9

 

A casa, feci venti minuti di yoga, poi un bagno molto caldo.

Immersa tra le bolle fino al mento, valutai il da farsi con Cukura Kundze e il signor Tot. Decisi di andarli a trovare solo dopo aver finito l’esame delle ossa e stabilito senz’ombra di dubbio che 28LUG05 fosse Laszlo. A quel punto, speravo anche di poter spiegare che cosa l’avesse ucciso.

Studiai inoltre una strategia per affrontare Jurmain. Dopo averci riflettuto, optai per una visita a domicilio. Ci sarei andata direttamente dal CCME, all’ora di pranzo: così, forse, avrei colto di sorpresa il vecchio. Che diavolo? Alla peggio mi avrebbe fatto sbattere fuori dal maggiordomo.

L’acqua era ormai tiepida, quando cominciò a suonare il campanello. Uscii dalla vasca, mi infilai jeans e una felpa rossa extralarge. Niente phon, niente trucco. Non è fantastico essere in famiglia?

Tra lo stretching e le bolle, il nodo allo stomaco si era allentato un po’, il mal di testa aveva ceduto.

O forse era stata l’aspirina. Comunque, mi sentivo rilassata.

Niente cadaveri per quella sera. Niente accuse di negligenza professionale.

Niente frecciate a doppio senso di Ryan.

Fortunatamente, a cena saremmo stati in pochi: forse anche quello avrebbe contribuito alla mia ritrovata serenità.

Venivano Andrejs e Brigita, pur senza i genitori, assenti per motivi di salute. Secondo Vecamamma, le emorroidi di Emilija eran cresciute di almeno sei chili durante la notte. L’indisposizione di Gordie, invece, rimaneva avvolta dal mistero.

Regina e Terry avevano il bingo del giovedì sera a St. Ignatius, Ted era di turno per il suo lavoro serale, Bea aveva un compito da consegnare, Allie una lezione. Sulle scuse degli altri non ero informata.

Zio Juris e zia Klara sarebbero stati naturalmente presenti, accompagnati dalla macedonia d’ananas in gelatina, con panna montata senza lattosio.

Nel corso delle mie abluzioni, avevo ponderato i pro e i contro di una chiamata a Ryan. I contro avevano vinto: lui era a casa ormai, con il mio numero nella memoria del telefonino.

Le scampanellate attutite continuarono a più riprese, annunciando l’arrivo dei commensali. Riconobbi le voci dalla cadenza e dal volume.

Al quarto dong, mi giunse attraverso le tavole del pavimento il barrito da contralto di zia Klara. Tutti presenti o giustificati: tempo di socializzare.

Ero in cima alle scale, quando, con mia sorpresa, il campanello suonò ancora. Sentii aprirsi la porta, poi la voce di Gordie.

«Sveiki, Vecamamma.»

« Vai tev iet labak?» Che le prendeva a mia suocera? Gordie era bilingue più o meno come George Bush, perché chiedergli della sua salute in lettone?

«Non potevamo perderci il tuo agnello arrosto» fu la risposta.

Lei disse qualcosa che non afferrai. Gordie rispose. Alle risate seguì una seconda voce maschile.

«Sveiki, Vecamamma.»

No.

«Sveiki, monsieur.»

«Tabarnac, che profumino!»

«Tabarnac, monsieur.» Ora Vecamamma stava quasi flirtando.

Con un sospiro teatrale, scesi ciondolando. Ryan e Gordie venivano lungo il corridoio, entrambi con un sorriso chilometrico stampato in faccia.

Gordie puntò verso di me due dita a mo’ di pistola. «Gli uomini vengono dalla terra, le donne pure. Rassegnatevi.»

«George Carlin.»

Ryan e Gordie si diedero il cinque in aria.

«Ma i vegetariani li mangiano i coniglietti di cioccolato?» disse Gordie.

«Ancora Carlin» rispose Ryan. «Cazzo, quando è morto non ci volevo credere.» Pausa. «Se Dio non avesse voluto che mangiassimo gli animali, perché li avrebbe fatti di carne?»

«Woody Allen?» tirò a indovinare Gordie.

«John Cleese.»

«Andy, amico. Ne sai qualcosa di monologhisti.»

«Avete passato la giornata giocando a “Indovina il comico”?» Ero l’unica a non sbellicarsi.

«Billy Goat!»

«Billy Goat!»

Si batterono un cinque in aria, scombinato, da brilli.

«Basso!»

Sberletta sul palmo.

