Ultime parole

Carletto e l’orchestra folkloristica di Imola accanto a un manifestino di D’Alema: un contrasto stridente. Anche questo fa colore sui muri della cittadina del Santerno.

Il caldo persistente di un settembre che non ne vuol saper di abdicare all’autunno, lascia ancora qualcuno per le strade, alla sera, quando cala l’umido e il silenzio avvolge quei pochi che rimangono al bar e ricaccia al chiuso i vecchietti che giocano a carte.

Belle serate di fine estate in un contesto triste. Pulito, ordinato ma triste.

Siamo all’udienza della ripresa e lo stress mi assale puntuale, come ogni volta che vengo qui per il processo e il sapere che non servirà a nulla mi demotiva, mi fiacca, mi impigrisce. Pigro, pigro prendo il pendolino, poi la solita coincidenza, cammino a piedi fino all’albergo con i miei cinque chili di valigetta 24 ore e computer che uso solo per scrivere queste impressioni.

L’estate è passata, il divertimento è finito, il riposo non è mai esistito. Il 16 agosto ho ripreso a studiare, procedura penale in primis, per capire anche dove gli avvocati scaltri non vogliono far capire.

Dal mio rifugio sardo torno a ripercorrere gli ultimi giorni di un processo lungo un anno.

9.30, come sempre. In aula i soliti noti, fuori la solita Jaguar di Causo, intorno sbarramento di polizia municipale neanche fossimo a Fort Knox, che si cita sempre anche se nessuno c’è mai stato.

“La difesa Williams chiede ufficialmente l’ammissione del pilota David Coulthard come testimone affinché sia ascoltato in controprova con il teste Alboreto”, dice Dominioni.

Passarini si affida alla decisione del pretore, che ammette. Dominioni continua: “Il 15 settembre scorso abbiamo inviato un fax a Coulthard per far sì che fosse presente oggi, ma Coulthard non potrà venire in Italia prima della fine del Campionato. Pertanto abbiamo raccolto una dichiarazione del pilota che chiediamo di produrre.”

Si passa allo scontro tra piloti: tra lo scozzese David Coulthard, vincitore a Melbourne e a Monza, e il milanese Michele Alboreto, trionfatore dell’ultima edizione della 24 ore di Le Mans.

L’accusa ha richiamato Alboreto a deporre per ascoltare in diretta i commenti circa il presunto spostamento dello sterzo evidenziato dal filmato CINECA, la difesa ha fatto mettere per iscritto una dichiarazione dello scozzese che potrebbe smantellare la tesi di Passarini.

Coulthard, verbale bomba, “La Gazzetta dello Sport”

Nella sua dichiarazione, il pilota britannico che prese il posto di Senna sosterrebbe che l’anomalo movimento del volante visibile nel filmato era del tutto normale sulla Williams FW16, comunque nei limiti di una fisiologica oscillazione laterale, quantificabile in un paio di centimetri.

Processo penale n. 20017/’97 del Ruolo Generale, procedimento a carico di Federico Bendinelli + altri, diciannovesima udienza.

Il pretore prende atto della difficoltà di compiere i 400 Km che separano Imola da Montecarlo, residenza di Coulthard, ma non ammette verbalini e dichiarazioni scritte: si accettano solo dichiarazioni provenienti dalla viva voce dei diretti interessati. La difesa Williams ha dovuto sottrarre un altro pezzettino alla ricostruzione del suo intricatissimo mosaico. Forse Coulthard parlerà più avanti.

Poi Alboreto, ancora lui.

Questa volta, però, è fresco, rilassato, meno abbronzato ma più magro nei suoi jeans che finiscono in una camicia a quadri bianco-blu. Nel fodero, a mo’ di pistola, ha un cellulare Ferrari ultimo modello, quello che fa “vroom” quando l’accendi. Il cavallino gli è rimasto dentro.

Parla, parla deciso. Questa volta non ha dubbi. Forse la vittoria a Le Mans lo ha ricaricato, gli ha fatto capire che non ha più nulla da dimostrare e da chiedere a un mondo che gli ha dato tanto e in cambio gli ha chiesto, in fondo, sacrifici scelti. Non è la pista, lo sapevamo. Lo sterzo normalmente non si muove. Il pulsante giallo che va di qua e di là non gli piace. Ma quale sovrasterzo?

I piloti chiamati dalla difesa ne parlano ma Damon Hill ha voglia di salire ancora su una Williams o una McLaren, Coulthard ha ancora una lunga carriera davanti... in fondo li capisce, non si sarebbe comportato così ma li capisce. Ha scelto lo sport sbagliato.

Il processo va fatto per rispetto a una persona che è morta non per colpa sua... e che non si può difendere, anzi due. Perché sono in due che ci hanno rimesso la pelle.

Senna era un grande.

E poi, e poi tante cose che domani saranno scritte sui quotidiani, magari in ultima pagina, sicuramente molto più in piccolo del solito, senza neretti, titoli e catenacci.

Parla Costanzo: “Alboreto, ci può descrivere quali sono i movimenti del volante di una monoposto, in particolare sulla pista di Imola?”

“Essendo bloccato dalle centine (di fissaggio, N.d.A.) il movimento è quello dato dal tipo di aggancio del piantone, dal materiale usato, dai cuscinetti.”

