Un sampietrino è per sempre
Presto dovrebbe cambiare la pavimentazione alla Riviera di Chiaia, non più sampietrini ma asfalto, per la gioia (forse) degli automobilisti, che non saranno più costretti a impegnarsi in un safari, e anche dei residenti, che in tal modo godranno di un ritrovato senso di pace grazie al ridotto inquinamento acustico. Insomma, all’apparenza tutti contenti. All’apparenza, perché esiste una categoria di persone alla quale nessuno pensa e che con quei sampietrini invece ci campa, a loro deve la sua salvezza quotidiana.
Parlo dei neogenitori.
Io ho un bambino di tre anni e (pur incrociando le dita) ormai ne sono fuori, ma penso a quanti ancora ci sono dentro fino al collo, a quanti padri ogni sera sono costretti a uscire di casa per inoltrarsi per le vie solitarie della città nella speranza che i propri figli finalmente si lascino rapire dal sonno.
Che c’entrano i sampietrini? direte voi. C’entrano, eccome se c’entrano, perché l’auto, transitando sulle vie lastricate da questi basoli lavici, inizia a dondolare di qua e di là, come una culla smossa dalla miglior balia del mondo. E fa niente se la testa barcolla da un lato all’altro (tipo quei cani con la molla che si mettono sui cruscotti), fa niente se le schiene di questi poveri padri scricchiolano sinistramente a ogni nuova buca o duna, l’importante è che alla fine del lungo percorso si torni a casa con il bimbo fra le dolci braccia di Morfeo.
Esistono anche tour guidati che i genitori più assennati tramandano di generazione in generazione, praticamente una mappa stradale con le vie di Napoli più inguaiate, quelle da percorrere a tavoletta per intenderci. Provate a passare verso le dieci di sera di un lunedì qualsiasi nei paraggi di corso Vittorio Emanuele, in via Marina, alla Riviera appunto, oppure a via Costantinopoli, a via Santa Teresa degli Scalzi, a via Carbonara, a piazza Carlo III, troverete una sfilza di auto con alla guida genitori assonnati che portano in giro i loro pargoli.
E voi volete togliere a questi disperati l’unica soluzione al problema d’insonnia dei loro figli? Non voglio pensare che siate così meschini, perciò spero proprio che questa iniziativa della Riviera sia un qualcosa di unico e straordinario, anzi spero che sia solo una di quelle cose che si dicono e non si fanno mai, spero che non si pensi davvero di poter ampliare il progetto all’intera città, di asfaltare laddove possibile e lasciare così Napoli senza più le sue buche storiche.
Ma poi, vi immaginate il caos che si verrebbe a creare? Nascerebbero di certo associazioni di padri guidatori pro-sampietrino, cortei in corso Vittorio Emanuele, sit-in in piazza Carlo III con genitori disperati pronti a farsi asfaltare pur di non vedere eliminato per sempre il loro tragitto serale.
Ma non lo dico per loro, per i neogenitori, lo dico per tutti noi napoletani affezionati alle nostre cose, pure a quelle che non funzionano, noi capaci sempre di scovare il bello nel brutto, di girare a nostro favore una situazione infelice. Insomma, noi ai sampietrini vogliamo bene perché, come detto, soccorrono persone in difficoltà e anche perché ci aiutano a essere come siamo, imperfetti ma robusti.
“È vero, alle prime piogge scoppiano come tanti popcorn, che se stessimo in un paese normale, in un mondo normale, i buchi sarebbero tappati subito, perché è da sempre istinto dell’uomo cercare di colmare i vuoti. E, invece, qui i buchi non si chiudono, e sei costretto a scansarli, e così impari la regola base di questo luogo a dir poco unico: e cioè che nessuno camminerà un passo davanti a te per sigillare le voragini che ti si presenteranno sul cammino, dovrai essere tu a saperle scansare, una dopo l’altra. E se pure alla fine dovessi finirci dentro, fa niente, perché, in ogni caso, tramite un sampietrino saltato, la vita ti ha insegnato non tanto a schivare i fossi, quanto a saper ammortizzare la botta.”
Ve la sentite di negare un simile insegnamento alle generazioni future?