Gli ultimi mesi, atto primo
Quando si legge di Senna, soprattutto dei suoi primi anni, è facile trovarlo descritto come un duro, un selvaggio dedito all’ossessione della vittoria, un timido che nasconde una rabbia furiosa, una faccia di pietra che incute timore e rispetto.
Tutti coloro che ne scrivono sembrano affascinati da quella sua distanza quasi inarrivabile e, chi più chi meno, finiscono per parlarne come di un talento incredibile, inconcepibile, unico per intensità e dedizione.
Ayrton Senna era tutto questo nel suo lavoro di pilota ma era anche un uomo, un uomo prigioniero del suo talento e della sua passione.
Del grande pilota brasiliano può scrivere solo chi lo ha conosciuto davvero, e sono in pochi; per tutti gli altri, per i tanti che ne hanno parlato e continueranno a parlarne, Ayrton Senna era un pilota raro, completo, estremo nelle prestazioni e, soprattutto, nell’impegno che metteva al servizio della sua ossessione. Un’ossessione talmente forte da risultare spesso incomprensibile.
Una volontà mostruosa che si ha possibilità di toccare con mano in un’intervista realizzata da Paolo 15 giorni dopo la prima vittoria in Portogallo, agli inizi di una carriera fulminante, in quel di Imola. Era il 1985.
“Ho sacrificato tutto per questo sport: amicizie, affetti, una vita normale che ogni ragazzo ha. Voglio riuscire, voglio diventare campione del mondo per ripagare la mia voglia di diventare il migliore... per me stesso, la mia famiglia, il mio paese. Dici che rassomiglio a Gilles Villeneuve? No, Gilles era un grande e io sono solo un giovane pilota che vuole imparare.”
Ho pensato molto a come definire Senna, mi sono scervellato per giorni e giorni e alla fine ho concluso che, forse, l’unica definizione possibile è quella che ne dà Christopher Hilton nel suo libro The Genius: una preda inafferrabile.
Una preda che ha corso da sola sino al momento dell’arresto obbligato, a Imola.
Imola è il luogo dove Senna è morto. È una simpatica cittadina emiliana sulle rive del Santerno, che non avrebbe molto da dire se non ospitasse l’autodromo Ferrari, quello che il grande Enzo ha voluto dedicare a suo figlio Dino. Ayrton Senna è morto il 1° maggio del 1994 ma a partecipare a quella tragedia c’erano già altri elementi che da mesi lavoravano perché quella tragedia si compisse. Forse dall’agosto 1993, forse dal momento in cui Senna, ha cominciato a parlare con Frank Williams.
Negli appunti di Paolo trovo queste parole, scritte a penna su di un grande block notes: “A uccidere Senna, non è stata sola la Williams FW16! A uccidere Senna sono stati in tanti, senza premeditazione. Sono stati i tanti diversi protagonisti di questo sport che così tanto ci appassiona! Quell’uomo che si è schiantato contro il muro alla curva del Tamburello era un uomo avvilito, confuso, offeso. Per la prima volta nella sua carriera non era stato ascoltato, per la prima volta aveva trovato progettisti gelosissimi della loro creatura e computer-dipendenti, e tutto questo dopo un periodo molto aspro con tanti altri protagonisti di questo mondo, attori di una tragedia lunga mesi e con differenti atti. In ognuno di questi atti c’è una parte della tragedia.
Quello che è successo a Imola non è stato un caso, né fatalità, né imperizia (N.d.A.).
Sono perplesso, ripercorro con la mente gli avvenimenti di quel periodo tormentato.
Il Campionato mondiale di Formula 1 1992 era stato uno dei più velenosi. Ayrton Senna si era visto rifiutare la sua offerta di correre in Williams, “se necessario anche gratis”, a causa del veto posto al suo arrivo da parte di Alain Prost.
Ayrton era furioso.
Ancora una volta il “nano”, come a volte lo chiamava, era riuscito a danneggiarlo. Senna non aveva nascosto la possibilità di star fermo un anno. Ron Dennis, il manager della scuderia McLaren, ormai orfana del motore Honda che tanti successi gli aveva garantito, continuava a martellarlo affinché si decidesse a firmare il rinnovo del contratto.
Iniziò il campionato e la McLaren si presentò alla prima gara con la novità dei tre piloti titolari: Senna, Andretti, Hakkinen.
Senna correva con un contratto a gettone: un milione di dollari a gara senza certezze di continuare la stagione, sapeva bene che quel motore Cosworth Serie 5 non poteva assolutamente competere con il dieci cilindri Renault a disposizione del suo rivale Prost.
Niente contratto fisso, Ayrton spingeva perché Ron Dennis facesse qualcosa; almeno che riuscisse a mettere le mani sul motore Ford Serie 7, quello a disposizione della Benetton.