“Può essere calcolato nell’ordine di millimetri?”, interviene il pubblico ministero.

“Sì, i movimenti sono gli stessi dappertutto, possono essere diversi da macchina a macchina ma sempre nell’ordine di millimetri.”

Dominioni vuole chiarire: “Ma lei è in grado di dire, mentre sta frenando o sterzando, di quanti millimetri si sposta il suo volante?”

“Sì, perché lo spazio è calcolato per non far sbattere le nocche delle mani sulla scocca.”

“Supponiamo che Lei stia curvando, ci sono delle condizioni di utilizzo che variano al variare delle forze relative.”

“È vero ma ci sono due sensazioni: una dovuta al movimento meccanico (della sterzata, N.d.A.) e una dovuta ai materiali.”

L’avvocato Williams insiste: “Sì ma, essendosi seduto più volte su di una Formula 1, è in grado di dire se da fermo è possibile vedere degli spostamenti del volante? Lo ha mai fatto?”

“No, spetta agli ingegneri fare prove da fermo.”

“Non lo ha mai fatto?”

“No.”

Dominioni conclude chiedendo nuovamente l’acquisizione delle dichiarazioni di Coulthard: “totalmente opposte a quelle di Alboreto”, dice.

Nella saletta dei testimoni l’ex ferrarista rilascia le sue dichiarazioni: “Se è dimostrabile che c’è stato uno spostamento di qualche centimetro del volante vuol dire che c’era un problema meccanico, perché non c’è nessuno sterzo in Formula 1 che si muove di qualche centimetro, sarebbe inaccettabile. Il problema è capire se è vero che si è spostato così tanto oppure no.”

“Non è accettabile che un pilota mantenga le ruote dritte a quindici metri dal muro – ha proseguito – aveva qualche problema, non so dire quale ma di sicuro aveva un problema tecnico... ne sono assolutamente convinto... come sono convinto che se la squadra ha rimandato Hill in pista sapeva cosa era successo.”

Michele non ha avuto mezzi termini e ha lasciato intendere che il fronte anglosassone che comanda la Formula 1 non gradisce molto chi prende davvero sul serio un processo troppo scomodo. Un discorso chiaro, duro, diretto, che secondo il milanese la dice lunga su quali siano gli equilibri del grande circus della velocità e sul perché dei tanti ostacoli incontrati dagli inquirenti in fase istruttoria.

I titoli, inaspettati, ci sono. E pesano:

Alboreto, colpo alla Williams, Corriere dello Sport”, “Stadio”

Senna non morì per colpa sua, “Tuttosport”

La difesa Williams ha lasciato intendere che al pilota lombardo è stata rifiutata una sua offerta fatta alla squadra nel 1988.

Passano i mesi e i giorni di questo processo che sembra non avere mai fine. Sempre più tecnico, sempre più astruso.

Sono pensieri che Minen dimostra fondati quando ricomincia con il sistema Adams della Mechanical Dynamics . Il sistema è fondato, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale, insegnato nelle Università e utilizzato come prova legale nell’infortunistica; ci sono addirittura delle Adams conference e delle pubblicazioni specifiche. Quelli della Williams sono preparatissimi. Ma le cose che non tornano rimangono.

Passarini è sembrato più nervoso del solito ma estremamente preciso e puntuale: forse si è accorto che sta perdendo punti, forse vuole solo agire senza colpi di scena e farsi valere in sede di conclusioni, quando si tireranno le somme e lui potrà rinfacciare tutto con calma, senza clamore. Come si confà a un giudice che vuole veramente fare questo mestiere.

I consulenti Williams hanno mostrato una simulazione rivisitata ed è emerso nuovamente che non è possibile dedurre dalla posizione del pulsante giallo la variazione di sterzata di un sistema flessibile e, soprattutto, che è altrettanto impossibile operare una commisurazione esatta tra coppia rilevata sulla scatola-guida e angolo della sterzata, perché sulla coppia influiscono troppi parametri: le forze che agiscono sui pneumatici, l’inerzia del sistema, i carichi verticali e le accelerazioni variabili.

Minen e Guttilla non avevano annunciato la trattazione di questioni tecniche, e infatti mancava il trio Forghieri-Carletti-Lorenzini ad aiutare il magistrato dell’accusa: un escamotage difensivo.

Stirano ha prodotto un video in cui, sovrapponendo quel che è rimasto della camera car di Senna all’immagine di un manichino statico della monoposto, si può notare come i movimenti del pulsante giallo sullo sterzo siano più o meno naturali e dovuti alla flessibilità del sistema. Se non fosse per l’enorme e inconcepibile misura con la quale il volante si sposta, torcendosi e piegandosi come un pezzo di liquerizia, sarebbe stato risolto il mistero del pulsante mobile.

Il video è stato accettato dopo molte reticenze del PM. Dominioni ci ha scherzato su: “Se non fossimo riusciti a vedere questa cassetta avremmo potuto allegarla a “Panorama” – ha detto – tanto per vedere chi vince la gara per l’onore della verità.”

Passarini: “Questo è un tipo di competizione che non mi preoccupa troppo.”

