L’osservazione del ratto bastò perché Luxa abbandonasse all’istante la sua ostilità. — Cosa vuoi dire? — chiese.

— Cosa credete che ci faccia qui il Flagello? — chiese a sua volta Ripred.

— L’abbiamo sentito parlare. Diceva che avrebbe condotto i piluccatori in un posto da cui non esiste ritorno — replicò Howard.

— E ha accennato a dove si troverebbe, questo posto? — chiese nuovamente Ripred.

— Da qualche parte fuori dal Sottomondo — rispose Gregor, incerto.

— Nei Territori Inesplorati — aggiunse Luxa.

— I piluccatori riuscirebbero a fare ritorno dai Territori Inesplorati. Dovrebbero solo ripercorrere la strada al contrario — disse Ripred. — Miei cari, c’è solo un posto da cui non esiste ritorno.

Il ratto aspettò che capissero dove voleva arrivare.

— La morte — sussurrò Luxa.

— Così sembrerebbe — confermò Ripred.

— Stai dicendo che ha intenzione di ucciderli? Tutti? — chiese Howard.

— Questa è l’idea di massima, sì. — rispose Ripred.

— Ma i piluccatori sono centinaia. Può anche darsi che si lascino condurre da qualche parte, ma non rinunceranno alle loro vite senza combattere — obiettò Howard. — E come farebbe il Flagello a uccidere tante creature?

— Adesso mi cogli impreparato — rispose Ripred. — I piluccatori sono ottimi combattenti, quando si trovano con le spalle al muro. Qui saranno… a occhio e croce almeno dieci volte più numerosi dei rodenti. Lo scontro sarebbe cruento, molti di loro morirebbero, ma potrebbero sopraffare le forze del Flagello anche ora, se volessero. Ragion per cui devono essere convinti, come lo eravate voi, che li stiano semplicemente trasferendo in un nuovo territorio. Che avranno salva la vita se non oppongono resistenza. Ma state pur sicuri di una cosa: il Flagello si propone di uccidere fino all’ultimo piluccatore.

— È quello che dico anch’io! — esclamò una voce strozzata. — È quello che dico anch’io!

Si voltarono tutti a guardare Cartesian. Si era girato sulla pancia e lottava per sollevarsi sulle zampe anteriori.

Howard si affrettò a raggiungere il suo paziente. — Vacci piano. Adesso ti do qualcosa per aiutarti a guarire. — Prese la grossa bottiglia verde e tolse il tappo.

— Dobbiamo combattere! Non è come le altre volte. I rodenti non vogliono questa terra accanto alla Fonte. Gli umani non gli permetteranno di occuparla! — disse Cartesian.

— Fermo, Howard! Lascialo parlare! — intervenne Luxa. Corse dal topo e gli si inginocchiò vicino.

— Crede di essere ancora alla Fonte — osservò Nike.

— Sì — confermò Luxa. — Cartesian. Cartesian. Sono la regina Luxa di Regalia.

— Oh, la buona regina. La buona regina — disse Cartesian, tranquillizzandosi un po’. — Diglielo tu, di’ loro: “Combattete ora! Combattete qui alla Fonte!”

— Glielo dirò — ribatté Luxa, passandogli la mano sul dorso.

— Io gliel’ho detto, ma sono in pochi a sostenermi. Quasi tutti credono ai rodenti quando dicono che ci porteranno solo in un altro territorio — proseguì Cartesian. — Tu non crederci!

— No, non ci credo. Io credo a te! — replicò Luxa.

— Perché i rodenti dovrebbero volere questo territorio vicino alla Fonte? Voi umani non permetterete che se lo tengano — continuò Cartesian.

— O perché dovrebbero volere la giungla? — rincarò Ripred. — Nessun ratto vivrebbe lì per scelta.

— Lo dico anch’io! — ripeté Cartesian, ma a quel punto il suo sguardo febbrile si fissò su Ripred e la vista del ratto lo fece andare fuori di testa. — Dove sono gli altri? Dove sono gli altri? — Mostrò i denti a Ripred e tentò di attaccarlo. La zampa fratturata di Cartesian cedette sotto il suo peso. — Dove sono gli altri? — continuava a chiedere.

— Ecco, questo potrebbe essere il momento giusto per quella medicina — disse Ripred.

— Dove sono gli altri? — urlava il topo.

Howard gli somministrò in fretta il calmante prima che perdesse del tutto il controllo. Nel giro di qualche istante, il topo si afflosciò.

