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Quando tornai in laboratorio, la giovane Duclos non c’era più: forse la Briel l’aveva reclamata, oppure se n’era andata a casa. Non che me ne importasse granché: avevo tavoli anatomici stracarichi di ossa e un coroner a corto di pazienza.
Naturalmente, fu un pomeriggio di continue interruzioni.
Non feci in tempo a posare la borsa, che apparve Claudel. Ansiosa di riprendere la mia analisi, gli posi qualche domanda, giusto per lasciarlo parlare.
«L’équipe du service d’incendie ha finito alla baita della Keiser.» Si riferiva ai ragazzi della Squadra incendi, il dipartimento della Sezione chimica che ha il compito di stabilire causa e origine dei fuochi sospetti.
«Hanno trovato tracce di accelerante sul tappeto e sul divano.»
Doloso.
«Che cosa è stato usato?»
«Ci stanno ancora lavorando.»
«La Ayers» lo informai «non ha potuto stabilire se la vittima respirasse ancora quando l’incendio è divampato.»
«Non è il mio primo omicidio. La dottoressa Ayers e io abbiamo già discusso dei suoi risultati.»
Be’, fottute congratulazioni. Questo non lo dissi.
Mi accingevo a riprendere l’analisi, quando il mio cellulare vibrò nella tasca del camice. Verificai il nome del chiamante. Perry Schechter. Chi la dura la vince.
Sfortunatamente, l’«informazione confidenziale» dell’avvocato non era la rivelazione in cui speravo. Riordinando le carte di Edward Allen, aveva trovato un appunto scritto a mano: un numero telefonico con prefisso 514. Il messaggio che lo accompagnava era composto da un’unica parola: «Rose».
Chiusa la comunicazione, feci una ricerca «al contrario» sul sito delle Pagine Bianche. Il numero risultava «Non in elenco».
Interpellai un contatto alla SQ. Mi rispose che avrebbe rintracciato l’utente che corrispondeva al numero e mi avrebbe fatto sapere.
Lo fece dieci minuti dopo. Il numero apparteneva a un telefono pubblico della Gare Centrale, in Rue de la Gauchetière Ouest. Grandioso: la stazione centrale di Montréal.
Ma l’informazione di Schechter non era del tutto inutile. Mi rivelava ben due cose.
Primo. La Gare Centrale comprende sia tratte ferroviarie a lunga percorrenza, sia collegamenti a linee metropolitane cittadine e di periferia. Pertanto il mio accusatore poteva essere un pendolare, uno di fuori città o un locale che desiderava l’anonimato. Fantastico, ora sì che avevo una pista!
Secondo: le cabine telefoniche esistevano ancora. Chi l’avrebbe detto?
Erano le 16.15 quando riuscii finalmente a rimettermi al lavoro.
L’idillio non durò.
Mentre aprivo la cartella relativa al figlio minore, Valentin, risate maschili mi spezzarono la concentrazione.
Ryan.
Joe.
Poiché i laboratori di patologia, istologia e antropologia-odontologia sono comunicanti, immaginai che il detective fosse entrato dal fondo e stesse attraversando le varie sale per raggiungere il mio regno.
Nel corso dell’ultima ora, un fruscio di fogli mi aveva segnalato che Joe consultava carte alla sua scrivania, proprio sulla traiettoria di Ryan. Supposi che i due stessero discutendo di carburatori o di punteggi sportivi o condividendo una di quelle battute goliardiche che immancabilmente suscitano la tipica, irritante sghignazzata cospiratoria dei portatori di cromosoma Y.
Il secondo bambino del Lac Saint Jean, forse Valentin Gouvrard, era rappresentato solo da due vertebre, tre ossa lunghe parziali, un calcagno, una manciata di frammenti cranici e tre denti isolati. Ignorando le risate maliziose da spogliatoio che provenivano dalla porta accanto, disposi la piccola, lacunosa raccolta.
Lo stato di conservazione era pessimo. La combinazione di permanenza in acqua e azione delle onde aveva eliminato gran parte dei punti di repere e il danneggiamento aveva reso impossibile una misurazione accurata.
Ma ciò che restava della dentatura mi consentì di confermare la stima dell’età tra i sei e gli otto anni. Ecco perché.
A differenza di squali e alligatori, gli esseri umani dispongono solo di due serie di denti.
I bambini ne possiedono venti. Gli adulti allargano la formazione a trentadue, aggiungendo premolari e denti del giudizio.
La sostituzione avviene così. Verso i sei anni, si uniscono alla dentatura infantile i primi molari permanenti. Verso gli undici o i dodici, gli otto molari da latte lasciano il posto agli otto premolari permanenti. Durante l’adolescenza, fino alla ventina, spuntano altri due molari in fondo a ogni arcata. Inutile descrivere le vicende di incisivi e canini sul davanti: sappiamo tutti come si svolge il caotico passaggio di consegne.
