Adams
Schumacher e Irvine che fanno a gara intorno al Circo Massimo, simulano partenze a razzo, tirano le staccate, si scompongono in accelerazione sull’asfalto viscido ed esibiscono testacoda controllati davanti al pubblico estasiato e incredulo della capitale.
1 giugno 1997, apro la cronaca de “Il Giornale” . Siamo alla tre giorni romana che ha chiuso i festeggiamenti per il Cinquantenario Ferrari: un evento unico, irripetibile.
“Una pazzia, anzi un sogno – ha detto il Presidente Montezemolo – quello di celebrare nella città eterna un mito davvero eterno”; Ferrari, il fascino, la magia di automobili senza confini che dall’Emilia hanno diffuso un made in Italy fatto di linee mozzafiato, prestazioni al limite, successi incredibili frutto di una partecipazione ininterrotta alle competizioni e di uno sviluppo costante e innovativo del concetto di auto.
Allo stadio dei Marmi, in una cornice incredibile che vede 260 vetture di Maranello schierate ai margini della pista di atletica, va in scena il saluto del presidente Scalfaro, dei piloti di ieri e di oggi, dell’avvocato Agnelli.
Ricordo atmosfere magiche e mi rivedo mentre giro tra i vialetti intervistando tutti coloro che capitano a tiro di microfono: il primo è Ivan Capelli, ferrarista sfortunato della stagione 1992, stravincitore delle categorie propedeutiche monoposto sacrificato al sogno della rossa.
“Allora, Ivan, tu hai visto l’incidente e senz’altro ti sarà capitato di vedere i filmati... che idea ti sei fatto? Cosa può essere successo?”
“Mi sono fatto l’idea che un pilota della levatura di Ayrton Senna, con tutte le sue qualità, non poteva certo arrivare a commettere un errore in quella curva e con quella dinamica – mi dice – quindi, personalmente, credo che si sia trattato di un cedimento meccanico che ha colto di sorpresa il pilota brasiliano in una curva da 300 Km/h. Tutti gli incidenti precedenti capitati in quel punto, una curva sul bagnato ma un dritto sull’asciutto, sono stati causati da problemi meccanici.”
“Hai avuto modo di seguire il processo? Sai che è in atto una discussione sulla difficile dimostrabilità dell’accaduto?”
“Guarda, io parto dal presupposto che sia sbagliato fare un processo di questo genere perché chi corre in macchina deve accettare i rischi a cui va incontro... quindi credo che sia stupido processare questo sport, è come un pugile che va sul ring e vuole schivare tutti i colpi, è inutile, prima o poi qualcuno lo prende. Noi sappiamo che l’incidente è dietro l’angolo.”
Parla da pilota, Ivan. È stato telecronista per la stagione in corso ma sta preparando il suo rientro in pista.
“Comunque sarà molto difficile dimostrare qualcosa – continua Capelli– anche se la tecnologia, che secondo me non viene utilizzata in toto, sicuramente fornirà delle risposte, anche perché dalle immagini non sembra possibile che un pilota come Senna non potesse reagire e almeno usare il volante... è la cosa più normale di questo mondo.”
“È realistico che le squadre di F1 possano decidere di non venire più a correre in Italia in caso di condanna?”
“Purtroppo è realistico in quanto ci sono solamente due squadre italiane in Formula 1, tre aggiungendo la Benetton, e tutte le altre, percentualmente, potrebbero decidere senza nessun problema, senza contare che abbiamo un presidente della federazione (Mosley, N.d.A.) e un manager FOCA, come Ecclestone, inglesi.”
“Secondo te quanto hanno influito i cambiamenti regolamentari del 1994 sulla numerosa serie d’incidenti di quel periodo?”
“Mah, gran parte degli incidenti sono stati causati dal venir meno delle sospensioni attive che potevano controllare e lasciare costante l’aerodinamica delle vetture. Tornando a un sistema tradizionale meccanico tutte le parti sospese, le sospensioni ecc. sono tornate improvvisamente a sopportare carichi, vibrazioni, sollecitazioni che hanno spesso causato cedimenti.”
