— Oh, no… Thalia — disse. Piccolo pipistrello sciocco e sempre allegro. Ma anche coraggioso. Che si era gettato nel fiume per recuperare Hazard. Che cercava in tutti i modi di essere all’altezza dei pipistrelli adulti. E ancora ci provava, dopo l’inondazione e gli scorpioni e quelle correnti da incubo.

Gregor ripensò all’ultima barzelletta che le aveva raccontato. “Cosa dice un muro a un altro muro?” E a come i suoi singhiozzi terrorizzati si fossero trasformati in risate alla battuta finale. “Ci troviamo all’angolo.” Era poco più di un cucciolo, in realtà.

Si avvicinò e si inginocchiò accanto a Thalia. Sembrava così piccola, con le ali ripiegate contro il corpo. Senza quella vivacità spumeggiante che le si irraggiava da dentro e costituiva la sua vera essenza. Le posò delicatamente una mano sul petto, togliendo un po’ di cenere e scoprendo una piccola chiazza di pelo color pesca.

Hazard piangeva disperato e le sue lacrime piovevano sul muso di Thalia. — È stato il segno. Il segno segreto. Si è preso mia madre e adesso anche lei.

Sotto la polvere grigia, il viso di Luxa era freddo e inespressivo. — È colpa mia — disse. — Non avrei mai dovuto permettere a nessuno di loro di venire al picnic.

— Non era il picnic a essere pericoloso, cugina — replicò Howard. — Sono stato io a insistere per passare dallo Squasso, ed è lì che sono iniziati i nostri guai.

— No, il mio volo non è stato abbastanza rapido — intervenne Ares. — Portavo Thalia, ma il mio volo non è stato abbastanza rapido.

— Smettetela, tutti quanti — tagliò corto Ripred. — È morta per le esalazioni velenose, non per mano vostra. Volava, quindi faceva respiri più profondi. È piccola, quindi se ne è andata più in fretta. Nessuno di voi ne ha colpa.

Tutta la scena stava cominciando a preoccupare Boots. Si lasciò scivolare dal dorso di Temp e andò da Thalia. — Svegliati! Svegliati, Thalia!

— No, Boots — disse Gregor, prendendole la mano.

— Deve svegliarsi — protestò Boots. — Hazard piange. Quando si sveglia Thalia?

Gregor non riuscì a darle la solita risposta. A fingere che di lì a poco Thalia sarebbe stata di nuovo con loro, felice e sempre pronta alla risata. E in un certo senso sembrava sbagliato anche provarci. Boots stava diventando grande. In ogni caso, non ci avrebbe messo molto a capire la verità. — Non si sveglierà — le disse. — È morta.

— Non si sveglia? — chiese Boots.

— No, non stavolta — rispose Gregor. — Stavolta è dovuta andare via.

Boots guardò i visi che le stavano intorno, Hazard che piangeva. — Dove è andata? — Nessuno aveva una risposta. — Dov’è Thalia quando non si sveglia?

La domanda rimase sospesa nell’aria per un’eternità. Alla fine, fu Howard a parlare. — Ma come, è nel tuo cuore, Boots.

— Nel mio cuore? — si meravigliò Boots, mettendosi tutte e due le mani sul petto.

— Sì. È lì che vive, ora — disse Howard.

— Può volare via? — chiese Boots, premendo forte il palmo delle mani sul cuore, come per impedire a Thalia di fuggire.

— Oh, no, resterà lì per sempre — rispose Howard.

Boots alzò lo sguardo verso Gregor, in cerca di conferma. Lui le rivolse un cenno di assenso. La bimba tornò indietro e si arrampicò sulla corazza di Temp con aria pensierosa.

— Se volete fare qualcosa per lei, fatelo adesso. Non possiamo rimanere qui a lungo o questa polvere ci ucciderà tutti — disse Ripred.

— La prendo io — replicò Ares.

— Hazard, devi dirle addio, adesso — lo esortò Luxa.

— No! — gridò Hazard. — No! Non potete prenderla! Non ve lo permetterò!

Seguì una scena terribile, dovettero letteralmente strappare Hazard da Thalia perché Ares potesse portare via il corpo. Dove, Gregor non lo sapeva. Consolare il bambino fu impossibile. Alla fine, Howard gli versò una dose di sedativo giù per la gola, tra un accesso di pianto e l’altro, e i suoi singhiozzi si calmarono.

