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Del Rio diede uno sguardo al King Eddy Saloon, un bar all’interno dell’omonimo vecchio albergo di contrabbandieri, a Skid Row, tra la East 5th e la Los Angeles Street. Era una brutta zona, ma il King Eddy attirava diversi tipi di persone: dai barboni ubriachi ai giovani di belle speranze che abitavano nelle case dietro l’angolo.

L’edificio era grigio, bordato di nero, con le sbarre alle tre finestre intorno alla porta e una saracinesca ben robusta, che lasciava intendere come andassero le cose nel quartiere.

Del Rio entrò seguito da Cruz, come Samuel L. Jackson e John Travolta nella scena in cui fanno il loro ingresso nella tavola calda, in Pulp Fiction.

Il jukebox stava suonando Cold Cold Ground e qualcuno cantava sopra la musica. Il bancone circolare era gremito di gente. Un televisore posto su una grezza mensola di legno era sintonizzato su una partita di basket. Proprio in quel momento i Lakers persero per un punto.

Si levò un gemito collettivo dagli avventori.

Sul lato opposto c’era una fila di tavoli, sotto insegne al neon di marche di birra. A uno di questi, due trans stavano litigando: dal tono e dal volume della discussione, Del Rio pensò che da un momento all’altro sarebbero venute alle mani. Ma, con un po’ di fortuna, lui e Cruz sarebbero usciti prima della rissa.

Del Rio aveva visto una foto del tipo che stavano cercando. Era uno scatto di un paio di anni prima e l’individuo teneva un numero sotto il mento, ma l’investigatore era sicuro che sarebbe riuscito a riconoscerlo, lì nel suo bar preferito.

Scrutò nuche e profili fino ad avvistare un afroamericano con la barba corta seduto al banco. Stava mangiando una delle ciambelle gratis e chiacchierava con l’uomo dello sgabello accanto.

Del Rio attirò l’attenzione del collega e indicò il tipo barbuto con un cenno del mento. Cruz strinse gli occhi, poi annuì.

Rick estrasse la calibro nove e avanzò verso l’afroamericano, che accompagnava la ciambella con una birra. Gli appoggiò la canna della pistola alla spina dorsale e lo sentì irrigidirsi.

L’uomo guardò per un secondo lo specchio dietro il bancone e vide le facce serie dei due uomini alle sue spalle. Alzò le mani e le tenne bene in vista.

«Signor Keyes, venga fuori con me», disse Del Rio.

«Non voglio casini.»

«Allora non faccia cazzate.»

Era Tyson Keyes, autista, figlio di puttana e primo marito di Karen Ricci. Stando al secondo marito della donna, Paul Ricci, era lui che aveva informato Carmelita Gomez che a uccidere il suo cliente era stato un autista. Ma forse aveva fatto di più. Poteva essere stato Tyson Keyes ad ammazzare cinque uomini d’affari che avevano fatto entrare le ragazze nelle loro stanze d’albergo.

Keyes si girò e scese dallo sgabello con molta cautela. «Non è me che cercate.»

L’uomo seduto accanto gli chiese: «Non la finisci la birra?»

«No», rispose Del Rio. «Andiamo.»

Un paio di persone si voltarono, ma si affrettarono a distogliere lo sguardo. Avrebbero detto di non aver visto niente.

Con le mani in alto, l’ex autista di nome Tyson Keyes si fece lentamente largo tra la folla, diretto verso l’uscita, scortato da un reduce di guerra e dall’ex campione californiano dei pesi medi del 2005.

Dietro di loro, Tom Waits cantava la sua canzone più famosa.

Il sospettato
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