“Quindi, può darsi che l’incidente di Senna sia stato causato da un insieme di concause?”
“No, credo che lì ci sia stato un problema strutturale specifico sul piantone, che aveva una conformazione particolare... sono questi gli elementi che possono aver causato la tragedia.”
Seduto a un tavolino, armato di penna e block notes c’è Oscar Orefici, decano dei giornalisti della Formula 1: non può sfuggirmi.
“Orefici, che idea si è fatto dell’incidente Senna?”
“Al di là delle risultanze di un processo del tutto inutile, che poteva esser benissimo evitato e che solo in Italia si poteva fare perché se si corre i rischi sono certi e i piloti per primi sanno ciò a cui vanno incontro, direi che quello che è successo è evidente: a Senna deve essersi rotto veramente lo sterzo. Ma da qui a colpevolizzare la Williams ce ne passa, perché le macchine di F1 sono dei prototipi, delle macchine estreme destinate a rompersi.”
“Secondo lei è credibile che i team rinuncino a venire a correre in Italia?”
“No, in Italia la passione popolare per le corse è tale da fare di Monza e Imola due appuntamenti irrinunciabili per il Campionato del Mondo di Formula 1.”
“È realmente possibile che in un campo ad altissima sofisticazione tecnologica come quello della Formula 1 si possano eseguire degli interventi con ampio margine di “artigianalità”, come quello che sembra esser stato fatto sul piantone dello sterzo di Senna?”
“Purtroppo si, perché se lei, non solo in F1 ma anche nell’ultima categoria delle competizioni automobilistiche, va dall’ultimo pilota dello schieramento di partenza e gli propone di guadagnare, in qualsiasi maniera, un centesimo di secondo, ebbene questi si venderebbe l’anima al diavolo.”
Il giorno dopo sono a Imola, dodicesima udienza.
È di scena il supertestimone Damon Hill. L’avvocato Causo ha annunciato che la FOCA non esclude azioni legali per diffamazione nei confronti del PM Passarini, reo di aver rilasciato infuocate dichiarazioni stampa circa la smemoratezza dei testi televisivi.
Passarini non commenta.
Tutti gli sguardi sono puntati sul compagno di squadra di Ayrton Senna nel 1994, oggi Campione del Mondo con 21 vittorie su 70 Gran Premi disputati, 326 punti mondiali e 20 pole position all’attivo in cinque anni di Formula 1. Molti sostengono che se non fosse salito di una Williams sarebbe rimasto solo il figlio del grande Graham. In ogni caso, si tratta di un pilota con risultati da Guinness.
Damon veste scuro su camicia bianca e cravatta puntinata, ha lo sguardo serio, l’aria distinta. Trascorrerà in aula tutta la mattina e dopo aver ripetuto per ben 27 volte ‘non ricordo’, non rilascerà dichiarazioni:
“I don’t want to discuss the trial”, mi dirà. “Non voglio discutere del processo”, l’avevo capito, grazie.
La sua deposizione ha dato una bella mano ad alleggerire i sospetti sulla Williams, a scagionare il circuito e ad allontanare ulteriori ombre di dubbio dalla FOCA. Il sabato dopo la morte di Ayrton Senna, a un meeting in Williams, Damon vide le immagini della camera car ed ebbe modo di vagliare tutte le ipotesi di cedimento possibili ma ne uscì “senza aver trovato una ragione per l’incidente – ha detto – ma soddisfatto di quello che avevo capito della colonna dello sterzo”. Quello sterzo che dava fastidi anche a lui (cosa che nessuno sapeva), tanto che entrambe le vetture furono modificate. Ma quando furono modificate Damon non lo ricorda, non ricorda chi gli parlò delle modifiche (“non ricordo quando è stata modificata quindi non ricordo quando lo seppi”), non ricorda perché il team lo fece correre senza servosterzo, così come non ricorda di aver mai sentito il pilota brasiliano lamentarsi della sua macchina.
