L’oggetto mancante
Emmanuel Rubin, erudito e membro a vita della Società dei Vedovi Neri, era abbattuto e si vedeva; le folte sopracciglia spiovevano giù sulle lenti spesse, la barbetta grigia tremava. «Non è verosimile!» balbettava. «Ve l’immaginate? Non è verosimile!»
Mario Gonzalo, arrivato in quel momento in cima alla scala, accettò il Martini che gli porgeva Henry, l’insuperabile cameriere, e domandò: «Cos’è che non è verosimile?».
«Sembra che Manny abbia ricevuto un rifiuto» rispose Geoffrey Avalon, guardandolo dall’alto del suo metro e novanta.
«Be’? Che c’è di strano?» replicò Gonzalo, sfilandosi i guanti. «È mica detto che gli editori debbano essere stupidi tutti quanti!»
«Ma non è per il rifiuto» protestò Rubin. «Di rifiuti ne ho avuti altri, da editori più importanti e per manoscritti migliori di questo. È per il motivo che mi hanno opposto per giustificare il rifiuto. Cosa può saperne lui se quel racconto è aderente alla realtà oppure no? Lui, che in tutta la sua vita non ha fatto altro che scaldare una sedia in un ufficio, sarebbe capace…»
Roger Halsted, la cui carriera di professore di matematica in una scuola media superiore gli aveva insegnato come si fa a interrompere le voci che hanno raggiunto i toni acuti, riuscì a fermarlo: «Insomma, cos’è che non trovano verosimile nel tuo romanzo?».
«Non ne voglio nemmeno parlare» rispose Rubin, accompagnando le parole col gesto, come per cacciare da sé un argomento molesto.
«Bene!» replicò Thomas Trumbull, ghignando beatamente nel volto incorniciato dai folti capelli bianchi. «Così, almeno noi potremo conversare in santa pace per un poco. Roger, perché non presenti il tuo ospite al signor Gonzalo, che arriva puntualmente in ritardo?»
«Aspettavo proprio che il livello dei decibel si decidesse a scendere. Mario, questo è il mio amico Jonathan Thatcher. Questo è Mario Gonzalo, artista a tempo pieno. Jonathan suona l’oboe.»
«Sembrerebbe divertente» rispose Gonzalo, sorridendo.
«Qualche volta quasi lo è» rispose Thatcher. «Basta che l’ancia si comporti bene.»
Il viso rotondo e rubizzo di Thatcher ne faceva un soggetto tagliato da madre natura per impersonare Babbo Natale senza bisogno di tanti trucchi, ma il corpo striminzito, che pareva avesse perso trenta chili di recente, avrebbe richiesto una buona imbottitura; le sopracciglia eran folte e nere, ma bastava guardare quel faccione tranquillo per capire che la collera non le aveva corrugate mai.
«Signori, la cena è pronta» disse Henry.
«Grazie, Henry» disse Drake, spegnendo la sigaretta. «Fa freddo, oggi, e gradirò davvero qualcosa di caldo.»
«Sì, signore» rispose Henry, sorridendo amabilmente. «Aragosta alla termidoro, patate al forno, melanzane ripiene…»
«Ma questo cos’è?» domandò Rubin, con una smorfia di disgusto.
«Borsch caldo, (zuppa russa) signor Rubin.»
«Va bene» rispose Rubin, controvoglia e dopo averlo scrutato come se volesse leggergli nell’anima.
«Roger, vedi un po’ di mettere ordine, qui» disse Drake, stendendo il tovagliolo.
«Perché, che c’è?»
«Sono seduto accanto a Manny, e se lui continua a fare quella faccia, finirà per rovinarmi la zuppa e mi farà venire un’indigestione. Tu, come padrone di casa, sei un monarca assoluto, qui; ordinagli di dirci cos’è che ha scritto di non conforme alla realtà della vita e che la smetta una buona volta di rovinarci la serata.»
«E perché?» replicò Trumbull. «Perché non lo lasciamo in pace a trangugiarsi la sua zuppa in silenzio? Sarebbe una novità, tanto per cambiare.»
«No. Anch’io sono curioso» disse Gonzalo.
«Cosa volete? Manny non ha mai scritto niente di verosimile in vita sua!»
«Come puoi saperlo tu, che non sai leggere?» replicò prontamente Rubin.
«Le notizie volano» ribatté Gonzalo. «Lo sanno tutti!»
«Cielo! È meglio che ve lo dica, così la finiamo con questa maldicenza che inquina l’allegria. Dunque, ascoltate: ho scritto una novelletta, circa quindicimila parole appena, nella quale si parla di un’organizzazione internazionale di fabbri…»
«Fabbri!» esclamò Avalon, aggrottando la fronte, come se temesse di non aver capito bene.
«Sì, fabbri» rispose Rubin. «Quei fabbri sono dei veri esperti in tutti i tipi di serrature; possono aprire tutto: casseforti, depositi blindati, porte delle carceri. Tutto! Per loro non ci sono segreti, a loro non può nascondersi nulla. La mia organizzazione è formata dalla crema di quei professionisti e nessun nuovo affiliato viene accolto se non porta, come prova della sua capacità, un documento o un oggetto importante rubato a qualche industria, a un ente politico o governativo.
«Voi capite che un’organizzazione come quella tiene il mondo per la gola. I suoi membri possono influire sull’andamento del mercato azionario, possono determinare le scelte politiche, fare e disfare i governi. Quando il mio racconto inizia essa è diretta da un pericoloso megalomane…»
«Che, naturalmente, vuole imporre il suo dominio al mondo intero!» lo interruppe Drake, senza tralasciare lo sforzo di rompere le chele dell’aragosta.
«Naturalmente» rispose Rubin. «E il nostro eroe deve impedirglielo. Quest’uomo è anche lui un fabbro molto esperto…»
«Manny» lo interruppe Trumbull «prima di tutto, dimmi, cosa ne sai tu di fabbri e di serrature. Dimmelo, in nome del cielo!»
