Irrilevanza
«Forse conosco il segreto di Henry» stava dicendo Mario Gonzalo, accennando al cameriere intento a servire gli aperitivi, preludio alla cena che riuniva mensilmente i Vedovi Neri. «Forse so perché riesce a trovare una risposta quando noi non ci riusciamo.»
«Io l’ho sempre saputo» rispose Drake, spegnendo la sigaretta. «Ci riesce perché è più in gamba di noi.»
«Questo è vero» ammise Gonzalo, togliendosi la cenere della sigaretta dalla manica della giacca di velluto e spalmando poi un po’ di burro su una tartina. «Ma non basta!»
«Ma non basta nemmeno essere più tonti!» disse Emmanuel Rubin, intromettendosi nella discussione. «E allora, dimmi, a che ti serve aver scoperto quel segreto?»
«Ma per essere tonti del tutto bisogna aver paura di ascoltare per paura di poter imparare qualcosa!» replicò freddamente Gonzalo. «Ecco perché io suppongo che l’argomento non ti interessi.»
«Che? E perdermi così l’occasione per fare una bella risata?» rispose Rubin. «Continua pure, Mario.»
«Una bella risata? Ci sto anch’io» disse Geoffrey Avalon, che, avendo preso l’aperitivo da Henry, si era avvicinato. «Di che si ride?»
«Della pretesa di Mario che dice di aver scoperto come fa Henry a trovare le risposte di tanti enigmi» spiegò Rubin. «Henry, può ascoltare anche lei, se vuole. Mario ha scoperto il suo segreto.»
«Non ho mai fatto un mistero di quello che facevo» disse Henry, sorridendo. «I signori che fanno parte del sodalizio dei Vedovi Neri analizzano meticolosamente gli avvenimenti che vengono esposti, li sfrondano di tutto quanto vi è di inutile lasciandomi un quadro ben nitido che io posso descrivere.»
«Niente affatto!» replicò Gonzalo. «Niente affatto! Lei dice questo solo per metterci fuori strada. Invece il segreto è la… irrilevanza.»
Quella battuta provocò un breve silenzio, finché Rubin, con la barbetta che tremava, esclamò incredulo: «Ed è questo che io, secondo te, dovrei ascoltare per imparare qualcosa?».
«Sicuro!» replicò Gonzalo. «Siamo tutti uomini ragionevoli… Anche tu lo sei, qualche volta. Come tali, cerchiamo di risolvere i piccoli enigmi che ci vengono sottoposti prendendo in esame gli aspetti più appariscenti. Ma se fossero questi aspetti quelli che contano, non ci sarebbero misteri da risolvere; chiunque potrebbe vedere la soluzione a occhi chiusi. L’innata capacità di osservare i particolari irrilevanti mette Henry in grado di risolvere il mistero.»
«Questa è una contraddizione in termini, Mario» disse Drake. «Un particolare irrilevante non ha niente a che fare…»
«Qualche cosa che sembra irrilevante, ma non lo è» spiegò pazientemente Gonzalo. «Noi crediamo che sia un particolare trascurabile, ma Henry non lo vede affatto sotto questo aspetto. Dico bene, Henry?»
Il volto del cameriere non mostrava altra espressione tranne quella di una benevola condiscendenza. «Ammetto che è un’ipotesi suggestiva» disse.
«Io sono convinto che ci sia ben altro, Mario» disse Avalon, aggrottando le folte sopracciglia. «Henry riesce a scorgere ciò che noi non vediamo grazie alla semplicità con la quale considera i fatti dell’esistenza; noi, che abbiamo una mente più contorta e complessa, non riusciamo a imitarlo e se anche tu riuscissi a vedere ciò che lui vede, non ti riuscirebbe ugualmente di trovare la risposta.»
«Io, invece, scommetto che posso riuscirci» replicò Gonzalo. «Scommettiamo cinque dollari che, se ci verrà sottoposto un enigma questa sera, usando la tecnica di Henry riuscirò a trovare la soluzione prima di lui?»
«Ci sto!» replicò immediatamente Rubin.
«Benone» rispose Gonzalo. «Geoff, tu tieni la posta. Ma sia ben chiaro, nessuna scommessa se non ci sono quesiti.»
«Oh, ce ne sarà uno» disse Drake. «Personalmente, sono convinto che ciascuno di noi sta già scegliendo l’ospite più adatto per questa sfida.»
«Che forse non potrà disputarsi questa sera, dal momento che l’ospite non è ancora arrivato» disse Avalon. «E non è arrivato nemmeno chi doveva fare gli onori di casa… Ma forse i passi sulla scala… No, è Tom.»
La capigliatura bianca e ondulata di Thomas Trumbull apparve per prima in cima alla scala, seguita dal resto del corpo a mano a mano che saliva i gradini. «Se sei preoccupato per l’amico che ci invita questa sera e non sai dov’è, puoi tranquillizzarti» disse a Geoff. «Roger è arrivato proprio ora con uno sconosciuto che dev’essere l’ospite d’onore. Io li ho preceduti perché mi sento come un povero diavolo morto di se… Ah! Grazie, Henry.»
Gonzalo, che si era seduto accanto ad Halsted, spiegò il tovagliolo con un colpo secco. «Incominciavamo a temere di dover iniziare senza l’anfitrione e senza l’ospite» disse. «Si può sapere perché hai tardato tanto, Roger? Forse temevi di non poter sostenere la spesa?»
Halsted arrossì, la sua lieve balbuzie si fece un tantino più pronunciata. «Non è stata colpa mia, Mario. Dan Burry, l’ospite che ho portato questa sera, ha avuto un contrattempo; stavamo per uscire quando l’hanno chiamato al telefono. Una telefonata che l’ha messo in uno stato di grande agitazione, e io non potevo fargli fretta, non potevo dirgli di riappendere. Anzi, per un po’ ho temuto che non potesse venire.»
«Di che si trattava? Lo sai?... Alludo alla telefonata.»