Le parole di Cartesian avevano dato a Gregor un’idea su come dovesse essere andata l’invasione della colonia dei piluccatori da parte dei ratti. I topi avevano discusso se combattere o andarsene in silenzio. E la fazione di Cartesian aveva perso. Gregor era pronto a scommettere che era stato Cartesian a incidere la falce sulla parete della grotta.

— Allora, potete credere a me e al vostro amico piluccatore, qui, o potete continuare a cullarvi nell’illusione che i piluccatori siano destinati a una splendida nuova vita da qualche parte — ricapitolò Ripred.

Gregor pensò ai cuccioli di topo, ai corpi contorti ai piedi del dirupo, al discorso del Flagello. — No, io non posso. Dobbiamo trovare i topi e avvertirli. Sei in grado di viaggiare? — chiese a Ripred.

— Sì. Sono un po’ rigido, ma dammi qualche chilometro e vedrai che mi sciolgo — rispose il ratto.

— Io non ho acconsentito a farti venire con noi — disse Luxa.

— Precedimi in volo, allora — ribatté Ripred. — Chissà che tu non senta la mia mancanza quando arriverai a destinazione.

Tra gli occhi di Luxa si formò una ruga mentre rifletteva su cosa fare.

— Meglio piegarsi un po’ che spezzarsi, cugina — disse Howard. — Abbiamo bisogno di lui. Lascia che ripaghi il suo debito verso di te.

— Sì, permettimi di pareggiare i conti tra noi — concordò Ripred.

— Non prenderò ordini da te — scattò Luxa, rivolta al ratto. — Sarai tu a seguire i miei.

Ripred scrollò le spalle. — Benissimo. Ho dato una quantità di ordini che basta per una vita intera. Decidi tu la nostra strategia. Naturalmente, se a un certo punto vorrai il mio parere, non esitare a chiedermelo.

— Andiamo avanti, allora — disse Luxa. — Teniamo il passo dei rodenti.

Risalirono sui pipistrelli e decollarono, volando alla velocità di corsa di Ripred. Il ratto se la cavava piuttosto bene, tenuto conto del fatto che era rimasto in una fossa per parecchie settimane.

Gregor era in pensiero per i piluccatori. Come potevano i ratti ucciderli tutti? Forse spingendoli giù da un precipizio, come nell’Antro di Ade? Annegandoli? Era quasi sicuro che i topi sapessero nuotare. Affamandoli? Quella sembrava una scelta comune, nel Sottomondo. O magari avrebbero cercato di contagiarli con un’epidemia…

Dopo circa mezz’ora, guardò giù e si accorse che Ripred aveva davvero bisogno di una sosta. Aveva il fiatone e un po’ di schiuma alla bocca. Gregor capì che il ratto era troppo cocciuto per chiedere che si fermassero.

— Ripred non può continuare così — disse a Luxa.

— Gli fa bene — ribatté lei.

— Gli verrà un attacco di cuore o roba del genere — insisté Gregor.

— Non preoccuparti per Ripred — tagliò corto Luxa.

— Hai intenzione di sfiancarlo? — chiese Gregor.

Luxa si chinò sull’ala di Aurora e osservò Ripred lottare per stare al passo. Poi si rimise seduta. — È troppo carogna per morire — disse.

— Luxa! — Di colpo, Gregor ne aveva abbastanza di lei. — Va bene, alt! Tutti a terra! — urlò.

— Non sei tu a dare gli ordini, qui! — esclamò Luxa.

— E non sei neanche tu. Non a me, comunque — replicò Gregor. Smontò dal dorso di Aurora mentre era ancora in volo e si diresse verso Ares che stava toccando terra. Thalia e Temp erano accatastati in groppa a lui. — Thalia, riesci a volare?

— Sì, se non andiamo troppo veloci — rispose il piccolo pipistrello.

— Ares, sei in grado di portare Ripred? — chiese Gregor. Ares era forse l’unico alato che avesse forza sufficiente per farlo.

— Posso provarci — replicò Ares.

— No, Ares, non c’è bisogno che porti il ratto — si intromise Luxa.

— Sì, invece — la contraddisse Gregor. — Thalia, tu prendi Temp.

— Oh, adesso sei tu che comandi? — insistette Luxa.

— Perché uno di noi deve per forza comandare? Andavamo benissimo finché non hai dichiarato guerra e ti sei messa a tiranneggiare tutti! — sbottò Gregor.