«Ne so più di quello che credi.»
«Ne dubito assai e penso che l’editore abbia ragione» ribatté Trumbull. «È una storia assolutamente inverosimile. Conosco alcuni fabbri, so che sono persone corrette e inoffensive, con un quoziente intellettivo che non esce dalla norma…»
«E siccome quando eri militare hai conosciuto alcuni caporali, sulla base di quell’esperienza mi verrai a dire che Napoleone e Hitler non sono esistiti, perché erano inverosimili» replicò Rubin.
L’ospite di quella serata, che aveva ascoltato quella discussione con espressione che si era incupita, intervenne.
«Chiedo scusa, signori. So che devo essere messo sotto il torchio alla fine della cena, ma vorrei chiedere se posso intervenire nella discussione anche prima.»
«Cielo, sì!» rispose Halsted. «Parli pure, dica quel che vuole… se riesce a infilare una parola nella conversazione.»
«In questo caso, permettetemi di schierarmi decisamente col signor Rubin. Una cospirazione ordita da fabbri può sembrare inverosimile a noi che siamo riuniti qui, ma ciò che conta non è già quello che possono pensare alcune persone sane di mente e in grado di ragionare razionalmente, ma quello che fa, che combina il mondo che li circonda. Come può il suo editore respingere un racconto affermando che è inverosimile quando tutto…» Thatcher s’accorse di essersi lasciato trasportare e s’interruppe. «Bene!» esclamò, dopo un profondo sospiro «non intendo affatto insegnarle il suo mestiere, non sono uno scrittore. Dopo tutto, non penso che lei si proponga d’insegnarmi come si suona l’oboe…»
Ma il sorriso col quale accompagnò l’ultima frase non convinceva nessuno.
«Oh, se è per questo, Manny le dirà come si suona l’oboe, non dubiti!» disse Gonzalo. «Basta che gliene dia l’occasione.»
«Comunque» riprese a dire Thatcher, come se non avesse nemmeno udito il commento sarcastico di Gonzalo «io vivo nel mondo e osservo quanto accade attorno a me, so che oggi tutto è credibile e tutto è creduto e che non esiste nulla che possa definirsi inverosimile. Provatevi a formulare una sciocchezza qualunque, giurate solennemente che è vera e troverete milioni d’individui pronti a credervi, a giurare che quello che dite è tutto vero.»
«È proprio vero, signor Thatcher» disse Avalon, con la condiscendenza di un maestro che approva un allievo. «Non so se questa sia una caratteristica peculiare del nostro tempo, ma la comodità offerta dai mezzi di comunicazione moderni rende possibile parlare a masse enormi, rende possibili fenomeni come quello del signor Hitler di non compianta memoria. E a tutti coloro che possono credere nella storia degli antichi cosmonauti di von Däniken o al triangolo delle Bermude di Berlitz, una storiella come la cospirazione mondiale dei fabbri può essere tranquillamente servita assieme al primo caffè del mattino.»
«Gli antichi astronauti e il triangolo delle Bermude sono ancora nulla» disse Thatcher. «Se lei affermasse che visita spesso Marte e che può raggiungerlo in proiezione astrale, e che Marte è il rifugio per le anime degne di questo mondo, ci sarebbe gente disposta a crederle.»
«Lo penso anch’io» rispose Avalon.
«Non deve pensarlo» disse Thatcher. «È proprio così! Ma credo che lei non abbia mai udito parlare del Tri-lucifero…»
«Tri-lucifero!» fece eco Avalon, piuttosto confuso. «Lei vuol dire tre volte diavolo? Cos’è?»
Thatcher guardò dall’uno all’altro, ma i Vedovi Neri rimasero muti sin quando Henry, che stava sparecchiando, intervenne. «Se posso intromettermi, signori, io ne ho sentito parlare. Alcuni di loro sono venuti a chiedere elemosine nel ristorante, la settimana scorsa.»
«Come i lunari?» domandò Drake, spingendo il piatto vuoto verso Henry mentre si accingeva ad alzarsi.
«C’è una certa somiglianza» rispose Henry, piuttosto incerto. «Ma i tri-luciferiani, se posso chiamarli così, hanno un aspetto più spiccatamente extraterrestre.»
«Infatti» ammise Thatcher. «Essi devono distaccarsi da questo mondo e poter così acquisire la proiezione astrale per raggiungere Marte e trasferirvi le loro anime dopo la morte.»
«Ma perché…» incominciò Gonzalo.
Trumbull lo interruppe con uno scoppio irato. «Andiamo, Roger! Falli star zitti, che aspettino l’inizio della torchiatura. Di’ loro di cambiare argomento.»
«Ma io volevo solo sapere perché si chiamano…» insistette Gonzalo.
«Mario, abbi un po’ di pazienza!» disse Halsted, sospirando.
* * *
Henry stava servendo il brandy quando Halsted picchiettò sul bicchiere e incominciò: «Credo che, a questo punto, si possa dar inizio alla torchiatura, e siccome è stato Manny a tirare in ballo la discussione con la storia dell’inverosimile che ha destato l’interesse di Jonathan per tutta la serata, propongo che sia lui a iniziare».
«Ma certo» rispose Rubin, fissando solennemente Thatcher, che gli sedeva dirimpetto. «Signor Thatcher, a questo punto la tradizione vorrebbe che le chiedessi di giustificare la sua esistenza e ne seguirebbe una discussione sui meriti e demeriti dell’oboe, strumento di tortura per gli oboisti. Però, mi permetta di pensare che, in questo istante, lei ritiene la sua esistenza pienamente giustificata se potesse spazzar via dalla faccia della Terra qualche tri-luciferiano. M’inganno, forse?»
