Atto secondo
Sfogliando gli appunti di Paolo le ore scorrono veloci nell’atmosfera ovattata del mare d’inverno. Finita la stagione estiva Porto Cervo pullula di gente fino a ottobre, quando la Swan Cup e la regata delle golette storiche sbarcano sulla Marina gli uomini degli equipaggi, delle giurie e dei circoli velici. Finita l’estate rimangono gli appassionati di vela e tutti quelli che hanno scelto la Costa Smeralda come paradiso del riposo invernale, con il solo rumore del vento a fare compagnia.
Paolo è andato Milano per tre giorni, mi ha lasciato un biglietto con su scritto: “Buon lavoro e attento alle querele, quando torno parliamo”.
Mangio in fretta pizze preconfezionate e, volando di pagina in pagina, arrivo alla presentazione ufficiale del team Williams, a Estoril. È il 21 gennaio 1994.
Nelle interviste delle riviste specializzate Senna parla molto: “Dieci anni dopo il mio primo test con la Williams sono riuscito finalmente a correre con Frank. Tecnicamente il vantaggio della squadra era tale che forse il mio arrivo doveva avvenire nel ’92 invece che in questa stagione. Non sarà facile imporsi perché sono cambiate le condizioni e i regolamenti.
Gli avversari sono più forti e la Williams lo è, forse, un po’ meno. Ma dentro di me ho uno stimolo a far bene e questo era importante per continuare a correre, perciò ho accettato una sfida di questo genere. È la più grande che potessi cogliere: fare nuove amicizie, capire una nuova macchina che ha già vinto dei titoli con altri piloti.
Di sicuro si tratta del più grande cambiamento della mia carriera. Ho voglia di lavorare con la Williams, con la Renault e con tutti i tecnici. Dopo dieci anni di F1 e tre titoli mondiali adesso ho l’occasione di continuare a imparare e migliorarmi. Accettare la sfida della Williams era l’unica cosa che potesse farmi restare in Formula 1 ad alto livello. Ci tengo moltissimo a collaborare con il team e con tutti gli uomini del reparto corse.”
Tutti questi richiami al bisogno e alla voglia di lavoro di gruppo sembrerebbero rivolti alla stampa inglese che vede in Senna un grosso avversario del compagno Hill e, in più, non ha gradito la scazzottata del brasiliano con Irvine a Suzuka. Oltre a questi problemi “umani” Senna deve affrontare una macchina meno competitiva degli scorsi anni.
Sulla macchina intermedia, la FWI5D, non si è sbilanciato: “Dopo i primi giri di pista con la macchina mi sono tranquillizzato. Siamo forse meno competitivi dell’anno scorso, le nuove regole hanno cambiato il modo di intendere le corse. Grazie al rifornimento in gara sarà più importante studiare una nuova strategia. Adesso, forse, siamo in vantaggio noi rispetto alla Williams, ma prevedo che molto presto, se non alla prima gara, la lotta sarà riservata ai soliti quattro team: noi, la McLaren, la Ferrari e la Benetton.”
Senna, questa volta, ha un compagno di squadra inglese appoggiatissimo dalla stampa del suo paese, soprattutto perché figlio del grande Graham, plurivincitore a Montecarlo e famosissimo nel Regno Unito. Di lui Senna dice: “Damon Hill ha una grande voglia di vincere il titolo e l’anno scorso ha maturato l’esperienza giusta per poterlo fare. Di sicuro quest’anno sarà più competitivo, sarà un grande avversario e spero di collaborare con lui per migliorare i risultati del team. In una squadra la collaborazione tra piloti è anche un fatto di rapporti umani, di rispetto ed educazione. Nella mia carriera ho corso con diversi piloti al fianco, come De Angelis, Nakajima, Berger, Andretti o Hakkinen. Mi sono trovato bene con tutti, eccetto uno: Alain Prost quando era mio compagno di team.”
Della macchina Senna ha voluto cambiare molte cose: volante, tipo e modulabilità dei freni: “Ho avuto problemi con il sedile e ho fatto modificare anche la posizione e il tipo di volante. Solo dopo aver tutto a posto potrò andare al massimo, ma accadrà nei prossimi test.”