Ripred mandò avanti Aurora e Nike per cercare una zona meno malsana. Durante la loro assenza, Howard tenne Hazard tra le braccia, cullandolo. — Sai, anch’io ho perduto la mia vincolata — gli disse. Non c’era stato un vincolo ufficiale tra Thalia e Hazard, ma quello sembrava un dettaglio secondario, ora. — Si chiamava Pandora.

— Cosa le è successo? — chiese Hazard.

— Eravamo sulla Distesa d’Acqua. Lei volava sopra un’isola e fu attaccata dagli acari. La uccisero — rispose Howard.

— Non potevi aiutarla? — chiese ancora Hazard.

— No. Avrei voluto. Anche quando era già spacciata, avrei voluto provarci lo stesso. Ma non c’era niente che potessi fare — spiegò Howard. — Niente tranne piangere, proprio come stai piangendo tu adesso.

— Com’era? — indagò Hazard.

— Buffa. E curiosa. Doveva sempre essere la prima a vedere qualcosa di nuovo. E adorava mangiare molluschi — disse Howard con un sorriso. — A palate.

Gregor ripensò ai molluschi viscidi e a come Howard avesse insistito nel dire che erano una prelibatezza. Si chiese se la sua passione per quei cosi avesse qualcosa a che vedere con Pandora.

— Adesso non piangi per lei — osservò Hazard.

— No — ammise Howard. — Mi sono abituato a portarla nel cuore.

— Il mio cuore è già così affollato — sussurrò Hazard. — Ma sono sicuro che gli altri faranno spazio a Thalia. Non è un pipistrello molto grosso. — E su quelle parole, il bambino scivolò nel sonno.

Gregor pensò a tutti quelli che Hazard aveva perduto: sua madre, suo padre, Frill… e ora anche Thalia era andata a raggiungerli…

Rimasero tutti in silenzio per un po’. Nessuno voleva assumersi la responsabilità di svegliare Hazard e riportarlo a quella dolorosa realtà.

Alla fine, fu Ripred a parlare, rivolgendosi a Gregor. — Be’, tu almeno ne sei uscito. Credevamo di averti perso per sempre.

— Sto bene — disse Gregor. — Cos’è successo?

— Non lo so con esattezza. Sei svenuto e sei caduto. Per fortuna, hai avuto il buon senso di spingere tua sorella sulla testa del pipistrello — rispose Ripred. — Ares ha tentato di tornare indietro a cercarti, ma non avevamo idea di dove fossi e la cenere era molto alta.

— Sto bene — ripeté Gregor, anche se quello era uno dei giorni peggiori della sua vita.

Arrivarono Aurora e Nike. Avevano scoperto una galleria che portava in alto, verso aria più pulita. Stringendosi, riuscirono a montare tutti sui due pipistrelli. Ripred, invece, disse che avrebbe aspettato Ares e poi seguito le loro tracce. Raggiungere il passaggio richiese un volo breve. Più salivano e più l’aria si faceva pulita e gradevole. Alla fine, uscirono dalla galleria, sbucando su una formazione rocciosa con la sommità piatta e i fianchi verticali. Furono investiti da un vento fresco. Una sorgente fredda usciva gorgogliando da una fenditura e cadeva per centinaia di metri, scomparendo in un fitto intrico di rampicanti debolmente illuminato.

— Siamo tornati nella giungla — disse Gregor.

— Sì, confina con le Terre Infuocate — confermò Howard.

A turno, bevvero l’acqua della sorgente e si lavarono via la cenere dalla pelle. Boots disse di avere fame e Howard le diede l’ultimo pezzo di pane vecchio. La piccola si raggomitolò vicino a Hazard su una coperta e si addormentò. Pure Cartesian era piombato in una specie di torpore, anche se spesso si sedeva, si guardava intorno, faceva qualche rapido squittio e tornava ad accasciarsi.

Nessun altro sembrava capace di dormire. O di parlare. Se ne stavano tutti seduti con le mani in mano a fissare chi la torcia, chi la giungla sottostante. Per un po’, Gregor rimase a guardare Luxa che guardava la sorgente. Aveva un’aria stranamente tranquilla.

Circa un’ora dopo, arrivò Ares con Ripred. — Dove l’hai portata? — chiese Howard.

— Di nuovo alla “regina”. Perché stia coi piluccatori e non da sola — rispose Ares. — Presto la lava se li prenderà tutti. Ne aveva già coperti metà.