Per il resto, un’udienza tranquilla che ha visto due particolari degni di nota svettare su tutti:

1) La pressione gomme utilizzata per la simulazione Adams è quella misurata ai pneumatici di Senna sulla griglia di partenza diminuita di 3/4 psi (valore di pressione, N.d.A.) in base alla perdita media di gonfiaggio rilevata sulla macchina di Brundle dopo l’incidente;

2) C’è un gap aerodinamico sulle macchine di Formula 1 che va considerato attentamente: a ogni transitorio, infatti, una monoposto cambia condizione aerodinamica e la distanza che deve percorrere per raggiungere nuovamente un equilibrio stabile delle forze ci dà la misura di questo gap.

Secondo la difesa Williams, mentre Senna passa sul Tamburello la sua macchina diverrebbe instabile aerodinamicamente e soggetta a condizioni variabili.

I periti di parte hanno stabilito che su 50 simulazioni Adams fatte girare con i parametri disponibili, si verificavano il 5% di condizioni di instabilità: alcune controllabili, altre meno.

Nei due, tre casi di instabilità verificatasi al computer la vettura non esce mai di pista: per l’accusa è la prova che l’incidente è da ricondurre a un cedimento meccanico, per la difesa dà semplicemente la misura dell’imprevedibilità e dell’incontrollabilità di un’instabilità rarissima ma pur sempre possibile.

C’è qualcos’altro: l’inviato di un’importante rivista specializzata italiana non ha più solo un nome ma anche una faccia, degli sguardi e tante parole che me lo fanno conoscere. È preparatissimo, molto addentro ai misteri del mondo delle corse. È sulle piste proprio dal 1994: giusto in tempo per seguire Ayrton da vicino. Al processo si è visto solo nei momenti salienti ma i suoi pezzi sono sempre stati dettagliati sin nei minimi particolari. Non ho mai capito come abbia fatto a sapere sempre tutto di tutti con larghissimo anticipo. È da più di trent’anni che la sua rivista scrive tutti i giorni delle corse di tutto il mondo, 12 mesi e 52 settimane all’anno con la certezza di trovarla sempre in edicola. Certezza che la mia rivista non dà: ad agosto ha chiuso e la notizia mi è arrivata proprio mentre partivo per le vacanze. Brutta notizia:

“Scrivi ancora per “Rombo”?”, mi è stato chiesto.

Sì, perché?

“È arrivata ora un’ANSA che dice che ha cessato le pubblicazioni... in bocca al lupo!”

Il solito augurio affettuoso. Che carino questo avvocato! Ma il direttore non ha mollato, ed è andato a chiedere consiglio a qualcuno che ha molta esperienza. Detto e fatto, tre settimane di vacanza e la rivista si è miracolosamente rimaterializzata nelle edicole. Poteri delle sinergie.

Allora eccomi qua, una settimana dopo Monza, a scrivere ancora sognando un libro che non piacerà a molti dell’ambiente motoristico.

Si pubblica solo quello che vende, non si scappa.

E se non si vende non si scrive più.

Martedì 30 settembre 1997

Rombo n. 40

“A Zeltweg (sede del GP d’Austria, N.d.A.) aveva evitato di affrontare l’argomento processo. A Imola – la settimana scorsa – è parso chiaro che David Coulthard non tornerà nel capoluogo emiliano prima del prossimo ottobre, probabilmente solo per fare dei test. Il tanto atteso esame del pilota scozzese da parte della difesa Williams, che doveva essere incentrato tutto sulle dichiarazioni rilasciate da Alboreto in merito alla mobilità di un normale volante di F1, quindi, non ci sarà. Il filmato presentato dall’ingegnere Stirano il 14 settembre, dunque, non potrà essere suffragato dalle dichiarazioni del pilota che prese il posto di Ayrton Senna. Per gli avvocati della squadra inglese è l’equivalente di un k.o. alla dodicesima ripresa, soprattutto in considerazione del fatto che nell’udienza della scorsa settimana l’ingegnere Carletti – per l’accusa – ha definito ‘impossibile’ che un volante di F1 possa muoversi di tanti centimetri ‘in un modo così incredibile’ . Da quanto emerso nelle ultime sedute, inoltre, anche la ricostruzione Adams è pesantemente in discussione.

Il professore Fanghella dell’Università di Genova, perito del PM esperto in dinamica dei sistemi, ha sottolineato i limiti insiti in una ricostruzione che usa dati suscettibili di variabili rilevanti, come la pressione delle gomme e i valori di accelerazione. Per il cattedratico ligure: “I grafici reali della telemetria e quelli simulati sono sfalzati nei tempi di circa un secondo e mezzo mentre l’accelerazione laterale ipotizzata presenta margini d’errore compresi fra il 25 e il 50% e – soprattutto – è sempre costantemente positiva.”

L’accelerazione positiva, nel linguaggio tecnico, è quella generata da una vettura che sterza costantemente a sinistra, quindi priva di quel controsterzo che i consulenti Williams ritengono necessario per correggere la sbandata sui dossi del Tamburello.

Prossima udienza il 3 ottobre, con Williams, Head e Newey imputati chiamati a deporre.”

