17

Il cuore mi rimbombava nelle orecchie mentre mi precipitavo attraverso le porte della clubhouse. Filai diritta nella sala dove gli enormi altoparlanti sparavano una musica assordante. Passai immediatamente in rassegna la sala. Niente Ky!

Su una sedia Flame, con una lama affilata tra le mani, si tagliava il braccio sinistro, sorridendo nel vedere il sangue che colava. Lo raggiunsi di corsa e mi fermai proprio lì davanti, ma era come in trance. Orripilata da quello che stava facendo, trattenni il fiato e cercai di ignorare l’odore metallico di rame.

«Flame!»

Uno schizzo di sangue zampillò dal suo polso sulla mia giacca e gettò la testa indietro con un sibilo estatico.

Lo spintonai sulla spalla. «FLAME!»

Il fratello riaprì di scatto gli occhi color carbone, mi afferrò per i polsi e mi strattonò, scoprendo i denti velati da un acquoso strato di sangue. Poi sui suoi lineamenti riprese piede la coscienza e mi lasciò andare all’istante.

«Mae?!» Fu a metà tra una domanda e un’affermazione e gli occhi scuri si addolcirono appena.

«Dov’è Ky?» gridai, massaggiandomi i polsi doloranti.

Flame si alzò in piedi, senza maglietta ma con il petto completamente tatuato. Distolsi immediatamente lo sguardo da quel torace nudo tempestato di cicatrici – lunghe, rosse, rabbiose, sporgenti – e segni di bruciature, a centinaia, bordate da tessuto cicatriziale.

Bontà divina! Cosa era successo a Flame?

«La sua stanza è la terza a destra.»

Annuii e di nuovo, distolsi gli occhi dal risultato dei suoi atti di autolesionismo e scattai verso la stanza. Battei freneticamente le mani contro il legno scuro scrostato, ma Ky teneva la musica eccessivamente alta.

Troppo impaziente per attendere educatamente una risposta, diedi una spallata alla porta e restai impalata non appena feci irruzione all’interno. Ky era disteso sulla schiena, nudo, con Tiffany che cavalcava la sua lunga erezione. Jules, tutto il corpo esposto, aveva le sue parti private sulla bocca di Ky e intanto succhiava il seno di Tiffany.

Ero finita in una tana di peccatori e edonisti e nessuno di loro si accorse minimamente di me, impietrita e stupita lì davanti. La musica e i loro versi, il leccare e il succhiare del loro congiungimento avevano totalmente coperto il rumore della porta che si apriva.

«Ky!» cercai di gridare sopra quella cacofonia, ma non si fermò.

Individuato lo stereo accanto al letto, corsi lì, quasi inciampando su una sfilza di giocattoli di plastica. Alcuni vibravano e giravano, scattando sul pavimento di legno.

Assicurandomi di non guardare le figure contorte sul letto, picchiai le mani sullo stereo e, dopo diversi colpi, riuscii ad abbassare il volume. Come svegliandosi da un torpore, Tiffany alzò la testa per prima, eppure non interruppe la connessione.

«Mae?» confermò, affannata.

Nel sentire il mio nome, Ky si tolse le gambe aperte di Jules dalla bocca, spingendola da una parte. Con un gridolino, la bionda quasi cadde dal letto. Puntandosi sui gomiti, Ky si asciugò gli umori della ragazza dalle labbra con il braccio.

Subito sul suo viso si disegnò la preoccupazione. «Mae, che succede?» chiese.

Poi spinse Tiffany sulle spalle, bloccandone il movimento e mandandola a sbattere di schiena contro le sbarre di ferro della pediera. A quel punto, comparve la sua dura mascolinità, così mi girai, parlandogli da sopra la spalla.

«È per Styx. Li ha inseguiti da solo, Ky, sono terrorizzata. Erano tantissimi!» dissi in fretta, la mia voce che tradiva il panico.

Il sangue gli defluì dal viso. Saltò giù dal letto e si vestì rapidamente con jeans, maglietta nera e smanicato di pelle.

«Chi ha inseguito, Mae? Fammi capire, forza!»

Saltellò, infilandosi gli stivali. Lo seguii in corridoio. Accelerò mentre batteva il pugno contro le porte delle stanze private dei fratelli. Gridava. «Affari! Muovetevi, subito!»

Si girò di nuovo verso di me. «Mae, parla!»

Viking, AK e Smiler schizzarono fuori dalle loro stanze, strofinandosi gli occhi iniettati di sangue.