Quando, nel 1910, ebbe inizio lo sviluppo della rete stradale pubblica di Chicago, gli urbanisti ebbero l’idea di realizzare strade su due o tre livelli. Suona folle? In realtà non lo è. La soluzione era dettata dalla morfologia del territorio e dall’andamento del traffico. Ecco come funzionava.

Molte vie del Loop attraversavano il fiume sotto forma di ponti basculanti, arcate rimovibili azionate da complessi sistemi di contrappesi. I ponti basculanti non disturbano il passaggio delle imbarcazioni, ma richiedono spazio franco sufficiente nei punti di accesso all’acqua.

I binari ferroviari complicavano ulteriormente le cose.

Alcuni correvano lungo il fiume, altri morivano al limitare dell’acqua. E anche le rotaie richiedevano spazio libero sufficiente.

Così, nei punti di attraversamento del corso d’acqua, fu creata una zona di smistamento. Molte strade a più livelli nacquero proprio perché si trovavano in quell’area. L’idea era che il traffico locale utilizzasse il piano superiore, i veicoli commerciali e il traffico di scorrimento viaggiassero sotto.

La più famosa e lunga multidecker è Wacker Drive, che costeggia il lato sud del ramo principale e il lato est del ramo meridionale del fiume Chicago. Un’altra è Michigan Avenue.

La Billy Goat Tavern si trova sul livello inferiore della Michigan. Apparentemente, Gianni e Pinotto avevano fatto un po’ di confusione procedendo verso l’abbeveratoio prescelto, ma alla fine l’avevano trovato.

«Sapevi che Billy Goat ha ispirato lo sketch “Cheezborger-Pepsi” di Belushi al Saturday Night Live?» mi chiese Ryan.

«Sì.» Sorriso finto. «Posso parlarti da sola?»

«Sicuro.»

«Scusaci, per favore» dissi a Gordie.

Senza dargli il tempo di replicare, mi voltai e varcai la soglia del soggiorno. Un suono di passi alle mie spalle mi assicurava che Ryan veniva dietro di me.

«Che ci fai qui?» chiesi in un sussurrato fortissimo.

«Gordie e io abbiamo giocato a racquetball. Poi ci siamo fatti un paio di birre. Quell’uomo è uno spasso.»

«Perché non sei a Montréal?»

«Perché sono a Chicago.»

«Hai capito benissimo. Sto cercando di passare qualche giornata piacevole con la famiglia di Pete.»

«Sono fantastici. Vecamamma è...»

«Lo so, uno spasso. Dovevi andare a casa oggi.»

«L’unico volo che avrei potuto prendere era alle otto di sera. Vecamamma ha detto che ero il benvenuto, che potevo restare finché volevo. Gordie ha proposto il racquetball e un giro sul Loop. Mai stata al Navy Pier?»

«Sì.» I miei molari non eran proprio serrati, ma poco ci mancava.

Ryan alzò le spalle. «Mi pareva una buona idea, così ho deciso di trattenermi un po’.»

«Un po’?»

«Stasera sentirò di nuovo la centrale, per vedere se ci sono state novità. In caso contrario, che diavolo! Sono libero fino a lunedì.»

«Il tuo comportamento è del tutto inopportuno.»

«Non sei la prima che me lo dice.»

«Yo. Andy.» Gordie era in piedi sulla porta. «Bicchiere di vino?»

«Una donna mi ha spinto al bere...» esordì Ryan.

«E non ho mai avuto la cortesia di ringraziarla» concluse Gordie.

«W.C. Fields» dissi io alla stanza vuota.

 

La cena andò come ben potete immaginare.

Quando mi ritirai, alle undici, Gordie e Ryan fumavano sigari e facevano cabaret, con Vecamamma che alzava palette numerate per dare un punteggio alle loro performance.

La mattina dopo scesi alle otto. Ryan era già in cucina e fagocitava toast francesi alla velocità con cui mia suocera glieli sbatteva sul piatto.

Entrambi mi salutarono con un «Bonjour».

Mangiando, raccontai al detective di 28LUG05. In francese. Non mi sentivo pronta a svelare a Vecamamma di aver quasi certamente ritrovato Laszlo Tot e, malgrado i suoi recenti progressi linguistici, ero sicura che le sarebbe stato impossibile decifrare il discorso.

«Credi davvero che sia lui?»

«Tutto torna: età, sesso, razza, altezza, epoca della scomparsa. Quanti maschi bianchi di circa vent’anni sopra il metro e ottanta spariscono in un determinato anno?»

Dalle vicinanze della cucina economica mi giunse uno schiocco spazientito.

«Chi s’è occupato della perizia originale?»