«Non lo so» rispose Halsted, voltandosi a guardare il suo ospite. «Era qualcosa che riguardava uno dei suoi allievi. Dan è preside di una scuola.»
«Quella dove insegni tu?»
«No. Ma perché non serbi le tue domande per la torchiatura?»
«Ti rincresce se inizio ora?»
«Niente affatto» rispose Halsted, concentrando l’attenzione sulla zuppa con polpa di granchi.
* * *
Dan Burry era un uomo piuttosto corpulento, con capelli neri quasi crespi quanto quelli di Trumbull e due brevi baffetti come quelli che Hitler aveva concorso a metter fuori moda per almeno una generazione; a testa bassa, con la pappagorgia premuta sul colletto, aveva attaccato l’anitra arrosto con un entusiasmo reso ottuso dal fatto che la mente era immersa in ben altri pensieri.
Infatti, non aveva preso parte alla conversazione generale e pareva che ascoltasse solo distrattamente Rubin e Drake che discutevano dei meriti e demeriti della fusione nucleare e dell’energia solare come nuove fonti di energia.
Il mutamento improvviso lo colse di sorpresa, l’attenzione che si era spostata repentinamente da un argomento generale alla sua persona, lo confuse. Mentre Henry era intento a riempire una seconda volta le tazzine del caffè e a servire il brandy, Gonzalo domandò di punto in bianco: «Signor Burry, lei come giustifica la sua esistenza?».
Burry lo fissò con un’occhiata rapida e quasi indignata, ma poi, con tono quasi depresso, brontolò: «Ah, sì, Roger me l’aveva detto che ci sarebbe stata una conversazione botta e risposta, una specie di interrogatorio».
«Sì» rispose Gonzalo. «E in cambio della cena ci attendiamo che lei risponda con franchezza alle nostre domande, con la garanzia della più assoluta segretezza. E allora, sentiamo, come giustifica la sua esistenza?»
«Faccio del mio meglio per mantenere un’atmosfera serena e un’organizzazione decente in una scuola superiore della nostra città, affinché gli studenti che lo vogliono possano acquisire un certo livello educativo e il necessario rispetto per la cultura. Mi sembra una giustificazione sufficiente, sia che io riesca o meno.»
«E ci riesce spesso?»
«No.»
Avalon si raschiò la gola. «L’educazione dei giovani di qualsiasi ceto inizia con la disciplina» disse.
«Quelli che la pensano così, finiscono troppo spesso per convincersi che l’educazione significa disciplina e confondono gli scopi che deve proporsi la scuola con quelli che deve proporsi la prigione.»
«Poco fa ho saputo che proprio mentre lei si accingeva a uscire, ha ricevuto una telefonata che l’ha turbata alquanto» disse Gonzalo. «Riguardava questioni scolastiche?»
Burry lanciò ad Halsted un’occhiataccia.
«Dan, ho spiegato perché siamo arrivati in ritardo» disse Halsted, arrossendo.
«Cosa volevano con quella telefonata?» domandò Gonzalo, senza tanti complimenti.
Burry scosse la testa. «Si tratta di un fatto che non posso rivelare. Un fattaccio che riguarda un minorenne.»
«E cioè?»
«Non posso dirne il nome, signor Gonzalo. L’accaduto riguarda una persona di età minore. Diciassette anni soltanto.»
«Comprendo la sua riservatezza dinanzi a questo caso» rispose Gonzalo. «Tuttavia posso garantirle che il fatto che si tratti di un minorenne è assolutamente irrilevante» aggiunse, soffermandosi come per assaporare la parola. «I patti sono che lei deve rispondere a tutte le nostre domande. Roger dovrebbe averglielo spiegato.»
«Mi permetto di insistere sulla segretezza assoluta che garantisce i nostri dibattiti» disse Avalon.
«Compreso il cameriere, che è un membro apprezzatissimo della nostra organizzazione» disse Trumbull, sogghignando.
Burry guardò furtivamente Henry che, finito di sparecchiare, era andato a mettersi accanto alla dispensa e, come al solito, prestava discretamente attenzione a quello che dicevano. «Signori» rispose «è un sollievo, per me, poter discutere questo fatto con qualcuno, anche perché mi ha dato e mi dà molte preoccupazioni. Tuttavia, non posso rivelare il nome di quel ragazzo. Spero di non contravvenire alle vostre regole, se lo chiamerò semplicemente John.»
«Signor Burry, l’esperienza ci dice che questi sotterfugi non funzionano mai» rispose Rubin. «Durante la discussione, lei si tradirà e finirà per dirci il vero nome di quel ragazzo.»
«John è il suo nome di battesimo, signor Rubin. Ma è anche un nome molto diffuso, e quindi si presta all’anonimato. Io mi asterrò soltanto dal citare il cognome.»
«Mi sembra una condizione accettabile» disse Halsted.
«Prima di tutto, lasciate che vi dica qualcosa sul conto di John» prese a dire Burry. «È un giovanotto d’aspetto piacevole, piuttosto minuto per la sua età, ma è sveglio e intelligente. La sua intelligenza ha attirato subito l’attenzione dei suoi insegnanti e io, com’è ovvio, sono sempre alla ricerca di tipi come lui. In teoria, tutti gli studenti sono uguali, tutti meritano il meglio che noi possiamo dar loro in fatto di educazione, ma i tipi più svegli del normale formano la nostra delizia e, purtroppo, molto spesso sono anche la nostra croce.»
«Perché?» domandò subito Gonzalo.
«Perché molto spesso un ragazzo sveglio è vittima dei pregiudizi sociali quanto può esserlo un povero ragazzo con poco cervello. È un errore credere che, da sola, l’intelligenza basti a sollevare un povero diavolo dal fango in cui è nato e sarebbe inutile citare i pochi casi contrari che sono arcinoti. Sono cose che possono capitare, ma in circostanze speciali. Il più delle volte non accadono affatto.»
«Immagino che John sia un povero ragazzino nato in un ghetto» disse sardonicamente Rubin «proprio come mio padre, nella sua infanzia.»
