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Il freddo polare svanì di colpo: i finestrini appannati dal fiato congelato, i bocchettoni dell’auto che mi soffiavano aria artica sui piedi.
Nulla esisteva più tranne la foto che avevo davanti agli occhi.
«Finirai per sanguinare.»
La voce di Ryan mi riportò bruscamente alla realtà.
«Jurmain è morto.» Staccai gli incisivi superiori dal labbro inferiore in cui li avevo conficcati.
«Edward Allen?»
«Prima pagina, sezione locale.»
«Cosa è successo?»
«L’hanno trovato ieri in fondo alle scale del seminterrato.» La mia voce suonava apparentemente disinvolta. «Il medico di famiglia ha parlato di un ictus.»
«Autopsia?»
«Qui non se ne parla.»
«Schechter aveva detto che non era in buona salute.»
«Il vecchiaccio poteva reggere un altro paio di giorni.»
Ryan ignorò quell’uscita pessima. «Che altro?»
«L’articolo è praticamente un elogio funebre.»
Lessi qualche passaggio.
«Ex presidente e direttore amministrativo della Jurmain Foods, poi Smiling J. Bla bla bla.
«Nota personalità del settore snack dagli anni Quaranta, fino agli anni Ottanta. Bla bla bla. Morto nella sua casa di Winnetka all’età di ottantun anni. Bla bla bla. Ha ricevuto alcuni riconoscimenti per i servizi resi alla SFA.»
«SFA?»
«Snack Food Association. E un’associazione commerciale internazionale che rappresenta quattrocento società di tutto il mondo.»
«Anche gli umili stuzzichini al formaggio hanno la loro lobby?»
«Secondo l’articolo, gli snack al formaggio sono rappresentati insieme a patatine, tortillas, prodotti ai cereali, pretzel, popcorn, cracker, snack di carne, di mais, alla frutta, cotenna di maiale, arachidi, mix da aperitivo, barrette, muesli, merendine da forno e biscotti.»
«Chi l’avrebbe detto.»
«La fiera annuale si chiama SNAXPO.»
«E come se no?»
Ripresi a leggere. «Jurmain si accostò all’industria alimentare dello snack nel 1946, dopo il servizio militare, assolto nella 79a divisione di fanteria. In seguito...»
«Questo è probabilmente più di quanto mi serva sapere.»
«Maledizione, Ryan. Come lo trovo, adesso, il bastardo che ha fatto quella chiamata?»
«Forse Schechter sa più di quanto ha lasciato intendere.»
«Forse.»
«Dimmi se ti garba. Io do la caccia all’avvocato, mentre tu esamini Lassie. Quando hai finito, tendiamo l’imboscata a Schechter anziché a Jurmain.»
«Se lavora per un grosso studio, non arriveremo mai oltre la reception: quei tizi sono come samurai a guardia del re.»
«Dello shogun.»
«Che cosa?»
«I samurai proteggevano lo shogun. Ma in realtà tu vuoi dire gli hatamoto, i guerrieri di rango più elevato. Solo gli hatamoto entravano nella guardia personale di Sua Maestà.»
«Quello che è.» Cercai di muovere le dita per scaldarle. «Non arriveremo mai a Schechter.»
«Dimentichi il vecchio charme di Ryan.
Ammiccò di nuovo.
«E se fallisce?»
«Mostro il distintivo.» «Hai zero autorità qui.» «Lo mostro molto in fretta.»
Ebbi fortuna. La marina si era tenuta aperta la possibilità di un’identificazione successiva e l’ufficio del coroner aveva ancora a computer la documentazione relativa a Laszlo Tot.
Corcoran e io cominciammo confrontando le radiografie antemortem di Lassie - denti, torace e braccio inferiore destro - con quelle postmortem eseguite all’arrivo in obitorio di 28LUG05. Malgrado i denti mancanti, il danno cranico e le fratture costali, riuscimmo a stabilire con certezza che l’uomo ritrovato nella cava di Thornton era in effetti il militare scomparso.
Forse perché mi ci volle un po’ per digerire la notizia, forse perché 28LUG05, ora, aveva un nome, non domandai - mi limitai ad accettare - il trasferimento dal deposito a una sala autopsia sul retro del complesso.
Al mio arrivo, Lassie era stato ormai disposto sull’acciaio inox, secondo le mie istruzioni. Corcoran era sparito a telefonare al Dipartimento persone scomparse della polizia di Chicago e alle autorità competenti alla base navale. Ryan era andato a stanare Perry Schechter.
Una dopo l’altra, osservai le parti dello scheletro al microscopio.
Ossa degli arti, delle mani, dei piedi. Coste, vertebre, bacino, clavicole, scapole, sterno. Ogni tanto mi stiracchiavo, mi sgranchivo le gambe facendo un giro per la stanza, preparavo mentalmente il discorso che avrei fatto a Cukura Kundze e al signor Tot.