Senna sa che tutti si aspettano da lui la vittoria nel campionato del mondo ma è consapevole delle numerose incognite presenti: “Io sono uno dei pochi ragazzi fortunati che ha vinto il titolo mondiale e so quali difficoltà comporta. Non sono così sicuro di vincere ancora solo perché corro con la Williams.” Il brasiliano, forse il pilota che rischia di più, è da sempre molto attento ai problemi della sicurezza.
Per il 1994 la Federazione ha deciso di abolire tutti gli aiuti elettronici al pilota, le sospensioni attive che adeguano l’assetto della macchina al mutare delle condizioni di corsa, il controllo della trazione che impediva i pattinamenti, i sistemi di gestione automatica delle cambiate e dei freni; si era arrivati al punto di riuscire a far girare una monoposto senza pilota a bordo: bisognava dire basta.
Per aumentare lo spettacolo tornano i rifornimenti in gara: si ripresenta il pericolo del fuoco.
Senna: “In questo momento è difficile dire quanto rischio c’è nella nuova regolamentazione. Solo il tempo dirà se sarà importante introdurre delle variazioni per rendere il rifornimento meno pericoloso. Forse alcuni team e alcuni meccanici andranno incontro a degli errori e a delle incomprensioni durante le fasi dell’operazione, di sicuro in TV e per il pubblico sarà più divertente e interessante.”
All’Estoril la scuderia inglese presenta i nuovi colori dell’armata per il mondiale 1994. Ancora Senna: “Rispetto ai tempi in cui correvo con la McLaren l’unica differenza è stata il test di Estoril per la presentazione della Williams con i nuovi colori.”
Non è vero, Ayrton bara, sta barando con se stesso perché sa bene che la nuova macchina – la FW16 – è in forte ritardo, ma non vuol far vedere la sua preoccupazione, in primo luogo alla stampa inglese. Sopratutto non vuole che Prost e Ron Dennis gioiscano delle sue preoccupazioni.
Così, in quella settimana di fine gennaio, Ayrton Senna da Silva davanti alla stampa internazionale veste la sua nuova divisa. Il nuovo sponsor ‘tabacchifero’ ha invitato per l’occasione circa 250 giornalisti da tutto il mondo, Medio Oriente incluso.
È abbastanza teso. Fa attenzione ai minimi dettagli: alla tuta, alle riprese televisive, alle esigenze promozionali. Rimane piacevolmente sorpreso dall’atmosfera di cameratismo che vige in Williams, decisamente differente dall’aria un po’ austera della McLaren. Mette subito in chiaro con gli sponsor che lui è sì disponibile, ma che non ha poi tutto quel tempo da perdere. Fa capire di non aver gradito la soppressione delle sospensioni attive, nello sviluppo delle quali la Williams aveva guadagnato un forte vantaggio con la concorrenza: “Chi dice che ci si divertirà di più con le sospensioni passive? – ha esclamato durante quei giorni di test – io no di certo. A me piace andare sempre più forte e le vetture del 1994 saranno sicuramente più lente, quindi...”
In quei giorni, comunque, nonostante il poco tempo, Senna riesce a dare indicazioni sull’elettronica di gestione e sul software che comanda il cambio semiautomatico. Ha subito una richiesta precisa: vuole un volante più grande. Senna è abituato a guidare con uno abbastanza grande che riduce lo sforzo di guida, ma per quel volante non c’è abbastanza posto e i tecnici sono costretti a limare parte della centina portastrumenti. È stato installato un sistema di idroguida che sembra aver dato buoni risultati. Il posto di guida non lo soddisfa. Senna fa subito capire che questo è un problema da ricordare subito ai progettisti che stanno già lavorando a Didcot sulla FW16: lavora molto in quei giorni per far capire ai tecnici presenti quale è la posizione ottimale di guida che lui preferisce.
Lo avranno veramente capito? Sono particolari da tenere a mente, serviranno per comprendere molte cose.
I quattro giorni di prova portoghesi non lo hanno soddisfatto completamente. Ritorna in Brasile, poi vola alle Bermuda, ove ha sede la sua compagnia di trasporti aerei (una compagnia che in realtà gestisce solo il suo aereo, un Citation Galaxy) e poi ancora per qualche giorno in Portogallo, nella sua villa nell’Algarve.