«Affatto! Affatto!» rispose Thatcher, deciso. «Tutta questa storia riempie la mia vita, i miei pensieri da più d’un mese. Sta rovinando…»
«Io vorrei solo sapere perché si fanno chiamare tri-luciferiani» disse Gonzalo. «Sono forse adoratori del Diavolo?»
«Tu hai interrotto…» incominciò a dire Rubin.
«Fa niente» disse prontamente Thatcher. «Glielo spiegherò io, e mi dispiace infinitamente di saperne quanto basta per poterlo fare. A quanto pare, Lucifero è il nome della stella del mattino, anche se io non so perché…»
«Lucifero deriva dal latino» disse Avalon, passando col dito sull’orlo del bicchiere. «Vuol dire portatore di luce. Il sorgere della stella mattutina, all’alba, annunzia il sorgere del Sole. In epoche remote, quando gli orologi non eran stati ancora inventati, la comparsa di quella stella avvertiva dell’approssimarsi del giorno ed era considerato un fenomeno importante.»
«E allora perché anche il Diavolo si chiama Lucifero?» domandò Gonzalo.
«Perché sembra che il re di Babilonia venisse paragonato alla stella mattutina dai cortigiani adulatori» spiegò pazientemente Avalon «e il profeta Isaia predisse la distruzione di Babilonia. Puoi citare il passaggio, tu, Manny.»
«Possiamo leggerlo nella Bibbia, se volete» rispose Manny. «È contenuto nel quattordicesimo capitolo del libro di Isaia e dice: “Come rovinasti giù dal Cielo, tu o Lucifero, figlio del mattino!”. Era, direi, un’iperbole poetica, molto efficace per la verità, ma venne interpretata letteralmente solo in seguito; da questo passo nacque tutta la leggenda della rivolta di orde di angeli, guidati da Lucifero contro Dio, e il nome di Lucifero divenne sinonimo di Satana mentre gli angeli ribelli erano ancora in Cielo da dove, com’è naturale, vennero sconfitti ed espulsi dagli angeli fedeli guidati dall’arcangelo Michele.»
«Come in Paradiso Perduto, di John Milton?» domandò Gonzalo.
«Precisamente, come in Paradiso Perduto.»
«Comunque, il Diavolo non ha niente a che vedere coi tri-luciferiani, per i quali Lucifero è semplicemente la stella mattutina» disse Thatcher. «Sulla Terra ce ne sono due: Venere e Mercurio.»
«Ma sono anche stelle della sera» disse Drake, fissando Thatcher attraverso il fumo della sigaretta. «Dipende dalla loro posizione rispetto al Sole; se sono più a levante, appaiono di sera e tramontano poco dopo il Sole; se sono più a ponente, appaiono al mattino e sorgono poco prima di esso.»
«E devono restare sempre assieme?» domandò Thatcher, con un tono dal quale traspariva evidente la speranza. «Non possono trovarsi una da una parte, l’altra dall’altra parte rispetto al Sole?»
«Sì, certo» rispose Drake. «Hanno moti indipendenti. Possono essere contemporaneamente stelle della sera o stelle del mattino, ma una può anche essere stella della sera e l’altra stella del mattino, come possono pure trovarsi, una o tutte e due, in allineamento col Sole, e allora sono invisibili tanto al mattino che alla sera.»
«Peccato» disse Thatcher, scuotendo la testa. «È proprio quello che dicono anche loro. Ad ogni buon conto, essi affermano che da Marte si possono vedere nel cielo tre stelle del mattino, o almeno che si possono vedere se si sta nella posizione favorevole. Da Marte, non si vedono solo Venere e Mercurio, ma anche la Terra.»
«Questo è vero» disse Rubin. «E immagino che sia anche vero che le tre stelle del mattino visibili da Marte possano trovarsi in una posizione qualsiasi; possono essere tutte e tre stelle della sera o stelle del mattino, oppure due stelle della sera e l’altra stella del mattino o viceversa.»
«Sì» rispose Drake. «Oppure, se sono troppo vicine al Sole, possono essere invisibili.»
«E per questo essi chiamano Marte col nome mistico di Tri-lucifero» disse Thatcher, sospirando. «Il mondo con tre stelle del mattino.»
«E allora» disse Gonzalo «io immagino che Giove ne abbia quattro di stelle del mattino: Mercurio, Venere, Terra e Marte, e così via sino a Plutone, che di stelle mattutine ne avrebbe addirittura otto.»
«Il guaio è che più ci s’allontana dal Sole, più diminuisce l’intensità luminosa dei pianeti interni del sistema solare» disse Halsted. «Per esempio, visto da chi potesse stare su uno dei satelliti di Giove, Mercurio apparirebbe come una stella di media grandezza e potrebbe trovarsi troppo vicino al Sole, tanto da renderne impossibile una buona osservazione.»
«Ma stando su Marte» domandò Thatcher «si potrebbe vedere agevolmente Mercurio?»
«Oh sì, di questo sono sicuro» rispose Halsted. «Mi basterebbero pochi minuti appena per calcolare l’intensità di Mercurio visto da Marte.»
«Davvero?»
«Certo» rispose Halsted. «Se non ho dimenticato a casa il calcolatore tascabile… No, eccolo qui. Henry, per cortesia, mi porterebbe la Columbia Encyclopedia?»
«Signor Thatcher» disse Rubin «mentre Roger è occupato a spremere dalle meningi quel poco di matematica che sa per risolvere il problema, mi dica perché s’interessa tanto a quella setta. Si direbbe che lei ci tenga particolarmente a dimostrarne l’impostura. Perché? Era anche lei un tri-luciferiano? Sarebbe, per caso, un ex adepto deluso?»
«No, non sono mai stato membro di quella setta. Io,,,» Tacque, imbarazzato, grattandosi la testa. «Mia moglie lo è, ma io non ne parlo volentieri, lei mi comprende.»