In Brasile il tre volte campione paulista sbeffeggiò il suo rivale principale e, quando in conferenza stampa Prost iniziò a lamentarsi della macchina, esclamò: “facciamo a cambio allora”. Non era da lui. Non era un atteggiamento usuale di Ayrton quello di prendere in giro gli avversari. Ma in quel momento vedeva solo nemici. Quel campionato lo ha corso contro tutti e contro se stesso. Cinque vittorie con una macchina decisamente inferiore si ottengono solo se si è veramente campioni. Ogni vittoria la faceva pesare, e tanto, a Ron Dennis e soci.
È risaputo che quando Ayrton ripartiva dal Brasile, dopo gli ozi invernali nella sua casa di Angra dos Reis, e si rituffava negli otto mesi del mondiale fino al giorno dopo l’ultima gara, era completamente a disposizione della squadra e della sua monoposto. Ore e ore a lavorare, a provare, a modificare assetti e sospensioni.
Mai contento, mai pago. Ecco che comincia a modificare il suo modo di vivere, di essere pilota professionista in quella maniera maniacale che lo ha sempre contraddistinto portandolo a essere il più bravo di tutti.
A metà campionato, sorprendentemente, alla vigilia della gara di Magny-Cours, Senna rinnova il contratto con la McLaren.
Ron Dennis senza dubbio avrà risparmiato sul suo ingaggio (da 20 a 16 milioni di dollari), ma si accorgerà ben presto che a disposizione non avrà, per quel che resta del 1993, il 100% di Ayrton Senna da Silva.
Giugno 1993
Montreal
Inizia l’operazione Williams, che porterà il brasiliano a gareggiare alla pari con il suo eterno rivale Alain Prost. Intanto Ayrton, abile a sviare la stampa, rivela il suo interessamento per la Ferrari.
Nelle gare future Senna comincia a fare cose a cui non ci ha abituati: passa sempre meno tempo nei box McLaren, sembra svogliato, fa tardi la sera, fa capire chiaramente che ormai il feeling tra lui e la squadra di Ron Dennis è irrimediabilmente finito. La Renault mette al corrente Prost della possibilità dell’impiego di Senna per l’anno 1994, il francese va su tutte le furie e comincia ad accusare il colpo.
Dopo la parentesi nordamericana si torna a correre in Europa.
Trovo altri appunti e un’intervista di Paolo, che lo incontra al Vadrozsa, il ristorante più esclusivo di Budapest, situato sulle colline di Buda. Paolo incontra Adriana e Senna, che lo accoglie con un “ciao... che ci fai qui...?! Dovresti già stare a letto a quest’ora...”
Il brasiliano per anni, la sera prima di una gara ha sempre fatto vita ritirata.
Mi tornano alla mente le parole del tre volte iridato Jackie Stewart: “È sempre il più veloce in pista, ma prova meno e non si dedica più al lavoro di messa a punto con la scrupolosità di un tempo.”
Paolo annota che Senna ha bisogno di parlare: un’altra eccezione a quelle sue regole cosi rigide.
Su Ron Dennis: “non ha capito ancora che perdendo la Honda lui non soltanto ha perduto un appoggio tecnico notevole ma anche quello commerciale. E questo ci ha posto in una situazione debole e molto critica. Soltanto la mia voglia di operare in modo totalmente diverso ci ha permesso di gareggiare. La McLaren non poteva garantirmi un contratto per tutta la stagione, nemmeno per la prima gara... inaccettabile.”
Accanto, sottolineato, c’è un’annotazione:
AYRTON HA GIÀ ACCETTATO IL CONTRATTO WILLIAMS, GARANTENDO LA SUA PARTECIPAZIONE AL CAMPIONATO IN CORSO SOLO PER LEGGITTIMARE LA VITTORIA DI PROST E DELLA WILLIAMS-RENAULT.
La conversazione deve essere scivolata sull’annoso tema di sempre, quello della eventuale convivenza con Prost, perché nelle pagine successive trovo il nome di Senna e queste parole: “Io non ho problemi a correre con chiunque. Credo che un team per avere due piloti dì punta debba avere due qualità importantissime: il potenziale economico e quello tecnico per dare a tutti e due i piloti le stesse possibilità di competere. Non tutte le squadre sono in grado di farlo. McLaren, Williams, Benetton e Ferrari possono, le altre no. Quanto a Prost, occorre analizzare il lato professionale. Qui vengono coinvolti aspetti come: l’educazione, l’esperienza, il modo di parlare, guardare... Magari in qualche campo potrebbero sorgere dei problemi. Io personalmente preferisco correre accanto a un pilota dello stesso livello, perché insieme si può far progredire meglio la squadra. Naturalmente per i due piloti non sarà facile, assolutamente.”
