118

Eravamo intrusi.

Se avessi chiamato Harris per nome, e lui mi avesse voluto sparare, la mia voce gli avrebbe fatto capire dove mi trovavo e lui avrebbe potuto abbattermi. Legalmente.

Mi gettai a terra e mi trascinai sul prato con i gomiti, fino a raggiungere il lato della casa, dove ero fuori tiro. Qui, con la schiena alla parete, mi feci strada tra cumuli di rottami e vegetazione incolta, in direzione della porta sul retro.

Reggevo la pistola con entrambe le mani. Usai un piede per aprire la porta. I cardini scricchiolarono mentre entravo in un’anticamera. Mi aspettavo qualche sparo, o un’altra minaccia, ma non udii nulla.

Una luce era accesa al centro della casa. Mi diressi da quella parte. Avanzai seguendo il muro come guida, superando vestiti appesi a ganci alla parete, mucchi di giornali e bottiglie di birra vuote. Clay Harris era uno di quelli che non buttavano mai via niente.

Dall’anticamera si passava a una cucina piccola e stretta. Pentole e padelle erano ammonticchiate sul tavolo e nel lavandino. C’era puzza di rifiuti. Sulla parete in fondo alla stanza si apriva una porta decentrata che dava sulla sala da pranzo.

Girai intorno a una tavolo ingombro di scatoloni pieni di cartellette e altro ciarpame e proseguii verso le travi che incorniciavano l’ingresso del salotto. Sbirciai prima di entrare nell’altra stanza, più grande della cucina.

Clay Harris mi dava le spalle. Aveva ancora la pistola, ma teneva le mani sopra la testa. Di fronte a lui, mio fratello gli puntava la propria arma al torace.

«Tom, che stai facendo?» diceva il padrone di casa. «È stupido. Non dirò niente sulla ragazza.»

Feci il mio ingresso in salotto tenendo la pistola con due mani. «Clay, getta quell’arma», gridai.

Harris si voltò, mi vide e disse: «Merda». Poi buttò la pistola su una poltrona.

Nello stesso istante, Tommy esplose due colpi, uno dopo l’altro.

Harris si portò le mani al petto. Mormorò «Oh, cazzo», prima di cadere sulle ginocchia e infine stramazzare sul pavimento a faccia in giù.

Mi chinai su di lui e gli appoggiai una mano sul collo.

Zero battiti.

«Per l’amor di Dio, Tom. Volevo parlargli

Mio fratello si infilò la pistola alla cintola. «Mi spiace per te. Sul serio.» Cercò i suoi due bossoli, li raccolse e se li mise nella tasca anteriore dei jeans. «Non sempre le cose vanno come si vuole. Volevi parlargli e adesso è morto.»

Mi rialzai e lo affrontai faccia a faccia. «Credi che non sappia cos’è appena successo qui?»

«È stata legittima difesa, Jack. È questa la verità. Ma immagino che non ne sarai mai sicuro. Ho sparato a quel bastardo perché lui stava per sparare a me? O perché stava per tradirmi?» Tommy si stava facendo beffe di me. Spostava il peso da una gamba all’altra e muoveva le mani come i piatti di una bilancia. «Era un pazzo pericoloso con una pistola carica? Oppure stava per dirti che lo avevo assoldato per uccidere Colleen?»

Fissai mio fratello, poi il corpo di Harris. Aveva il segno di un morso tra il pollice e l’indice della mano destra, così brutale da lasciare un’impronta nitida e un livido dove i denti si erano chiusi.

Dal taschino della giacca presi un fazzoletto – lo strumento numero uno di un investigatore – per sollevare il ricevitore.

Composi il 911.

Il sospettato
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