«Signor Thatcher, si tranquillizzi» disse solennemente Avalon. «Nulla di tutto ciò che diremo uscirà da queste quattro pareti. Nessuno fiaterà, e questa garanzia comprende anche il nostro stimatissimo cameriere, il signor Henry. Lei può parlare liberamente.»
«Be’, non c’è nulla di criminoso, nulla di cui ci si debba vergognare. Solo che non mi piace apparire così impotente in una questione tanto sciocca… Tuttavia questa storia, signori, rischia di mandare a monte il mio matrimonio.»
A quelle parole seguì un silenzio discreto, rotto appena dal frusciare lieve di Halsted che sfogliava l’enciclopedia.
Thatcher continuò. «Roger conosce mia moglie e può dirvi che è una donna con la testa sulle spalle.»
Halsted sollevò appena la testa e accennò di sì. «Se non è che questo che vuoi! Ma non sapevo che ti trovavi…»
«Ultimamente Carol ha fatto vita piuttosto appartata, tu capisci, e io non ne ho parlato con nessuno. Tu sai anche che hai dovuto insistere parecchio per indurmi a uscire questa sera, perché non me la sento di lasciarla sola. Anche le persone ragionevoli hanno le loro debolezze, e adesso Carol si preoccupa pensando alla morte.»
«Ma ci preoccupiamo tutti quanti della morte» ribatté Drake.
«Anch’io» rispose Thatcher «ma in maniera del tutto normale, spero. Sappiamo tutti che un giorno dovremo morire e non è che la prospettiva ci sorrida; il pensiero dell’inferno, del nulla eterno o della beatitudine in cielo può preoccuparci, ma di solito non è che insistiamo troppo in quel pensiero. Invece Carol si è sentita come affascinata dall’idea di poter dimostrare l’esistenza della vita oltre la morte. È un’ossessione che dev’essere iniziata col caso Bridey Murphy, quando non aveva ancora vent’anni… Non so se qualcuno di voi ne ha sentito parlare.»
«Io sì» disse Rubin. «C’era una donna che, in stato ipnotico, pareva posseduta da un’altra donna, una irlandese morta parecchi anni prima.»
«Sì. Ma Carol era riuscita a superare quella crisi. Poi si era dedicata allo spiritismo, ma io ero sicuro che si rendeva conto della assurdità di ogni esagerazione, e infatti smise di occuparsene. Come se non bastasse, poco dopo si imbatté nei tri-luciferiani. Non l’ho mai vista in queste condizioni. Ha denaro suo e lo vuol donare alla setta. Non m’interessa affatto il denaro… Be’, sì, m’interessa, ma per me non è quello che conta maggiormente. È lei che mi preoccupa. Sento che finirà per unirsi a loro, per seguirli chissà dove, che diventerà una figlia di Tri-Lucifero o come diavolo si chiama in attesa di potersi trasferire nella dimora dei beati. Mi aspetto di non trovarla più ogni volta che torno a casa, di perderla per sempre. Mi ha promesso che non fuggirà questa sera, ma io non sono tranquillo.»
«Certo lei penserà che quegli individui mirino al denaro di sua moglie» disse Rubin.
«Almeno il loro capo, se non gli altri» rispose cupamente Thatcher. «Ne sono sicuro. A cos’altro dovrebbe mirare?»
«Lo conosce? L’ha incontrato?»
«No. Vive isolato, ma ho saputo che, recentemente, ha acquistato una villa in Florida, e non credo che sia destinata al culto che predica.»
«È strano davvero» disse Drake. «I capi di una qualunque setta pseudo religiosa possono spendere e spandere a piacere, possono condurre una vita stravagante senza che i loro seguaci protestino, senza che ci trovino niente da ridire in quegli sperperi.»
«C’è un fenomeno di condizionamento automatico» spiegò Rubin. «Più vedono che spende, più pensano che la loro fede abbia successo. È lo stesso principio di ostentazione sciupona che fa apparir grandi i governi dinanzi ai governati.»
«Proprio la stessa» disse Thatcher. «Non credo che Carol si legherà mani e piedi al carro di quella gente. Forse la condotta del capo non la preoccupa affatto, ma se io riuscirò a dimostrare che ha torto, sono sicuro che lei ritornerà all’ovile.»
«Torto su che cosa?» domandò Rubin.
«Su Marte. Il caporione proclama di essere stato più volte su Marte, in proiezione astrale naturalmente. Descrive quel pianeta in maniera assai particolareggiata, ma Marte è davvero come lo descrive lui?»
«E perché non dovrebbe essere così?» domandò Rubin. «Se quell’uomo legge tutto ciò che si pubblica attorno a quel pianeta, può descriverlo con la medesima accuratezza con la quale lo descriverebbe un astronomo. Le fotografie scattate dal Viking, la nostra sonda spaziale, ne mostrano persino parte della superficie nei minimi dettagli! Non è difficile darne una descrizione precisa.»
«Sì, ma potrebbe darsi che quell’uomo abbia commesso qualche errore, qualcosa che potrebbe servirmi per convincere Carol…»
Halsted sollevò la testa dai suoi calcoli. «Ecco qua» disse. «Ho trovato una dozzina di oggetti celesti che splendono maggiormente nel cielo di Marte e ne ho calcolato la magnitudine. Alcuni risultati possono risentire di qualche approssimazione, ma si tratta di poca cosa.»
Halsted passò in giro il foglietto coi risultati dei suoi calcoli. Quando glielo porsero, Gonzalo lo lesse, poi lo porse ad Henry. «Vuol dare un’occhiata anche lei?» disse.
«Grazie, signor Gonzalo» disse Henry, fissando il foglietto.
Gonzalo lo vide inarcare appena appena un sopracciglio in un’espressione di meraviglia che dileguò immediatamente.