«John è nato in un ghetto, signor Rubin, ma il suo caso non somiglia certo a quello di suo padre» replicò decisamente Burry. «Agendo con circospezione, tanto lei che suo padre potete nascondere la vostra origine, potete cambiare nome, curare la pronuncia, dimenticare le vostre idiosincrasie e potete farla franca. Ci vorrebbero leggi speciali per applicare a individui come voi un’etichetta che ne riveli l’origine, e invece John e altri come lui sono nati con l’etichetta rivelatrice appiccicata addosso tanto che, prima ancora di riconoscerli come individui, li si definisce semplicemente negri.»
«Non avevo alcuna intenzione di offendere» disse Rubin, che si sentiva a disagio e non riusciva a nasconderlo.
«Non gliene voglio affatto. Direi che alcuni negri non appaiono tali se non li identifichiamo per quello che sono. Secondo le nostre convenzioni sociali, basta un solo ascendente di colore per essere considerati negri, sicché si può essere apparentemente bianchi e socialmente negri, come me. Io sono negro.»
«Per noi non fa alcuna differenza» disse Avalon.
«E perché dovrebbe?» replicò Burry. «E sembra che non faccia alcuna differenza nemmeno per alcuni studenti. Nei bagni del quarto piano hanno scritto, graffiando l’intonaco, una frase che non ha nulla di osceno: “Burry è bianco per cinque quarti”, e tuttavia quel mio avo negro influisce sul mio atteggiamento nei confronti di John.
«Per me, è un desiderio irresistibile quello che provo; vorrei dare a un giovanotto come quello tutte le possibilità che gli si potrebbero dare se apparisse bianco come me. Nella crisi che va addensandosi sull’epoca che viviamo, la specie umana non può permettersi di sprecare cervelli, e quel ragazzo è un cervello che rischia di andare sprecato.»
«Droga?» domandò Trumbull.
«Spinelli, canapa…» rispose Burry, stringendosi nelle spalle. «Per i giovani, oggi è una specie di rito d’iniziazione come lo era per noi o per i nostri genitori mettersi a fumare una sigaretta o la pipa, e se vogliamo, dati alla mano, possiamo sempre sostenere che i danni prodotti dalla marijuana sono meno gravi di quelli prodotti dal tabacco il cui uso è perfettamente legale e socialmente accettato, e i piantatori di tabacco sono sovvenzionati dallo Stato.»
«S’incomincia con le droghe leggere e si finisce con l’eroina» replicò seccamente Avalon. «Se è un rito di iniziazione, come lei afferma, è ben diverso da quello che riguarda il tabacco!»
«Qualche volta… Soprattutto se la legge tratta alla stessa stregua le droghe leggere e quelle pesanti, perché allora chi è dedito alle prime non vede alcuna differenza con le seconde. Ma solo qualche volta! Del resto, si può passare dal bere moderato durante i pasti all’alcoolismo, un vizio pericoloso come l’uso dell’eroina, ma molto più diffuso. Eppure la società non condanna l’uso dell’alcool, se resta entro i limiti.
«Ad ogni modo, John non è un tossicodipendente e non credo che finirà per darsi alle droghe pesanti. No. Io temo che le tentazioni lo portino in tutt’altra direzione. Temo che sia portato al crimine.»
«Che genere di crimini?» domandò Avalon.
«Niente di particolarmente grave» rispose Burry. «Sospettavo che fosse un borseggiatore, un taccheggiatore, un ladruncolo. Era solo un sospetto, sino a questa sera. Adesso, purtroppo, è una certezza.»
«Era per questo che le hanno telefonato?» domandò Gonzalo.
«Riguardava John» rispose Burry. «Anzi, è stato lui stesso a telefonarmi. Era nei guai e si è rivolto a me. Questa prova di fiducia mi dà qualche soddisfazione. Gli ho procurato un avvocato e mi sono offerto di pagare la cauzione per farlo rilasciare, se si tratta di una somma ragionevole. È stato questo contrattempo che ci ha fatto ritardare. Comunque, non è una gran soddisfazione aiutarlo adesso e, tanto per incominciare, temo di aver già commesso un errore.»
«E come?» domandò Gonzalo.
«Potevo provare a convincerlo di collaborare con la polizia, se solo fossi stato più perspicace.»
«Non credo che ci saresti riuscito» disse Halsted. «Ogni insegnante sa che nel vocabolario degli adolescenti che fanno i bulli, non esiste la parola “soffiata”. I ragazzi che tengono la bocca cucita vanno in galera, ma diventano eroi e acquistano il rispetto dei compagni. Quelli che vuotano il sacco possono uscir di galera, ma sono evitati da tutti e spesso e volentieri finiscono pestati dagli altri.»
«Questo lo so» rispose Burry. «Non ho bisogno d’insegnamenti per conoscere il codice d’onore della strada, ma se fossi stato più sveglio, forse con John ci sarei riuscito. Comunque, andrò a trovarlo questa notte stessa, dopo cena, se non avete nulla in contrario a lasciarmi andare verso le dieci e mezzo, e se John collaborerà con me, lo porterò fuori città. Ci sono uffici che possono dare una mano in queste cose e io me ne sono servito in altre occasioni. I tipi coi quali abbiamo a che fare non andranno tanto lontano per cercarlo; non si tratta né del Sindacato né di Cosa Nostra.»
«E di che si tratta, dunque?» domandò Avalon, giocherellando col bicchiere vuoto.
«Di una organizzazione di ladri e ricettatori di mezza tacca, gente che fa commettere i furti a giovani delle scuole medie superiori. I ragazzi consegnano la refurtiva e ricevono una percentuale. Ma se non consegnano tutto ciò che rubano, se ne trattengono una parte e vengono scoperti, i mandanti li pestano.»
«Si direbbe che Fagin sia resuscitato» commentò Trumbull.