«Corcoran non lo sapeva.»

«Come è morto il ragazzo?»

«Non lo so. Ci sono fratture multiple, ma si potrebbero tutte spiegare con la caduta.»

«Quanto è profonda la cava?»

«Non lo so.»

«Come ci è finito dentro?»

«Non lo so.»

Schiocco spazientito dai fornelli.

Passai all’inglese.

«È delizioso, Vecamamma.»

«Questa sera, arrosto di vitello.»

«Non me lo perderei per niente al mondo.» Versai sciroppo sulla seconda razione che mi aveva depositato nel piatto. «Mi dispiace tanto per le foto.» Per i biscotti era troppo tardi: ne aveva fatti un miliardo da sola il giorno prima.

«Ci rifaremo un altro giorno: tu aiuta Cukura Kundze.»

Tornando al francese, Ryan mi diede la prima brutta notizia della giornata.

«Ricordi la vecchia signora uccisa a bastonate in casa sua un anno e mezzo fa?»

«A Pointe Calumet?»

Annuì. «Anne-Isabelle Villejoin. Aveva ottantasei anni. Viveva con la sorella ottantatreenne, Christelle. Che non fu mai trovata.»

Anche se non ero stata coinvolta nelle indagini, ricordavo il caso. Tutta Montréal era inorridita per la brutalità del crimine e per l’uccisione a sangue freddo di vittime tanto anziane. Non si era lasciato nulla d’intentato per ritrovare Christelle, ma le ricerche erano state del tutto infruttuose.

«Ho ricevuto una chiamata circa un’ora fa» continuò. «Ieri sera un tizio di nome Florian Grellier è stato fermato perché andava a centoquaranta sulla Transcanada. Da un controllo è risultato che monsieur Grellier aveva omesso la formalità di acquistare la Volvo xc90 di cui era alla guida.

«L’uomo si è fatto difendere da un vecchio topo di tribunale di nome Damien Abadi e questo ha annunciato che il suo cliente aveva informazioni su una vecchietta scomparsa. Dopo una trattativa piuttosto animata, in cambio di un “forse” del pubblico ministero, Grellier ha deciso che era suo interesse rivelare quanto sapeva.

«Per farla breve, questa mattina hanno mandato un cane in un campo vicino al Parc d’Oka.»

Oh, no.

«Ha segnalato qualcosa?»

«Ululava come una bestia al macello.»

«I cani da cadavere non ululano. Si siedono.»

«Okay. Fido ha parcheggiato le chiappe sulla neve e ha segnalato che c’era del marcio.»

Vi prego, no. Avevo appena lasciato Montréal. Volevo andare a Charlotte, vedere Katy e Birdie. Non indossare guanti, camminare senza stivali e con la crema solare spalmata sul viso.

«Han fatto il mio nome?»

«Mi è stato detto che Hubert ti avrebbe contattato.»

Jean-Claude Hubert è il coroner capo del Quebéc e, al momento, il mio referente principale per le faccende canadesi. Qualora si fosse dovuto procedere a un’esumazione, sapevo che mi avrebbe voluta a dirigere le operazioni di recupero.

Ryan cambiò argomento. «Cos’hai in programma oggi?»

«Pensavo di finire al CCME. Se lo scheletro della cava è Lassie, farò visita a Cukura Kundze e al signor Tot, darò loro personalmente la notizia. Poi via, a Winnetka, per vedere che cosa riesco a spremere col mio fascino dal vecchio Jurmain.»

«Vuoi compagnia?»

«Oprah è impegnata.»

«Io so essere molto affascinante.» E, giuro, mi strizzò l’occhio.

«Tu e il tuo compagno di bevute non avevate in mente una gita di piacere?» Ormai si andava insinuando in me la certezza che non sarei tornata a Charlotte e ciò mi rendeva scontrosa.

«Il mio volo è alle sei.» Anche Ryan sapeva come sarebbe andata a finire. «Ecco che cosa pensavo. Mentre tu esamini le ossa io cerco di cambiare il tuo biglietto aereo, poi, dopo l’eventuale visita a Cukura Kundze, facciamo calare le braghe a Jurmain e via, dritti all’O’Hare.»

Finita la colazione, chiamai il Bureau du coroner. Non ci eravamo sbagliati.

Maledizione.

Mentre andavo a prendere la macchina, afferrai il «Tribune» dai gradini dell’ingresso.

Ero di umore talmente nero, che permisi a Ryan di guidare. Non ero in vena di conversazione: aprii il giornale, diedi un’occhiata ai titoli.

Ed ebbi la seconda batosta della giornata.