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«Dovrei chiedere a un detective di unirsi a noi.»

«No.» Accorgendosi del tono brusco, Strike aggiunse: «Non ancora».

«Okay.» Per adesso. «Mi parli di Cora Teague.»

«Se avrà pazienza con me, condividerò quello che so.»

Strike compì di nuovo quel movimento. Non proprio un’alzata di spalle, ma qualcosa di più simile a un tic al rallentatore. O a un inconsapevole tentativo di regolare la colonna vertebrale.

«Cora è nata nel ’93, quarta di cinque figli. Il padre, John Teague, possiede un’attività che è una combinazione di minimarket, distributore di benzina, ferramenta e negozio di pesca. La madre, Fatima, è una casalinga. A volte sta alla cassa in negozio.

«Il fratello maggiore, Owen Lee, e le due sorelle più grandi, Marie e Veronica, sono sposati. Lui vendeva immobili, senza successo, e quando è colato a picco ha messo in piedi un’attività per l’addestramento dei cani. Le sorelle vivono entrambe fuori dallo Stato. Non sono sicura di ciò che riguarda Eli. È il più giovane. Immagino sia sui diciannove anni. Owen Lee e i genitori vivono nel raggio di qualche chilometro l’uno dagli altri nella contea di Avery.»

Le Blue Ridge Mountains. Spontanea, un’immagine di mamma apparve e svanì.

Annuii per indicare che stavo ascoltando.

«Secondo un post su CLUES.net, circa tre anni e mezzo fa Cora è scomparsa misteriosamente.»

«CLUES.net?»

«Citizens Looking Under Every Stone, Cittadini che Guardano Sotto Ogni Pietra. Il sito permette a chiunque di postare notizie su una persona scomparsa. È come NamUs, solo che è privato.»

«Ha trovato un appello su CLUES per Cora Teague.» Volevo essere sicura di capire bene.

«Sì.»

«Chi l’ha postato?»

«Qui la cosa si fa complicata.» Strike piantò i gomiti sulle cosce e lasciò penzolare le mani tra le ginocchia. «CLUES consente agli utenti il completo anonimato.»

«È normale per i siti di cybersegugi?»

«No. Ma il tizio che gestisce CLUES pensa che le persone si sentano più incoraggiate a fornire informazioni se non viene richiesto loro di identificarsi.»

«Perciò l’utente non deve fornire un nome per postare una denuncia di sparizione o partecipare a una discussione nel forum.»

«Esatto. E non è necessario che le persone inserite come scomparse siano passate attraverso i canali ufficiali.»

«Ovvero non è richiesto un rapporto di polizia.» Questo mi faceva sembrare il tutto poco attendibile.

«Ha capito bene. Dunque non c’è per forza un’agenzia investigativa che indaga sul conto di ogni singola persona scomparsa. In tal caso, l’operatore del sito funge da camera di compensazione per le soffiate.»

«Perciò ogni fuori di testa del pianeta può inserire tutte le cavolate che vuole.»

«Non è così facile.» Sulla difensiva.

«Ma lei non ha idea di chi abbia inserito il caso Teague.»

«Vuole ascoltarmi?»

«Vada avanti.»

«Poiché Cora Teague non è mai stata dichiarata ufficialmente scomparsa, il suo caso non ha ricevuto attenzione da parte dei media. E altrettanto è accaduto sul sito. Ho pensato che se fosse venuto fuori che era morta da qualche parte, ed era inserita in un database di resti non identificati, allora nessuno stava lavorando per trovarle un nome. Era tutta mia.»

«La sua sfida.»

«Già.»

«E a lei piacciono le sfide.» Iniziavo ad avvertire una vibrazione davvero brutta.

«C’è qualcosa di male in questo?»

«Allora, cos’è successo?»

«Secondo il post, si sono perse le tracce di Teague a metà dell’estate del 2011.»

«L’ultima volta che è stata vista viva?»

«Contea di Avery. Questo è più o meno ciò che sanno tutti.»

«Teague era presente su Internet?»

«Non ho trovato nulla. Niente MySpace, Facebook o Twitter. Nessun indirizzo e-mail. Non utilizzava Buzznet, Blogster, Foursquare, LinkedIn. Niente iTunes…»

«Cellulare?»

«No.»

Una diciottenne senza cellulare? Bizzarro.

«Ha contattato la famiglia. Cosa dicono?»

«Credono che sia fuggita col suo ragazzo.»

«Spesso è così.»

«Ho parlato con qualcuno di questa ipotesi. Il quadro che ne è uscito non combacia con quella teoria.»

«Come mai?»

«Teague era una solitaria. Non certo il tipo che usciva con i ragazzi. E non ho trovato una sola persona che abbia sentito parlare di un fidanzato o lo abbia visto. Nessuna amica del cuore. Nessun vicino. Nessun autista di autobus. Nessun allenatore.»