Su Coulthard mi sbagliavo. Il pilota scozzese è apparso a Imola il 28 ottobre, ha commentato il filmato già presentato dalla difesa Williams e ha sostenuto che “sulla FW16 era normale una certa flessibilità sia nel piantone, sia nel volante con spostamenti quantificabili nell’ordine dei 20 mm per lato.” David ha poi sottolineato di essersi seduto nell’auto di Senna e aver notato che “il movimento del volante era quello tipico delle altre Williams, in gran parte dipendente dalla velocità, dall’accelerazione laterale, dalla pista, dalla posizione del pilota e dalle regolazioni delle sue cinture di sicurezza.”

Più tardi, interrogato dal PM Passarini, il teste è sembrato meno sicuro: “Penso che il piantone si muovesse – ha detto – ma non posso valutarlo.”

Alboreto, richiamato in controprova, ha ribadito che non avrebbe mai guidato una macchina con il volante così oscillante. In conclusione, interrogato dall’avvocato Dominioni in merito alle dichiarazioni rilasciate alla stampa circa la smemoratezza di Coulthard e Hill, il milanese ha riposto così: “In Formula 1 ci sono tali pressioni che spesso i piloti si dimenticano della morale”, lasciando esterrefatti Tarquini e Lavaggi, chiamati come testi dall’accusa ma non ammessi dal pretore.

Poi, l’indomani è stata la volta di Frank Williams.

Da quel maledetto 1° maggio, Frank tace.

Tace sull’incidente, tace su Ayrton. Tace per rispetto della magistratura italiana e delle indagini.

Da un’intervista di Paolo, rilasciatagli nel 1994: “Ho la massima fiducia nell’operato del dottor Passarini e delle commissioni di lavoro degli esperti che lui ha nominato.”

Poi, il silenzio. Un silenzio che ha rispettato per mesi e che solo in un momento, durante le polemiche relative alla presunta cancellazione del Gran Premio d’Italia, ha vacillato, quando il telaista inglese ha risposto così alle illazioni che lo volevano contento dell’annullamento della gara di Monza: “È meschino affermare una cosa del genere! Io sono il primo a difendere Monza. La Williams vuole correre a Monza. Noi dobbiamo molto a quella gara. Tutta la F1 deve molto a quella gara, ma sopratutto io, per tutta la mia storia di costruttore devo molto a Monza e agli sponsor italiani. Le continue sortite di alcuni giornali non cambiano una virgola delle cose ora esaminate dagli inquirenti italiani. Posso solo dire che se mai risulterà che l’incidente fu causato da un guasto meccanico, allora ne soffrirò ancor più, come ne soffrirà di più ogni componente della Williams.”

Lapidario e accorato, Frank Williams sorprende quando aderisce alla richiesta di Paolo di parlare di Ayrton Senna.

“Lo seguivo da tempo – dice – lo avevo fatto seguire anche da miei osservatori e così dopo il Gran Premio d’Inghilterra del 1983 lo chiamai a Donnington per fargli provare la mia monoposto di F1. Fu una prova incredibile! È arrivato: il tempo di aggiustare alcune cose e via per 23 giri. Viaggiava mediamente più veloce di un secondo rispetto al miglior tempo del nostro collaudatore, Jonathan Palmer. Non ci volevamo credere! Si capì subito che lui era speciale. Avevo visto giusto, quel brasiliano era un campione!. Eravamo spesso in contatto e non solo per parlare di contratti. Ci sentivamo almeno due, tre volte al mese. Parlavamo un po’ di tutto, principalmente di F1 e di macchine. Ma vuoi sapere di cosa parlavamo di più? di aeroplani!”

“Certo, Ayrton era appassionato di aeromodelli”, lo interrompe Paolo.

“Ma che modelli! parlavano di aerei, di quelli attuali... quelli veri.”

L’intervista continua: “Nel 1990 ci furono alcune condizioni che fecero fallire le trattative. Nel 1991 onestamente mi rimaneva difficile lasciare a piedi Nigel Mansell, nel ’92, invece, avevo già il contratto di esclusiva con Alain Prost per la stagione seguente. Doveva andare così.”

“E siamo al 1993 quando a metà anno tu cominciasti a parlare con Senna per la stagione successiva.”

“Era luglio-agosto. Io sono fiero di dire che lui ha voluto e ha spinto molto per correre per il mio team già nel ’93. Ho spinto molto anche io.

“Ci siamo sentiti spessissimo per telefono, prima e dopo aver raggiunto un accordo.”

“È vero che lui, dopo aver vinto le ultime due gare per la McLaren a Suzuka e ad Adelaide, rimase molto male al rifiuto opposto da Dennis affinché potesse provare la tua macchina?”

“Noi eravamo pronti subito dopo l’ultima gara. Volevamo che incominciasse il prima possibile a conoscere la sua nuova monoposto. È vero, hai ragione, Ron Dennis non acconsentì. Ma queste cose succedono.”

“Dopo quella presentazione ufficiale all’Estoril, Ayrton ha dovuto attendere molto tempo prima di provare. Quale era il suo stato d’animo a riguardo?”