Si sente spesso con i tecnici Newey e Head,e non nasconde la sua preoccupazione per il ritardo nella costruzione della nuova monoposto.
I giornali brasiliani riportano che in questi giorni nasce il primo caso Senna-Williams. In effetti ricordo un giornalista amico confidarmi che il campione si rifiutava di salire ancora sulla vecchia FW I5D, la monoposto ibrida, che non poteva dargli assolutamente l’idea della macchina definitiva
Nella prove dell’Estoril Ayrton era stato protagonista di un’uscita di pista, causata dall’impossibilità di movimento a cui la posizione di guida e il volante più grande lo obbligavano. Era stata un guida innaturale la sua, perché continuare?
A conferma dei suoi dubbi, intanto, Damon Hill ha avuto un brutto incidente sul circuito barcellonese di Montmelò, il 9 febbraio, durante i collaudi delle sospensioni passive montate sulla vecchia FW15: ha perso il controllo dell’auto alla fine del rettilineo, schiantandosi contro il muro esterno. Pare che l’incidente sia stato causato dal cambio semiautomatico.
Rimane il dubbio che su quella monoposto continuino a viaggiare meccanismi proibiti dalle nuove regole, ma che sono oggetto da parte di alcuni team di personali interpretazioni e applicazioni. La Williams non è in grado di confermare la data di presentazione della FW16, che era attesa per fine mese.
Il ritardo pare dovuto all’ esigenza del pilota di avere un volante più grande che riduce lo sforzo richiesto dalla guida, come in McLaren. Senna è contrariato, Newey e Head addebitano il ritardo alle bizze del campione brasiliano.
Non è un bell’inizio.
Silverstone. Alla presentazione ufficiale della nuova Williams, stranamente, c’è pochissima gente. Ayrton, abbronzatissimo, arriva presto accompagnato da Betise, la sua addetta stampa.
La vettura per il 1994, la nuova creatura di Head e Newey, è coperta da un telo. All’interno di un garage viene mostrata ai presenti.
Ayrton Senna, con un certo distacco, è spettatore interessato ma non mostra alcun segno di frenesia e impazienza.
Ma ecco la Williams FW16: adotta nuove soluzioni per quanto riguarda l’alettone e le sospensioni posteriori. L’alettone è a V rovesciata, stessa soluzione dei velivoli militari.
Le sospensioni posteriori sorprendono ancor di più. In quest’ultime, in particolare, al posto della tradizionale coppia di braccetti, è stato collocato un unico triangolo superiore in carbonio la cui sezione ripropone i concetti di portanza sfruttati nella progettazione delle ali degli aerei. Tale triangolo, inoltre, carena completamente il semiasse della trasmissione. Potrebbero essere giudicate irregolari, perché sono espressamente vietate dal regolamento parti mobili con funzioni aerodinamiche. Il progettista Newey assicura di aver sottoposto a “test interminabili” tale soluzione e ne garantisce l’assoluta affidabilità; egli ha deciso, inoltre, di dotare la vettura dell’acceleratore fly-by-wire elettronico (senza cavo) nonostante sia espressamente vietato dal regolamento.
Patrick Head giustifica così la presenza del sistema illegale: “Non vogliamo trovarci impreparati, è un dispositivo molto utile e dato che al momento non è chiaro se si potrà usare o meno, noi lo abbiamo sperimentato e sviluppato. Questa macchina andrà a provare cosi come è ora, ma possiamo tornare al meccanismo tradizionale senza alcun problema.”
Ecco qualcosa che Ayrton Senna non aveva previsto quando decise di accettare il contratto Williams. La confusione nell’applicazione dei regolamenti fa sì che tutte le squadre siano impegnate nella ricerca di interpretazioni e di meccanismi che al momento non si conosce se siano regolamentari o meno. Ayrton sa bene che un progettista che deve lavorare a una macchina nuova, avrà sempre meno tempo e possibilità di sviluppo sulle situazioni tecniche di base se allo stesso tempo deve ingegnarsi per trovare una finezza al limite del regolamento.