«È proprio un’operazione alla Fagin» rispose Burry. «Certo non avrà pensato che una pratica del genere fosse scomparsa con Oliver Twist!»
«Lei sta cercando di dare la caccia a tutti i Fagin che corrompono i suoi allievi, immagino» replicò Trumbull.
«Penso che sia inutile arrestare i ragazzi e credo che ne sia convinto anche lei. Quando si fanno pizzicare, i mandanti aspettano che li rilascino e il gioco riprende come prima. Se li condannano, non è difficile sostituirli e non cambia nulla. Bisognerebbe mettere al sicuro i corruttori, ma soprattutto bisognerebbe eliminare dalle leggi le scappatoie offerte ai criminali da una società troppo permissiva.»
«Lo sa che se lei vi riuscisse, stabilirebbe un primato assoluto? Nella nostra cosiddetta civiltà, vecchia di diecimila anni, nessuno c’è mai riuscito!» disse Avalon.
«Bisognerebbe assicurare almeno i corruttori alla giustizia» rispose Burry. «Se fossi stato più perspicace, forse avrei convinto John a darmi retta.»
«È la seconda volta che lei rimpiange di non essere stato abbastanza perspicace» gli fece osservare Gonzalo. «Perché proprio più perspicace? Io direi più persuasivo, più eloquente, meno scrupoloso, più minaccioso… Perché più perspicace?»
Burry esitò. Rimase a soffregarsi il mento come se meditasse sulla risposta da dare, poi, deciso, rispose: «La polizia è sulle tracce di quella banda. Fra gli altri, ha consultato anche me perché ha indizi sufficienti per ritenere che vi siano implicati alcuni allievi della mia scuola e adesso mi si chiede di dare una mano per identificarli, ma l’idea non mi sorride affatto.»
«L’idea di fare la spia?» domandò Trumbull, a muso duro.
Burry s’irrigidì, apparentemente indignato per alcuni istanti, ma poi si calmò. «Lei ha ragione. Non voglio fare la spia, ma questa è semplicemente una reazione viscerale. Sotto, comunque, c’è ben altro. Ho già detto che arrestando i ragazzi non si risolve il problema; dopo il soggiorno nelle patrie galere si ottengono solo criminali incalliti. Ma se io scoprissi qualcuno dei miei ragazzi e riuscissi a farlo confessare, potrei riferire le informazioni alla polizia senza denunziarlo, cercando di proteggerlo.»
«Non credo che riuscirebbe a far parlare quei ragazzi con le buone!» disse Avalon. «La polizia può usare argomenti migliori, eppure non ci riesce.»
«Geoff, questa è una sciocchezza bella e buona» esclamò Trumbull, battendo con forza la mano sul tavolo. «Se riescono a tener testa alla polizia, quei ragazzini si sentono degli eroi di fronte ai loro compagni, e se li maltrattassero per farli confessare, sai benissimo che i poliziotti sarebbero perseguibili penalmente e che le confessioni ottenute in quel modo non sarebbero proponibili come prove a carico.»
«Però, in questo modo, s’intralcia il lavoro della polizia a scapito della sicurezza dei cittadini» obiettò Avalon.
«Io, invece, sostengo che in questo modo si costringe la polizia a usare lo stesso trattamento a tutti quanti. Così vengono trattati nella stessa maniera poveri e ricchi, esperti e smaliziati, le persone istruite e gli ignoranti, quelli che possono permettersi i migliori avvocati e quelli che non possono permetterseli.»
«E allora perché non adottare un criterio egualitario trattando con durezza tanto i criminali ricchi quanto quelli poveri?» insistette Avalon.
«Perché sino a quando non è stata dimostrata la loro colpevolezza sono soltanto indiziati di reato» replicò Trumbull. «In effetti, nel nostro paese la qualifica di criminale scatta solo dopo il processo, dopo la sentenza. Sino a quando non è stata pronunciata la sentenza, la persona tenuta in custodia ha tutti i diritti di un cittadino americano libero, incluso il diritto a un trattamento decente da parte degli addetti alle carceri. Signor Burry, io credo che la sua condotta sia lodevole.»
«Grazie» rispose Burry. «Comunque, lodevole o no, non ha funzionato. La polizia chiede prove concrete. I poliziotti nutrono sospetti sull’identità dei caporioni di questa banda, ma sino a quando non riusciranno a prenderli con le mani nel sacco, con la refurtiva ricettata, non potranno dimostrarne la colpevolezza. Sorprenderli, comunque, è un’impresa disperata, perché si spostano frequentemente da un rifugio all’altro evitando di lasciare tracce del loro passaggio. Ma se potessimo sapere in anticipo dove si trasferiranno, allora la situazione cambierebbe. È questo che i giovani dovrebbero dirci; loro devono sapere dove la banda si sposterà. Devono saperlo in anticipo per poter portare la refurtiva.
«Senza un aiuto del genere non ci sono molte speranze. I quartieri più poveri di Nuova York sono un’incredibile conigliera che potrebbe inghiottire un esercito di poliziotti senza dare alcun risultato. L’omertà è la regola generale e rispettata. I poliziotti si troverebbero dinanzi a finti tonti, a gente che sosterrebbe a muso duro di non sapere nulla di nulla, gente che non vede, non sente e non parla. Le indagini effettuate sin qui inducono gli investigatori a ritenere che i covi della banda si trovino nella zona compresa fra la Ottantottesima e la Centoventicinquesima Strada, ma una simile deduzione non può essere di molto aiuto, data la vastità della zona.
«Io, comunque, tengo gli occhi fissi su John.»
«Perché proprio lui?» domandò Drake.