Il foglietto finì nelle mani di Thatcher, che prese ad esaminarlo attentamente. Ed ecco cosa c’era scritto:
Sole - 26
Phobos - 9,6
Deimos - 5,1
Terra - 4,5
Giove - 3,1
Venere - 2,6
Sirio - 1,4
Saturno - 0,8
Canopo - 0,7
Alfa Centauri - 0,3
Arturo - 0,1
Mercurio - 0,0
«Phobos e Deimos non sono i due satelliti di Marte?» domandò Thatcher. «Quei numeri significano che sono molto luminosi?»
«Più alto è il valore assoluto del numero negativo, più luminoso è il corpo celeste» spiegò Halsted. «Un corpo celeste che abbia magnitudine uguale a - 2 è due volte e mezzo più luminoso di un corpo celeste di magnitudine uguale a - 1; uno che abbia magnitudine uguale a - 3 è due volte e mezzo più luminoso di un altro di magnitudine - 2 e così via. Dopo il Sole, il corpo celeste più luminoso nel cielo di Marte è Phobos, seguito da Deimos.»
«E dopo il Sole e i due satelliti, l’oggetto celeste più luminoso del cielo di Marte è la Terra, vedo.»
«Sì, ma solo nei periodi di massimo splendore» spiegò Halsted. «La sua magnitudine può diminuire considerevolmente secondo la posizione che essa occupa nel cielo rispetto a Marte. Con ogni probabilità, ha molto spesso magnitudine inferiore a quella di Giove, la cui luminosità non varia molto a mano a mano che si sposta sulla sua orbita attorno al Sole.»
Thatcher scosse la testa, deluso. «Ma purtroppo può raggiungere quella luminosità. Peccato. C’è una specie di preghiera, un salmo, qualcosa che appare in tutti gli scritti dei tri-luciferiani. L’ho letto tante volte, nelle scartoffie che Carol si porta a casa, che ormai lo so a memoria. Dice: “Quando la Terra splende alta nel cielo come un gioiello glorioso, e quando gli altri Luciferi son discesi sotto l’orizzonte sicché la Terra riluce sola nel suo splendore, unica nella sua bellezza, ineguagliata nella sua luce, è allora che l’anima di quelli che son pronti per la chiamata devono tenersi pronti per abbandonare la Terra e varcare l’abisso”. E tu, Roger, mi dici che la Terra può essere il corpo celeste più luminoso nel cielo di Marte?»
Halsted accennò di sì. «Di notte, se Phobos e Deimos sono sotto l’orizzonte e la Terra è nel periodo di massimo splendore, può essere senz’altro l’oggetto più luminoso del cielo marziano. Può apparire tre volte e mezzo più luminosa di Giove e sei volte più luminosa di Venere nei periodi di massimo splendore.»
«E può essere la sola stella mattutina del cielo marziano.»
«Oppure la sola stella della sera. Esattamente. Le altre due, Venere e Mercurio, possono trovarsi dall’altra parte rispetto al Sole.»
Thatcher continuava a fissare il foglietto. «Ma Mercurio sarebbe visibile? È l’ultimo della lista!»
«Ultimo della lista significa che è dodicesimo in ordine di magnitudine, ma ci sono ancora migliaia e migliaia di stelle che sono meno luminose e sono pur sempre visibili. Viste da Marte, ci sono solo quattro stelle che apparirebbero più luminose di Mercurio: Sirio, Canopo, Alpha Centauri e Arturo.»
«Se avessero commesso un errore, uno soltanto…» mormorava Thatcher.
«Signor Thatcher, penso che lei farebbe bene a guardare in faccia la realtà» disse Avalon, con tono profondo, baritonale. «L’esperienza mi dice che anche se scoprisse un errore nelle tesi di quei signori, non le servirebbe a nulla. Chi segue un culto per ragioni esclusivamente emotive, non cambia idea facilmente, nemmeno se si riesce a dimostrare l’assurdità delle sue convinzioni.»
«Sono d’accordo con lei e non penserei mai di discutere con gli altri» rispose Thatcher. «Ma io conosco mia moglie, l’ho vista altre volte cambiare idea, respingere un credo, che avrebbe seguito volentieri, solo perché ne aveva compreso l’illogicità. Se riuscissi a scoprire qualcosa del genere, sono sicuro che rinnegherebbe anche questa superstizione.»
«Ma qualcuno di noi dovrebbe trovare qualcosa» disse Gonzalo. «Dopo tutto, quel bel tipo non è mai stato su Marte, deve pure aver commesso un errore, uno soltanto!»
«Nemmeno per idea» protestò Avalon. «Con ogni probabilità, di Marte quell’individuo ne sa più di noi; se l’ignoranza gli fa commettere un errore e se quell’errore nasce da qualche cosa che ignora, noi non riusciremo mai a smascherarlo perché anche noi ignoriamo quel particolare.»
Thatcher accennò di sì. «Penso che lei abbia ragione.»
«Non ne sono tanto persuaso» ribatté Gonzalo. «Cosa ne dite dei famosi canali di Marte? I tri-luciferiani potrebbero aver preso in considerazione la teoria dei canali nella cui presenza sul suolo di Marte tutti credevano sino a pochi anni fa. Solo recentemente si è appurato che non ci sono affatto, non è così? Ebbene, se quel tipo parlasse di canali sulla superficie di Marte, si potrebbe prenderlo in trappola.»
«Non tutti credevano nell’esistenza di quei canali» rispose Drake. «Nemmeno tutti gli astronomi erano d’accordo su quel punto.»
«Ma il grosso pubblico sì!» insistette Gonzalo.
«Recentemente non più» intervenne Rubin. «La sonda Mariner 4 fotografò Marte nel 1964 e dimostrò che i canali non esistevano affatto e quando il Mariner 9 fotografò tutta la superficie del pianeta nel 1969 nessuno insisté più su quella tesi. Signor Thatcher, in che anno ha fatto la sua comparsa questa setta dei tri-luciferiani.»
«Nel 1970, per quello che posso rammentare io. Forse nel 1971.»