«Styx e io siamo usciti a fare un giro. Quando siamo tornati al complesso c’era un grosso veicolo nero parcheggiato accanto al cancello. Un… un…» Serrai gli occhi, cercando di ricordare cosa aveva detto Styx. Poi li riaprii di scatto. «Chevrolet. Un pick-up Chevrolet nero. Mi ha detto di dirti che era pieno di munizioni e che erano… nazi?» Guardai Ky dritto negli occhi. La sua bocca era tirata in una linea sottilissima. «È la parola giusta, Ky? Nazi?»

Annuì e piantò un pugno nel muro. «Cazzo! E c’è andato da solo. Maledetto, stupido coglione!»

I fratelli corsero nella sala tutti insieme. Flame era ancora sulla sedia, la lama ora premuta sulla coscia per incidere tagli profondi. Tendeva il collo pesantemente tatuato di fiamme e sfoggiava una grossa protuberanza dentro i jeans.

Buon Dio, pensai, quel dolore che si autoinfligge lo eccita… sessualmente.

Notando la confusione, Flame si alzò e gli occhi scuri scintillarono a sottintendere pericolo, anzi no, morte. Non c’era altro modo di descriverlo. C’era la morte appostata sotto la superficie. Flame aveva dei demoni che gli tormentavano l’anima.

«Che c’è?» chiese in un profondo tono gutturale.

«Nazi. Styx. Quello stupido bastardo c’è andato da solo» spiegò Ky, conciso.

Flame digrignò i denti e il grosso collo si tese ancora di più, contorto da vene incordate. Quindi ruggì e cominciò a schiaffeggiarsi il petto, con la lama ancora stretta in pugno a ferire la carne già martoriata. Avrei voluto allungare le mani per fermarlo, impedirgli di infliggersi quei tagli, ma era come se ci fosse un’aura impenetrabile intorno a lui, che teneva alla larga il mondo intero.

«Ha detto di chiamarlo per avere la posizione» ricordai. Ky infilò la mano in tasca mentre Tank, Beauty, Letti e Bull fecero la loro comparsa dalla porta principale. Evidentemente erano stati nel cortile. Tank e Bull si precipitarono verso i fratelli; Viking li aggiornò sugli ultimi fatti.

«Porca troia!» imprecò Tank. «Quelle bestie del Klan sono pezzi di merda veri. E intendo proprio pezzi di merda. Il loro Gran Maestro è Johnny Landry. L’uomo peggiore che abbia mai conosciuto; un bastardo, fascista totale, un estremista. È in galera, adesso, ma ha addestrato bene la sua cricca. Nessuna lealtà verso nessuno al di fuori della Supremazia Bianca. Se lo beccano, Prez è morto. Lo scuoieranno vivo per puro divertimento. Oppure lo sfregeranno – è la loro firma. Sono della vecchia scuola.» Tank si strofinò una lunga cicatrice sporgente che correva dal retro del cranio rasato alla parte sinistra della fronte. «Io lo so bene. Quando ho mollato quella vita, mi hanno fatto questo bel regalo d’addio.»

Restai a bocca aperta. Tank era stato un nazi?

Beauty ascoltò con gli occhi lucidi il suo uomo informare gli altri dei metodi preferiti dai neonazisti per uccidere. All’improvviso, soffocai in un singhiozzo, cercando di scacciare l’ondata di nausea che mi ribollì nello stomaco. Immediatamente, Beauty corse da me, mettendomi le braccia intorno alle spalle.

«Shh, Mae, vedrai che sta bene. È Styx. Nessuno spedisce da Ade un uomo testardo come lui senza una guerra infernale. È il Muto degli Hangmen. È invincibile.»

«CAZZO!» gridò Ky.

Impietrii tra le braccia di Beauty. Ky mi guardò dritto negli occhi e la preoccupazione nei suoi si intensificò.

«Il cellulare è morto.» Ky cominciò a camminare davanti a me e mi mise le mani sulle spalle, gli occhi azzurri imploranti. «Dov’è andato? Pensa, Mae. Pensa. Ogni informazione è buona.»

Scossi la testa, il viso inondato di lacrime. «È partito e basta. Verso nord, penso, dietro alla macchina. Aveva un adesivo sul retro. Una sva… ehm, una svas… non mi ricordo il nome!»

«Svastica?» mi spronò Ky con la disperazione che gli infestava lo sguardo.

«Sì, è quello che ha detto Styx, una svastica. Ha detto che li doveva seguire per scoprire dove avevano la loro base. Mi ha detto di cercarti e dirti di chiamarlo subito, così poteva comunicarti la posizione. Ha detto che era l’unica possibilità per arrivare a loro.»