«Denaro!» rispose seccamente Burry. «Tutto si riduce a questo. Viviamo in una società che misura tutti i valori col metro del denaro, che, sfruttando tutti i mezzi di comunicazione di massa, esercita una pressione irresistibile al possesso di beni materiali che si possono ottenere solo col denaro. Il richiamo sessuale è esercitato da individui eccezionalmente belli, che si vendono per denaro. Bene! Chi non ha denaro, cosa deve fare? Dedica la vita all’apprendimento di quelle capacità che, alla fine, gli consentiranno di guadagnare denaro. Ma cosa accadrebbe se un individuo si convincesse che l’ambiente in cui è nato e vissuto gli porta svantaggi insuperabili che gli impediranno di arricchire anche se riuscirà ad acquisire le capacità per poterci riuscire? È facile che un individuo in queste condizioni si arrenda e che cerchi di far quattrini per la strada più breve. È così che molti giovani si rovinano ed è così che la nostra società li perde.»
«Sì, è vero» disse Drake. «Ma penso che la stessa cosa si possa dire di molti studenti. E allora perché lei ha preso di mira soltanto John?»
«Lei ha ragione, molti studenti sono in quelle condizioni ed è per questo motivo che è così facile reclutare i giovani nelle file della delinquenza. Comunque, io mi sono interessato particolarmente a John, l’ho tenuto d’occhio e ho scoperto che negli ultimi mesi ha avuto più denaro a disposizione.»
«Da quali indizi?» domandò Rubin, che sin lì si era limitato a disegnare il simbolo del dollaro sulla tovaglia.
«Abiti migliori, un’espressione soddisfatta e verso le ragazze un comportamento che rasenta l’arroganza. Non servirebbe a nulla avere denaro se non si mostrasse a tutti che lo si ha, e io conosco i segni di questo atteggiamento. Non avevo prove, naturalmente, non c’erano evidenze inoppugnabili e non volevo insospettire John parlandogli dei miei dubbi perché consideravo anche la possibilità che fossero infondati.
«Poi, lunedì scorso, mentre ero nel corridoio durante la ricreazione, ho visto John, per caso, con un foglio di carta in mano. Mi era sembrato che gliel’avesse passato qualcuno, ma non potevo esserne certo anche se era stato proprio quel movimento, notato con la coda dell’occhio, ad attirare la mia attenzione. Comunque, non ho visto chi gliel’aveva dato, anche perché il corridoio è molto affollato durante l’intervallo. Io mi faccio vedere quasi sempre durante la ricreazione, soprattutto per sollecitare un minimo di disciplina.»
«Ci dica di quel foglio che John aveva in mano» disse Gonzalo.
«Non potevo pensare che quel foglietto avesse qualcosa a che fare coi furti, e tuttavia mi parve strano quel passaggio furtivo. L’esperienza, poi, mi ha insegnato a non indugiare mai di fronte a qualche cosa di insolito. “Cos’è quel foglio che hai in mano?” gli domandai di punto in bianco, sorridendo amichevolmente.
«“Il foglio, signor direttore?” domandò John.
«I miei sospetti aumentarono; ripetere una domanda è indizio sicuro che chi lo fa cerca di guadagnare tempo, e allora io insistetti perché me lo mostrasse. Intanto quasi tutti gli altri studenti erano rientrati nelle loro aule e solo qualcuno aveva lanciato un’occhiata distratta a noi due.»
«Ma poteva costringerlo a consegnarle quel foglio?» domandò Trumbull. «Uno studente non ha diritto di tenersi le cose che gli appartengono senza mostrarle a nessuno?»
«Certo non l’avrei costretto a forza» rispose Burry «ma nell’ambito della scuola ho poteri che, in teoria, sono abbastanza ampi per mantenere la disciplina. Avrei potuto sospenderlo dalle lezioni se si fosse rifiutato, e sarebbe stato un brutto colpo per John, che ci tiene molto a studiare. Comunque, non rifiutò affatto.
«“È soltanto un pezzo di carta che ho trovato per terra, signor direttore” rispose, dopo una breve esitazione e fissando distrattamente il foglietto. Poi me lo diede e aggiunse, con un aria di ragazzino virtuoso che era una presa in giro bella e buona: “Stavo per gettarlo nel cestino, la cartaccia per terra sta così male!”.
«Mi trattenni dal fargli osservare che un pezzo di carta in più a terra non avrebbe fatto molta differenza e mi limitai a rispondere che mi faceva piacere vederlo così ordinato, che poteva andare e che il foglietto l’avrei gettato io stesso nel cestino e me lo misi in tasca. Gli domandai come si trovava a scuola, come andava col profitto e lui mi rispose calmo e soddisfatto, come se l’avermi consegnato quel foglietto non lo turbasse per niente.
«Solo nel mio ufficio presi quel foglietto e lo lessi, e devo dire che rimasi deluso. Era scritto a macchina, fotocopiato alla buona e incitava gli studenti a chiedere maggiori facilitazioni per gli studi. Insomma, era un programma che io potevo sostenere con tutto il cuore. Non c’era niente di losco, o almeno io non ci vedevo niente che potesse apparire tale, ma siccome non me la sentivo di fidarmi del mio giudizio, feci chiamare il tenente di polizia che era venuto da me in precedenza per parlarmi di quei furti.
«Il tenente venne, in borghese naturalmente, parecchie ore dopo e io gli mostrai il volantino senza dirgli da chi l’avevo avuto.»
«Ma il tenente le avrà pur chiesto il nome della persona che gliel’aveva dato?» disse Trumbull.
«Gli raccontai com’era andata senza fare il nome di John e degli altri ragazzi» rispose Burry.
Trumbull, che come crittografo di professione era particolarmente interessato, insistette: «Ma nascondendo parte delle informazioni lei poteva causare difficoltà al tenente che indagava per scoprire l’eventuale significato di quello scritto…».
«Il tenente non la pensava così» rispose Burry. «Quando ebbe finito di leggere il volantino, scoppiò a ridere e disse che era una sciocchezza e penso che avrebbe stracciato il foglietto se io non me lo fossi fatto restituire. Forse si sentiva deluso, perché, quando l’avevo chiamato, potevo avergli dato l’impressione di aver scoperto qualcosa. Comunque sia, continuai a studiare quel volantino durante tutto questo tempo e confesso di averlo pure riscaldato passandolo sopra una piastra metallica arroventata per accertarmi che non ci fosse nulla di scritto con un inchiostro simpatico.