«Adesso capisco» disse Rubin. «Una volta che il mistero di Marte era svelato, quel tizio, chiunque sia, decise di fondare una nuova religione che si basava sulle conoscenze di recente acquisizione. E se volete diventar ricchi in fretta, se volete evitare che vi facciano domande indiscrete sulla fortuna che avete accumulato, inventate una nuova religione. Fra quanto prevede il “primo emendamento” del nostro codice penale e gli sgravi fiscali di cui possono beneficiare le organizzazioni religiose, si può dire che chi inventa una religione ha una specie di licenza che gli consente di fare man bassa dovunque capita. Scommetto che quel tipo parla anche di vulcani!»
Thatcher annuì. «Le alte gerarchie marziane della proiezione astrale dimorano nell’Olympus Mons, ossia sul Monte Olimpo ed è lì che si radunano le anime dei giusti. Il Monte Olimpo è un grande vulcano, vero?»
«Il maggiore di tutto il Sistema solare» rispose Rubin. «Almeno per quello che ne sappiamo noi. Lo hanno scoperto nel 1969.»
«I tri-luciferiani affermano che Giovanni Schiaparelli, l’astronomo che per primo attribuì nomi a diverse configurazioni del suolo marziano, chiamò Olimpo quel monte perché astralmente ispirato, volendo significare che esso era la dimora degli dei. Nella Grecia antica il Monte Olimpo era…»
«Sì» lo interruppe gravemente Avalon. «Lo sappiamo.»
«Ma non fu proprio Schiaparelli il primo che parlò dei canali di Marte?» domandò Gonzalo.
«Sì» rispose Halsted «anche se, parlando di canali, Schiaparelli intendeva vie d’acqua naturali e non artificiali.»
«E sta bene. Ma anche con questa precisazione, vorrei sapere perché quella ispirazione astrale che diceva prima non gli disse che i canali non c’erano» insistette Gonzalo.
Drake annuì. «Ecco qualcosa che lei potrà obiettare a sua moglie» disse a Thatcher.
«Temo che abbiano previsto il pericolo» rispose Thatcher. «Adesso affermano che i canali facevano parte di quell’ispirazione, che avevano lo scopo di accrescere l’interesse dei terrestri per Marte e che ciò era necessario per rendere più efficace il processo di proiezione astrale.»
Trumbull, che sin lì aveva mantenuto un silenzio ostinato, quasi che aspettasse il momento propizio per intervenire e per spostare la conversazione sugli strumenti musicali, osservò cupamente: «Un certo senso ce l’ha, anche se dispiace doverlo ammettere».
«Ne ha anche troppo» rispose Thatcher. «Ecco il guaio. In certi momenti vorrei trovare un fallo, un errore, non tanto per salvare Carol quanto per salvare me stesso. Vi dico che quando si mette a parlare, la mia mente vacilla; il rischio che riesca a convincermi, che mi faccia diventar pazzo supera di gran lunga le speranze che ho io di farla rinsavire.»
«Veda di prenderla con calma e ci lasci riflettere» rispose Trumbull, accompagnando le parole con un gesto della mano come se intendesse calmarlo davvero. «Vediamo: dicono niente dei satelliti di Marte?»
«Ne parlano, sì, di Phobos e di Deimos.»
«Dicono niente dei loro movimenti nel cielo?» insistette Trumbull, con un sorriso bonaccione.
«Sì, e io ho controllato perché non li credevo e pensavo di averli presi in castagna. Descrivendo lo spettacolo offerto dal cielo marziano, affermano che Phobos sorge a ponente e tramonta a levante, e, controllando, io ho scoperto che è vero. Dicono anche che ogni volta che Phobos e Deimos percorrono il cielo notturno vengono nascosti, eclissati dall’ombra proiettata da Marte, ed è vero anche questo.»
Halsted si strinse nelle spalle. «I satelliti li ha scoperti Asaph Hall nel 1877, circa un secolo fa. Gli astronomi non impiegarono molto per calcolare la loro distanza da Marte e il loro periodo di rivoluzione, scoprendo in questo modo tutte le caratteristiche del loro moto intorno al pianeta.»
«Questo non lo sapevo» disse Thatcher.
«No» disse Halsted «ma sembra che quel tipo che ha tirato fuori questa nuova religione sappia il fatto, sembra che abbia studiato la lezione. Del resto, non era difficile.»
«Sta’ calmo! Sta’ calmo!» sbottò trucemente Trumbull. «Alcuni particolari non sono poi di dominio pubblico e non compaiono nemmeno nei testi elementari di astronomia! Per esempio, ho letto da qualche parte che Phobos è invisibile dalle regioni polari di Marte; siccome è molto vicino a Marte, la curvatura di quest’ultimo lo nasconde alla vista di ipotetici osservatori che si trovino abbastanza vicini all’uno o all’altro dei due poli. I tri-luciferiani non dicono nulla che abbia attinenza con questo particolare? Non dicono che Phobos non è visibile da tutti i punti della superficie marziana?»
«No, che io possa rammentare» rispose Thatcher. «Non hanno mai accennato al fatto che è invisibile da certi punti della superficie marziana, ma non affermano nemmeno che è sempre visibile, e se non ne parlano affatto noi non possiamo appigliarci a questo particolare!»
«Del resto, il Monte Olimpo si trova ad appena una ventina di gradi a nord dell’equatore marziano, e da lì Phobos si vede certamente, basta che sia sull’orizzonte e che non sia eclissato da Marte. E se quel monte è la residenza dei beati, delle anime provenienti dalla Terra, quelli possono sempre dire che Marte lo descrivono com’è visto da quel monte e non da un altro punto della sua superficie.»
«Si può sapere per chi tieni, tu?» brontolò Trumbull.