Ky abbassò la testa per il disappunto e Tank fece un passo avanti. «Ky, ordini? Un piano? Sei tu al comando adesso.»

Ky si premette i palmi delle mani sugli occhi e gemette forte. Poi si riscosse e indicò i fratelli. «Viking, AK, Flame, Smiler, in strada. Cercate e individuate tracce, segni di Styx, un cazzo di qualcosa. Chiamatemi, se lo trovate. Altrimenti, ci rivediamo qui tra due ore.» I quattro annuirono e andarono subito alla porta.

«Tank, Bull, chiamate i fratelli che sono andati a casa. Andate dai poliziotti sul libro paga, faccia a faccia. Fateli parlare, quei bastardi. Scoprite se qualcuno di loro sa dove quegli stronzi skinhead possono essere nascosti. Vado in strada anch’io. Ci rivediamo qui tra due ore. E spero che per allora avremo ritrovato Styx, così potrò prenderlo a calci in culo io stesso.»

Ky guardò Beauty e Letti. «Voi due restate con Mae. Styx lo apprezzerà. Probabilmente avrà bisogno di tutte voi.» Mi sentii sprofondare a quelle parole infauste. Ky uscì in fretta senza voltarsi indietro.

Ky pensa che Styx morirà. Mi si indebolirono le ginocchia e quasi crollai sul lungo divano marrone. Mi coprii la bocca con le mani.

«Se c’è qualcuno che può far fuori quegli stronzi, è Styx» cercò di confortarmi Letti. Mi calmò un po’. Dava sempre voce solo a ciò che pensava veramente.

Beauty mi tolse i capelli dal viso. «Stai bene, tesoro?»

Un pensiero mi fece trasalire. «Ucciderà delle persone stanotte» dichiarai.

Beauty scoccò un’occhiata preoccupata a Letti, che si limitò a fare spallucce. Beauty mi prese la mano. «Mae, è la loro vita. Se non uccidono, vengono uccisi.»

Mi accasciai all’indietro, abbattuta. La dura realtà del modo in cui viveva Styx andò a segno… forte. Uccideva. Styx aveva ucciso spesso e in grande quantità. Mi era stato insegnato che uccidere una persona era un peccato mortale: gli assassini andavano dritti all’inferno. Io, però, conoscevo Styx, cioè, il suo lato buono. Pur sapendo che toglieva la vita, non riuscivo a pensare male di lui. Signore mio, voglio lui… solo lui.

Bastò un improvviso flash del suo bel viso per ritrovarmi ardente e quasi incapace di restare seduta diritta. Era così forte e così… crudo. Doveva tornare da me. Doveva farmi sua… in tutti i modi possibili. Era destino che stessimo insieme.

La porta si aprì di colpo, sbattendo contro la parte con un forte boato. Rider entrò barcollando nella sala. Era tutto scarmigliato, la maglietta bianca stropicciata e i jeans spiegazzati. Si accarezzò la mascella gonfia e livida. Non l’avevo mai visto così prima. Mai una volta.

Stava bevendo.

Rider non beveva. Mai.

Balzando in piedi, corsi verso di lui, gli tolsi la mano dal viso e gli sollevai delicatamente il mento. «Rider? Buon Dio! Stai bene? Che ti è successo?»

Rider mi fissò per un momento troppo lungo, poi scostò delicatamente la mia mano. Lo sguardo tetro negli stanchi occhi scuri mi tagliò in due. «Chiedi al tuo uomo.»

«Cosa?» sussurrai con lo stomaco contratto. «È stato Styx?»

«Sì, dolcezza. Mi ha mandato KO dopo aver scambiato due parole quando è venuto a riprendere la tua roba.»

«Ma perché litigate per me?» chiesi, a pezzi. Mi abbracciai da sola, sentivo improvvisamente freddo. «Siete entrambi importanti per me, allora perché…?»

Rider si ricompose; poi si mandò indietro i lunghi capelli con la mano con un piccolo sorriso incredulo sulle labbra. «Lo sai perché, Mae. Non puoi essere così cieca.»

Sgranai gli occhi e la realtà si sedimentò. «Rider, no!» Gli presi la mano. «Ti prego, non dire altro. Non posso ascoltarlo.» Ricacciai giù a forza le lacrime che montavano negli occhi. «Rider… io sto con Styx. Tu sei il mio amico più caro. Non…» Lasciai la frase in sospeso non volendo urtare i suoi sentimenti.

Rider tirò via la mano e tutto il suo corpo si irrigidì. «Sai una cosa, Mae? Forse Lois aveva ragione. Forse sarebbe stato meglio se non fossi mai venuta qui dagli Hangmen. In questo momento, visto come mi sento, vorrei non averti mai conosciuto.»