«Adesso è troppo tardi. Hanno arrestato John in quella che dev’essere la centrale di smistamento. La sua colpevolezza è fuori discussione perché l’hanno sorpreso in possesso di merci rubate. John mi ha fatto chiamare dal comando di polizia dove l’avevano portato. Era quella la telefonata che ho ricevuto poco prima di uscire per venire qui. Ho parlato con quel tenente di polizia che conosco, ma non posso togliermi dalla testa l’idea che se fossi stato più perspicace, se avessi scoperto il significato di quel volantino, avrei potuto fermarlo in tempo.»
«Sì, ma anche se quello scritto avesse avuto un significato» disse Avalon «non vuol dire che tutti i volantini in circolazione contengano significati reconditi.»
«Comunque quel volantino recava un messaggio segreto» intervenne Rubin, parlando con voce stridula per l’eccitazione. «Signor Burry, mi permette alcune domande? Lei ha detto che hanno arrestato John, ma durante il racconto non ha mai fatto il nome di altri ragazzi, nemmeno di sfuggita. John agiva da solo?»
«A me non risulta che vi fossero altri miei allievi con lui.»
«E quando l’ha sorpreso durante la ricreazione, quel foglietto lo aveva in mano da tempo o l’aveva ricevuto soltanto da poco?»
«Non posso rispondere con certezza a questa domanda, ma ho avuto l’impressione che gliel’avessero passato in quel momento. Avrei tanto desiderato vedere chi gliel’aveva dato, ma non l’ho visto.»
«E allora la persona che gliel’aveva dato era lì!» esclamò Rubin, trionfante. «Era lì e ha visto tutto. Quell’individuo ha riferito tutto ai caporioni dell’organizzazione ladresca, e quelli sono stati costretti a prendere in considerazione la possibilità che John vuotasse il sacco. Se quel foglietto conteneva istruzioni, dovevano riguardare il luogo dove portare la refurtiva. Dopo quel che era accaduto, l’indirizzo dev’essere stato cancellato, il ritrovo cambiato, ma John non doveva saperlo perché di lui non potevano più fidarsi. Così John è andato all’indirizzo che conosceva, si è trovato solo e l’hanno beccato.»
«Aspetta! Aspetta!» disse Trumbull. «E come faceva la polizia a conoscere il luogo dell’incontro, vecchio o nuovo che fosse?»
Burry continuava a fissarsi la punta delle dita. «Stando a ciò che mi ha detto poco fa quel tenente della polizia, John era sorvegliato da tempo. Lo tenevano d’occhio con molta discrezione… Ma non ero stato io a metterli sulle sue tracce» si affrettò ad aggiungere. «Lo avevano riconosciuto sul luogo in cui era stato commesso un furto, ma l’identificazione non era certa. Così, da quel giorno, lo tenevano d’occhio senza che io lo sapessi.»
«E quindi, se lei non gli avesse sottratto quel foglietto e supponendo che la teoria dell’amico Rubin sia esatta, John avrebbe portato la polizia sino a una delle centrali della banda, sino ai capoccioni» disse Trumbull.
Burry annuì. «Anch’io ho avuto questo sospetto.»
«Tom!» sbottò Gonzalo, accalorandosi «ma poteva immaginare come sarebbe andata?»
«Io sto tornando al punto di partenza» replicò Trumbull. «Il nostro ospite aveva mostrato il foglietto al tenente, che non l’aveva preso nemmeno in considerazione. Ma il signor Burry non disse che se l’era fatto consegnare da John, e cioè dal giovane che la polizia sospettava già. Avevo ragione io, prima: era un’informazione molto importante e se quel poliziotto l’avesse saputo, avrebbe preso in ben altra considerazione quel foglietto indecifrabile!»
«Lei ha ragione» disse Burry. «Penso che, a questo punto, dovrei dirglielo.»
«Aspetti» disse Gonzalo. «Io ho un’idea migliore. Perché non svelare alla polizia il significato di quello scritto? Se potesse aiutarli, le sarebbe più facile chiedere che non calchino la mano su John, e forse loro potrebbero aiutare quel ragazzo.»
«John!...» brontolò Avalon, come se parlasse fra sé. «Potrebbe anche credere che l’hanno tradito, che i capoccioni hanno deciso di lasciarlo cadere in trappola per punirlo di aver consegnato quel messaggio. A questo punto, potrebbe essersi deciso a collaborare con la polizia.»
«Il guaio è che io non conosco il significato di quel messaggio» disse Burry. «Non posso servirmene né per sollecitare la benevolenza della polizia, né per indurre John a collaborare.»
«Ma lei non rammenta cosa c’era scritto in quel foglietto?» domandò ansiosamente Gonzalo. «Non potrebbe ripetercelo?»
«Posso leggervelo» rispose Burry. «Da quando me lo son fatto consegnare, l’ho sempre in tasca… Ogni tanto lo rileggo, cerco di capirci qualcosa, ma è inutile.»
Tirò fuori un foglietto sgualcito, lo aprì e lo porse a Gonzalo, che lo lesse e lo passò agli altri. Drake lo ricevette per ultimo e, finito di leggerlo, lo porse a Henry ignorando la mano già tesa di Burry.
Henry lo lesse in fretta e glielo restituì.
La matrice era stata scritta alla buona e anche il ciclostile era raffazzonato alla meglio. Il titolo, scritto a tutto maiuscolo, diceva:
RIFIUTIAMO LA DISCRIMINAZIONE NAZIONALE CONTRO NEW YORK
e sotto il titolo: «Partecipate alla marcia di protesta che il giorno 20 ottobre si recherà alla sede municipale. Chiediamo al Congresso il riconoscimento del diritto dei poveri a un’istruzione migliore. Non è un delitto essere newyorkesi. Anche noi siamo americani come lo sono gli abitanti di Tar Heel nella Carolina del Nord e vogliamo il riconoscimento dei nostri diritti come americani. Non chiediamo niente di più, ma neanche niente di meno».