“Praticamente ci sentivamo tre volte a settimana. Capiva le nostre difficoltà, ma lui non vedeva l’ora di conoscere la nuova macchina, era un grande professionista, completamente dedito al suo lavoro. Spingeva, spingeva. Voleva discutere e dire la sua su tutto ciò che riguardava la macchina, la FW16 in quel momento non era una gran macchina e lui aveva già diverse idee. Ne parlava con Patrick Head, con Newey, con il suo ingegnere, Brown; non era mai stanco, non si fermava mai. Nigel era come lui, mai soddisfatto, solo che Nigel era anche aggressivo a riguardo. Ayrton era differente, aveva un approccio determinato ma anche signorile. Era molto bravo, sapeva quello che voleva e come ottenerlo. Patrick Head mi diceva in aprile: ‘Questa è veramente una persona in gamba. Posso lavorare bene con lui’.”

“Stava cominciando a funzionare il rapporto di un brasiliano con voi, di Didcot?”

“Ti dico una cosa, senza giri di parole. Credo che sia successo anche quando lui andò alla McLaren. È bastata qualche settimana e aveva tutta la squadra dalla sua parte. Erano tutti per lui, anche se a volte poteva essere molto critico... se una cosa non lo convinceva, non puoi immaginare la sua insistenza per cambiare. Quante volte ci prendeva da una parte, a me e a Patrick, e sino a quando non eravamo più che convinti di quello che chiedeva, lui era lì a parlare e a mostrarci la validità della sue idee. Ci crediate o no, questo lo apprezzavamo tutti moltissimo.”

“Cos’altro puoi dirci Frank?”

“Nulla che tutti non conoscano già. Era un gran campione, sarà sempre amato da tutti, nessuno potrà mai dimenticarlo... io prima di qualsiasi altro.”

Un signore, Williams.

Torniamo al 29 ottobre 1997 ed eccolo qua l’ultimo grande personaggio vecchia maniera sopravvissuto alla Formula 1 ipertecnologica: arriva alle 11.25 accompagnato da Stirano e dal suo uomo di fiducia, quello che lo aiuta a sistemare la carrozzina a rotelle.

Il palazzo dei Circoli è ingolfato dai cameraman, tutti lo vogliono, tutti lo assalgono per avere uno scatto, una foto, una parola. Frank ricambia con un sorriso, un sorriso dolce e triste. Ha 55 anni, di cui 35 trascorsi sulle piste, prima come meccanico, poi come fornitore di parti di ricambio infine come team manager. Da 13 stagioni il suo corpo è inchiodato a una sedia. Poco prima dell’inizio del Campionato 1986 le Williams stavano provando al Paul Ricard, in Francia. Tutto stava andando per il verso giusto, il rapporto di collaborazione con la Honda cominciava a funzionare, i piloti erano contenti della macchina e tutta la scuderia era soddisfatta e fiduciosa nelle proprie possibilità di lottare per il titolo. Frank Williams e Peter Windsor, il suo direttore sportivo, salirono sulla loro Sierra e lasciarono il circuito, arsi dalla voglia di partire per la prima gara brasiliana.

Ad appena un quarto d’ora dalla pista, sulla via di casa, l’incidente: l’auto ribaltata e Frank Williams condotto d’urgenza all’ospedale di Marsiglia. Lottò con la morte per diversi giorni ma alla fine Frank il salutista, l’uomo maniaco del jogging che l’indomani avrebbe dovuto allenarsi con l’olimpionico Coe, la spuntò: sarebbe sopravvissuto ma avrebbe dovuto sopportare una vita diversa. Una vita difficile.

“Non resistevo a tagliare le curve, ecco tutto – ha detto – all’epoca per me ogni curva rappresentava una sfida, come se fossi in pista... ma ho commesso un errore e la corsa è finita.” Quando si nasce piloti, smettere non serve. La voglia di correre continua a bruciarti dentro.

Finita una corsa, Frank Williams ne ha iniziata un’altra, una in cui è risultato essere il più bravo: ha vinto nove volte il Campionato del Mondo riservato ai costruttori impegnati in Formula 1, superando persino la Ferrari (statistiche dell’epoca, N.d.A.). Il suo arrivo a Imola è stato preceduto da un episodio singolare: l’impossibilità di trovare camere libere per lo staff della difesa Williams, a causa della concomitanza di una fiera, ha costretto a un rinvio. Il rinvio è stato piuttosto lungo, dall’ultima udienza è trascorso più di un mese e si è dovuto modificare il calendario delle arringhe difensive.

Passarini: “È meglio non commentare...”

Dominioni ha anticipato che Head ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, la difesa Newey si è associata. I due tecnici inglesi si sono alzati e hanno fatto mettere a verbale la loro intenzione di non pronunciarsi.

Il PM non ha gradito e ha chiesto l’acquisizione agli atti delle dichiarazioni rese da Patrick Head nel giugno e nel luglio del 1994, nonché il 27 aprile del 1995.

Il piccolo contenzioso apertosi sull’utilizzabilità di queste dichiarazioni nei confronti dell’imputato Newey (cui Head si riferiva parlando della modifica del piantone), all’epoca non ancora indagato, è stato subito sanato dal pretore che ha deciso di procedere.

“Signor Williams, buongiorno e benvenuto in Italia”, esordisce Passarini sorridente.

“Grazie.”

