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Non aveva per niente l’aspetto dell’assassina. Era intelligente, calma, una donna d’affari di tutto rispetto. La sua dichiarazione sembrava incredibile, nelle parole e nei fatti.

Eppure le credevo.

Non feci nulla per nascondere la mia sorpresa. «Jinx, non puoi venirmi a dire che hai commesso un delitto. Non sono un avvocato e non sono un prete. Se mi chiamassero a deporre, sarei costretto a testimoniare.»

«Non so nemmeno perché te lo sto dicendo. Ma sento che è necessario. Voglio che tu senta la storia da me

Quella situazione non mi piaceva. Conoscevo appena Jinx Poole. Perché voleva confidarsi con me? Per la prima volta mi posi una domanda: era possibile che lei avesse a che fare con i delitti negli alberghi?

«Mio marito era Clark Langston. Nei hai sentito parlare?»

«Proprietario di emittenti televisive negli anni Novanta?»

«Sì, proprio lui.»

A dispetto del mio monito, Jinx cominciò a raccontare. Aveva incontrato Langston vent’anni prima, quando frequentava l’università a Berkeley e faceva la cameriera al Lodge di Pebble Beach.

«Clark aveva una barca, un aereo e case per le vacanze a Napa, Austin e Chamonix. Era affascinante, un tipo alla George Clooney. Ricco, bello e simpatico, sempre circondato da amici. Era magnetico, se capisci cosa intendo. Io ero giovane e mi sono innamorata. Tantissimo.»

Jinx si illuminava nel descrivere quella che aveva creduto sarebbe stata solo una fantastica storia d’amore estiva. Poi Langston le aveva detto di aver portato a termine le pratiche per il divorzio, offrendole un grosso anello di brillanti e, con esso, una gran bella vita.

«Lo sposai in settembre. I miei genitori mi avevano detto di aspettare, ma io avevo diciannove anni e pensavo di sapere tutto. In realtà non sapevo niente. Lasciai gli studi e diventai la moglie di Clark Langston, con tutto quello che comportava.»

Si interruppe. Deglutì ed esitò a continuare il discorso. Dopo qualche secondo, riprese.

«Tempo qualche mese, lui cominciò a umiliarmi in pubblico. Flirtava con altre donne, mi trattava come una serva. Ma in privato era peggio. Beveva dalla mattina alla sera, fino a diventare ubriaco fradicio. Non avevo mai conosciuto un alcolizzato e Clark era uno di quelli violenti. Mi torceva un braccio dietro la schiena, mi sbatteva contro il muro e mi stuprava. Ben presto quello è diventato l’unico tipo di sesso che c’era tra noi. Era così che gli piaceva. Una volta, in cucina, mi ha messo le mani intorno alla gola, mi ha inchiodato al lavandino e mi ha urlato in faccia che non valevo niente. C’era un coltello sullo scolapiatti e d’un tratto me lo sono trovato in mano e l’ho puntato alla schiena di Clark. Non mi ero nemmeno resa conto di averlo preso. È stata la prima volta che ho pensato sul serio di ucciderlo.»

«Hai detto a qualcuno come ti trattava?»

«No. Non potevo parlarne con i suoi amici e non ne avevo più di miei. In ogni caso, nessuno mi avrebbe creduta. E a volte – è questa la parte più assurda – vedevo ancora in lui l’uomo che avevo amato. E che amavo ancora. Immagina un po’.»

«Mi spiace, Jinx. È una storia triste.»

Il cameriere arrivò con i piatti e chiese se volessimo altro. Gli dissi che eravamo a posto. Ma avevo perso l’appetito.

«Eravamo sposati da due anni», proseguì Jinx, «quando siamo stati invitati a un matrimonio in un posto più che esclusivo, il Willow Creek Golf and Country Club. Clark era nel suo ambiente ideale. Fece un brindisi e consegnò alla coppia un’automobile come regalo di nozze. Quando la sposa ballò con lui, le lessi in faccia imbarazzo e paura. Era un’espressione che avevo visto spesso guardandomi allo specchio. Accidenti, credo di averla in questo stesso momento. Capii che anche lei era stata una vittima di mio marito, ma aveva avuto più fortuna: era riuscita ad andarsene. Più tardi, quando stavamo tornando a casa in macchina, Clark si perse. Avevamo un GPS, uno dei primi, ma io non sapevo come farlo funzionare e lui era sbronzo, prendeva le curve a tutta velocità, guidava sul ciglio della strada. Era sera e siamo finiti in aperta campagna. Clark mi ha detto: ’Prendi la cartina, Fluffy. Non sai fare niente?’ Ho preso la cartina dal cruscotto e ho cominciato a dargli le indicazioni per arrivare all’autostrada. A lui è venuta una grande idea: mi ha chiesto di parlare come la voce del GPS. Di farne l’imitazione.»

Annuii.

«C’era un cartello che indicava Whiskeytown Lake. Lui ha detto: ’Whiskeytown, sembra il posto perfetto per me’. Io mi sono messa a parlare come il GPS. ’Svoltare a destra. Tra un. Chilometro. Svoltare a destra. Tra mezzo. Chilometro.’» Jinx si girò verso di me, sembrava piccola, giovane, vulnerabile. «Non ho mai raccontato tutta questa storia a nessuno. Mi spiace, Jack, credo di aver fatto un errore.»

Io ero sicuro che avesse fatto un errore, ma ormai ero con lei su quella strada tutta curve e non riuscivo a vedere oltre l’angolo. Cos’aveva fatto Jinx? Aveva accoltellato il marito? Lo aveva strangolato con una garrota?

A quel punto capii che il mio punto di vista era cambiato.

Volevo sentire la sua storia.

E volevo che lei stesse bene.

Il sospettato
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