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Gino Palombini si guardò attorno prima di bussare. In vicolo Tuccini non c’era nessuno. Angelo Crespi gli aprì la porta e lo fece entrare.
«Allora?» gli chiese, mentre il fruttivendolo prendeva posto su una delle due sedie della cucina.
«Pare che se la sono bevuta. M’hanno chiesto cento volte se avevo incontrato qualcuno andando all’anfiteatro. Fortuna che oggi ’un c’era anima viva per strada.»
«Non ci metteranno molto a capire che non eri solo. Lo sanno tutti, in paese, che ci andiamo insieme a raccogliere asparagi. Qualcuno magari ci ha visti e non ce ne siamo accorti. Forse dalla finestra di una casa.»
«Forse. O forse ’un ci ha notato nessuno. Tanto ’un cambia nulla, abbiamo visto le stesse cose e gliele ho dette io.»
«Chi ti ha interrogato? Rambaldi?»
«Praticamente tutti. Prima il Galassi, l’appuntato. Poi il maresciallo. Dopo ancora il capitano e alla fine il giudice di Pisa, quello grosso che zoppica.»
«Brogi?»
«Lui. Ci mancava il presidente della Repubblica, diobòno.»
Angelo Crespi versò mezzo bicchiere di vino a Palombini e due dita per sé. Non ne aveva voglia ma sapeva che all’amico non piaceva bere da solo.
«Che altro ti ha chiesto?»
«Che ne pensavo. Se avevo in mente chi aveva fatto una cosa simile.»
«E tu che gli hai detto?»
«Che secondo me li stanno a piglia’ per il culo. A tutti. ’Un sapevo che dire, è la prima cosa che m’è venuta in mente. Piuttosto, perché ’un vai tu a dargli una mano? Questa è roba per te. E scommetto pure che non vedi l’ora di ributtarti nella mischia, pittore de’ mi’ coglioni che ’un sei altro.»
«Non saprei che dirgli. Non sarei di nessun aiuto, credimi.»
«No che ’un ti credo, la mammina boia ladra che ’un t’ha sfiatato! Questo era un posto pacifico. A parte un paio di suicidi in trent’anni, ’un s’è mai fatto male nessuno. Ora, di colpo, è diventato un mattatoio. ’Un mi garba per nulla, se lo voi sapere.»
«Nemmeno a me. Sono venuto qui proprio perché era un posto tranquillo.»
«Secondo te che succede?»
«Ma che vuoi che ne sappia. Sono un povero vecchio. Non vecchio come te ma quasi.»
«Povero vecchio un cazzo. ’Un trattarmi da scemo, Valerio! Impossibile che ’un ti sei fatto un’idea. Che ’un c’hai pensato.»
Angelo Crespi si passò le mani sul volto per scacciare la stanchezza.
«Vuoi sapere che ne penso, vecchio caprone? Penso che tutto ha un senso. Questi due omicidi sono per forza collegati. La messinscena è plateale, ha qualcosa di artefatto. Una specie di depistaggio.»
«Be’, grazie, a questo c’ero arrivato.»
«È vero. Ma quello che sfugge è il destinatario di questo depistaggio. Se capissimo il vero obiettivo dell’assassino, a quel punto, scopriremmo pure la sua identità.»
«L’obiettivo? La Polizia, no? I Carabinieri. Insomma la legge.»
«Questo lo pensi tu, non io.»
«E tu, invece? Che pensi?»
«Non lo so. O almeno… un’idea ce l’avrei, ma spero di sbagliarmi.»