Ryan e Corcoran ricomparvero insieme verso mezzogiorno. Fui contenta di vederli: benché fossi ormai praticamente certa di come era morto Lassie, avevo ancora delle domande che attendevano risposta.
«Descrivimi la cava di Thornton» dissi a Chris.
«È grande.»
«Quanto grande?»
«Molto grande.»
Gli rivolsi il mio famoso Sguardo Gelido. Arrossì.
«Due chilometri e mezzo di lunghezza per ottocento metri di larghezza: una delle cave più estese al mondo. Oltre a produrre pietra o ghiaia o roba simile, è utilizzata per evitare allagamenti del sistema fognario in caso di precipitazioni abbondanti.»
«In che modo?» domandò Ryan.
«È prevista la realizzazione di un piano di controllo chiamato Progetto Tunnel di Profondità. La cava fungerà da bacino di raccolta per ridurre il reflusso di ruscellamenti e acque di scolo dai fiumi della zona nel lago Michigan. Ho letto da qualche parte che il bacino di Thornton fornisce già una capacità di quasi dodici milioni di metri cubi e, secondo le previsioni, si arriverà circa a trenta, quando il sistema sarà completato.»
«Alla faccia della cisterna» commentò Ryan.
«Delle cisterne» lo corresse Corcoran. «Ci sono almeno cinque o sei pozzi, alcuni abbandonati, altri attivi. Il progetto ne sfrutterà inizialmente due.»
Cercai di visualizzare e localizzare il posto nella mia mente. «Parliamo di un’area poco più a est della Halsted e poco più a sud della Tri-State, giusto?»
Christopher annuì. «Un ponte porta alla I-294 e alla I-80 proprio sopra la cava. In quel punto, la 175a Ovest si chiama Brown Derby Road, dal nome di un bar-sala da ballo costruito negli anni Trenta. Il locale ha tutta una sua storia. Nei primi anni Quaranta ci aggiunsero una giostra e un’area picnic e partiti politici, aziende, cominciarono a tenerci i loro picnic annuali. Durante gli anni Cinquanta, la giostra fu smantellata e venne costruito un nuovo bar dall’altra parte della strada. In seguito fu...»
«Ma la cava non è adeguatamente protetta?» Ryan interruppe la lezione di storia.
«Me lo sono chiesto anch’io, così ho riletto il rapporto dell’agente incaricato. Il complesso è recintato e c’è un edificio di sorveglianza in loco, ma Powers aveva trovato un buco nella rete metallica, vicino all’incrocio di Brown Derby e Ridge Roads. A suo giudizio lo squarcio era grande abbastanza da consentire il passaggio di un veicolo. Una volta penetrato nel complesso, Tot potrebbe aver viaggiato o essere stato trasportato per qualche metro sulla strada sterrata che arriva proprio fino al bordo del pozzo occidentale. Lì è stato rinvenuto il corpo.»
«Supponendo che Lassie sia finito in acqua dall’alto, quanto misurerebbe il salto?»
«Forse quattrocento metri.»
«Basterebbe» mormorai.
«Basterebbe per cosa?»
«Guardate qua.» Indicai una serie di frammenti cranici disposti in ordine sparso.
I due uomini si accostarono al tavolo anatomico. Semplificai a beneficio di Ryan.
«Queste ossa formavano la base del cranio di Lassie, la parte che poggia direttamente sulla colonna vertebrale.» Con un dito guantato percorsi una crepa che attraversava vari frammenti con andamento curvilineo. «Questa frattura si estende anteriormente...»
Mi accorsi che rischiavo di scivolare nel gergo.
«... si estende dal dietro all’avanti attraverso le porzioni petrose di entrambe le ossa temporali.» Indicai le due protuberanze oblunghe che racchiudono l’orecchio interno.
«Le estremità delle fratture girano tutto intorno per incontrarsi qui, sulla sella turcica.» Spostai il dito su un rilievo a forma di sella che s’innalzava dalla base del cranio, anteriormente al grande foro occipitale, l’ampia cavità attraverso cui il midollo spinale entra nel cervello.
«È una frattura ad anello completa. Le fratture ad anello possono essere causate da una violenta compressione verso il basso della testa sulla colonna vertebrale...»
«Come in una caduta a capofitto» intervenne Ryan.
«Sì, ma questo tipo di frattura può anche essere prodotto da una brusca trazione della testa verso l’alto, allontanandosi dalla colonna.»
«E però ora ci dirai che Lassie ha fatto un tuffo di testa» insistè Ryan.
«Guardate più da vicino i margini della frattura.» Diedi a ciascuno un frammento.