Dopo aver provato la FW16 il pilota è moderatamente ottimista: “Posso solo dire che valeva la pena di ghiacciarsi un po’ e mi ritengo abbastanza soddisfatto. Comunque solo a Imola (8-11 marzo), dove saremo in pista con gli altri, potremo fare una valutazione precisa del nostro potenziale.”
Imola, sempre Imola. Sembra quasi dover essere il vero riferimento per capire il potenziale delle squadre per il 1994.
E così sarà. Imola rappresenterà il punto di partenza per tutti coloro che con Senna in pista vedevano ridotte le loro chance di vittoria.
Prudente e accorto il brasiliano, meno prudente Williams: “Noi ci spingeremo sempre al limite, pur restando entro le regole. Il nostro obiettivo tecnico è progredire, non retrocedere.”
Traction controll, controllo della trazione delle ruote, un dispositivo che consente alla vettura di avere la maggior aderenza possibile sull’asfalto nelle differenti condizioni di pista: chi ha paura che qualcuno bari? Chi giocherà con i regolamenti? È anche qui, da questi momenti che vedono le diverse nuove macchine presentarsi sulle piste di prova con più o meno celate “finezze” tecniche, che viene a formarsi un altro punto interrogativo della tragedia di Imola.
Senna vuole conoscere tutte le fasi dello sviluppo della FW16, capirla a fondo. Passa molto del suo tempo a Didcot, sede della squadra, vuole capire bene come nasce la macchina. Alle prove successive, in Francia, Senna si tiene decisamente lontano dal tempo fatto da Mansell nel 1991. Ayrton ha un atteggiamento contraddittorio: si lamenta con la stampa inglese della nuova FW16, afferma, invece, alla stampa brasiliana che mai una macchina debuttante, con la quale in quei giorni ha percorso 153 giri, lo aveva soddisfatto come la Williams.
Un esame della macchina dopo la prima giornata di prove ha evidenziato una preoccupante crepa del triangolo in carbonio della sospensione posteriore, nella parte più vicina al cambio. Newey vi ha posto rimedio irrobustendo il pezzo con del lamierino metallico.
Non sono esclusi grossolani errori nei calcoli dei carichi agenti sul pezzo, errori che sarebbero a dir poco gravi a tre settimane dalla prima gara del mondiale.
La stampa non escludeva grossolani errori e adesso, rileggendo gli articoli di allora, mi fermo spesso a pensare. È possibile che un team ipertecnologico come la Williams, una squadra che ha vinto nove mondiali costruttori, possa compiere errori di questo genere?
La macchina di Senna è innovativa sotto molti punti di vista. Con il ritorno alle sospensioni passive, si è cercato di ottimizzare il funzionamento di molle e barre e si è curata particolarmente l’aerodinamica.
Sul ritorno alle sospensioni passive Senna dice: “Non posso certo far confronti con una Williams attiva, che non ho mai guidato. In compenso conosco bene la differenza che esisteva tra la versione attiva e quella passiva della McLaren. La guida è sicuramente meno confortevole e la vettura è più difficile da controllare, specie sulle gibbosità.” Riguardo alle modifiche alle sospensioni della macchina, dice: “Hanno dato alla piastra posteriore un profilo ‘alare’ perché da tempo ormai esiste un gentlemen agreement tra le squadre che consente di profilare i bracci delle sospensioni. In sostanza, invece di avere tre bracci profilati” continua “abbiamo sostituito il triangolo superiore con un solo braccio, profilato anch’esso. A mio parere non cambia nulla per quanto concerne la sua legalità.”
Sull’inizio di cedimento della sospensione dice: “Dopo aver effettuato la necessaria riparazione non ci sono più stati problemi. Anche l’avantreno ci ha dato qualche grattacapo, con un funzionamento strano che innescava brutti scatti sia in inserimento sia in uscita di curva. Ma ora sappiamo perché. Ci sarà da lavorare sia sull’aerodinamica che sulla meccanica e forse non tutto sarà pronto per le prove di Imola, ma l’essenziale è sapere dove mettere le mani.” Ci sono, inoltre, altre correzioni da apportare alla posizione di guida, che non soddisfa completamente il pilota brasiliano: “Non è ancora perfetta. Abbiamo, ad esempio, lavorato molto per eliminare le turbolenze d’aria che mi scuotono eccessivamente il casco ad alta velocità, cambiando diversi parabrezza e anche provando un nuovo casco come quello usato da Fittipaldi a Indianapolis. Questa prova, però, non ha dato i risultati sperati perché l’ala che questo casco ha sotto il mento genera troppo carico che schiaccia la testa verso il basso. Ho anche problemi a leggere alcuni strumenti e gli attacchi delle cinture mi fanno male. Abbiamo effettuato continui aggiustamenti, anche per il sedile, ma al contempo miglioravano le prestazioni e più si va forte più il corpo è sollecitato, quindi i problemi di posizione si ripresentano. Bisognerà continuare a lavorare, perché trovare una posizione di guida ideale è fondamentale.”
