Aurora eseguì una brusca virata e atterrarono in una cavità della parete, alla loro sinistra. Era profonda sì e no quanto bastava per definirla una grotta, ma li riparò dalla visuale diretta dei ratti. Ares e Nike si affrettarono a raggiungerli.
— La polvere dovrebbe impedirgli di avvertire il nostro odore — disse Howard.
Gregor sentiva la folla di ratti parlare. Ma non c’erano le urla rabbiose che precedono un attacco.
— Non devono averci visti — sussurrò Gregor.
— No — replicò Aurora. — Hanno gli occhi fissi su… su… È lui?
— Sì, è il Flagello — confermò Gregor. Howard e Luxa si unirono a lui mentre sbirciava da dietro l’apertura di pietra.
— Fammi vedere! — disse Boots, accendendo il suo scettro.
— No, Boots! Dobbiamo restare al buio. — Gregor le confiscò alla svelta lo scettro e lo fece scivolare nello zaino. — Tra poco te lo restituisco — promise.
— È enorme — osservò Howard.
— È ancora più grosso dell’ultima volta che l’ho visto — si lasciò sfuggire Gregor.
— Come sarebbe? Più grosso di quando era cucciolo? — chiese Luxa.
Naturale, loro non sapevano del suo incontro col Flagello nella caverna sotto Regalia. Non l’aveva raccontato a nessuno. — Ve lo dico dopo — borbottò.
Luxa si accigliò. — Forse dovresti dircelo adesso. L’hai visto…?
Ma Howard la interruppe. — Zitta, vuole parlare.
Il Flagello era balzato su una piattaforma di roccia davanti agli altri ratti. — Rodenti! Rodenti! — gridò. — Chiedo un attimo del vostro tempo! — Dal giorno in cui Gregor l’aveva visto combattere contro Ripred, la voce del Flagello si era fatta adulta. Era bassa e profonda e catturava l’attenzione. Sentendola, altri ratti sbucarono da quella specie di deserto e si unirono a quelli già presenti, portando il numero degli spettatori ad alcune centinaia.
— Un attimo del vostro tempo per ringraziarvi — continuò il Flagello. — Per il fatto di essere qui. Al mio fianco. Perché cosa sono io, cosa siamo tutti, se restiamo soli?
I ratti si erano calmati, ormai, e prestavano la massima attenzione al Flagello. Il ratto bianco si abbassò sulle quattro zampe e cominciò a camminare avanti e indietro davanti alla folla. L’atteggiamento era quasi noncurante, il tono distaccato. — So cosa eravamo una volta. I padroni indiscussi del Sottomondo. E so cosa siamo stati negli ultimi tempi. Deboli. Affamati. Malati. In balìa dei nostri nemici. Torturati dagli umani e scherniti da creature che, in passato, non avrebbero neppure osato guardarci negli occhi.
Un mormorio attraversò la massa.
— Non abbiamo mai suscitato simpatia — proseguì il Flagello. — Ma abbiamo sempre suscitato timore. Fino alla morte di Gorger. Quando gli altri hanno smesso di temerci, hanno smesso anche di rispettarci. Vi disturba se i brulicanti ridono mentre svuotano i nostri fiumi da tutto il pesce?
Alcuni ratti urlarono: — Sì!
— Se le tagliole rivendicano territori che occupavamo da secoli? — chiese il Flagello.
— Sì! — Altri ratti si stavano unendo ai primi.
— Se gli umani ci infettano con un germe che distrugge la nostra specie e poi cercano di risolvere la faccenda con qualche cesta di semi? — insisté il Flagello, alzando la voce per la rabbia.
— Sì! — La risposta si era levata dalla maggior parte degli spettatori. Gregor notò l’agitazione dei ratti, la loro irrequietezza, il movimento delle code.
— Quanti di voi hanno perduto dei cuccioli? — chiese il Flagello. — E quanti di voi possono ancora dirsi genitori? Cos’è peggio? Guardarli soffrire e morire alla svelta o vederli morire poco a poco, privati dell’orgoglio, strisciando ai piedi di creature inferiori? È questa la vita che vogliamo per i nostri figli?
Parecchi ratti gridarono: — No! — mentre altri invocavano la morte degli umani.
— Gli umani. Già, gli umani — disse il Flagello con aria disgustata. — Dall’istante in cui sono arrivati, abbiamo capito che il Sottomondo non era grande abbastanza per noi e per loro. E a tempo debito affronteremo anche gli umani. Ma prima ci sono altri di cui dobbiamo occuparci… — Smise di andare su e giù e si piantò proprio davanti alla folla. — Se ci chiediamo chi abbia causato i nostri guai, allora dobbiamo chiederci chi abbia tratto beneficio dalla nostra sofferenza. Chi ha trovato terre fertili in cui nutrirsi? Chi si è moltiplicato mentre noi eravamo sempre di meno? Chi ha cuccioli che sono cresciuti vigorosi mentre i nostri morivano di fame e di malattia? Voi sapete di chi parlo!