Il magistrato pone le domande all’interprete, che traduce tutto anche se Williams parla un italiano perfetto.

“Qual era il suo ruolo all’interno della scuderia Williams nel periodo tra il 1990 e 1994?”

“Mi occupavo dell’aspetto economico, di cercare i soldi, perché la Formula 1 mangia moltissimi soldi...”

“E il signor Head, nello stesso periodo, di cosa si occupava?”

“È stato direttore tecnico, era responsabile della supervisione tecnica.”

“Nel 1994 lavorava per voi anche Adrian Newey, che funzioni aveva?”

“Era chief designer (capo disegnatore, N.d.A), considerato il migliore della Formula 1.”

La determinazione precisa dei ruoli e degli incarichi serve per l’attribuzione delle responsabilità. Un punto-chiave di questo processo.

Passarini insiste: “Parliamo delle modifiche alla vettura 1994, intendo le modifiche fatte per dare più spazio alle mani del pilota, noi ne abbiamo rilevate un paio... la prima sulla scocca, intagliata nella zona del volante, quando e chi la decise?”

“Io so che Ayrton Senna voleva più spazio..non so quando vennero decise le modifiche.”

“Furono fatte delle riunioni per decidere come intervenire?”

“Sono sicuro che ci furono comunicazioni tra le persone che dovevano decidere.”

“Chi erano queste persone?”

“Non posso rispondere a questa domanda perché non mi occupo degli interventi operati giorno per giorno.”

Frank è il capo, trascorre gran parte delle giornate di gara chiuso dentro al suo box a parlare con tecnici, meccanici, piloti, giornalisti... segue la sua squadra 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno. Osservatore attento di un mondo dove tutti ascoltano tutti. Mai una pausa, mai una vacanza. Il suo team è la sua vita, ma se dovesse controllare ogni singolo bullone delle sue macchine una vita non basterebbe; il problema al piantone, però, era di quelli seri e implicava la modifica di particolari importanti per la sicurezza. Possibile che non sappia come si è cercato di risolvere i problemi che affliggevano il suo pupillo da 30 milioni di dollari?

“Quindi lei non sa dire chi risolse il problema?”, prosegue il magistrato.

“Io so che Ayrton non era soddisfatto dell’abitacolo e che ne ha parlato con Newey, con Head e con gli altri ingegneri.”

“La modifica al piantone era dovuta allo stesso problema?”

“Era parte di una modifica generale, complessiva.”

“Anche in relazione alla modifica del piantone ci fu comunicazione alle persone che diceva prima?”

“Non so esattamente, ci furono molte persone coinvolte.”

Passarini ha grande rispetto delle parti processuali ma tanto è debole sulle perizie, tanto è abile nell’esposizione dell’accusa: anche questa volta tira fuori delle dichiarazioni rese dall’imputato il 9 settembre del 1994.

“Signor Williams, lei disse che ‘la progettazione del piantone avvenne su richiesta e sotto il controllo di Patrick Head, che ritengo abbia seguito anche la sua realizzazione’. ”

“Ho detto ‘penso’ (che le cose siano andate così, N.d.A).”

“Era l’unico problema che Senna lamentava della Williams del 1994?”

“Dopo ogni sessione di prove Ayrton presentava tre o quattro pagine di appunti per far andare la macchina più veloce.”

“Circa i problemi dell’abitacolo, quand’è che il pilota se ne lamentò?”

“Presto, verso febbraio.”

“Lei era al corrente delle modifiche al telaio e al piantone?”

“A quell’epoca, no.”

“Quando ne venne a conoscenza?”

“Non ricordo..potrebbe essere prima o dopo l’incidente.”

Il magistrato comincia a perdere la pazienza: “L’incidente è uno spartiacque importante in questa vicenda... si ricorda se prima o dopo?”

“Ricordo che il pilota era insoddisfatto dell’abitacolo, ma c’erano molte altre cose di cui non era soddisfatto.”

“Quando lo disse?”

“Non ricordo né il giorno, né il mese..però ricordo che voleva un volante molto grande, era una sua caratteristica.”

“Era il miglior pilota del momento che si lamentava della vostra macchina perché non riusciva a guidarla?”

“No, non è così. Non ha mai detto che non riusciva a guidare, aveva un macchina meravigliosa con qualche problema. Era un pilota molto difficile... disse ‘mi piacerebbe avere più spazio per essere meno stanco nella seconda parte della gara’ ...”

“Conosce il periodo delle modifiche al piantone?”

“Credo prima della prima gara dell’anno.”

“In base a che cosa?”

“In base ai ricordi di eventi che risalgono a tre anni e mezzo fa...”

“Ne parlò con il Signor Head?”

“È possibile. Vorrei ricordare che io dovevo portare avanti gli affari...”

“Le risulta che questa modifica riguardasse solo la macchina di Senna?”

“... sono sicuro che questa modifica era anche sulla vettura di scorta di Senna, penso, ma non sono sicuro, che fosse anche sulla macchina di Damon (Hill, N.d.A) che è una persona alta.”

Ma se la modifica fosse stata presente su tutte le macchine non ci sarebbe stato bisogno di ricostruire i piantoni in laboratorio per far svolgere ai periti le loro prove, sarebbe bastato prendere il pezzo dalla macchina di scorta.