Indietreggiai, orripilata, incapace di credere alle parole che gli erano appena uscite dalle labbra. Non lo credevo capace di essere cattivo e crudele e mi parve di aver ricevuto una pugnalata in pieno petto.

Le sue parole furono più taglienti di una lama.

«Doc» lo ammonì Letti. «Prez ti farà molto di più di una mascella livida, se ti sente parlare alla sua sgualdrina in quel modo. Anzi, se continui a trattarla così, glielo dirò io stessa.»

Passandomi davanti e ignorando Letti, Rider andò dietro al bancone. Pit fece un passo indietro, chiaramente non voleva mettersi in mezzo. Mi incupii. Non mi ero neanche accorta che quella recluta fosse rimasta qui tutto il tempo. Non capivo perché non fosse fuori con gli altri a cercare Styx.

Preso uno straccio, Rider lo riempì di ghiaccio con la mano sana e se lo premette sulla mandibola. Poi passò in rassegna la sala. Aggrottò la fronte e chiese: «Dove sono tutti?»

Letti si avvicinò al bancone e lo affrontò. «Styx è andato dietro ai nazi da solo. Sono andati a cercarlo.»

Il viso di Rider si fece rosso di rabbia. «Perché cazzo non mi hanno chiamato? Avrebbero dovuto dirmelo. Non ci credo, merda! Sono il Luogotenente, cazzo!»

Letti gli sferrò un pugno contro la spalla ferita. Rider digrignò i denti con un ruggito di dolore.

«Per questo, immagino!» replicò Letti in tono sarcastico. Sorrise e tornò a sedersi sul divano.

Lo sguardo torvo di Rider fulminò prima Letti, poi Beauty, infine me. Un lampo di senso di colpa fece seguito al dolore nei suoi occhi. Girandosi verso lo scaffale dei liquori dietro il bancone lungo e ben rifornito, Rider scelse una bottiglia verde con un alce sopra. Poi tornò barcollando in camera sua senza dire una parola.

Fissai la sua schiena curva e lo guardai andar via, tenendosi la spalla ferita con la mano buona.

Beauty mi prese sottobraccio. «Lascialo stare, Mae. Sta soffrendo un casino adesso. Quel fratello trascorre il novanta percento del tempo sulla sua moto, in strada, ora la spalla lo tiene intrappolato qui nel complesso e la cosa lo sta uccidendo. Anche vederti con Styx pare che lo stia uccidendo. Ma la tua concentrazione dev’essere su Prez. Sei la sua old lady, adesso. Rider la risolverà da solo. Adesso, Mae, metti i calzoni da ragazza grande e vivi la vita che ti spetta. Styx è il Prez della Sede Madre degli Hangmen. Ragazza, devi essere la old lady perfetta per lui.»

Sede Madre? Ancora una volta non avevo idea di cosa stesse dicendo, ma capii che avrei dovuto mostrarmi più forte di come ero stata ultimamente.

Potevo essere più forte.

«Che facciamo adesso?» chiesi con un respiro lento e profondo.

Beauty mi riportò al divano. Ero schiacciata tra lei e Letti. «Aspettiamo» rispose. «Stiamo sedute, aspettiamo e preghiamo che i nostri uomini tornino tutti interi.» Poi aggiunse. «E con il cuore che batte ancora nel petto.»

Passarono più di due ore e i fratelli fecero ritorno uno dopo l’altro. Niente Styx. Ogni volta che la porta principale si apriva, i muscoli dello stomaco mi si contraevano al limite dell’agonia. I polmoni sembravano smettere di respirare e le schiaccianti delusioni si susseguivano a ripetizione ogni volta che il viso che compariva non era quello del mio uomo.

Ormai mancava soltanto Ky. Dentro di me sapevo che, se c’era qualcuno che poteva trovare Styx, quello era lui. Dieci minuti dopo, Ky tornò a mani vuote. Niente Styx.

Fu a quel punto che il mio cuore cedette.

Ky si era precipitato dentro come se fosse inseguito dal diavolo in persona. Esaminò immediatamente la sala, cercando disperatamente con i suoi occhi azzurri il viso di Styx. Quando si rese conto che il suo migliore amico non c’era, un’espressione sconvolta gli contorse i lineamenti cesellati.

Era ovvio. In quel momento Ky concluse che il mio Styx, il mio River, il suo migliore amico – suo fratello – fosse morto.

