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Se non siete poliziotti in servizio, esaminare la scena di un crimine è un reato. Non si tratta solo di contaminare gli indizi e distruggere la possibilità del pubblico ministero di portare l’accusato in tribunale. Si diventa complici nell’omicidio.
Se fossimo stati sorpresi a farlo, avrei perso la mia licenza e saremmo finiti tutti e quattro in galera.
Detto questo, se c’era un’occasione in cui si rendeva necessario violare la legge, era proprio questa.
«Jack», disse Mo, «per favore, allontanati dalla scena.»
Tornai in corridoio, mentre lei entrava in azione con la sua Nikon.
Scattò foto da ogni angolazione: in grandangolare, da vicino e in dettaglio sulle ferite al petto di Colleen.
Sci prese le impronte alla vittima e a me con un lettore elettronico, mentre con un altro apparecchio Mo-bot registrava le impronte latenti su ogni superficie della stanza. In questo modo non occorreva la polvere per i rilievi.
«Quand’è stata l’ultima volta che hai visto Colleen viva?» mi domandò Justine.
Le risposi che avevamo pranzato insieme il mercoledì precedente, prima che andassi in aeroporto.
«Pranzato e basta?»
«Sì. Pranzato e basta.»
Un’ombra le attraversò gli occhi, come nubi prima di una tempesta. Non mi credeva. E io non avevo l’energia necessaria per convincerla. Ero troppo stanco, impaurito, sofferente e nauseato. Avrei voluto svegliarmi e ritrovarmi ancora in aereo.
Sci stava parlando con Mo. Lui raccoglieva tracce da sotto le unghie della vittima, lei sigillava le buste. Quando Sci sollevò la gonna di Colleen con un tampone in mano, mi voltai da un’altra parte.
Raccontai a Justine che quando avevamo pranzato insieme, mercoledì, Colleen era di buon umore.
«Ha detto che aveva un ragazzo a Dublino e che si stava innamorando...» Mi venne in mente un’altra cosa. Mi voltai di scatto. «Qualcuno vede la sua borsetta?»
«Nessuna borsetta, Jack.»
Mi rivolsi di nuovo a Justine. «È stata portata qui. Qualcuno le ha preso la chiave elettronica del cancello.»
«Probabile. Ti viene in mente una ragione? O qualcuno che avrebbe potuto farlo?»
«Qualcuno la odiava. Oppure odia me. O tutt’e due.»
Justine annuì. «Sci? Mo? Dobbiamo andarcene. Tu ce la fai, Jack?»
«Non sono sicuro.»
«Sei sotto shock», proseguì lei. «Lo siamo tutti. Alla polizia devi dire solo quello che sai.»
Sci e Mo stavano riponendo le loro attrezzature. «Digli che hai fatto una doccia molto lunga», suggerì lui, appoggiandomi una mano su una spalla. «Anzi, un lungo bagno, poi una doccia. Così spieghi meglio il tempo trascorso.»
«Okay.»
«Le uniche impronte che ho trovato sono le tue», annunciò Mo-bot.
«È casa mia, questa.»
«Lo so, Jack. Ma non ci sono altre impronte oltre alle tue. Controlla il registro degli accessi. Lo farei io, ma è meglio se ora ce ne andiamo.»
«Okay. Grazie, Mo.»
Justine mi strinse la mano e disse che mi avrebbe chiamato più tardi. Poi, come se li avessi soltanto sognati, scomparvero tutti e tre e io rimasi solo con Colleen.