In sintesi: per Hill l’incidente è dovuto a un sovrasterzo improvviso, forse dovuto a problemi di pressione delle gomme, punto e basta.
Tra errori di traduzione e incapacità di circostanziare alcuni avvenimenti, Damon ha avuto il tempo di chiarire che “non ricorda” di aver mai sentito alcun pilota parlar male della pista e – soprattutto – che le immagini da lui viste presso la Williams sono le stesse mostrategli dal PM e si interrompono esattamente nello stesso punto. Quando Passarini ha tentato di mostrargli la rivisitazione del CD-Rom CINECA con le misurazioni del presunto spostamento irregolare dello sterzo, numerose eccezioni sollevate dalle difese per l’introduzione di nuovo materiale probatorio all’interno del dibattimento gli hanno impedito di pronunciarsi su quest’importante particolare. Cosa che, invece, sembra sia stata fatta da Alboreto in separata sede. Il pretore ha concesso i termini a difesa e la visione è stata rimandata alle prossime udienze.
Nel pomeriggio c’è stato un breve intermezzo dedicato al capitolo pista e il PM ha precisato che: “Per convincimento di quest’ufficio le caratteristiche della pavimentazione del circuito non hanno alcun rilievo sulle cause dell’incidente... in relazione al capo d’imputazione è emersa solo una divergenza con la normativa FIA.”
La divergenza contestata consiste nella mancanza di complanarità tra pista e banchina di sicurezza: elementi leggeri.
Gli ingegneri Bucchi e Bomparola, per conto dell’accusa, hanno sottolineato che anche con “l’adozione dei criteri più restrittivi” la pista è risultata conforme ai regolamenti e alle (poche) norme esistenti in materia: il vero nodo cruciale della “questione pista” verrà analizzato al momento dell’interpretazione della normativa FIA 1994.
Martedì 3 giugno 1997
Ho dormito fino a tardi. L’inizio dell’udienza è previsto per mezzogiorno e ne approfitto per fare un po’ di stretching tra le lenzuola e dare uno sguardo ai giornali.
Processo Senna, ecco i titoli:
Hill scagiona Williams e Imola, “Gazzetta dello Sport”
Hill, l’avvocato di Williams, “Tuttosport”
Hill difende Williams e dice: Non ricordo, “Il Resto del Carlino”
Possono bastare: Damon lo smemorato è stato notato.
La prima ora di udienza è dedicata alle questioni procedurali sollevate dalle difese circa l’ammissione del filmato relativo al GP di San Marino 1994 che Passarini vuole presentare in un nuovo formato, in Betacam anziché in VHS. La migliore definizione del video dovrebbe consentire una visione più agevole di quanto accadde all’interno dell’abitacolo, in attesa delle misurazioni digitalizzate dello spostamento del volante operate dai tecnici del CINECA. Il pretore ha ammesso.
Ore 14.40. I consulenti Williams piazzano un telo gigante da proiezione alla sinistra del pretore. Viene mostrata una schermata in quattro punti fondamentali:
Imola 1994 F1 GP
A SENNA ACCIDENT RECONSTRUCTION
1. General Overview
2. Mechanical System Simulation
3. Adams System simulation
– Automotive Industry Examples
– Accident Reconstruction for legal Cases
4- Adams driver Simulation
Prende la parola l’avvocato Dominioni. Presenta i tecnici addetti alla simulazione videodinamica relativa alla percorrenza della vettura di Senna, ricostruita in base ai dati disponibili.
Diego Minen si è laureato in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, con una tesi sugli pneumatici automobilistici. Dal 1987 è consulente FIAT per le ricerche sulla dinamica delle auto e dal 1990 lavora per la Mechanical Dynamics, leader mondiale nei sistemi di simulazione dei veicoli, in qualità di product manager.
Michael Guttilla si è laureato in ingegneria meccanica all’Università del Michigan e ha dieci anni d’esperienza nel settore della simulazione dinamica dei veicoli, ha lavorato con Cadillac, Lotus e collaborato con team di Formula Indycar e Formula 1 quali Williams, Benetton, McLaren, Stewart, Sauber e Newman-Haas.