Del bimbo che giaceva in frammenti sul mio tavolo erano stati recuperati il primo molare permanente e il secondo da latte, entrambi dall’emiarcata inferiore destra. Poi c’era il secondo molare da latte superiore destro. Misi da parte i due denti decidui.
Stavo esaminando quello definitivo, quando un’ombra oscurò la mia mano. Alzai gli occhi.
Ryan appariva insolitamente formale, in abito blu con un’impeccabile camicia bianca. La cravatta giallo chiaro aveva un vivace motivo a pois azzurri.
«Che eleganza» dissi.
«Grazie» disse lui. «Udienza in tribunale.»
«È andata bene la tua testimonianza?»
«Li ho stesi.»
«Troppo modesto.» Rimisi il dente nella sua fiala. «Stavi lisciando il mio assistente?»
«Non sono certo che si faccia lisciare.»
«Cioè?»
«Quando ho detto che hai un handicap termico si è messo sulla difensiva, ha risposto che ero scortese.»
Il mio sopracciglio sinistro migrò verso l’alto.
«Era solo una battuta.»
«Forse Joe è di quelli che ritengono che essere scortese sia scortese. E comunque, perché devi commentare le mie capacità di adattamento al clima?»
«Mister Suscettibile stava guardando delle foto di un tunnel sotterraneo o qualcosa del genere. Gli ho chiesto di che si trattava, giusto per fare conversazione, in realtà non me ne fregava niente. Ha parlato di non so che hobby da sciroccati. Io ho detto che deve piacergli il freddo. “È quello che ha pensato anche la dottoressa Brennan” ha detto lui. E io ho detto...»
Alzai una mano per richiedere il silenzio.
Ryan capì l’antifona. «Le cartelle antemortem dei Gouvrard non risolvono la questione?»
Scossi il capo. «Finora il dossier è di scarsa utilità. Mamma soffriva di emicrania, papà di eruzioni cutanee. Il ragazzino più grande si era rotto un braccio, ma quelle ossa mi mancano. Papi si era spaccato un piede. Idem come sopra.»
«Hai trovato qualcosa di non congruo?»
«No. Età e sesso degli adulti corrispondono e lo stesso vale per il tipo di lesioni. La qualità delle ossa è uno schifo, ma coerente con quarant’anni passati sott’acqua. Semplicemente, non c’è nulla che mi permetta di confermare tranquillamente l’identificazione. Novità su Christelle Vìllejoin?»
«Negli ultimi due giorni, Grellier ha sfogliato foto segnaletiche e pensa finalmente di aver riconosciuto il suo compagno di bevute: un teppista che risponde al nome di Red O’Keefe. Alias Bud Keith, alias Sam Caffrey, alias Alex Carling. Tipo creativo: di solito questi vermi mantengono le stesse iniziali, così non devono cambiare le cifre sui fazzolettini ricamati.»
«La sua storia?»
«Un megaperdente. Robetta e nient’altro.»
«È in prigione al momento?»
Scosse la testa. «È a piede libero dal 1997. Ha scontato la sua pena e ora non deve più rendere conto a nessuno. L’ex agente incaricato della libertà vigilata dice che il suo ultimo indirizzo conosciuto era a Lavai. Mentre gli diamo la caccia, riscontrerò il suo lungo elenco di pseudonimi con tutti i nomi emersi nei casi Jurmain e Vìllejoin.»
«Be’, tentar non nuoce» concordai.
«Non ho nient’altro.»
«Hai sentito Claudel, ultimamente?»
«Ci rincorriamo da un po’ senza beccarci.»
Gli dissi dell’accelerante ritrovato allo chalet della Keiser. Probabile incendio doloso.
Ryan aprì la bocca per commentare, o per dar voce a un pensiero.
Poi la richiuse, guardò l’orologio.
«È ora di mettere le sedie sui tavoli e spegnere la luce.»
«Sarebbe a dire?»
«Levo le tende.»
Quella sera mi comprai gamberetti al curry con verdure.
Birdie ingollò i crostacei, ma sputò carote e piselli sul tappetino, avendo cura di leccare via la salsa.
Cercai di leggere un romanzo, ma non riuscivo a concentrarmi: vedevo costantemente Rose Jurmain sola nei boschi, Anne-Isabelle Villejoin sanguinante sul pavimento della cucina, Christelle Villejoin tremante sull’orlo della sua tomba, Marilyn Keiser in fiamme nel suo chalet.
Chiamai Harry, ma non era in casa. Idem per Katy.
Frustrata e irrequieta, decisi di creare una tabella: forse mettendo i fatti nero su bianco, o convertendoli in megabyte, sarebbe emerso un andamento comune.