Mi avvicino al momento dell’incidente come lo spettatore curioso di un film, con l’ansia di sapere di più, di scoprire la verità. Conosco tutto di questi fatti, ho seguito il processo dal vivo per un anno, ho rivissuto in aula quei giorni del ’94 eppure sono ancora convinto che ripercorrendo le fasi antecedenti l’incidente di Senna è possibile trovare qualche chiarimento.
Chiama Paolo:
“A che punto sei?”
“Sono alle prove private prima del Gran Premio del Brasile”.
“Che ne pensi delle mie scartoffie?”
Tossisce, quei sigari l’uccideranno. Vuole sapere, vuole essermi d’aiuto. “Penso che sei più aggiornato di un archivio di Stato – gli rispondo – quand’è che vieni a spiegarmi un paio di cosette?”
“Presto, presto, ci vediamo nel fine settimana. Ciao.”
I giapponesi non gli danno tregua, hanno voluto andare in visita alla fabbrica Ferrari, poi alla pista di Fiorano infine a Monza. Sono assetati di tutto quello che riguarda la Formula 1 e prima o poi piazzeranno un pilota samurai in grado di vincere un mondiale.
Vado avanti nella mia ricerca, sino a Imola 8-11 marzo.
La Williams ha mostrato un grosso potenziale. Entrambe le macchine, infatti, hanno girato in tempi di assoluto rilievo, soprattutto con Senna che ha battuto il vecchio record di Mansell. Non è stato suo, però, il miglior tempo: Schumacher ha fatto meglio di lui di 166 decimi di secondo.
“Frank mi ha ‘obbligato’ a girare sempre con almeno settanta litri di benzina nel serbatoio, dicendo di stare attento a non esagerare. Non voleva attirare l’attenzione della Federazione sulla Williams: se dimostriamo di essere troppo forti chissà cosa potrebbero inventarsi per farci rallentare.”
Senna sembra sprizzare gioia da tutti i pori e accetta scommesse sulle prove del GP di Imola: “Altro che 1'21"078 di Schumacher, la pole vera sarà sotto all’1'20" (sbaglierà clamorosamente, perché la pole sarà di 1'21"548: la sua, naturalmente!).
È carico e desideroso di dimostrare il suo valore, di confermare a tutti che è lui il migliore. A chi lo interroga ripete sempre che è sereno, che non è mai stato meglio e questo appare strano a chi lo conosce bene:
“Sono così tranquillo perché finalmente sto lavorando con un team competitivo e quando si lavora bene io sono rilassato, è il lavoro che mi rende allegro. Abbiamo fatto dei test sull’assetto, perché con le sospensioni meccaniche non è così facile trovare le soluzioni giuste. A Imola è difficile regolare la macchina, perché si usa poco l’alettone per essere veloci in rettilineo e ci sono sia curve veloci, sia lente. Sotto certi aspetti è molto simile a Interlagos, ma in Brasile cambiano i parametri per il motore perché siamo a un’altezza di circa 800 metri ed è una pista più ondulata. Forse anche le gomme saranno diverse, oltre alla temperatura che sarà più alta.”
Il fato è tra le righe, Senna si è lamentato proprio dell’asfalto alla curva del Tamburello. Le sospensioni passive non aiutano di certo.
E il tutto, ora, suona ancora più lugubre:
“Certamente con le sospensioni passive si sentono di più le asperità del terreno e la guida risulta più faticosa. Ma a Imola è peggiorato proprio l’asfalto, specie alla curva del Tamburello, la più veloce in assoluto della pista. Ci sono tre o quattro gradini che mettono a dura prova la tenuta di strada, è da riasfaltare assolutamente.”