Comincia il tecnico americano e per prima cosa spiega che i sistemi di simulazione dinamica virtuali, computerizzati servono a ridurre il “time to market”, il tempo necessario per passare dal concetto di prodotto al prodotto finito da lanciare sul mercato, consentendo di saltare la fase di realizzazione di prototipi fisici. Il software di simulazione Adams è venduto ad alcuni dei maggiori colossi industriali del mondo e viene usato nei più svariati campi applicativi, dal settore militare a quello ferroviario, dalle costruzioni edili a quelle aeronautiche e rappresenta lo strumento d’avanguardia della progettazione automobilistica mondiale. Nelle competizioni il programma viene settato, programmato, con i dati delle piste, delle traiettorie ottimali, delle auto, delle condizioni ambientali; successivamente viene introdotto un sistema di guida virtuale a cui possono esser dati tutta una serie di comandi: se l’istruzione data è “segui la traiettoria e mettici meno che puoi”, il driver virtuale interpreterà tutti i parametri a disposizione in funzione del comando impartito e percorrerà lo spazio dato nel minor tempo possibile e, soprattutto, tenendo conto di tutte le problematiche reali. Il vantaggio offerto da questo sistema nelle gare automobilistiche è quello di verificare anzitempo soluzioni progettuali innovative e consentire l’adozione di settaggi ottimali sulle varie piste senza dover percorrere migliaia di chilometri di costosissime prove.
Forghieri dorme, Guttilla mostra le immagini di una vettura che gira a Indianapolis e spiega che nel caso Senna sono stati inseriti nell’elaboratore tutti i dati forniti dalla Williams relativi al motore, all’assetto del veicolo, alla conformazione del tracciato di Imola: “dati fisici e non teorici”, precisa Dominioni.
Sulla questione dei dati utilizzati il primo scontro tra accusa e difesa, Passarini:
“Chi ci dice che sono i dati reali dell’auto di Senna? Soprattutto, qual è la pressione dei pneumatici fornita?”
“Quella dei rilievi del sabato”, precisa Guttilla riferendosi ai parametri utilizzati per la ricostruzione dei tempi sul giro.
È dall’inizio del processo che si discute sui dati relativi alla pressione delle gomme, importantissimi per capire se l’auto di Senna risentì o meno del raffreddamento degli pneumatici causato dai giri percorsi a rilento dietro la pace car, causa prima dell’abbassamento di assetto ipotizzato dalla difesa Williams per giustificare l’improbabile sovrasterzo della monoposto n. 2 sui dossi del Tamburello.
È impossibile conoscere la temperatura di esercizio delle gomme di Senna prima dell’incidente; i dati della domenica certi e utilizzabili sono solo quelli della vettura di Martin Brundle, fermatasi ai box subito dopo l’incidente.
Queste le temperature di Ayrton Senna alla partenza:
ruota anteriore sinistra 24, destra 24,4;
ruota posteriore sinistra 20,4 destra 20,5.
Queste le temperature di Brundle il giro successivo all’incidente:
ruota anteriore sinistra 20,3, destra 20;
ruota posteriore sinistra 17,3, destra 17,1,
Evidentemente più bassi a causa dei giri percorsi a rilento e, soprattutto, del giro di raffreddamento che ha portato il pilota ai box. Si tratta di elementi difficilmente comparabili.
Passarini: “Faccio notare che su richiesta della Procura la Good Year disse che ‘non era in grado di fornire le pressioni dei pneumatici’ .”
Minen e Guttilla proseguono nella loro presentazione:
“Il software ha utilizzato una mappa digitalizzata del circuito imolese avente un punto di riferimento ogni metro di pista per 5000 metri – spiegano – corrispondente alla mezzeria della sede stradale... bene, considerando le condizioni di qualifica del sabato, il nostro sistema ha ipotizzato un tempo di percorrenza ottimale di 81,9 secondi, la telemetria reale della pole position ha cronometrato 81,78 secondi.”