Aprii un documento nuovo sul mio laptop e impostai tre colonne.
Vi riportai tutte le informazioni che avevamo su ciascuna vittima.
ROSE JURMAIN
Cinquantanove anni, ma sembrava più vecchia. Statunitense (Chicago).
Ricca di nascita, diseredata dal padre, e allontanata dalla famiglia.
Lesbica. Viveva con la compagna, Janice Spitz. Religione?
Soffriva di depressione. Abuso di farmaci e alcol. Eredi?
Venuta in Quebéc per ammirare il fogliame. Auberge des Neiges.
Corpo ritrovato in superficie, scheletrizzato e danneggiato dagli orsi, nei boschi vicino a Sainte Marguerite, trenta mesi dopo la scomparsa. Assenza di traumi scheletrici o cranici perimortem.
ANNE-ISABELLE/CHRISTELLE
Ottantasei e ottantatré anni. Pointe Calumet, Quebéc. Zitelle. Vivevano insieme.
Anne-Isabelle: uccisa a bastonate in casa, massacrata. Christelle: scomparsa lo stesso giorno. Bancomat usato presso uno sportello a est della città, alcune ore dopo l’aggressione. Cattoliche, attive in parrocchia. Niente alcol, né farmaci. Niente auto, né viaggi. Nessun famigliare. Gatti.
Eredi: la Humane Society.
Soffiata di Florian Grellier in seguito all’arresto. Info ottenuta da ignoto in un bar, forse di nome O’Keefe (o un altro dei suoi molti pseudonimi). Christelle viene ritrovata in una fossa di scarsa profondità vicino a Oka, diciotto mesi dopo la scomparsa, scheletrizzata. Le fratture craniche indicano colpi di pala (Anne-Isabelle percossa con un bastone).
MARILYN KEISER
Settantadue anni.
Vedova, viveva sola in un appartamento a Montréal, Boulevard Eduard Montpetit.
Tre matrimoni.
Un figlio e una figlia, Otto e Mona, nell’Alberta. Non avevano contatti.
Un figliastro, Myron Pinsker, di Montréal.
Hippie. Vita sociale attiva.
Ebrea.
Chalet vicino a Memphrémagog. Solo il custode, Lu Castiglioni, sapeva della sua esistenza.
Possedeva e guidava un’auto. Piccoli spostamenti a livello locale.
Veicolo ritrovato alla baita.
Incendio. La presenza di accelerante indica dolosità.
Ritrovata alla baita tre mesi dopo la scomparsa. Corpo decomposto e bruciato.
Autopsia: Ayers. Causa della morte sconosciuta.
Fissai la lista, spremendomi le meningi in attesa di un’idea, di una lampadina che mi si accendesse sopra la testa come nei fumetti.
Niente da fare: nascevano solo domande. Cominciai a buttarle giù.
Le Villejoin erano francofone, Rose Jurmain era statunitense, certamente anglofona. Marilyn Keiser parlava francese o inglese? O tutte e due le lingue?
Le proprietà della Keiser sarebbero andate ai figli, le Villejoin avevano lasciato tutto alla Humane Society. Chi avrebbe tratto vantaggio dalla morte di Rose Jurmain?
La Keiser era ebrea, le Villejoin cattoliche. E Rose?
La Keiser aveva figli, le Villejoin e la Jurmain no. La compagna di Rose, Janice Spitz, aveva discendenti?
Una lesbica americana con problemi di abuso di sostanze. Due zitelle che raramente mettevano piede fuori casa. Una nonna socialmente attiva, con tre matrimoni alle spalle e in rotta con i figli.
Queste donne avevano qualcosa in comune oltre alla morte violenta?
Keiser e Jurmain amavano evadere tornando alla natura. Le Villejoin non lasciavano mai Pointe Calumet.
Keiser e Jurmain avevano grandi famiglie da cui si erano allontanate.
Le Villejoin erano sole al mondo, a parte forse qualche lontano parente nella Beauce.
Le Villejoin erano state percosse. Jurmain e Keiser non avevano subito traumi scheletrici.
Alla Keiser avevano dato fuoco nel suo piccolo chalet, Anne-Isabelle era stata lasciata in casa sua, Christelle sepolta in una buca, la Jurmain si trovava riversa sul terreno.
Cercavamo un legame che non esisteva?
Ricominciai da capo, concentrandomi sugli aspetti comuni.
Tutte le vittime erano di sesso femminile.
Tutte le vittime erano anziane o lo sembravano.
Tutte le vittime erano morte negli ultimi tre anni.
Tranne Anne-Isabelle, tutte le vittime erano state ritrovate in un’area boschiva isolata.
Coincidenze? Non lo credevo.
Stavo spegnendo il computer, quando i vetri di una finestra esplosero nella stanza.
Mi gettai a terra con il cuore in gola.