradigma vinco/vinci pone la responsabilità dell’individuo circa il conseguimento di specifici risultati nel quadro di chiare linee guida e delle risorse disponibili. Grazie a questo si può contare che la persona ottenga e valuti i risultati, e sono indicate precise conseguenze come risultato naturale della performance. E i sistemi di tipo vinco/vinci creano l’ambiente che sostiene e rafforza gli accordi di performance vinco/vinci.

Processi

Non c’è modo di raggiungere obiettivi vinco/vinci con mezzi vinco/perdi o perdi/vinco. Non è possibile dire: “Tu dovrai pensare in termini di vinco/vinci, che ti piaccia o no”. Dunque, il dilemma è come arrivare a una soluzione vinco/vinci.

Due professori di legge dell’università di Harvard, Roger Fisher e William Ury, hanno compiuto un lavoro eccezionale con quello che essi chiamano modello di contrattazione “ispirato a principi” in contrapposizione con il modello “dettato dalle posizioni”. Nel loro libro L’arte del negoziato, di enorme utilità e profondità, le parole vinco/vinci non sono usate, tuttavia lo spirito e la filosofia

del libro sono in perfetta armonia con l’approccio vinco/vinci.

Essi suggeriscono che l’essenza della contrattazione ispirata a principi consiste nel separare la persona dal problema, nel concentrarsi sugli interessi e non sulle posizioni, nell’inventare opzioni per un guadagno comune e nell’insistere su criteri obiettivi: un parametro o principio esterno che entrambe le parti possano accettare.

Nel mio lavoro con singoli e organizzazioni in cerca di soluzioni vinco/vinci, suggerisco di impegnarsi nel seguente processo in quattro fasi:

  1. Vedere il problema dall’altro punto di vista. Cercare realmente di capire e dare espressione ai bisogni e alle preoccupazioni dell’altra parte così come essa stessa può farlo, o ancora meglio.
  2. Identificare le questioni e i problemi chiave (non le posizioni) che sono in gioco.
  3. Determinare quali risultati costituirebbero una soluzione pienamente accettabile.
  4. Identificare possibili nuove opzioni per raggiungere tali risultati.

Le regole 5 e 6 riguardano direttamente due degli elementi di questo processo, e le considereremo approfonditamente nei due capitoli successivi.

Ma a questo punto vorrei sottolineare l’elevato livello d’interdipendenza fra il processo vinco/vinci e 1 essenza stessa del vinco/vinci. È possibile giungere a soluzioni vinco/vinci solo attraverso processi vinco/vinci: il fine e i mezzi si identificano.

Vinco/vinci non è una tecnica che si affida alla personalità. È un paradigma totale d interazione umana. Scaturisce da un carattere con doti spiccate di coerenza e di maturità, e dalla mentalità dell’abbondanza. Nasce da rapporti improntati a grande fiducia. Trova la sua espressione pratica in accordi che chiarificano in modo efficace e gestiscono le aspettative nonché gli esiti. E si consegue attraverso un processo che ora siamo preparati a esaminare più pienamente a proposito delle regole 5 e 6.

Suggerimenti pratici

  1. Pensa a un’imminente interazione in cui cerchi di addivenire a un accordo o di negoziare una soluzione. Impegnati a mantenere l’equilibrio fra coraggio e considerazione per gli altri.
  2. Fa’ un elenco degli ostacoli che t’impediscono di applicare più spesso il paradigma vinco/vinci. Determina che cosa potrebbe essere fatto nell’ambito della tua sfera d’influenza per eliminare alcuni di questi ostacoli.
  3. Scegli una specifica relazione dove ti piacerebbe sviluppare un accordo vinco/vinci. Cerca di metterti al posto dell’altra persona, e annota esplicitamente come secondo te essa vede la soluzione. Poi elenca quali risultati, dal tuo punto di vista, costituirebbero per te un vincere. Avvicina l’altro e chiedigli se sarebbe disposto a comunicare con te perché tu arrivassi a un punto d’accordo e a una soluzione vantaggiosa per entrambi.
  4. Identifica tre relazioni chiave nella tua vita. Indica a che punto e secondo te il bilancio di ciascuno dei conti correnti emozionali. Specifica per iscritto in che modo potresti effettuare depositi in ciascuno dei tre conti.
  5. Considera profondamente i tuoi copioni. Sono vinco/perdi? In che modo questi copioni si riflettono sulle tue interazioni con gli altri? Sei in grado di identificare la fonte principale di tali copioni? Determina se essi ti servono bene oppure no nella tua realtà attuale.
  6. Cerca di identificare una persona che sia un modello di stile vinco/vinci che, anche in situazioni difficili, cerchi davvero un beneficio reciproco. Decidi ora di osservare più attivamente e di imparare dall’esempio di questa persona.