Per settare il sistema si è deciso di scegliere il valore ottimale fornito dalla simulazione sulla base della prestazione reale, in pratica – fa notare Forghieri – sono stati aggiustati i dati in modo da farli coincidere con quelli della telemetria, al fine di poter fornire una ricostruzione delle condizioni della domenica molto vicina alla situazione reale riscontrabile in pista.
Passarini va all’attacco: “Avete utilizzato sempre i dati delle prove ufficiali del sabato?”
“Sì.”
“La informo che il pilota Ayrton Senna il sabato non ha effettuato le prove ufficiali... !”
“Come?!”, Minen e Guttilla sembrano sbalorditi.
Mormorio in sala.
“Sì, a causa dell’incidente di Ratzenberger, Senna non ha fatto le prove ufficiali”, prosegue il PM.
Minen:“Non ha importanza, è il tempo della pole position... sarà quello del venerdì.”
Ricostruzione d’effetto su dati discutibili. Il problema di questo processo è sempre lo stesso: la carenza di dati oggettivi, precisi, quantificabili.
Si prosegue. La società Siproma, che ha effettuato le rilevazioni, ha misurato la pista con una macchina che rileva la larghezza stradale ogni 20 cm per 7.6 metri, con errori approssimativi nell’ordine di +/– 1 millimetro. Secondo i consulenti Williams circa 150 metri del Tamburello presentavano dislivelli eccedenti in altezza per 20 mm e in profondità per circa 40 mm; Guttilla ha parlato di bump e hole, salti e buche di una “mappa stradale tormentata.”
Le difese della pista non hanno gradito e, soprattutto, hanno precisato che in nessun punto la pista è larga 7,6 metri; si tratterebbe di dati depurati della pendenza trasversale, considerati al piano zero, senza tener conto del 5% d’inclinazione parabolica del curvone del Tamburello. È stato messo tutto a verbale.
Ricordo Guttilla che mostra i parametri utilizzati aprendo finestre sul suo programma computerizzato che riporta: “Alcuni modelli di parametri considerati in un range realistico.”
– effetto aerodinamico (10-20%)
– reazioni del pilota (1/0,5-1/15 sec)
– pressione gomme (–4 psi rispetto al valore di riferimento: gomme più fredde)
– traiettoria della macchina sulla superficie reale.
Minen (Williams): “Seguendo i dati abbiamo introdotto un profilo stradale che, a tutta larghezza, aveva questo andamento... ”, e mostra un profilo in sezione della superficie stradale che presenta un dosso e un avvallamento immediatamente successivo.
Sullo schermo appare una riproduzione della camera car di Schumacher che passa sui dossi del Tamburello.
Minen rispiega la sequenza dosso-sovrasterzo-controsterzo-atterraggio su depressione del terreno-scarto.
Birindelli (difesa Poggi/Bendinelli): “Potete spiegarci che cosa accade dal momento in cui la macchina riprende grip (aderenza, N.d.A), dopo il dosso, e prima dell’impatto con il muro?”
Minen: “Il nostro driver non fa nulla, lui non conosce il fuoripista.”
Il driver elettronico è progettato solo per seguire la sua traiettoria nel minor tempo possibile, non sa cosa significhi uscire di pista a 300 Km/h e vedere un muro di cemento avvicinarsi improvviso: non conosce la paura, non ha reazioni istintive, scatti dello sterzo imposti dallo spirito di sopravvivenza.
Mike Guttilla mostra le immagini sovrapposte di due veicoli virtuali, uno che segue la traiettoria ottimale di percorrenza del Tamburello e un altro che riproduce l’ipotizzata sequenza di reazioni della macchina di Ayrton Senna.
“Possiamo notare – dice l’ingegnere americano con il suo accento del Michigan – che all’inizio del primo dosso le due vetture (virtuali, N.d.A) si separano, la prima ha un leggero sottosterzo, facile da controllare, mentre la seconda ha un sovrasterzo, il posteriore della vettura reagisce più di quanto il pilota non si aspetti. È il tipo di instabilità più difficile da controllare.”