Un articolo di Paolo, forse mai pubblicato, dice: “Troviamo interessante, che proprio in quell’occasione Adrian Newey, il progettista Williams, cercherà di spiegare le sue filosofie di costruzione della monoposto, difendendo la sua creatura, da qualsiasi critica. Anche da quelle di Senna?”
Per il 1994 ad Adrian Newey è stato concesso di costruire una monoposto come voleva, senza restrizioni di sorta. È proprio così che è nata la FW16: senza compromessi, estrema.
Intervista a Newey: “Nel 1995 in virtù del profondo cambiamento nei regolamenti, con l’introduzione dello scalino sotto le fiancate, bisognerà ripartire daccapo ed è per questo che abbiamo optato per una monoposto ’94 che sfruttasse al massimo ogni suo componente. La ricerca aerodinamica è stato il principio ispiratore di tutto il progetto. Con le sospensioni passive bisogna avere una vettura che non risenta della variazione d’altezza dal suolo e abbia un centro di pressione molto stabile. Mi sono concentrato sull’efficienza del retrotreno.
L’avantreno serve, soprattutto, per bilanciare la monoposto, ma la maggiore o minore efficienza della vettura viene determinata dal retrotreno. Per questo ho studiato un complesso alettone posteriore che dovrebbe permettere di utilizzare minor incidenza (inclinazione, N.d.A.) nella parte più alta, rimasta quasi tradizionale. Soprattutto ho estremizzato un concetto già iniziato lo scorso anno, quello di cercare di abbassare al massimo tutta la parte dietro. Da qui è nata l’idea della sospensione, quindi del nuovo cambio, che ha dimensioni in altezza molto ridotte. Quando si cerca di ottimizzare al massimo si arriva inevitabilmente a realizzare soluzioni che non permettono molte modifiche... è difficile aggiustare la geometria della sospensione posteriore, ma questa è sempre stata una caratteristica delle Williams.”
Le macchine cambiano di anno in anno, alcuni disegnano la nuova vettura partendo dal foglio bianco, la Williams, invece, affina il già vincente disegno aerodinamico. In ogni caso, la vettura che scende in pista all’inizio dell’anno è solo una lontana parente di quella che l’ha preceduta.
Sono in Sardegna da tre giorni e nella mia ricerca sono ormai alla vigilia della partenza per il Brasile.
Ayrton è già volato a casa sua, a San Paolo.
Sembra che nella testa dei tecnici Williams, in questo momento, esistano “arroccamenti” mentali, dovuti sopratutto alla necessità di dimostrare che la loro monoposto è regolare. Forse in quei giorni gli ingegneri della Williams avrebbero già dovuto dare più ascolto a Senna piuttosto che al computer e, sopratutto, guardare all’efficienza della macchina più che alle interpretazioni regolamentari.
La soluzione adottata per la costruzione della sospensione posteriore, quella sagomata e ricoperta di fibra di carbonio per intenderci, ha ovviamente pregi e difetti. Iniziamo dai pregi. Il coefficiente di penetrazione aerodinamica è uno dei parametri che quantificano la forza di resistenza all’avanzamento della vettura dovuta alla presenza dell’aria. Tale coefficiente dipende, oltre che dalle caratteristiche puramente geometriche della macchina (dimensioni, forma delle appendici aerodinamiche, ecc...) che possono essere valutate staticamente, anche da una serie di parametri dinamici che vanno valutati nella reale condizione di uso e possono essere determinati solo sperimentalmente.
