Sono Hari Seldon, ex primo ministro dell’imperatore Cleon I, professore emerito di Psicostoria all’Università di Streeling su Trantor, direttore del progetto di Ricerca psicostorica, direttore esecutivo dell’Enciclopedia galattica, creatore della Fondazione.
Lo so, tutto questo sembra molto pomposo. Ho fatto molte cose nei miei ottantuno anni, e sono stanco. Guardando alla mia vita passata mi chiedo se avrei potuto – se avrei dovuto – fare certe cose in modo diverso. Per esempio: l’enorme portata della psicostoria mi ha forse assorbito a tal punto da giudicare a volte di importanza secondaria, al confronto, le persone e gli eventi che hanno intersecato la mia vita?
Forse, per negligenza, ho trascurato di operare alcune piccole, casuali modifiche qua e là nella mia vita, che non avrebbero in alcun modo compromesso il futuro dell’umanità, ma avrebbero potuto migliorare considerevolmente la vita di una persona a me cara, per esempio Yugo o Raych. Non posso fare a meno di chiedermi: avrei potuto fare qualcosa per salvare la mia adorata Dors?
Il mese scorso ho finito di registrare gli ologrammi delle Crisi. Il mio assistente, Gaal Dornick, li ha portati su Terminus per occuparsi della loro installazione nella Volta Seldon. Si assicurerà che la Volta venga sigillata e che siano lasciate le istruzioni necessarie per eventuali aperture della Volta durante le Crisi.
Naturalmente, allora io sarò morto.
Cosa penseranno, questi futuri membri della Fondazione, quando mi vedranno (o, più esattamente, vedranno il mio ologramma) durante la Prima Crisi, fra quasi cinquant’anni? Faranno dei commenti su quanto sembro vecchio, o su com’è flebile la mia voce, o su come sembro piccolo su questa sedia a rotelle? Oh, è assurdo abbandonarsi a simili speculazioni. Come direbbero gli antichi, il dado è tratto.
Ho sentito Gaal proprio ieri. Tutto procede bene su Terminus. Bor Alurin e gli altri membri del progetto se la cavano ottimamente nel loro “esilio”. Non dovrei peccare di vanità, ma non posso fare a meno di ridacchiare se ripenso all’espressione soddisfatta sul viso di quel pomposo idiota di Linge Chen quando, due anni fa, ha relegato l’intero progetto su Terminus.
Anche se, in fondo, l’esilio veniva parzialmente lenito dalla concessione di uno Statuto imperiale (“Sarà un istituto scientifico autonomo, finanziato dallo stato e incluso nei possedimenti diretti di sua augusta maestà, l’imperatore”: il commissario capo voleva che ce ne andassimo da Trantor, ma non sopportava l’idea di cedere completamente il controllo), è ancora una fonte di indescrivibile felicità sapere che siamo stati Las Zenow e io a scegliere Terminus come sede della Fondazione.
Il mio unico rimpianto, per ciò che riguarda Linge Chen, è che non siamo riusciti a salvare Agis. Come imperatore era un’ottima persona e una nobile guida, anche se di imperiale aveva solo il nome. Il suo errore è stato quello di credere nel proprio titolo, e il Comitato per la sicurezza pubblica non ha potuto tollerare la rinascita dell’indipendenza imperiale.
Mi chiedo spesso che ne sia stato di lui. Lo avranno esiliato su qualche remoto Mondo esterno, o sarà stato assassinato come Cleon?
Il fanciullo che siede oggi sul trono è il perfetto imperatore marionetta. Obbedisce a ogni parola che Linge Chen gli sussurra all’orecchio e immagina di essere un grande statista in boccio. Per lui, il palazzo e i simboli della vita imperiale non sono che pezzi di un enorme, fantastico gioco.
Cosa farò adesso? Ora che Gaal è finalmente andato a raggiungere il gruppo su Terminus, sono del tutto solo. A volte ricevo notizie da Wanda. Il lavoro a Fine di Stella prosegue come stabilito; nell’ultimo decennio, lei e Stettin hanno aggiunto decine di mentalisti ai loro ranghi. Il loro potere aumenta sempre di più. È stato il contingente di Fine di Stella, la mia Fondazione segreta, a convincere Linge Chen a spedire gli enciclopedisti su Terminus.
Wanda mi manca moltissimo. Sono ormai molti anni che non la vedo, che non siedo con lei tranquillamente, tenendole la mano. Quando è partita, anche se le ho chiesto io di andare, ho pensato che sarei morto di crepacuore. Forse è stata la decisione più difficile che ho dovuto prendere, e anche se a lei non l’ho mai detto, avevo quasi deciso il contrario. Ma perché la Fondazione avesse successo, era necessario che Wanda e Stettin andassero a Fine di Stella: la psicostoria l’aveva decretato. Così, forse, non è stata nemmeno una mia decisione.
È strano essere così soli. Non riesco ad abituarmici. Continuo a venire qui ogni giorno, nel mio ufficio all’Istituto di psicostoria. Ricordo quando questo edificio era pieno di gente, giorno e notte. A volte giurerei di sentire le voci della mia famiglia ormai scomparsa da tanto tempo, le voci degli studenti e dei colleghi, ma in realtà gli uffici sono silenziosi e nei corridoi riecheggia solo il ronzio del motore della mia sedia a rotelle.
Immagino che dovrei sgomberare l’edificio, riconsegnarlo all’università perché lo assegni a un’altra facoltà. Ma per qualche strano motivo trovo difficile privarmi di questo posto: ci sono così tanti ricordi.
L’unica cosa che ora mi rimane è questo: il mio radiante primario. È lo strumento con cui la psicostoria può essere calcolata, il mezzo attraverso il quale ogni equazione del mio Piano può essere analizzata. È tutto qui dentro, in questo piccolo cubo nero. Sorprendente, non è vero? Mentre sono qui seduto, tengo questo strumento dall’aspetto ingannevolmente semplice sul palmo della mano e vorrei tanto poterlo mostrare a R. Daneel Olivaw.
Ma sono solo, e mi basta chiudere un contatto per abbassare le luci dell’ufficio. Mentre mi sistemo comodo sulla mia sedia a rotelle, il radiante primario si attiva. Ora le sue equazioni si spandono tutte attorno a me nel loro splendore tridimensionale. Credo che a un occhio non allenato questo turbine multicolore potrebbe sembrare soltanto un guazzabuglio di numeri, figure e forme, ma per me, e Yugo, e Wanda, e Gaal, questa è la psicostoria sbocciata alla vita.
Quello che vedo davanti a me, intorno a me, è il futuro dell’umanità. Trentamila anni di caos potenziale compressi, immagazzinati ordinatamente, in un solo millennio.
La macchia laggiù, che riluce sempre più fulgida giorno dopo giorno, è l’equazione di Terminus. E là, ingarbugliati senza speranza, ci sono i calcoli di Trantor. Ma riesco a vedere una luce che pulsa morbida come un fiotto di speranza. Fine di Stella!
Questa è stata l’opera della mia vita. Il mio passato, il futuro dell’umanità, la Fondazione così meravigliosa, così viva. E niente può...
Dors!