«Sono inclinati verso l’interno» osservò Corcoran.
«Esatto. La svasatura è diretta internamente perché il cranio è stato forzato in giù, contro la colonna. Se la testa fosse stata strattonata verso l’alto, la svasatura sarebbe diretta esternamente.»
«Ma una caduta» domandò Chris «potrebbe dar conto di un danno maxillo-mandibolare così massiccio?»
«L’impatto della decelerazione improvvisa può strappare la faccia dalla volta cranica.»
«Perciò, Lassie è morto per un tuffo che gli ha schiacciato il cranio sulla colonna.»
«No.»
Entrambi spostarono il peso del corpo in quel modo tipico degli uomini.
«Oltre al trauma cranico, ho trovato fratture costali. È comprensibile: precipitando, Laszlo ha probabilmente urtato una sporgenza o un affioramento di roccia. Ciò che è strano è che le ossa di braccia e gambe siano intatte.»
«Il ragazzo non ha fatto alcun tentativo di frenare la caduta.» Ryan aveva afferrato.
«Una caduta a capofitto non presuppone necessariamente che la vittima sia morta» replicò Corcoran. «Potrebbe essersi buttato. O forse era privo di conoscenza.»
«Giusta osservazione.» Scelsi due coste e l’ulna destra. Andai al microscopio per dissezione, inserii una costa e regolai la messa a fuoco.
Ryan lasciò l’onore a Corcoran.
«La frattura ha i margini frastagliati.» Christopher parlava senza alzare il capo. «Sembra un tipico trauma da impatto. Come dicevi, probabilmente è rimbalzato su una roccia cadendo.»
«Aggiudicato.»
Corcoran lasciò il posto a Ryan. Quando il detective ebbe visto abbastanza, sostituii le coste, regolai nuovamente il fuoco e feci un passo indietro. Chris tornò a guardare.
«Questa frattura sembra molto netta» concesse, «ma non vuol dire: ho visto fratture dai margini nettissimi che sapevo causate dal trauma confusivo.»
«Non hai torto, però apparivano davvero così pulite? Aumenta l’ingrandimento.»
Corcoran eseguì, quindi riposizionò la fonte di luce. Passarono vari secondi, poi: «Quelle sono ciò che penso?».
«Striature» confermai. «Ora guarda la frattura fresca sull’ulna. Non quella vecchia guarita.»
Corcoran cambiò osso e si accostò all’oculare socchiudendo un occhio.
«Lesioni d’arma da taglio?» articolò Ryan sopra le spalle chine del patologo.
Annuii.
Le lampade a fluorescenza ronzavano sopra di noi. Passi attutiti risuonavano nel corridoio.
Alla fine, Corcoran alzò lo sguardo: «Colpo verticale netto sull’ulna, pugnalata nella costa. Il primo è probabilmente difensivo».
Si riferiva al trauma causato quando la vittima alza le mani o le braccia, per parare un attacco inferto con una lama.
«Ho trovato ferite da accoltellamento su almeno quattro coste.»
Tenni l’altra che avevo scelto da mostrare, in modo che i due ne vedessero la porzione anteriore. Una fessura di dieci centimetri correva longitudinalmente lungo la superficie.
Ryan fischiò piano. «Un’arma da paura.»
«Non farti ingannare dalle apparenze» dissi. «Poiché le fratture si propagano secondo la struttura dell’osso, la lunghezza di una crepa non riflette necessariamente le dimensioni della lama che l’ha prodotta. Ma c’è un indicatore.»
Feci osservare un tratto di crepa di circa cinque centimetri. «Al microscopio questa porzione mostra margini molto netti. Ha anche un estremo leggermente squadrato. Insieme, tali caratteristiche suggeriscono l’uso di una lama monotagliente da cinque centimetri.»
Ryan fece per parlare. Alzai una mano.
«Riarticolando la cassa toracica, nessun taglio si estende tra coste adiacenti. Invece, un taglio presente sulla settima destra si allinea perfettamente con un difetto dai bordi squadrati sulla sesta destra. Anche questo andamento fa pensare a una lama a filo singolo.»
«Le stilature sono indice di dentellatura» osservò Corcoran.
Feci di sì con la testa. «Azzarderei pertanto che l’arma aveva una lama a un solo filo, seghettata, da cinque centimetri.»
«Come un grosso coltello da carne» concluse Ryan.
«Tu pensi che Lassie fosse morto quando è caduto nella cava?» chiese Chris.
«Secondo me lo scenario più probabile è che l’abbiano pugnalato a morte e che il suo corpo sia stato gettato di sotto.»
Ucciso.
La parola mi rimbombò nella testa come un tuono sulla spiaggia.
Come l’avrei detto a Cukura Kundze?