L’utilizzo di tali parametri è molto complicato perché raramente è possibile ricondurre il comportamento della macchina a un modello semplificato esprimibile matematicamente. Questo comporta una parte di ‘casualità’ nell’analisi del comportamento della monoposto. In una macchina di F1 molti problemi derivano dalle turbolenze aerodinamiche che si creano intorno alla vettura in velocità, generate da parti in movimento relativo rispetto alla vettura stessa. I pneumatici, per esempio, sono una causa di turbolenze molto dannose all’efficienza aerodinamica. Così anche la parte centrale della scocca, in cui siede il pilota, è assolutamente deleteria per la presenza di grosse discontinuità delle superfici sulle quali agisce il carico aerodinamico. L’aumento, anche minimo, del piccolo parabrezza-spoiler atto a diminuire il carico sul pilota può, infatti, influire notevolmente sull’efficienza dell’alettone posteriore, al pari del cofano motore, degli pneumatici e dei semiassi posteriori. L’influenza di queste parti della macchina è soddisfacentemente valutabile sperimentalmente in sede di progetto, grazie a sempre più sofisticate gallerie del vento utilizzabili per simulare il funzionamento reale della vettura.
I problemi sorgono quando vi è qualche variazione repentina e assolutamente imprevedibile nell’aerodinamica della macchina, a causa di sobbalzi o, per esempio, del cedimento di un alettone o di una sospensione. Un problema di questo tipo sconvolge l’equilibrio dei carichi con conseguenze difficilmente prevedibili. Proprio per questo motivo alla Williams hanno cercato di eliminare almeno l’influenza dei semiassi: sono stati carenati con una struttura profilata ma, soprattutto, non rotante, che ha anche funzione attiva nella sospensione della macchina. Unendo a quanto detto una migliore aerodinamica della parte inferiore del retrotreno, ottenuta anche grazie a un alettone più funzionale, è stato possibile non aumentare la resistenza all’avanzamento della parte superiore dell’alettone posteriore, a tutto vantaggio del compromesso velocità-carico aerodinamico.
I difetti di questa soluzione risiedono nella geometria delle sospensioni difficilmente variabile: progettare un altro triangolo superiore più lungo, per esempio, vuol dire dover rifare completamente i calcoli della resistenza del particolare caricato, che con il carbonio e i materiali compositi non sono cosa da poco. Basti pensare che un team come la Williams li ha evidentemente sottovalutati visto che alla prima uscita dell’auto, all’Estoril, proprio questo pezzo si è sfibrato e che ancora a Imola non era stato riprogettato visto che aveva i posticci rinforzi metallici del primo intervento provvisorio portoghese, compromettendone così la leggerezza.
Le analisi matematiche fatte per costruire una Formula 1 sono decine di migliaia e, nonostante le apparecchiature sofisticatissime, l’errore è sempre possibile. I materiali compositi, poi, non sono facilmente trattabili, quindi insorgono problemi di realizzazione costruttiva cioè tempi molto lunghi e grosse spese.
Nel caso della Williams del 1994, è stata abbassata la parte inferiore della sospensione, con la conseguente adozione di bracci più lunghi e, quindi, più sollecitati.
In un’intervista Head difende la regolarità della sua auto affermando che il profilo alare del triangolo è simmetrico, non ha incidenza (inclinazione, N.d.A.) e quindi non è “portante”, nel pieno rispetto delle regole: “L’aver avvicinato così i due triangoli della sospensione ha creato problemi di stabilità per le ruote – ha detto – questo ha comportato un ridisegno completo del portamozzo, che deve sopportare maggiori sollecitazioni strutturali. Abbiamo fatto una mole di esperimenti per ricercare i giusti valori del correttivo antisquat (antiaffondamento, N.d.A) perché nella FW16 non può essere modificato se non con una diversa fusione della scatola del cambio. In effetti sarei più tranquillo se avessimo accumulato qualche migliaio di chilometri di prove in più prima della gara in Brasile.”
Eccolo. Per la prima volta affiora il dubbio nella mente di Patrick Head.
In Brasile Senna nota subito che una sua richiesta molto importante, la grandezza del volante, non è stata soddisfatta.
La Williams FW16 è ridotta negli ingombri e anteriormente sono cambiati gli ammortizzatori che erano stati usati fino a quel momento. Sono rimasti, però, gli irrigidimenti al profilo alare che sostituisce il triangolo superiore della sospensione posteriore.