«Solo la famiglia.»

«Solo loro.»

«Lui chi è?»

«Non lo sanno. O non lo dicono.»

«Quindi ha mantenuto la relazione segreta. I ragazzi lo fanno.»

«In campagna è difficile riuscirci. E Cora si muoveva in una cerchia molto ristretta. Famiglia. Casa. Chiesa.»

«Forse incontrava il ragazzo a scuola.»

Strike scosse la testa. «Impossibile, secondo quelli che ho contattato.»

«Era una brava studentessa?»

«Non proprio. Ha frequentato le elementari e le medie in una scuola cattolica. È riuscita a diplomarsi alla Avery County High. Nessuno lì si ricorda molto di lei. Non era in nessuna squadra sportiva, non seguiva attività extrascolastiche. La donna con cui ho parlato – una consulente all’orientamento degli studenti, credo – ha detto che la accompagnavano e la andavano a riprendere il fratello o una sorella o un genitore.»

«Un momento. Ha chiamato la scuola?»

«Ho detto che stavo aiutando la famiglia.»

Gesù. Quella donna era un fenomeno.

«Una faccenda insolita» proseguì Strike, incurante della mia disapprovazione. «Cora Teague non compare nell’annuario scolastico.»

«Potrebbero esserci un sacco di ragioni per questo. Aveva i capelli in disordine e odiava farsi fotografare. Era a casa malata quando le foto sono state scattate.»

«Forse. Ma la consulente ha detto che il fascicolo di Cora rivela un assenteismo cronico.»

«Problemi di alcol o droga?»

«Macché.»

«Reati minorili?»

«Non lo so. Dopo il diploma si è messa a fare la tata. Il lavoro è durato qualche mese, poi ha piantato tutto.»

«Perché?»

«Motivi di salute.»

«Che tipo di motivi di salute?»

«Nessuno ha voluto dirlo.»

«Dov’è andata poi?»

«A casa.»

Aspettai che Strike continuasse. Non lo fece.

«Vediamo se ho capito bene. Sono più di tre anni e mezzo che nessuno ha più visto Cora Teague.»

«Proprio così.»

«Ma alla polizia non è mai stata presentata alcuna denuncia di scomparsa.»

«Esatto.»

«La famiglia crede che se ne sia andata volontariamente.»

«Sì.»

«Ma lei lo ritiene improbabile.»

«Io e chiunque abbia postato il suo nome su CLUES

Annuii, riconoscendo la validità del suo ragionamento.

«Sospetta che quella della registrazione sia la voce di Cora Teague.» Indicando il sacchetto.

«Sì.»

«Pensa che sia stata uccisa e abbandonata. E che parte del suo corpo sia stato ritrovato e mandato a questo laboratorio.»

«Le sto suggerendo di prendere in considerazione tale possibilità.»

«Cosa le fa pensare che Teague sia in questa struttura?»

«Circa un anno e mezzo fa lei ha inserito nel NamUs una voce riguardante un torso parziale trovato nella contea di Burke. Burke è subito dopo Avery. La linea temporale corrisponde.» Strike raddrizzò la schiena e allargò le braccia. «Mi dia pure della pazza, ma credo che valga la pena buttarci un’occhio.»

Un carrello di campioni sferragliò nel corridoio. Una porta si aprì lasciando uscire il gemito di una sega da autopsia al lavoro su un osso. Si chiuse poi bruscamente, troncando il suono.

Nella testa udii la voce esile e disgraziata sul nastro.

Vi prego, non uccidetemi.

Vi prego.

Uccidetemi.

Come prima, un brivido mi attraversò la schiena.

Indicai il registratore-portachiavi. «Come ne è venuta in possesso?»

Strike si appoggiò allo schienale.

«Gliel’ho detto, ho continuato a esaminare siti che elencavano UID con la speranza di trovare qualcosa che potesse collegarsi a Cora Teague. Niente. Poi alcune faccende personali mi hanno distolta. Per un po’ ho dovuto lasciar perdere.»

Strike fece una pausa, forse riflettendo sulle questioni che avevano temporaneamente arrestato la sua ricerca.

«La settimana scorsa sono tornata a indagare. Quando ho visto il suo inserimento su NamUs, è stato come se un suono di arpe si sprigionasse all’improvviso. Sa, come alla tv.»

Non lo sapevo. Ma annuii.

«La sua voce comprendeva informazioni su dove il torso era stato rinvenuto, perciò ho pensato: che cavolo, in auto non ci vuole molto. Perché non andare lassù e curiosare in giro?»

«È andata nella contea di Burke? Sul serio?»