«Per la verità» replicò Halsted. «Comunque, è vero che i testi di astronomia si limitano quasi sempre a descrivere il cielo visto dalla Terra e non da altri mondi. Ecco perché ho dovuto calcolare la magnitudine di quelle stelle per sapere quale sarebbe se vista dal suolo di Marte. Il guaio è che quel bel tipo sembra in gamba anche quando si tratta di calcoli astronomici.»
«Io avrei un’idea» disse Avalon. «Non sono un gran che come astronomo, ma ho visto le fotografie scattate dal modulo del Viking e ho letto quello che ne hanno detto i giornali. Primo: il cielo di Marte è color rosa durante il giorno, e ciò a causa di minuscole particelle di polvere presenti nell’atmosfera. Ma in questo caso non potrebbe darsi che quella stessa polvere oscuri il cielo notturno quanto basta per impedire di vedere Phobos, Deimos e tutti gli astri del firmamento? Perché non dovrebbe accadere lassù, se accade tanto spesso anche qui a New York?»
«Se vogliamo essere precisi, il problema, qui a New York, non deriva tanto dalla presenza di polvere nell’atmosfera quanto dalla luce diffusa che viene dagli edifici e dalle strade illuminate, senza contare che anche stando a New York si possono scorgere le stelle più luminose nelle notti con cielo sereno.
«Su Marte, il fenomeno dovrebbe funzionare nei due sensi. Se la polvere impedisce di vedere il cielo dalla superficie del pianeta, allora il suolo dev’essere invisibile dal cielo. Per esempio, quando il Mariner 9 raggiunse Marte nel marzo del 1969, infuriava una tempesta di polvere di dimensione planetaria e tutta la superficie sottostante era invisibile dalla sonda spaziale. Nello stesso periodo, stando sulla superficie di Marte sarebbe stato impossibile scorgere il cielo, ma siccome la superficie marziana resta visibile per la maggior parte del tempo, dobbiamo concludere che anche il cielo resta visibile molto spesso e molto a lungo.
«Se poi consideriamo che l’atmosfera di Marte è molto più rarefatta di quella terrestre, addirittura meno di un centesimo, possiamo concludere che assorbe e disperde la luce assai meno dell’atmosfera terrestre, sicché le stelle e i pianeti risulteranno un po’ più luminosi di quello che appaiono a noi che stiamo sulla Terra, in un’atmosfera molto più densa. Nei calcoli che ho fatto prima, non ho tenuto conto di questo fenomeno.»
«Geoff ha accennato alle fotografie scattate dal Viking» disse Trumbull. «Quelle fotografie mostrano rocce sparse dappertutto. I tri-luciferiani hanno mai accennato a quelle rocce?»
«No» rispose Thatcher. «Mai, che io ricordi, ma anche in questo caso non dicono nemmeno che le rocce non ci sono. Essi parlano di grandi crepacci e di letti di fiumi asciutti, di ghiacciai a terrazzi.»
«Tutti particolari che sappiamo sin dal 1969» ghignò Rubin. «Si vede proprio che hanno studiato la lezione come bravi scolaretti.»
«E cosa dicono di possibili forme di vita su Marte?» domandò ancora Avalon.
«Non sappiamo ancora se su Marte esista una qualche forma di vita e i risultati delle ricerche effettuate dal Viking sono ambigui. Non è che i tri-luciferiani si siano compromessi in qualche modo su questo argomento…»
Thatcher rifletté prima di rispondere. «Vorrei tanto aver letto tutto ciò che hanno pubblicato, ma purtroppo non l’ho fatto. Tuttavia, Carol mi ha costretto a leggere parecchio, affermando che non potevo denigrare niente se prima non sapevo di cosa si trattava.»
«Mi sembra sensato» disse Avalon «anche se la vita è breve e tante cose appaiono assurde appena le guardiamo, sicché si esita a dedicare tempo prezioso per studiarle. Comunque sia, non può dirci nulla sul loro atteggiamento per quanto concerne le possibilità di forme di vita su Marte? Nessuna idea da quello che ha letto o da ciò che ha udito dire da sua moglie?»
«Parlano della superficie deserta di Marte» rispose Thatcher. «Dicono che è una landa desolata, arida e vuota e la pongono in contrasto con la felicità, con la soddisfazione che deriva dalla sfera astrale.»
«Infatti» disse Avalon «e, naturalmente, la superficie la descrivono arida, deserta e spoglia. Questo lo sappiamo anche noi, ma cosa dicono di possibilità di vita microscopica? È proprio questa forma di vita quella che stiamo ricercando.»
«Non ne hanno mai fatto cenno, che io sappia.»
«Bene!» concluse Avalon. «Io non riesco a trovare altre scappatoie. Sono convinto che è tutta una scempiaggine, penso che ne siamo convinti tutti, qui, e che non ci occorrano prove a dimostrazione dell’assurdità di una simile teoria. Se per convincere sua moglie ci vogliono prove, temo che noi non siamo in grado di fornirgliele.»
«Capisco» disse Thatcher. «Io vi ringrazio ugualmente e spero che mia moglie metterà giudizio prima o poi, ma devo riconoscere che non l’ho mai vista in quelle condizioni. Forse mi unirò a lei e agli altri per tenerla d’occhio, ma ho paura che riescano a convincere anche me.»
«Forse, signor Thatcher, lei non sarà costretto a ricorrere a quegli estremi» disse Henry, piano, nel silenzio che era seguito a quella confessione di impotenza.
Thatcher si volse, confuso. «Mi scusi, ha detto qualcosa, cameriere?»
«Jonathan, Henry è membro del nostro club» spiegò Halsted. «Non so se s’intende anche di astronomia, ma è la testa più quadrata che ci sia fra noi. Henry, c’è qualche particolare che è sfuggito alla nostra attenzione?»