Il pilota brasiliano non ha ottenuto dalla Williams l’adozione del volante a lui più congeniale e questo lo infastidisce. Per ridurre lo sforzo è stato messo a punto un diverso tipo di demoltiplicazione dello sterzo, che aumenta la rotazione richiesta al volante. Senna ha problemi fisici: un dolore al braccio e un problema al collo. Guidando sotto sforzo, inoltre, la posizione delle mani si modifica con il passare dei giri, le nocche si ingrossano e, in un abitacolo progettato al millimetro, creano ulteriori difficoltà. La macchina pare abbia qualche problema nell’individuazione del miglior compromesso aerodinamica-assetto: l’assetto accettabile, infatti, è uno e uno solo e molto rigido. Tale rigidità comporta ulteriore stress fisico per il pilota, che ne risente sempre più con il passare dei giri.
È un fine settimana strano. Questa volta il campione, a differenza del passato, è costretto a dedicare parte del suo tempo alle richieste promozionali dei nuovi partner. In una conferenza stampa presenta il progetto editoriale “Senninha”, il fumetto che lo rappresenterà presso i bambini del suo martoriato paese. Un eroe positivo, pieno di speranza e di certezze.
Ayrton Senna vive un momento molto particolare. Sono convinto che nella sua testa i dubbi sulla scelta di vita fatta, sul cambio di squadra, sul metodo di lavoro in Williams, continuano ad aumentare. Anche Paolo sembra convenirne perché sulla segreteria telefonica trovo un suo messaggio che dice: “Ricordati del Brasile, Senna era stressato. Non era il solito... io c’ero, ne sono sicuro. Facci caso.”
Prove e gara saranno un martirio. Continua a stare scomodo nella monoposto. La pole position è sua, tutta sua, con quel giro alla morte che da anni immancabilmente riesce a ottenere. Tutti sono convinti, a questo punto, che la sua sarà la macchina da battere. Lui continua a ricordare che la FW16 ha ancora tantissimi problemi da risolvere.
Conduce la gara con qualche affanno sino al pit stop. Lì la Benetton fa vedere un’eccezionale tempismo nel cambio gomme ma soprattutto nel rabbocco del carburante. Eccezionale! Veramente bravi alla Benetton.
Ayrton spinge come sempre ma il secondo posto non lo soddisfa, poi alla curva Juncao il testa coda con il motore che si spegne: gara finita, proprio lì davanti alla sua gente!
Schumacher va a vincere la gara brasiliana. Il secondo posto di Damon Hill, doppiato, la dice tutta sui difetti della FW16 e dovrebbe far riflettere. Senna è sereno, non cerca scuse: “Ho sbagliato... ho dovuto prendere dei rischi. Avrei dovuto accontentarmi ma a me il secondo posto non interessa.”
In tutte le squadre in cui ha militato ha trovato dei tecnici che praticamente gli hanno confezionato addosso la monoposto, facendo la fortuna del team. Una monoposto che lo soddisfacesse e lo trovasse comodo alla guida e nella messa a punto. In Williams si ha l’impressione che vogliano lasciare a se stessi qualsiasi modifica alla macchina. Dalle prime prove di Silverstone, da quei primi giri, Ayrton ha preteso modifiche all’abitacolo, al volante e al parabrezza. In gran parte tutto questo è rimasto inascoltato.
In Brasile, alla fine della gara, Senna si è confrontato violentemente con i tecnici. C’è un punto che molti ingegneri non riescono a capire, ovvero che dopo un’ora di gara l’impugnatura del volante cambia a causa della fatica. In pratica le mani tendono sempre più ad “aggrapparsi” al volante, modificando cosi anche la posizione della braccia in un abitacolo molto stretto. I polsi ruotano in avanti le nocche s’ingrossano e vanno a sfregare contro la centina portastrumenti.
Oltretutto il pilota e i tecnici giungono alla conclusione che la FW16 per la gara brasiliana, avendo dovuto subire l’irrigidimento delle molle per inchiodare le sospensioni, si è trasformata in un esasperato go-kart da 790 cavalli su un circuito gibboso com’è quello di San Paolo. Sicuramente avrebbe potuto essere un’auto vincente se Ayrton avesse tenuto la testa della corsa e amministrato la gara, ma impossibile da controllare se si fosse trovato a dover rincorrere, come poi è avvenuto.
Ayrton vuole, pretende al più presto un rimedio.
Finito l’aspro confronto se ne va ad Angra do Reis a rimuginare la delusione di quel Gran Premio sfortunato.