— Cosa?! — Luxa lo spinse da parte e si precipitò sul topo. — Cevian? — Ma mentre toccava il corpo, si immobilizzò. — Oh, Cevian… — disse, mettendosi in ginocchio. La sua mano andò a posarsi sulla zampa della creatura.
— Fu Cevian a trovarci nella giungla — spiegò Aurora. — Saremmo state perdute senza di lei.
Gregor sapeva che, con “perdute,” Aurora non intendeva soltanto smarrite. Intendeva morte. Durante la missione di ricerca del Flagello, lei e Luxa erano state separate dai loro amici nel labirinto dei ratti. In una battaglia in cui si erano trovate in assoluta inferiorità numerica, avevano trattenuto i ratti abbastanza a lungo da permettere a Temp di fuggire con Boots, e poi erano scappate anche loro. Intrappolate per molte ore nei sentieri a zigzag del labirinto, alla fine erano riuscite a trovare un varco. Purtroppo, però, quel varco le aveva condotte dritte in una giungla minacciosa dove Aurora aveva perso l’uso di un’ala. I topi le avevano soccorse, salvando loro la vita.
— Quando il dolore era insopportabile, Cevian si sedeva accanto a me e, per distrarmi, raccontava qualche storia oppure mi faceva giocare agli indovinelli — aggiunse Aurora. — Era fermamente convinta che non dovessi perdere la speranza…
— Mi fidavo di lei — mormorò Luxa. Le sue parole rimasero sospese nell’aria. Per Gregor, era l’elogio più alto che Luxa potesse fare di chiunque. L’elenco di quelli di cui si fidava, specie dopo l’inganno di Henry, era praticamente inesistente. Aurora. Ares. Nerissa, forse. Gregor dubitava che persino Vikus fosse compreso in quell’elenco ed era sicuro di non rientrarci lui. Di certo era stato così nella giungla, qualche mese prima, quando Luxa si era mostrata disposta a lasciarlo morire nelle sabbie mobili solo perché si trovava lì con un paio di ratti.
Cevian doveva essere stata molto speciale per far parte dell’elenco di Luxa.
— Mi dispiace per la tua amica — disse Gregor.
— Anche a me — gli fece eco Ares.
Aurora batté leggermente le ali in risposta, ma Luxa non sembrò averli sentiti.
— Chi ti ha uccisa, Cevian? — chiese Luxa, accarezzando le orecchie morbide del topo. — Per quale motivo? E perché mi hai mandato la corona? Sei molto misteriosa, stasera.
Luxa si alzò e affondò il viso nel pelo dorato di Aurora. Il pipistrello la cinse con le ali. Non fu un abbraccio prolungato.
— Questo non è il momento né il luogo per piangere Cevian — disse Luxa.
— Dobbiamo andare nella giungla — aggiunse Aurora.
Gregor fu colto di sorpresa. — Adesso?
— Cevian è stata uccisa. Non sappiamo perché. Sappiamo solo che è venuta alla Regina Incoronata perché i piluccatori sono in grande pericolo. E, visto che lei non può parlare, dobbiamo andare nella giungla a cercare chi è in grado di farlo — spiegò Aurora in tono cupo. — Dobbiamo scoprire cosa minaccia i piluccatori. Dobbiamo vendicare la morte di Cevian.
Era un discorso piuttosto deciso per Aurora. Il pipistrello non parlava molto quando Gregor era nei paraggi, e anche allora si esprimeva solo con frasi brevi e tranquille. Nonostante i tre viaggi con lei, Gregor non la conosceva molto bene.
— Torna indietro se non hai lo stomaco per farlo. Aurora e io affronteremo la giungla da sole — dichiarò Luxa.
Se non aveva lo stomaco per farlo? Intendeva dire se aveva paura? Gregor si stizzì per quell’osservazione perché, in effetti, quando era agitato, il suo stomaco era sempre il primo a reagire.
— Tu e Aurora nella giungla? Non vi è andata molto bene, l’ultima volta — ribatté Gregor.
Luxa lo guardò male. — Va’ a casa, Sopramondo. Non abbiamo più bisogno del tuo aiuto — disse. Con un volteggio, salì sul dorso di Aurora. — Dopo che l’avrai portato indietro, sai dove trovarci, Ares.
Aurora si sollevò in aria e partì a tutta velocità, allontanandosi nella direzione opposta a Regalia.
Cavolo, quanto poteva essere irritante, Luxa! Sapeva benissimo che le avrebbe dato una mano nella giungla se gliel’avesse chiesto. Perché doveva trasformare quella storia in un insulto? In una sfida?
Ares cambiò posizione, a disagio. — Ci sono tanti pericoli, nella giungla.
— Già. Ci sono stato — replicò Gregor.
— Persino le piante sono in grado di aggredirti — continuò Ares.
— Sì, e le mie cicatrici lo dimostrano — confermò Gregor.
— Luxa parla in quel modo tagliente perché soffre — insisté Ares.
