Capitolo 49
La punta del naso
Naso, coscienza priva di rimorsi, quanto mi fosti utile nella vita... Avete mai riflettuto sui perché del naso, cari lettori? La spiegazione del dottor Pangloss è che è stato creato per poterci posare gli occhiali – e questa spiegazione, lo confesso, fino a un certo momento mi è sembrata inoppugnabile; ma poi è arrivato il giorno in cui, mentre meditavo su questo e altri argomenti oscuri e filosofici, mi imbattei nell’unica, vera, definitiva spiegazione.
In effetti mi bastò porre attenzione alle abitudini dei fachiri. Come sapete, lettori, un fachiro passa ore e ore a fissarsi la punta del naso, al solo scopo di raggiungere l’illuminazione. Piantando il suo sguardo lì, perde ogni sensazione del mondo esterno, si bea dell’invisibile, impara l’impalpabile, si svincola dalle cose terrene, si dissolve, diventa etere. Questa sublimazione dell’essere attraverso la punta del naso è forse la facoltà dello spirito più eccelsa, e la capacità di attingervi non appartiene soltanto ai fachiri: è universale. Ciascun uomo ha il bisogno e la capacità di contemplarsi il naso allo scopo di raggiungere l’illuminazione, è una pratica che ha per effetto di subordinare l’universo a un naso solo e che costituisce uno degli elementi principali dell’equilibrio sociale. Se i nasi si fossero osservati sempre l’un l’altro, infatti, il genere umano sarebbe durato al massimo due secoli: avrebbe incontrato l’estinzione fin dalle prime tribù.
Già sento l’obiezione dei lettori: «Ma come può essere», ribatterete voi, «se non si è mai visto un uomo andare in giro con gli occhi fissi sul suo naso?».
Cari lettori ottusi, se dite così dimostrate solo di non aver mai saputo entrare nella mente di un cappellaio. Immaginate un cappellaio che passa davanti a una cappelleria; è il negozio di un concorrente, aperto due anni fa; allora aveva due ingressi, oggi ne ha quattro; promette di aprirne sei, poi otto. Nelle vetrine stanno in bella mostra i cappelli del concorrente; dagli ingressi entrano i clienti del concorrente; il cappellaio fa il confronto fra questo negozio e il suo, più antico e con due ingressi soltanto, e fra questi cappelli e i suoi, meno ricercati ma altrettanto cari.
Ovviamente si mortifica; ma continua a camminare, tutto concentrato, lo sguardo a terra o davanti a sé, mentre si interroga sulle cause del successo dell’altro e sul suo essere rimasto indietro nonostante la sua bravura evidentemente molto superiore a... È in questo istante che fissa gli occhi sulla punta del suo naso.
Da ciò si evince l’esistenza di due forze imprescindibili: l’amore, che serve alla moltiplicazione della specie, e il naso, che serve alla subordinazione di questa all’individuo. Procreazione e riequilibrio.