— A quanto ricordo, ha cominciato molto prima — intervenne Ripred, trascinandosi sul dorso di Ares. — Era autoritaria fin da bambina.

— Sto cercando di aiutare i piluccatori! — esclamò Luxa.

— Davvero? Be’, non li aiuti facendo del male a Ripred — la rintuzzò Gregor. Lei si accigliò e aprì la bocca per parlare, ma Gregor non gliene lasciò il tempo. — E non mi interessa se questo ti fa arrabbiare, Luxa. Arrabbiati! Non rivolgermi la parola! Che differenza vuoi che faccia rispetto al novantacinque percento del tempo, comunque? Sei sempre arrabbiata con me per qualche ragione. E di solito non ricordo nemmeno perché! Ma che importanza ha? Io non vivo qui. Sono solo in visita. Tutto quello che faccio per aiutarti è solo un favore! Non qualcosa che ti devo. E quando torneremo a Regalia, verrò rispedito a casa mia, così potremo dimenticare di esserci mai conosciuti! Va bene?

L’ultima parola rimase come sospesa nella galleria. Quell’esplosione sorprese persino Gregor. Era sproporzionata. Da dove era uscita? Che fosse collegata alla faccenda della furia? Perché l’aveva detto? E in effetti, cosa aveva detto?

Non riusciva proprio a ricordarlo, ma qualunque cosa fosse, l’espressione negli occhi di Luxa gli disse che aveva davvero ferito i suoi sentimenti.

— Gre-go troppo rumore — disse Boots. Corse da Luxa e la prese per mano con fare protettivo. — Shhh, Gre-go.

Tutti lo fissavano, aspettando la sua prossima mossa. — Sono convinto che così andremo più veloci — borbottò con voce rauca.

— Benissimo! — disse Luxa, e tornò verso Aurora con Boots che le trotterellava accanto.

Howard toccò la spalla di Gregor. — Forse è il caso che vada io con…

— Sì, io monto su Nike — replicò Gregor. — Non preoccuparti. Terrò stretto Cartesian.

Mentre si arrampicava in groppa a Nike, sentì su di sé lo sguardo di Ripred. — Cosa c’è?

— Niente — rispose il ratto con aria innocente, ma Gregor lo sentì distintamente tirare su col naso.

Adesso avanzavano con rapidità. Gregor tentò di giustificare la sua scenata a Luxa con quel pensiero, ma non funzionò granché.

Un vento leggero gli soffiò sul viso. Più forte della solita brezza da pipistrello in movimento. Era aria calda che portava con sé una puzza di zolfo più acre. Una briciola di qualcosa gli andò in un occhio e Gregor batté ripetutamente le palpebre per toglierla. Era difficile farsi scendere le lacrime nel vento.

Cos’aveva detto per ferire Luxa? Non era solo il litigio in sé. Loro litigavano sempre. Tentò di ricordare le sue parole. Qualcosa sui piluccatori. Ripred. Forza, arrabbiati pure. E poi? “Potremo dimenticare di esserci mai conosciuti!”…

L’ultima parte. Provò a immaginare Luxa che diceva le stesse cose a lui e capì fino a che punto sarebbe stato tremendo. Insinuare che fosse possibile dimenticare quell’ultimo anno. Dimenticare ciò che dovevano l’uno all’altra. Senza Luxa, l’avrebbero ucciso già la sua prima notte nel Sottomondo. Non avrebbe mai riavuto suo padre. Boots sarebbe morta nel labirinto dei ratti. E anche lui aveva fatto delle cose per Luxa. Cose buone. Cose di cui andava fiero. L’aveva salvata dai tessitori. Aiutata a trovare la cura per l’epidemia. E adesso era lì a cercare i piluccatori, no? Nel bene e nel male, le loro vite si erano intrecciate nel momento stesso in cui si erano incontrati. Non avrebbe mai voluto dimenticare di averla conosciuta.

— Nike, potresti accelerare? — chiese Gregor. — Devo dire una cosa a Luxa.

Gregor studiò le sue scuse mentre la raggiungevano. “Mi dispiace” pensò: quello sarebbe stato un buon inizio.

Il naso di Nike era alla stessa altezza delle zampe di Aurora. Hazard dormiva con la testa sul grembo di Luxa. Howard era seduto di spalle con Boots. Luxa guardò Gregor, in attesa.

Gregor deglutì e si piegò in avanti per poterle parlare sottovoce. — Senti, volevo solo dirti che mi…

E proprio in quel momento la corrente d’aria li colpì.