«Tutto qui?» domandò Avalon, sbalordito.
«Tutto qui» confermò Burry. «Un messaggio notevole soprattutto per la stupidità» commentò ancora Avalon. «Perché poi organizzare una marcia di protesta sul Municipio? L’amministrazione municipale non può far nulla in questo genere di cose e quel che è anche peggio, nessuno può sperare di procacciarsi le simpatie dei provinciali prendendoli in giro. Tar Heel, nella Carolina del Nord! D’accordo che tarheeler è il soprannome dei Nordcaroliniani e che il soprannome deriva dalla produzione di resina e pece che si ricavava dai pini e costituiva un tempo una delle attività più importanti in quello stato. Di solito, non ci badano se si chiamano così fra di loro, ma andare a tirar fuori il nome di Tar Heel, città inesistente, e precisare che è nella Carolina del Nord è un voler deliberatamente insultare. Sarebbe come se un nostro meridionale tirasse fuori la città di Damyankee nel Massachusetts. Cosa sperano di guadagnare con questi sistemi?»
«Niente» rispose Rubin, sorridendo. «Niente, perché quelli se ne infischiano della marcia di protesta e dei diritti allo studio. Scommetterei che non c’è nessuna marcia di protesta fissata per il 20 ottobre. Vero, signor Burry?»
«Non lo so» rispose Burry. «Non ne ho sentito parlare.»
«E allora vuol dire che è proprio un messaggio in codice» concluse Rubin.
«Ma quale?» domandò Burry. «Ho tentato di decifrarlo scegliendo le lettere iniziali di ciascuna parola, ho tentato servendomi delle lettere finali, di raggruppare le parole in diversi modi, ma non ne ho ricavato nulla.»
«Non può trattarsi di niente del genere, signor Burry» disse Gonzalo, scuotendo lentamente la testa con una cert’aria di superiorità annoiata. «Questo lo sapevo prima ancora di leggere quel messaggio.»
Quelle parole provocarono un silenzio completo, anche se breve. Tutti fissavano Gonzalo, che rimaneva impassibile, finché Drake esclamò: «Santo cielo, sembra di ascoltare Sherlock Holmes in persona!».
«Ci sono di mezzo cinque dollari» replicò Gonzalo. «Non dimenticarlo e ascolta, se non ti dispiace.» Poi, posando la caricatura di Burry che aveva disegnato nel corso della conversazione: «John ricevette il messaggio e il signor Burry lo vide; glielo chiese e il ragazzo lo consegnò. Ma prima di consegnarlo aveva avuto il tempo di darvi un’occhiata, vero signor Burry? Un’occhiata soltanto, ma gliela diede!».
«Sì» rispose Burry, esitando. «Solo un’occhiata rapida.»
«Perfetto! Se quello era un messaggio, doveva ben vedere di cosa si trattava prima di consegnarlo a lei. Ma se un occhiata rapida era sufficiente, non avrebbe potuto formare le parole del messaggio segreto accoppiando queste o quelle lettere o scegliendo le parole in un qualche modo convenuto. Se poi dessimo soltanto un’occhiata a quel foglietto, vedremmo subito anche noi quel che deve aver visto John.»
«E vuoi essere così gentile da dirci quello che ci hai visto tu?» disse Rubin, con ironica cortesia.
«Te l’avevo detto in principio cosa dovevi cercare» replicò Gonzalo. «Devi cercare quei particolari che sembrano irrilevanti. Tar Heel nella Carolina del Nord è un particolare irrilevante. Avrebbero potuto inventare un altro nome qualunque, come Jet Air nello Utah o Lollipop nel Dakota del Sud. Ma perché insistere sul Tar Heel? Perché quella è la chiave del mistero. A John è bastata un’occhiata soltanto perché doveva leggere il nome della città. Gli bastava conoscere quel nome, e dopo averlo letto poteva anche consegnare il messaggio al direttore.»
«Be’!» mormorò Avalon. «Mi sembra che ci sia del buono in questa tesi.»
«Per niente, a meno che Mario non sia in grado di spiegare cosa significa Tar Heel, North Carolina» replicò Rubin.
«Può essere un anagramma» rispose Mario.
«Quale?»
«Io ne ho trovato uno. Eccolo: “Al, the not real corn hair”.»
Seguì un silenzio meravigliato, sino a quando Trumbull batté il pugno sul tavolo. «Accidenti, Mario, cosa significa?»
«Non lo so. Ma possono esserci altri anagrammi. O potrebbe essere un messaggio cifrato. Può esserci un codice per la decifrazione di questi messaggi segreti. Potrebbe anche significare: Fermati, la polizia. Insomma, non lo so, ma deve significare qualcosa.»
«Ah sì!» replicò Rubin. «È proprio un bell’aiuto il tuo. Ci dici che deve significare qualcosa!»
«E allora vediamo di riflettere» rispose amaramente Gonzalo. «Non c’è niente di male se perdiamo qualche minuto nel tentativo di anagrammare quel nome o comunque di ricavarne qualcosa che abbia un senso.»
I minuti trascorsero nel silenzio più profondo. «Adesso devo proprio andare al comando di polizia» disse alla fine Burry, sospirando. «Incomincio a convincermi che quello scritto non abbia alcun significato.»
«Un momento, Dan» disse Halsted, ricacciandosi indietro i capelli che incominciavano già a diradarsi sulle tempie. «Non possiamo dirlo se prima non interpelliamo Henry.»
«Il cameriere?»
«Sì, perché? Henry ha un dono particolare che gli permette di vedere quello che gli altri non vedono, per vedere ciò che è ovvio, anche se io non lo vedo, per esempio. Allora, Henry?»
Henry stava risalendo le scale proprio in quel momento. La sua testa apparve mentre Halsted lo chiamava.