Esasperato, Gregor si girò verso il suo pipistrello. — Senti, Ares, lo sappiamo tutti e due che andremo con loro. Prendiamoci solo qualche minuto, così sembrerà che hai faticato a convincermi, va bene?
Ares fece una delle sue rare risate. — Uh, uh, uh.
Gregor scosse la testa, ma poi rise anche lui. Smise quando lo sguardo gli cadde sul topo. — Cosa facciamo con Cevian? Detesto l’idea di lasciarla qui fuori. Potrebbe arrivare qualche creatura e mangiarsela.
— Avremmo fatto meglio a lasciar decidere a Luxa e Aurora. Era una loro amica — ribatté Ares.
— Sì, immagino che tu abbia ragione — disse Gregor. Notò una crepa alla base della grossa roccia. — Potremmo almeno spostarla in quella fessura. Nasconderla un po’.
Insieme, fecero scivolare Cevian dentro l’apertura. Che in effetti la nascondeva bene.
Quando Gregor si voltò, la luce della sua torcia cadde su un segno nel terreno. Non l’aveva visto prima perché Cevian vi era proprio distesa sopra. Gregor si accovacciò e studiò il segno più da vicino. Era stato inciso alla meglio sulla roccia gessosa. E di recente, anche, a giudicare dall’aspetto. C’era una riga verticale. Dalla cima, andando verso destra, partiva un’appendice sottile, leggermente incurvata. Gli ricordava il becco di un fenicottero. — Guarda qui — disse ad Ares.
— Pensi che sia stata Cevian a fare questo segno? — chiese il pipistrello.
— Non lo so. Forse. Magari cercava di scrivere una parola. Sanno scrivere, i topi? Ripred aveva accennato al fatto che i ratti non sono capaci di reggere una penna — osservò Gregor.
— Ma sia i rodenti che i piluccatori sono in grado di tracciare una parola con gli artigli, se vogliono — commentò Ares.
— Be’, sembra quasi che Cevian abbia cominciato a fare una P ma non sia riuscita a finirla — disse Gregor, seguendo il segno con l’indice. Nella mente gli risuonò la voce di Boots: “P come pincipessa”.
— Forse stava tentando di scrivere un nome. Una P potrebbe diventare anche una R — rifletté Ares.
Gregor si sentì rimordere la coscienza. R come Ripred. P come Pearlpelt, il Flagello. Erano entrambi a scorrazzare là fuori, da qualche parte. Possibile che uno di loro avesse aggredito Cevian?
— È strano. Sono persuaso che Cevian sia morta all’istante, dopo il colpo alla testa. Deve aver tracciato questo segno prima di essere attaccata — disse Ares.
— Potrebbe aver cominciato a scrivere il nome del suo assassino quando l’ha visto arrivare — ipotizzò Gregor. — Se l’ha riconosciuto. — Sia Ripred che il Flagello erano famosi, nel Sottomondo.
— E poi aver subìto l’attacco, sì — concordò Ares.
Tutti e due rimasero in silenzio a fissare il segno ancora un po’, ma non ne ricavarono altre informazioni.
— Ci ho messo abbastanza tempo per convincerti ad andare nella giungla? — chiese Ares.
— Direi di sì — rispose Gregor. Montò in groppa al pipistrello e sfrecciarono via.
Circa mezz’ora dopo, raggiunsero Aurora e Luxa. Lei e Gregor si scambiarono uno sguardo truce e poi si ignorarono per il resto del viaggio fino alla giungla.
Le prima cosa di cui Gregor si accorse fu il calore. L’aria umida lo colpì come un muro, confermando che il terreno sotto di lui era passato dalla pietra arida a una fitta vegetazione. Poi avvertì l’odore degli arbusti in decomposizione e sentì il chiacchiericcio metallico degli insetti.
Gregor aveva solo brutti ricordi di quel luogo, dalle rane velenose alle piante carnivore alle distese di sabbie mobili. Si augurava che sarebbero riusciti a entrare e uscire nel minor tempo possibile.
La loro meta era una sorgente che si trovava proprio nel cuore della giungla. Gregor era arrivato lì qualche mese prima, gravemente disidratato e incrostato di sabbia. All’epoca, in quell’area vivevano dei topi e, sotto la loro protezione, vivevano anche Luxa e Aurora.
— Non smontare subito — disse Luxa quando i pipistrelli toccarono terra vicino alla sorgente.
Rimasero in silenzio, studiando la zona. L’unica cosa bella della giungla era che non mancava mai un po’ di luce, fornita dalle piccole eruzioni vulcaniche sul fondo di un reticolo di ruscelli. Lì, almeno, Gregor non si sarebbe ritrovato completamente al buio.
In apparenza, non c’era niente che non andasse. — Piluccatori! Sono la regina Luxa! Volete mostrarvi? — gridò Luxa.
Al suono della sua voce, i rampicanti ondeggiarono lievemente, ma i topi non comparvero.