Williams è tirato in volto, la paralisi lo costringe a grossi sforzi per parlare. Ogni tanto muove le braccia per scaricare la tensione e migliorare la circolazione. Ha una leggera raucedine, non chiede acqua. Continua a parlare.

“I piloti erano informati della modifica?”

“Anche se non lo fossero stati, se ne sarebbero accorti.”

“Non potevano non accorgersene?”

“Il pilota avrebbe notato i mutamenti del cockpit...”

Interviene il pretore:

“A che modifica si riferisce, Passarini?”

“A quella sul piantone.”

Il pubblico ministero passa all’esame di questioni più tecniche, forse vuole capire se il proprietario della squadra si occupava veramente solo di affari. Williams lo anticipa:

“In Formula 1 ci sono due tipi di regolamenti, un libro per quelli sportivi di 167 norme e uno di quelli tecnici. Io conosco molto bene quello dei regolamenti sportivi ma il mio cervello non è abbastanza grande per assorbire anche quelli tecnici... questa è la verità.”

Capita l’antifona, Passarini torna al 1° maggio 1994:

“Dopo l’incidente e prima della successiva partenza, furono fatte delle modifiche sulla vettura di Damon Hill?”

“Fu rimesso il carburante, controllata la macchina... parliamo di una pausa di dieci minuti...”

“Le risulta che fu disinserito il servosterzo?”

“Credo di si, non ne sono sicuro...”

“Chi prese questa decisione?”

“Fu presa da Damon Hill, Patrick Head e altri ingegneri.”

“Perché?”

“Se è stata presa... non lo so.”

“Ha avuto modo di guardare la telemetria della macchina di Senna prima della seconda partenza?”

“Forse si, la usiamo molto...”

“Vi faceste un’opinione circa le possibili cause dell’incidente?”

“Ricordo che furono fatte molte indagini, per quanto possibile cercavamo i fatti... abbiamo guardato le riprese Tv e molte informazioni sono state assorbite e controllate.”

“Che opinione vi faceste all’interno della squadra?”

“Abbiamo fatto molte analisi della telemetria, molte simulazioni... e la nostra opinione fu che il piantone non si era rotto.”

“È vero che il sabato successivo all’incidente faceste una riunione a Didcot?”

“Si parlava di questo incidente tutti i giorni...”

“In quei giorni, la settimana successiva all’incidente, quando ancora non avevate fatto le prove e le simulazioni presentate al processo, che opinione avevate?”

“Innanzitutto le simulazioni sono cominciate molto presto, quindi non si poteva avere un’opinione affrettata... tutti i fatti sono stati esaminati con cura.”

“Nessuno azzardava ipotesi?”

“Nei primissimi giorni dopo l’incidente eravamo molto in pena, era la colonna dello sterzo? le gomme? le sospensioni? un errore del pilota?...”

Passarini continua, vuole chiarire alcuni punti rimasti nebulosi: “Ad esempio, come mai furono cambiati gli pneumatici della macchina di Senna in sede di verifiche tecniche?”

Frank chiarisce che le gomme della vettura n. 2 erano fessurate.

“Le risulta se dopo il Gran Premio di Imola fu ulteriormente sostituito il piantone della Williams FW16?”

“I piantoni della macchina di scorta furono controllati e vennero trovati a posto – risponde il team manager – ma fu ugualmente deciso di trovare soluzioni diverse per migliorare la struttura...”

“Quindi la cambiaste?”

“Sì, furono trovate altre soluzioni.”

“Perché?”

“Per rimuovere qualsiasi dubbio, il nostro lavoro è migliorare la vettura in continuazione...”

“Avevate qualche dubbio sul piantone di Senna?”

“Assolutamente, questo è il motivo per cui siamo qui oggi... per capire cosa è successo...”

Il PM va all’attacco e mostra a Williams due schede prodotte dalla squadra e relative a relazioni degli ingegneri circa il comportamento della monoposto in pista.

“Che cosa sono queste note sul foglio che rappresenta la pista?”

“Se avessi i miei occhiali potrei rispondere... suppongo si tratti di commenti dei piloti.”

Il suo assistente scatta a prendere gli occhiali, Passarini insiste:”C’è un commento in corrispondenza del Tamburello, ce lo può leggere?”

Frank inforca gli occhiali ma non riesce a decifrare il testo.

Passarini legge a voce alta: “car bumpings, less driving: saltelli della macchina, perdita di guidabilità.”

Costanzo: “Può spiegarcene il significato?”

“No, si tratta della relazione di un ingegnere...”

“A un certo punto delle indagini – prosegue Passarini – all’esito delle consulenze, è emerso che il piantone presentava, per ammissione dei suoi consulenti, segni di fatica che riguardavano i 3/4 della circonferenza... circa 270° ... sempre per ammissione dei vostri periti, in un arco di 70° gradi la fatica era passante. Qual è stata la sua reazione quando ha appreso questi dati?”

“Ero interessato a saperne di più, aspettavo che i tecnici ne sapessero di più.”

“Frank Williams è in Formula 1 dal 1970 – sottolinea il PM – in base alla sua esperienza, ha notizia di altri piantoni installati su vetture della sua scuderia che abbiano presentato rotture per fatica estese per 1/4 e passanti per il 40% della sezione?”