Dalla moltitudine si levò un grido: — I piluccatori!
— Sì, i piluccatori! Mio padre era solito scherzare dicendo che l’unico piluccatore buono è un piluccatore morto — disse ironico il Flagello.
Tra il pubblico serpeggiarono risate sgradevoli.
— Ma forse, se avesse impiegato il suo tempo ad agire invece che a scherzare, oggi noi non saremmo qui! — proseguì il Flagello. — Ditemi, se ne siete in grado: perché non un solo cucciolo di piluccatore è morto per il contagio? Perché, quando i rodenti e gli alati e persino gli umani si contorcevano nell’agonia, soltanto i piluccatori si sono mantenuti in buona salute? Ve lo dico io perché. Perché quella peste era la loro peste. Tutti incolpano gli umani. Anche quegli sciocchi incolpano se stessi. Ma il germe da dove è venuto? Doveva pur venire da qualche parte. Gli umani non l’hanno creato nei loro laboratori. Sappiamo tutti dove è nata l’epidemia. Nella giungla. E chi, fino a pochissimo tempo fa, aveva casa nella giungla? I piluccatori. Loro hanno trovato quel germe. L’hanno dato agli umani perché lo trasformassero in un’arma da usare contro di noi. Ma non prima che avessero la cura… loro l’hanno sempre avuta… loro sono sempre rimasti soddisfatti e al sicuro, a guardarci morire!
Tra la folla corse un brontolio perplesso. Gregor aveva la sensazione che quella fosse la prima volta in cui una teoria simile veniva presentata ai ratti.
— Perché mai vi sorprende? — chiese il Flagello, sprezzante. — Non hanno sempre complottato contro di noi? Non si sono alleati con gli umani nel momento stesso in cui Sandwich ha messo piede nel Sottomondo, offrendosi di fargli da spie? Non sono forse, ancora oggi, gli occhi e le orecchie di Regalia? Di tutte le creature che godono per la nostra umiliazione, i piluccatori sono quelli che tollero meno!
Quelle parole furono accolte da un ruggito di assenso. Il Flagello alzò la voce per sovrastare il baccano. — Abbiamo tentato di cacciarli dai nostri territori più e più volte, ma non è mai abbastanza lontano. Stavolta dico di condurli in un posto che non permette ritorno!
I ratti si agitarono.
— Qualcuno di voi esita? Qualcuno di voi crede che si possa trovare un’altra soluzione? Ricordatevi che in passato abbiamo già cercato soluzioni più gentili, e guardate questo dove ci ha portato! — esclamò l’oratore.
Il Flagello si sollevò sulle zampe posteriori in tutta la sua altezza. — È la legge di natura. Il più forte decide il destino del più debole. Siamo noi il debole? Siamo noi il debole?
I ratti spiccarono balzi in aria e urlarono di rimando: — No! No!
— Allora chiamate a raccolta tutte le vostre energie e combattete con me! Abbiamo molti nemici. La battaglia che ci attende è lunga e sanguinosa. Difficile. Ma quando comincerete a vacillare, trovate l’odio dentro di voi e attingete forza da quello. Pensate a come i brulicanti ridono, gli umani sogghignano e i piluccatori ingrassano mentre noi soffriamo la fame, e vedrete se non avete il fegato per quello che ci aspetta!
La folla cominciò a urlare e ad acclamare il Flagello.
— Chiedete che io vi guidi? E io vi guiderò! Ma la forza di un capo sta nella forza di chi lo sostiene. Siete forti, voi? — ringhiò il Flagello.
— Sì!
— Siete con me? — urlò.
— Sì!
— E allora lasciate che i nostri nemici si oppongano come vogliono. Nessuna creatura del Sottomondo potrà fermarci! — Il Flagello piegò la testa all’indietro e lanciò un grido di guerra da far gelare il sangue mentre i ratti sotto di lui andavano in delirio.
Gregor tornò ad accasciarsi contro la parete della grotta, ansante e sbigottito. — Oh, no. — Non era solo la malvagità del discorso del Flagello a sbalordirlo. Era la sua forza di persuasione. “L’ha addestrato Twirltongue” pensò. “Gli ha messo quelle idee in testa. Gli ha insegnato come esprimerle. E adesso lui ci crede.”
I volti di Luxa e Howard erano pallidi e sconvolti. — È un mostro — disse Howard. — Avete sentito le sue parole? Ma è pazzo? Come può incolpare i piluccatori dell’epidemia?