«Penso proprio che ci sia, signore» rispose Henry. «Lei, signor Halsted, ha detto che i testi di astronomia non descrivono i cieli di altri mondi, ma solo il cielo che si vede dalla Terra, e io credo che sia per questo motivo che il capo di quei fanatici dimentica un particolare quando descrive lo spettacolo che si può osservare stando su Marte. Mi pare che manchi un oggetto in quella descrizione, e senza di quello tutta la storiella non è più verosimile di quanto lo sia la cospirazione mondiale architettata dai fabbri del signor Rubin… se il signore mi consente…»
«Niente affatto» rispose Rubin. «A meno che lei, Henry, non ci dica cos’è che manca.»
«Sulla Terra, Venere e Mercurio possono essere le stelle della sera e del mattino» prese a spiegare Henry «e noi sappiamo che i due astri sono pianeti. Ne consegue che su Marte le stelle della sera e del mattino devono essere tre: Mercurio, Venere e in più la Terra. Questo fatto è alla base stessa del culto e mi basta questo soltanto per vedere che tutta la tesi non si regge in piedi.»
«Henry, non sono ben certo di comprendere cosa vuol dire» disse Halsted.
«Ma signor Halsted» rispose Henry «dov’è la Luna in tutta questa storia? La nostra Luna è un grosso corpo celeste; ha quasi le dimensioni di Mercurio, rispetto al quale è assai più vicina a Marte. Se da Marte si può scorgere Mercurio, io sono convinto che si può scorgere anche la Luna, eppure io ho notato che la Luna non compariva nella lista degli oggetti più luminosi visibili da Marte!»
Halsted si fece rosso in viso. «Sì, è vero. È stata anche la lista dei pianeti che mi ha ingannato. In quella lista la Luna non compare nemmeno perché è un satellite e non un pianeta.» Poi, ripreso il foglietto: «La Luna è più piccola della Terra e riflette anche meno di essa la luce solare, sicché la sua luminosità risulta appena un diciassettesimo di quella terrestre a parità di distanza e di fase, e questo significa una magnitudine uguale a… 0,0. Da Marte, apparirebbe esattamente luminosa come Mercurio, rispetto al quale permetterebbe una osservazione più facile perché sale più in alto sull’orizzonte. Al tramonto, Mercurio non può essere mai più alto di 16 gradi sull’orizzonte, mentre la Terra può raggiungere un’altezza più che rispettabile di 44 gradi.»
«E quindi possiamo dire che Marte ha quattro stelle del mattino, e che il nome datogli di Tri-lucifero è semplicemente una sciocchezza» disse Henry.
«Ma la Luna non resta sempre assai vicina alla Terra?» fece osservare Avalon. «La luce riflessa da quest’ultima non sarebbe sufficiente per nascondere la Luna?»
«No» rispose Halsted. «Be’… vediamo… Non prendete mai un calcolatore tascabile che non abbia incorporate anche le funzioni trigonometriche… In certi periodi, vista da Marte, la Luna disterebbe… 23 primi d’arco dalla Terra. Una distanza uguale a tre quarti del disco lunare visto dalla Terra.»
«Una cosa ancora» disse Henry. «Signor Thatcher, le dispiacerebbe ripetere quella parte della preghiera che parla della Terra alta nel cielo?»
«Affatto» rispose Thatcher. «“Quando la Terra splende alta nel cielo come un gioiello glorioso, e quando gli altri Luciferi sono discesi sotto l’orizzonte sicché la Terra riluce sola nel suo splendore, unica nella sua bellezza, ineguagliata nella sua luce, è allora che l’anima di quelli che son pronti per la chiamata devono tenersi pronti per abbandonare la Terra e varcare l’abisso”.»
«La Terra può essere abbastanza alta nel cielo di Marte in alcune sue fasi, e Mercurio e Venere possono essere dall’altra parte del Sole e invisibili, ma la Terra non può essere “sola nel suo splendore”, perché la Luna dev’essere con lei. Certo che in certe fasi la Luna verrà a trovarsi davanti o dietro la Terra vista da Marte e le due piccole sfere luminose si confonderanno in una sola e la Terra apparirà anche più luminosa, ma la Luna non sarà sotto l’orizzonte. A me sembra che il capo di quel culto non sia mai stato su Marte, perché se ci fosse stato veramente non avrebbe mancato di osservare uno spettacolo impareggiabile, ma avrebbe visto un mondo che, piccolo se si vuole, ha pur sempre un diametro di 4376 chilometri. Io sono sicuro che lei saprà spiegare queste cose a sua moglie.»
«Sì» rispose Thatcher, col volto che si apriva al sorriso. «Dovrà convincersi che è tutta un’impostura.»
«Sì» rispose Henry «se è vero, come lei dice, che è una donna capace di ragionare.»
(Titolo originale: The missing item)
Alcuni racconti contenuti nei due primi volumi dei Vedovi Neri non erano apparsi su «Ellery Queen’s Mystery Magazine», ma su «The Magazine of Fantasy and Science Fiction» e la cosa non era facile perché non potevo coinvolgere i Vedovi Neri in un racconto puramente fantastico né in una novella di fantascienza.
Una volta tanto, comunque, io, essendo quello che sono, son riuscito a buttar giù un racconto che pur se non vi appartiene, la fantascienza almeno la sfiora, e per questo motivo «The Magazine of Fantasy and Science Fiction» accettò di pubblicarlo.
Insomma, lo pubblicò. Nel 1977 apparve nelle edicole una nuova rivista che veniva ad affiancarsi alla «Ellery Queen’s Mystery Magazine», ed era la «Asimov’s Science Fiction Magazine», sicché io non trovai più difficoltà a far pubblicare novelle di fantascienza, che da allora in poi presentai sempre alla nuova rivista prima di tentare altrove.
Per dire la verità, mi sforzai per scrivere un giallo fantascientifico che si distinguesse nettamente da tutti gli altri racconti dell’uno o dell’altro genere per pubblicarlo sulla mia rivista e ne venne fuori proprio “L’oggetto mancante” che venne pubblicato dalla nuova rivista nell’inverno del 1977.