La prima macchina virtuale prosegue la sua traiettoria, porta a termine il curvone e sparisce, la seconda va dritta verso il muro.
Le difese del tracciato interrompono, vogliono sapere perché il driver virtuale non simula le reazioni di un vero pilota, non frena, non sterza, non reagisce all’instabilità.
Guttilla: “Il driver continua la sua sterzata ma nel momento in cui controsterza non ha grip, quando riprende aderenza la controsterzata lo porta verso destra.”
Per Guttilla è tutto chiarissimo, il controsterzo non funziona perché la vettura trascorre istanti in aria a causa del dosso sul quale è decollata precedentemente e nel momento in cui riatterra sulla depressione del terreno, la macchina riprende aderenza con le ruote leggermente sterzate, schizzando verso destra.
Forghieri fa notare ancora una volta che l’aumento di coppia sul volante (misurato dalla telemetria alla scatola dello sterzo) va nella direzione della sterzata a sinistra e non in controsterzo, ma su questo punto in particolare c’è diversità di vedute: per i consulenti Williams il variare della pressione sullo sterzo non corrisponde in alcun modo all’angolo di sterzata in gradi.
Nel corso di una breve pausa vengo a sapere che l’avvocato Dominioni sta preparando un nuovo libro di procedura penale che avrà un capitolo tutto dedicato alle simulazioni digitali come strumento probatorio: sarà uno dei miei primi acquisiti per l’anno a venire.
Ore 17.35. Alla ripresa scorrono veloci i frame digitali della prospettiva di bordo della Williams FW16 n. 2 che percorre un Tamburello senza dossi, modificato in superficie perfettamente piana.
Guttila si avvia a concludere la presentazione della sua costosissima perizia: “In questa situazione il sottosterzo e il sovrasterzo sono perfettamente visibili. Esasperando i punti di riferimento sul volante (una crocetta al centro e al lato sinistro del volante, N.d.A.) possiamo notare l’incremento della sterzata dovuto al sottosterzo e l’aumento della coppia misurata sullo sterzo, subito dopo la macchina ha un momento di transizione nel passaggio al sovrasterzo (il posteriore che allarga, N.d.A.) che si traduce in un abbassamento della pressione (che, ricordiamolo, è misurata sulla scatola-guida, N.d.A.) così come si deduce anche dai dati dell’ingegner Forghieri.”
La ricostruzione Williams è basata sui dati reali disponibili, queste le conclusioni evidenziate dalla schermata finale:
– La correlazione tra il modello di veicolo e di driver e la performance delle qualifiche convalida il modello del computer attraverso un margine di condizioni operative variabili.
– La simulazione della superficie prova che il margine di stabilità del sistema (vettura, N.d.A.) era minimo nella maggior parte dei casi ma ancora controllabile.
– Esiste una serie di condizioni ambientali che crea una situazione imprevedibile nella quale il sistema diviene instabile.
– I risultati generati da questo studio, basati sui dati telemetrici, le riprese video e i commenti dei piloti concordano con gli eventi storici occorsi alla Williams FW16 a Imola nel 1994.
Ore 18.06. L’udienza si chiude. L’indomani i titoli sparati dai quotidiani saranno perentori:
Processo Senna, gaffe virtuale: il computer Williams sbaglia data, “Tuttosport”
Clamorosa Gaffe Williams, sbagliata la ricostruzione, “La Gazzetta dello Sport”
Nuova Guerra tra le difese... udienza agitata sulle ricostruzioni della tragedia, “Corriere dello Sport”
Il pilota della Williams Jaques Villeneuve, futuro Campione del Mondo 1997, rilascia interviste al vetriolo: “Trovo che in questo processo ci sia qualcosa di ridicolo. Mi sembra che si cerchi di trovare un colpevole a ogni costo – dice al quotidiano “Tuttosport” – ma questo processo non aiuta nessuno. Si vive in un mondo imperfetto, se le macchine facessero il lavoro da sole ci sarebbero comunque errori... prima o poi arrivano. Succede nella vita come negli sport motoristici.”