— E gli altri gli hanno creduto — aggiunse Luxa.
— Quasi quasi gli credevo anch’io — commentò Ares. — Faceva sembrare tutto così logico.
— Cosa farà ai piluccatori? — chiese Aurora. — Cosa intende con “condurli in un posto che non permette ritorno”?
— Non lo so. Di sicuro fuori dal Sottomondo — rispose Howard.
— E nei Territori Inesplorati — disse Luxa.
Il frastuono dei ratti cominciò ad attenuarsi.
Boots tirò la manica di Howard. — Ho fame.
Lui le premette rapido il dito sulle labbra. — Shhh. Non dobbiamo farci scoprire, Boots. Come a nascondino, capito?
Entusiasta, Boots fece un gran sorriso e un saltello. — Shhh!
— Shhh! — ripeté Howard.
Ma qualcun altro non fu così facile da zittire. Cartesian aveva continuato ad agitarsi nel sonno indotto dalle medicine. Le parole del Flagello dovevano essere filtrate nei suoi sogni. — No! — gridò. — No!
— Sveglialo, Howard! I ratti sentiranno! — esclamò Luxa.
Howard scosse Cartesian e il topo si alzò a sedere con un sobbalzo di terrore. — Dove sono gli altri? — urlò, girando la testa da una parte all’altra. — Dove sono gli altri?
— No, Cartesian, zitto. Sono al sicuro. Tu sei al sicuro — bisbigliò Howard in tono pressante.
Ma le sue parole non parvero raggiungere il topo. — Dove sono gli altri? — insisté Cartesian.
Gregor si concesse un’unica occhiata dalla parete della grotta. Gli bastò per vedere l’esercito di ratti che si precipitava al galoppo verso di loro. — Hanno sentito! In sella! Via di qui!
Risalirono sui pipistrelli in un attimo. Gregor afferrò Boots perché Howard già faticava a tenere l’agitatissimo Cartesian in groppa a Nike. — Dove sono gli altri! Dove sono gli altri!
I pipistrelli sfrecciarono sulla caverna, ma non avevano idea di dove andare. Non appena furono in aria, i ratti li riconobbero e cominciarono a urlare: — Il Guerriero! La Regina Luxa! — Alcuni ridevano, quasi impazziti all’idea di avere intrappolato così facilmente una preda tanto eccezionale.
— In che direzione? — gridò Ares, volando in cerchio con Thalia e Temp aggrappati alla schiena.
Lungo le pareti, Gregor notò quelli che sembravano imbocchi di gallerie, ma i ratti avevano alzato da terra una nuvola di cenere che riduceva ulteriormente la visibilità. — Ci serve più luce! — disse, pensando di veder comparire il vivido bagliore dei luminosi. Ma non ci fu risposta. — Luminosi! — Girò la testa da una parte all’altra, nel tentativo di individuarli. — Dove sono?
— Spariti! — commentò disgustato Howard. — Sono tornati di corsa nell’Antro di Ade appena siamo usciti dalla grotta!
— Stupidi insetti! — esclamò. Ma cosa si aspettava da loro? Non era certo il genere di situazione che potesse trattenere Fotofinish e Zap. Accese la torcia che aveva alla cintura e fece luce nella caverna.
Sotto di loro, centinaia di ratti frementi di rabbia lanciavano imprecazioni e spiccavano balzi più alti che potevano. Altri si erano separati dal grosso del gruppo e correvano a bloccare le bocche delle gallerie lungo le pareti. Alcune erano già inaccessibili.
— Torniamo all’Antro di Ade? — urlò Gregor.
— No, lì saremmo in trappola! — replicò Luxa.
— Allora scegli una galleria! — le ingiunse Howard. Ormai stava letteralmente tenendo Cartesian inchiodato al dorso di Nike. — Fa’ in fretta!
— Quella alla tua sinistra, Aurora! Prendila! — ordinò Luxa.
I ratti non avevano ancora raggiunto l’entrata della galleria quando i pipistrelli vi fecero irruzione. Ma erano a pochi secondi da lì e tornare indietro non sarebbe più stato possibile. Gregor li sentiva gridare dall’imbocco: ridevano, li schernivano. Ebbe un brutto presentimento.
— Non sembrano troppo preoccupati per la nostra fuga — osservò.
— Può voler dire solo una cosa — ribatté Luxa. — Qualunque creatura si nasconda in questa galleria, ci vuole morti quanto i ratti.
Quelle parole le erano appena uscite di bocca quando Ares lanciò un avvertimento. — Impugnate le armi! Pungiglioni! Impugnate le armi!
I pipistrelli si infilarono in picchiata dentro una caverna enorme. Ad attenderli sul fondo, con le code sollevate e pronte, c’erano due giganteschi scorpioni.