C’è un piccolo paragrafo evidenziato in giallo: “Il tempo è sempre la miglior medicina per far maturare la gente e far accettare certe idee, certi fatti. Ma anche se è la miglior medicina, esistono altri aspetti che possono aiutare o rendere più difficile, per una persona, dimenticare o migliorare un rapporto. Se mantengo un risentimento a lungo? Mah! qualche volta sì, qualche altra no. Sono un essere umano anch’io.”
Un essere umano, già, anche se a volte non è apparso tale, anche se spesso nessuno se ne è accorto, soprattutto quando Senna sembrava voler passare sopra a tutti pur di dimostrare di essere il migliore. Il suo talento era un dono di Dio, diceva, e professava la sua fede, la rendeva pubblica per rendere gli altri partecipi della fortuna di avere l’Onnipotente dalla propria parte: “Se Dio è dalla tua parte, tutto è più chiaro, il bianco torna a essere bianco e il nero torna a essere nero e si capiscono le cose importanti della vita”, diceva. Era il 1990, Gran Premio del Portogallo, la sua corsa si arresterà al momento dell’incidente con Mansell. Tanti incidenti, tanti nemici, tanto onore.
Il regime del terrore reverenziale che aveva instaurato in pista faceva spostare i concorrenti più lenti ma non Alain Prost, il suo eterno rivale.
I Campionati 1989 e 1990 si erano chiusi con Senna coinvolto in episodi discutibili alla prima curva dell’ultima gara in cui ci si giocava il titolo di campione del mondo. Una volta l’aveva avuta vinta Prost, l’altra lui.
“Ayrton ha un problema – ha detto Prost – pensa di non potersi ammazzare perché crede in Dio e questo è molto pericoloso per gli altri piloti.”
È lo stesso Senna che fa donazioni benefiche per i bambini orfani brasiliani, lo stesso che aiuta i piloti del suo paese ad andare avanti nelle categorie minori, lo stesso che si preoccupa di chiamare la madre appena finito un turno di prove.
In pista è diverso. È Mozart che si mette al piano. È un uomo dall’anima straordinaria che dimentica se stesso e si fa rapire dalle emozioni, gira il più veloce possibile memorizzando ogni singola reazione della macchina su ogni singolo tratto della pista, poi torna ai box, riferisce tutto ai tecnici, si cambia e rilascia interviste in tre lingue prima di chiudersi in riunione con gli ingegneri. La sera, a volte, scrive pagine e pagine di appunti per la squadra, consigli sul come migliorare la macchina.
Il campionato 1993 andava avanti stancamente, Alain Prost attendeva solo la conquista matematica del mondiale per annunciare al mondo della F1 quello che avrebbe fatto nell’anno a venire. Succederà all’Estoril, alla vigilia della gara che lo laureerà per la quarta volta campione del mondo. Estoril: l’ultimo sgarbo di Senna a Prost. Un giorno prima che il francese annunci il suo ritiro dalle competizioni, Ayrton fa sapere che l’anno successivo la macchina di Prost diverrà sua. Gli occhi, in quel momento, trionfavano, un contrasto incredibile con quelli di Alain che in una concitatissima conferenza stampa faceva conoscere i suoi propositi futuri.
Il “Professore” d’oltralpe, come veniva rispettosamente chiamato, si ritirava dalle competizioni. Non per mancanza di stimoli, né perché gli era venuta meno la voglia di correre, ma perché non riusciva più ad accettare determinati comportamenti, falsità, incapacità di mantenere la parola data.
Ufficialmente Frank Williams nega che Senna abbia firmato alcun tipo di contratto con la sua squadra per il 1994, e questo proprio mentre il brasiliano nel paddock spifferava la sua vittoria “politica” ai danni del rivale. Aver convinto la Renault ad assumerlo, anche assieme al francesissimo Alain Prost, era già una vittoria. L’averlo portato al ritiro era stato un trionfo. Con 4 mondiali, Alain Prost entra nella storia dell’automobilismo iscrivendo il suo nome nel libro dei record, alle spalle di Juan Manuel Fangio, ma già sa che Ayrton, scippandogli la Williams per l’anno successivo, avrà l’occasione di riprenderlo.
Il brasiliano ritorna a ridere e riprende a lavorare in McLaren con la stessa foga dei vecchi tempi. Solo l’idea di poter correre il 1994 con la Williams lo eccita immensamente. Spera che Ron Dennis gli permetta di guidare la sua nuova macchina prima della fine dell’anno.