“È possibile, sono anche sicuro che l’aereo con cui tornerò a casa ha segni di fatica... è un fatto.”

“I metalli si stressano, si affaticano. Non sempre è possibile accorgersi in tempo che un particolare sta per cedere.”

“Avrebbe mai fatto correre una vettura con il piantone che presentava quei segni?”

“Non lo so... però so che altre macchine, McLaren, Ferrari, hanno sofferto rotture meccaniche... alle sospensioni...”

“Io parlavo del volante.”, sottolinea il magistrato.

Williams è lapidario: “Questa è la mia risposta.”

“Le risulta di altri incidenti, in Formula 1, dovuti alla rottura del piantone?”

“Non ricordo, comunque è un problema comune in F1. La tecnica della Formula 1 è difficile, mi sembra che nel 1980 si ruppe il piantone di Villeneuve, in Argentina.”

“Se lei il 1° maggio del 1994, ai box, avesse saputo che lo sterzo di Senna presentava rotture per fatica estese a 3/4 della circonferenza, cosa avrebbe fatto?”

“La miglior maniera per creare incidenti in F1 è coinvolgere persone inesperte come me, o lei dottor Passarini, in decisioni tecniche...”

“Lei farebbe correre un suo pilota in quelle condizioni?”

“La difesa Newey si oppone a domande di tipo valutativo.”

Stortoni: “E lei Passarini?”

Il pretore mette tutti a tacere: “Sentiamo Williams... è una domanda ipotetica, quindi non c’è da rispondere.”

La deposizione è andata avanti per ore. L’ariete dell’accusa doveva essere il video con le misurazioni del presunto spostamento del pulsante giallo sul volante di Senna ma Williams si è dapprima lamentato della scarsa visibilità del filmato, poi è stato tratto in salvo dalla sua difesa.

Dominioni: “Mi si consenta di informare il signor Williams che i suoi difensori condividono lo 0,5% delle affermazioni del PM sul pulsante giallo.”

Per quanto concerne le immagini della camera car, è emerso definitivamente che la scuderia inglese le ottenne da Ecclestone molto velocemente, al contrario di quanto avvenne per la pubblica accusa, che dovette attendere sei mesi per visionare un filmato che si interrompe pochi istanti prima dell’uscita di pista.

La squadra ha prenotato una stanza al Monte del Re, un vecchio seminario di Dozza ristrutturato. Frank Williams pensava a una pausa ma il protrarsi della seduta lo ha costretto in aula fino al pomeriggio.

Alle 15.40 l’udienza è finita. Veniamo condotti in uno stanzino per parlare con l’unico imputato che affronta a viso aperto i giornalisti.

È in piedi, legato alla sedia estensibile appoggiata alla parete. Ha lo sguardo fiero e mobile. Le mani appoggiate ai braccioli e avvolte in guanti neri.

“Che opinione ha avuto del Processo in generale?”, chiede una graziosa collega bionda.

“Sono stato trattato molto bene dal pretore e dal PM.”

“Era la prima volta che si trovava in un’aula giudiziaria?”, domando curioso.

“Nel 1966 sono stato testimone per una cosa di questo genere.”

Forse si riferiva all’incidente di Boli-Peter in Formula Tre.

Risposte brevi, concise. Frank è stanco.

“Ieri era Campione del Mondo, oggi è imputato”, i colleghi sono spietati.

“La mia vita è molto interessante.”

Non mi sembra vero potermelo vedere lì davanti e avere l’occasione di rivolgergli qualche domanda su questo maledetto mistero della morte di Senna: “Signor Williams, lei è totalmente d’accordo con la tesi della sua difesa o le è rimasto qualche dubbio?”

“Ho dei dubbi perché non è chiaro cosa sia successo, onestamente credo che nessuno saprà mai con certezza cosa è successo ma la nostra teoria è molto più probabile di quella del magistrato Passarini. La macchina era troppo bassa, troppo rigida.”

“Nell’ipotesi di una sconfitta Williams è possibile che non veniate più a correre in Italia?”

“Ho i miei dubbi. So che altri hanno detto questo... non credo.”

“È fiducioso per il futuro?”

“Sì.”

“Un’ultima cosa, secondo lei come mai un pilota di quelle capacità non ha tentato un’ultima sterzata per ridurre l’angolo d’impatto?”

Dominioni protesta alle mie spalle, Williams prosegue: “Se lei guarda incidenti ad altissime velocità, come a Indianapolis, il pilota tenta soprattutto di frenarsi...”

Non sono d’accordo. Un pilota che va incontro a un muro tenta di mettere la macchina in testacoda perché l’attrito delle quattro ruote in rotazione consente una diminuzione della velocità impossibile in linea retta; se non ci riesce, prima frena all’impazzata, poi sterza e lascia lo sterzo per evitare i contraccolpi.

La stampa dei giorni seguenti riassumerà quattro ore di audizione in titoli a effetto:

Williams, dal Mondiale al Tribunale, “La Gazzetta dello Sport”

Williams: così morì Senna, “Corriere dello Sport”, “Stadio”

Williams: io non c’entro, “Tuttosport”