«Chiedo scusa, signor Halsted» disse, avvicinandosi con una fretta ben diversa dal dignitoso e lento incedere che gli era abituale. «Non pensavo di assentarmi a lungo. Posso rivolgere una domanda al signor Burry?»
Burry si era alzato e stava già avviandosi verso Il guardaroba. «Sì» rispose. «Purché non sia una domanda complicata.»
«A meno che non ne abbia accennato mentre ero assente, credo che lei non abbia menzionato il posto, l’indirizzo, dov’è stato arrestato lo studente.»
«No, infatti, non l’ho detto.»
«Ma lo conosce?»
Burry si morse il labbro inferiore. «Me ne hanno accennato, sì» disse, cercando nella memoria. «Ma temo di non ricordarlo.»
«Non era, per caso il 283 Ovest della Novantaduesima Strada?» suggerì Henry.
Per qualche istante Burry lo fissò incredulo, poi tornò a sedersi. «Adesso che lei me lo rammenta, sì, è quello l’indirizzo. È proprio quello. Ma come ha fatto a scoprirlo?»
«Era scritto nel volantino, signor Burry.»
«Dove?» domandò Avalon. «Ci dica dove.»
«Il ragionamento del signor Gonzalo mi è sembrato perfetto in ogni particolare, soprattutto quando ha fatto notare la non importanza del nome di Tar Heel, la città nella Carolina del Nord. Tutti parevano convinti che si trattasse di un nome inventato di sana pianta, ma poi mi sono ricordato che molte piccole città di provincia degli Stati Uniti hanno nomi inverosimili e quindi quello poteva essere il nome di una città che esisteva veramente. Tar Heel sarebbe anche un nome quasi ragionevole e logico confrontato con tanti altri, e se il nome era quello di una città che esisteva veramente, allora doveva avere un significato ben preciso. Ecco perché sono sceso a controllare.»
«E lei vuol dire che c’è veramente una città che si chiama Tar Heel nella Carolina del Nord?» disse Avalon.
«Infatti, signor Avalon.»
«E che il suo nome si trova nell’atlante geografico?»
«Può darsi che ci sia, ma io ho consultato un’altra pubblicazione: l’elenco di tutti i centri abitati che hanno un ufficio postale, o se preferisce, il codice di avviamento postale generale. Ne abbiamo uno in sala. Tar Heel esiste veramente ed è nella Carolina del Nord e, com’è ovvio, ha un numero di codice postale. A questo punto, si può affermare che il codice di avviamento postale è il codice decifrante di cui parlava poco fa il signor Gonzalo.»
«Io, comunque, pensavo a un frasario in codice» disse Gonzalo.
«Si tratta di un codice numerico, invece. Ma questo è solo un particolare trascurabile. Il numero di codice postale di Tar Heel è 28392, e se la centrale di raccolta della refurtiva deve trovarsi nell’Upper West Side, come la polizia sembra propensa a credere, l’indirizzo più probabile può essere 283 West 92esima Strada. Certo che ci sono altri sistemi per assegnare i numeri di codice per l’East Side, diversi da quelli usati per il West Side; si possono usare numeri e lettere, le strade possono avere nomi anziché numeri, ma in ogni caso la prevalenza delle strade numerate a Manhattan rende particolarmente utile il codice di avviamento postale.»
«Ma come ho fatto a non pensarci!» esclamò Burry.
«È quello che invariabilmente diciamo anche noi ogni volta che Henry ci spiega quello che non abbiamo indovinato pur avendolo sotto gli occhi» brontolò Drake.
«Se lo dirò ai poliziotti capiranno che non si tratta di pura e semplice coincidenza fra codice postale e indirizzo. E se accetteranno di seguire questa strada, non c’è dubbio che scopriranno molte altre cose ancora.
«Se poi si decideranno a prendere in considerazione quel volantino, potranno scoprire altri particolari esaminando i caratteri in cui è scritto, il ciclostile e così via. Se poi riveleranno a John quello che hanno scoperto e gli faranno credere che quelli della banda se la prenderanno con lui, che penseranno che sia stato lui a tradirli, forse lo convinceranno a vuotare il sacco, capirà di essersi cacciato nei guai coi suoi complici e di non avere via di scampo con loro, mentre può migliorare la sua posizione nei confronti della polizia.»
Burry aveva già preso cappotto e cappello. «Grazie, signori. Grazie a tutti. Grazie, Henry. Grazie di cuore» disse, andandosene in fretta.
«Ecco un lieto fine» disse Avalon.
«Non è lieto per tutti» rispose Henry.
«Cosa vuol dire?»
«È chiaro che il signor Gonzalo aveva trovato la risposta» disse Henry. «Gli mancava solo di giungere alla conclusione. Una banalità, a mio parere. Penso che il signor Rubin gli debba cinque dollari.»
(Titolo originale: Irrelevance)
Verso la fine del gennaio 1978 partecipai a un convegno di appassionati del romanzo poliziesco a Mohonk Mountain House, vicino a New Palts nello stato di New York. Quel convegno era il secondo di una serie che prevedeva incontri annuali e fu divertente dal primo minuto all’ultimo, proprio come lo era stato il convegno precedente.
Alla fine ci fu un’asta di beneficenza per raccogliere fondi a favore del Mohonk Trust Fund e una delle cose da cedere al miglior offerente fu il privilegio di vedere usato il proprio nome in un racconto dei Vedovi Neri.
Il maggior offerente fu un certo Dan Burry. Quando io scrissi “Irrilevanza”, tre mesi più tardi, portai quel signore, come mio ospite, al banchetto al quale demmo il suo nome. Nel racconto usai solo il cognome, tralasciando ovviamente di accennare ai connotati, al genere di lavoro e a tutto quanto poteva renderne possibile l’identificazione.
Il racconto è uscito poco prima che iniziasse il terzo incontro annuale degli appassionati del romanzo poliziesco a Mohonk e Dan Burry era raggiante. Inoltre scoprì che, per una strana coincidenza, l’aspetto dell’attore somigliava molto al personaggio reale che interpretava.