«Sì. Una volta lì, ho visto subito che c’era un unico posto in cui una persona di fretta avrebbe scaricato un corpo da quella posizione. Sono scesa a valle seguendo uno schema. Per ore non ho trovato altro che insetti. Stavo per mollare quando ho scorto un portachiavi incastrato nelle radici di un vecchio albero. Ho pensato che quell’affare probabilmente si trovava lì per caso. Ma, per sicurezza, l’ho portato a casa.»

Strike abbozzò una smorfia e smise di parlare.

«Ha scoperto che si trattava di un registratore e ha ascoltato l’audio» dissi al posto suo.

«Già.» Tesa.

«E poi?»

«E poi ho chiamato lei.»

Un lungo silenzio si allungò tra noi. Lo spezzai, usando parole scelte con cura.

«Signora Strike, sono colpita dal suo entusiasmo. E dal suo impegno nell’obiettivo di restituire vittime senza nome alle rispettive famiglie. Ma…»

«Lei non può parlare dei dettagli di un caso.»

«Esatto.»

«Più o meno quello che mi aspettavo.» Strike trasse un rapido respiro e assunse un’espressione determinata. Si preparava a discutere? O ad accettare un rifiuto?

«Ma le assicuro che controllerò la situazione» dissi.

«Già.» Strike sbuffò col naso. «Non lasci che la porta le sbatta sul culo mentre esce.»

Agguantò il sacchetto di plastica e si alzò.

Mi alzai anch’io. «Se lascia il portachiavi, chiederò a qualcuno della Scientifica di analizzare l’audio.»

Strike ripeté la sarcastica risata nasale. Non si fidava. «Non credo.» Riprese il sacchetto nello zaino.

Tesi la mano. «La chiamerò. In un modo o nell’altro.»

Strike annuì e accettò la stretta di mano. «Gliene sarei grata. Così come apprezzerei la sua discrezione.»

Dovevo avere un’aria confusa.

«Fino a quando l’identità non è confermata, non ha senso coinvolgere i media.»

«Non concedo mai interviste.» A meno che non ci sia un ordine da parte di quelli più in alto nella catena di comando. Questo non lo dissi.

«Chiedo scusa. Non era necessario sottolinearlo. È solo che preferisco fare ciò che è meglio per la famiglia.»

«Naturalmente.»

Accompagnai Strike nel corridoio e la vidi sparire nell’atrio, pensando per tutto il tempo se fosse il caso di condividere o meno il suo racconto con il mio superiore, il capo medico legale della contea di Mecklenburg. Immaginavo il tipo di occhiata che Larabee mi avrebbe rivolto. Così come il tenore delle sue domande.

Di ritorno alla mia scrivania, ripensai alla visita di Strike. Considerai le diverse possibilità.

Strike era una malata di mente. Un genio della truffa. Un’astuta detective senza distintivo.

Cominciai dalla porta numero tre. Strike era un cybersegugio dalle buone intenzioni, anche se un po’ troppo zelante. Aveva trovato il registratore proprio nel modo che aveva raccontato. Problemi: come aveva fatto la polizia a non notarlo quando avevano recuperato il torso? Come era sopravvissuto all’azione degli elementi così a lungo?

Prendiamo il caso che la ragazza dell’audio fosse veramente Cora Teague. Ipotizziamo che Strike avesse ragione: Teague era morta e io avevo i suoi resti in magazzino. Il portachiavi apparteneva a lei? Aveva registrato i suoi pensieri mentre era trattenuta in una sorta di brutale prigionia? Era stata assassinata?

Passai a una spiegazione alternativa. Strike aveva confezionato l’intera vicenda e contraffatto l’audio. Problema: la truffa sarebbe stata scoperta subito e Strike smascherata come imbrogliona. Perché farlo? Perché è matta? Perché brama l’attenzione dei media? Porta uno e due.

O forse l’imbrogliona era Cora Teague e Strike la vittima ingenua. Forse Teague e due complici maschi avevano inscenato il dialogo registrato e, in qualche modo, condotto Strike al portachiavi. Teague era uccel di bosco da tre anni e mezzo. Forse voleva restare tale. Problema: il nastro sembrava sinistramente reale. L’angoscia in quella voce avrebbe sortito l’effetto contrario su chiunque all’ascolto.

O forse Teague era in combutta con Strike. Stessa domanda: perché? Cosa speravano di ottenere?

Nel mio ambiente di lavoro mi imbatto in una gamma di motivazioni umane vasta quanto il Mar cinese meridionale. Me la cavo bene a individuare l’inganno. A valutare il carattere. Rimuginando su quell’incontro, sono costretta ad ammetterlo: non avevo idea di cosa pensare a proposito di Hazel «Lucky» Strike.