— Dobbiamo controllare le grotte — disse Luxa, lasciandosi scivolare giù dal dorso di Aurora. Estrasse la spada. — Io vado avanti. Aurora e Ares, dietro di me. Il Sopramondo vi coprirà le spalle
Il Sopramondo, non Gregor. Era ancora arrabbiata con lui per… un motivo qualunque. Per non aver mostrato un entusiasmo immediato all’idea di quel viaggio nella giungla. E chi le aveva affidato il comando, poi? Lui le stava facendo un favore.
Gregor tentò di stabilire se valesse la pena di mettersi a discutere. Uno di loro doveva comunque andare avanti e un altro chiudere la fila. In più, visto che lei conosceva meglio la zona, quella formazione aveva un senso. Ciononostante, Gregor si decise a estrarre la spada e seguire Ares solo quando ricordò che Luxa aveva appena perso un’amica.
Conosceva quel sentiero. Sapeva che passava tra la sorgente e la caverna dove aveva visto Aurora per la prima volta, paralizzata dal dolore per la sua ala slogata. Era coperto di vegetazione più di quanto ricordasse, come se negli ultimi tempi nessuno l’avesse percorso.
Quando raggiunsero la caverna, Luxa chiamò di nuovo i piluccatori, ma non ottenne alcuna risposta. Recise con la spada la pesante massa di rampicanti che nascondeva l’entrata della caverna e sbirciò all’interno. — Nessuno — disse in tono perplesso. — È vuota.
Procedendo a zigzag lungo i sentieri, controllarono parecchie altre caverne. Luxa lanciò il suo richiamo più volte, ma non c’era traccia di piluccatori da nessuna parte.
Luxa si sedette su una larga roccia piatta al centro di una radura, gli occhi fissi sull’imbocco della caverna abbandonata. — Ricordo che quando Cevian ci guidò fino a questa colonia, erano giorni che non dormivamo.
— E non mangiavamo — aggiunse Aurora.
— E non mangiavamo — confermò Luxa. Alzò lo sguardo verso la cupola di rampicanti che li circondava. — Nel migliore dei casi, mi aspettavo di trovare i piluccatori come li avevamo lasciati. Nel peggiore, di scoprirli reduci da una battaglia. Ma che siano svaniti senza una spiegazione è particolarmente inquietante.
— Forse si sono trasferiti in un altro posto — suggerì Gregor, sedendosi accanto a lei.
— I rodenti li avevano già cacciati dal loro territorio e li avevano spinti nelle gallerie di pietra. Qui riuscivano a malapena a sopravvivere — obiettò Luxa.
— Forse hanno deciso di unirsi alla colonia di piluccatori della Fonte — tentò Ares.
— No. Mio zio, che governa la Fonte, ha proibito i nuovi arrivi. Ha detto che la regione non riuscirebbe più a mantenerli. E poi, è un viaggio quasi impossibile da fare a piedi — replicò Luxa.
— C’è qualcuno a cui potremmo chiedere, qui intorno? — indagò Gregor.
Luxa fece un sorriso amaro. — Hazard potrebbe. Lui sa parlare la lingua di molte creature della giungla. Peccato che nessuno di noi abbia il suo stesso dono.
Non restava altro che volare a casa. Mentre si alzavano per andarsene, qualcosa attirò l’attenzione di Gregor. Un piccolo movimento, quasi un brivido, tra i rampicanti sopra la sua testa. Puntò il fascio di luce della torcia verso la volta, ma non riuscì a distinguere altro che la massa aggrovigliata dei rampicanti grigio-verdastri.
Ares, al suo fianco, si irrigidì all’improvviso. — C’è qualcosa, qui — disse. — Alla nostra destra.
— Anche alla nostra sinistra — aggiunse Aurora.
— Cosa? Io non vedo niente — disse Luxa, facendo lampeggiare la sua fiaccola tutto intorno.
— Guarda qui — intervenne Gregor. Puntò la torcia su una chiazza di rampicanti sopra di loro che aveva cominciato a ondeggiare. — Sono i rampicanti. Si muovono.
— Ma questi li conosco — obiettò Luxa. — Sono innocui.
Durante il suo precedente viaggio nella giungla, Gregor era stato assalito da baccelli gialli carnivori e, in seguito, drogato e preso al lazo da viticci profumati che volevano il suo sangue. Di conseguenza, considerava pericolosa qualsiasi cosa fosse dotata di radici.
— Dobbiamo uscire di qui. Subito.
Corsero tutti e quattro verso il sentiero che portava fuori dalla radura, ma scoprirono che i rampicanti si erano intrecciati per bloccarlo.
— Usa la spada! — ordinò Luxa. Il braccio di Gregor era già in movimento e le loro due lame affondarono simultaneamente nella vegetazione.
Qualcosa scattò dritto verso gli occhi di Gregor. All’inizio, pensò si trattasse di un rampicante con una spessa foglia a forma di freccia all’estremità. Ma poi la bocca si spalancò e Gregor vide i micidiali denti appuntiti.
La spada tagliò la testa dal corpo proprio mentre gridava per avvertire i suoi amici.
— Serpenti!