— Sì. Il Flagello non vuole solo ucciderli. Vuole che scompaiano senza lasciare traccia — disse Ripred. — E così, pare proprio che il Sopramondo ci avesse visto giusto, sulla canzone.

— Intendi sul fatto che è una profezia — precisò Gregor.

— Se lo è, diamole un nome — intervenne Aurora.

— Io ne ho già uno in testa, ma non deve essere quello per forza — disse Nike. — La chiamo “Profezia segreta”.

— È un nome adatto — commentò Ares. — Visto che ce l’hanno fatta scoprire i segni segreti.

— E che persino la sua natura era un segreto — aggiunse Howard. — Nessuno sospettava che la nostra canzoncina infantile fosse una profezia.

— Una profezia che dobbiamo ancora decifrare — ricordò Ripred. — Credo che ormai abbiamo capito le prime due parti. Sappiamo chi è la “regina”. Sappiamo cosa succede ai piluccatori. Come fa l’ultimo pezzo?

Luxa recitò l’ultima strofa. Senza l’allegra melodia di accompagnamento, erano solo parole. Ma cariche di significato.

ORA L’OSPITE BUSSA SODDISFATTO,

CHE LO SI ACCOLGA

COME ABBIAMO SEMPRE FATTO:

CHI TAGLIA, CHI VERSA,

ERA QUESTO IL PATTO.

PER INTERE FAMIGLIE DI PARTIRE È L’ORA,

CHISSÀ SE LE RIVEDREMO ANCORA.

— Suppongo che la prima domanda sia: chi è l’ospite? — iniziò Howard.

— Be’, se la porta a cui bussa si apre su Regalia, e immagino sia così, visto che Sandwich dice “abbiamo”… allora, date le circostanze, probabilmente l’ospite è qualcuno cui Sua Altezza ha da poco dichiarato guerra — osservò Ripred.

— L’intera specie dei rodenti — disse Luxa. — Che accoglieremo come abbiamo sempre fatto.

A Gregor tornò in mente che quella era la parte della danza in cui tutti fingevano di versare tè e servire torta.

CHI TAGLIA, CHI VERSA…

— Cosa significa? — chiese.

— Le spade tagliano — spiegò Luxa. — E quando la città è sotto assedio, versiamo olio bollente sui nostri nemici dalle mura.

Lo disse senza mostrare particolare paura o disgusto. Ma Gregor fu invaso da entrambe le sensazioni.

— Mi chiedo quando ci sarà l’attacco — proseguì Howard.

— Qualcuno di noi deve rientrare subito per avvertire i regaliani — suggerì Nike.

— Io non vi servo, naturalmente. A Regalia, nessuno mi darebbe il benvenuto. No, credo che rimarrò nei paraggi per un po’ — replicò Ripred.

— A fare cosa? — chiese Gregor. Ripred aveva sempre un piano.

— I piluccatori che abbiamo visto oggi… sono solo una minima parte di quelli che hanno condotto qui. Gli altri potrebbero essere ancora vivi. Stavo pensando che… sarebbero un buon esercito — rispose prontamente Ripred.

— Per te? — si meravigliò Luxa. — Non ti seguirebbero mai.

— Ed è qui che entri in gioco tu, Altezza — ribatté Ripred. — Se andiamo insieme, potremmo riuscire a mobilitarli.

— Potrei andare da sola. Avere anche te cosa aggiungerebbe? — chiese Luxa.

— Non fare la sfacciata. È un sì o un no? — insisté Ripred in tono insofferente.

Luxa si prese solo un attimo per valutare la proposta. — Sì — concluse. — Howard, tu vieni?

— Vengo per forza, se insisti con questa cosa, cugina — rispose Howard, scettico. — Cartesian vorrà unirsi a noi.

— Lui è troppo malridotto — obiettò Ripred. — Ma voi due sui pipistrelli e io a terra potremmo riuscire a liberarli.

— Sono certa che mi seguiranno, se ci avviciniamo quanto basta perché sentano la mia voce — disse Luxa.

— Conto proprio su questo — replicò Ripred. — Quattro ore per riposarci e poi si comincia.

Gregor cominciava a sentirsi invisibile. Nessuno lo coinvolgeva minimamente nel piano. — Sarò pronto — disse.

— No! — esclamarono Ripred e Luxa, in coro e con lo stesso tono deciso.

— Cosa? — si sorprese Gregor.

— Tu no, ragazzo. Tu riporti i cuccioli a Regalia — dichiarò Ripred.