Prefazione

Per non so quale motivo, probabilmente grazie a quella tenera, amabile modestia che intride tutto l’essere mio, vivo in costante timore che qualcuno tenti di fermare il continuo fluire dei miei scritti, delle mie pubblicazioni. Per esempio, nel lontano marzo 1971 scrissi per la rivista «Ellery Queen’s Mystery Magazine» un breve racconto poliziesco che s’intitolava Il Vedovo Nero. Avevo pensato a un unico racconto, ma Frederic Dannay (Ellery Queen) lo presentò come il primo di una nuova serie e fu così che ne scrissi un secondo, e poi un terzo…

A ogni racconto che scrivevo, tremavo per paura che Fred, o qualcun altro, mi dicesse: «Sta bene, basta così». Per mia fortuna, nessuno mi disse “basta”. Quando ormai avevo scritto dodici racconti di quella serie, decisi che ce n’era abbastanza per un libro, che intitolai: Racconti dei Vedovi Neri e venne pubblicato dalla Doubleday nel 1974. Poi ne scrissi altri dodici, li raccolsi in un altro volume dal titolo: Altri racconti dei Vedovi Neri, pubblicato dalla stessa casa editrice nel 1976.

Immagino che la vostra fantasia corra più di me, ma ormai ho terminato di scrivere un’altra dozzina di racconti, ed eccovi qui il terzo volume: Raccolta dei Vedovi Neri.

Sin qui, nessuno mi ha ancora detto di smetterla, tanto che, a volte, me ne meraviglio. Dopo tutto, non si può negare che i miei racconti sui Vedovi Neri vadano decisamente contro corrente e che non rispettino assolutamente la moda attuale in fatto di romanzi polizieschi. Per la verità, questi racconti appartengono all’Ottocento e non al nostro secolo.

Il principio secondo il quale un gruppo d’uomini appartenenti ai più alti strati sociali si riunisce attorno ad una mensa ottimamente imbandita e convivialmente discute e risolve un giallo o un mistero qualsiasi, appartiene decisamente all’epoca Vittoriana con tutti i suoi convenzionalismi. A mutare questo aspetto non basta il fatto che sesso e violenza sono assenti, che di essi non si parla affatto. Per l’esattezza, spesso anche il crimine è assente quasi del tutto, eppure la corrispondenza che ricevo è più che lusinghiera.

Ed eccovi qui i risultati ai quali sono pervenuto riflettendo sull’argomento:

1. Il mistero, nei miei racconti, rimane a livelli accettabili per tutti. Mi sforzo per mantenere l’intreccio il più semplice possibile affinché il lettore, giunto al momento cruciale, non abbia alcuna difficoltà a seguire il ragionamento che svela il mistero o magari riesca a precedere la spiegazione. Ebbene, se devo prestar fede alle lettere che ricevo, qualche volta i lettori ci riescono davvero.

2. I misteri, in quanto tali, si potrebbero discutere e risolvere in un quarto dello spazio che io dedico normalmente a ciascuno di essi. Gli altri tre quarti sono dedicati alle piacevoli conversazioni conviviali dei Vedovi Neri e, per quel che sembra, anche questa particolarità piace ai lettori.

Queste constatazioni mi rendono felice più di quanto non sappia esprimere a parole, anche perché io per primo trovo piacere nel concepire e scrivere un giallo onesto e simpatico, e trovo ugualmente piacere nel costruire una conversazione intelligente. Ed ecco spiegato, gentili lettori, perché sono qui a presentarvi il terzo volume della serie, e posso assicurarvi che non smetterò sino a quando vivrò.