Dipende solo dal team manager McLaren autorizzarlo a provare la vettura campione del mondo prima del 31 dicembre. La multinazionale del tabacco che lo sponsorizza, già contrariata per come Ron Dennis ha condotto la questione contratto con Senna durante il campionato, non riesce a capacitarsi che il suo maggior testimonial mondiale possa abbandonare i suoi colori. Ron Dennis non intende mollare, cercando così di pacificare almeno in parte il suo sponsor, con il quale si preannuncia un rinnovo della copertura pubblicitaria totale del team tutto in salita. Rilascia solo mezze promesse ad Ayrton per una sua “liberazione” contrattuale prima della fine del 1993.
Ayrton vince a Suzuka. Chiede a Williams di farlo provare subito dopo la gara di Adelaide. Dennis non si pronuncia. Non lo farà nemmeno dopo la vittoria di Senna in Australia. Il brasiliano è convinto che lo farà a breve e si mostra felice, contento della sua scelta, anche se questo comporterà l’interruzione di quel lungo periodo di ozi e di mare che ogni anno si permette tra un campionato e l’altro. Questa volta, arrivando in un nuovo team e, soprattutto, con le nuove regole già stabilite, sa bene che ci sarà da lavorare sodo e senza sosta.
Ayrton Senna torna nel suo Brasile. Ha ottenuto quello che voleva: la Williams FW15 (presto arriverà la FW16) e il ritiro di Alain Prost, anche se fa notare che l’assenza del francese dal campionato mondiale “toglierà quel gusto particolare alle vittorie.” Si allena e dà alle stampe il giornalino “Senninha”, rinnova il contratto con la banca Nacional, acquisisce delle concessionarie d’auto per il Brasile.
La rivista americana “Forbes” rivela che nel 1993 Senna ha guadagnato 23,8 milioni di dollari di ingaggio. Al cambio dell’epoca fanno circa 31 miliardi e mezzo, cifra che lo pone al terzo posto della graduatoria degli sportivi più pagati, dietro al cestista Michael Jordan e al pugile Riddick Bowe ma, soprattutto, davanti ad Alain Prost. Alcune riviste accennano a 7,6 milioni di dollari di altre entrate.
Questa volta, però, c’è qualcosa che lo preoccupa: continua a chiamare Londra e Ron Dennis per avere il famoso permesso a provare la Williams prima della fine dell’anno. Dennis si nega, troppo preso a convincere Prost a un ripensamento e a un rientro in pista con il team che fu del suo acerrimo rivale. Ayrton comincia a innervosirsi. A San Paolo, all’uscita di un cinema, prende a pugni un fotografo che lo perseguita. Martella di telefonate la McLaren, alla quale fa sapere che verso il 20 di dicembre potrebbe avere la possibilità di provare la sua nuova macchina. La ditta genovese che gli fornisce le tute ha già pronta quella nuova di colore blu della Williams.
Mercoledì 15 dicembre 1993
Ayrton richiede ufficialmente alla McLaren di autorizzarlo a usare i nuovi colori dal giorno 18 dicembre, allorquando parteciperà alla gara di kart a scopo benefico organizzata a Parigi dall’ex pilota di F1 Philippe Streiff, tetraplegico a seguito di un incidente. Sembra che la risposta di Dennis sia stata di quelle pesanti. Ayrton Senna, secondo contratto e la specifica richiesta del patron della McLaren, avrebbe dovuto correre nella manifestazione kart di Bercy con i colori e gli sponsor McLaren.
Il brasiliano parlerà con i responsabili pubblicitari di Losanna venendo a scoprire che la multinazionale del tabacco, in virtù dei tanti anni di successo assieme al pilota brasiliano, non avrebbe alcun problema ad autorizzare Senna ad anticipare le prove con la sua nuova squadra. Ayrton è imbestialito. Il no a provare prima della fine dell’anno, quindi, arriva direttamente da Ron Dennis!
Giovedì 16 dicembre Senna lascia San Paolo per l’Europa accompagnato da Adriana. La sera del 18 dicembre 1993, nel kartodromo di Bercy, si presenta con la tuta immacolata, bianchissima e senza sponsor. Solo una scritta: “Driven to perfection.” Ecco ripagato Mr. Ron Dennis: non potrò vestire la tuta della mia nuova squadra? Ebbene non vestirò nemmeno la tua.
Vince Prost e in un’intervista dice che Senna è sempre stato un suo nemico, che non si fida di un uomo “pronto a fare tutto e non importa come, per ottenere il suo scopo.” Lo definisce “pericoloso”: non è la prima volta.
Senna, ha altro per la testa.
Non risponde alle polemiche. Sembra allegro, si diverte. Passa le serate con gli amici e con Adriana nei migliori locali di Parigi.