Nessuno parlava: fratelli e sorelle a malapena si muovevano. Una coltre di silenzio pendeva pesantemente sulla sala mentre ciascuno di loro contemplava l’inevitabile. Il grande orologio della Harley Davidson sopra il bar ticchettava forte, come a suggerirci che il tempo per Styx stava scadendo. Gli Hangmen sedevano su sedie e divani in giro per il locale e fissavano tutti il pavimento… aspettare, solo aspettare. Non potevano fare altro che aspettare.

Ky venne verso di noi e Beauty gli cedette il posto. Attraversò la sala per andarsi a sedere in braccio a Tank, baciandolo sulle labbra mentre si scambiavano un tenero abbraccio. La invidiai, in quel momento. La guardai accarezzare amorevolmente le guance di Tank, premergli le labbra sulla testa. Tank la strinse come se fosse l’unica donna al mondo. Mi resi conto che era così che una coppia innamorata avrebbe dovuto comportarsi. Sarei mai arrivata a essere così con Styx? Forse sì… o forse no.

Il divano di pelle marrone sprofondò quando Ky sedette accanto a me e, con le mie mani strette dalla preoccupazione, afferrai le sue, che erano ugualmente tese.

Sollevai la testa. Ky mi guardò dritto negli occhi e sbottò. «Vi ho separato io.»

Stupita da quella confessione, riuscii solo ad aggrottare debolmente la fronte. Ky smaniava, gli occhi azzurri saettarono tra i fratelli per controllare che nessuno ci ascoltasse, poi tornarono su di me.

«Gli ho detto che non andavi bene per lui. Quando sei arrivata. Gli ho detto che era egoista a volerti. Che non eri tagliata per questa vita. Gli ho suggerito di tenersi Lois e lasciarti stare.» Ky scosse il capo lentamente, contrito. «Sono stato un vero stronzo con lui.»

«Perché?» deglutii a fatica, mentre il dolore per quel suo tradimento mi attanagliava lo stomaco. «Perché gli hai detto una cosa del genere?»

«È la mia famiglia, mio fratello, e io ho allontanato la sua unica occasione di felicità per il bene del club. Cazzo. Aveva già abbastanza rotture di coglioni con il linguaggio. Ho pensato che prendersi una sgualdrina indottrinata da chissà quale setta non avrebbe giovato alla sua reputazione. Cazzo, ci vuole un certo tipo di donna per un Hangmen, figuriamoci per il Prez! Ero sicuro che tu non lo fossi. Styx ha chiesto a Rider di prendersi cura di te… molto malvolentieri.» Ky abbassò la testa, il mento sul petto e gli occhi bassi.

«Lasciarti andare l’ha ucciso.» Ky sollevò le nostre mani unite, premendosele contro la fronte. «Saresti stata sua fin dall’inizio, se non fosse stato per me. E adesso non riesco a non pensare che…e se non ce la fa? E se non torna? In quel caso… cazzo!» Sospirò forte, guardandomi con sofferenza.

«Ti aveva appena trovato dopo un fottio di anni di attesa. Parlava di te tutto il cazzo di tempo, la sgualdrina con gli occhi da lupo. Ha cercato quella recinzione per anni. Mi ha trascinato appresso a lui. Abbiamo perlustrato le foreste intorno ad Austin per ore. Ha smesso di cercarti solo quando siamo andati in guerra contro i messicani. Stava quasi per perdere le speranze. Nonostante gliel’avesse chiesto innumerevoli volte, il suo vecchio non gli aveva mai riferito dove si trovasse quel posto. Sinceramente, i posti in cui molliamo i cadaveri cambiano in continuazione, penso che il suo vecchio neanche se lo ricordasse più. Poi ha raggiunto Ade e stop. Fine delle possibilità di trovarti.»

Il cuore mi faceva molto male.

Styx mi aveva cercato per anni? Era stato spinto a rivedermi, a tornare da quella bambina distrutta dopo un fugace incontro in una notte d’estate? Buon Dio, potrei non rivederlo mai più né sentire più il suo tocco. Non avrei sopportato un tale dolore nel cuore, lo sapevo.

«Mae?» mi incalzò gentilmente Ky.

Feci un profondo respiro. «Avevi le tue ragioni per allontanarci. Sei un buon amico. E vedo che lo ami molto.»

Ky spalancò gli occhi azzurri e sussurrò: «Cazzo, no! Strappami le palle. Spaccami il culo. Non puoi perdonarmi per questa carognata! Saresti stata con lui fin dall’inizio, se non fosse stato per me. Cazzo! Probabilmente Lois non sarebbe neanche morta!»

Non ci fu risposta da parte mia. Non potevo. Ero intorpidita, ammutolita dal terrore che Styx fosse morto. Un’altra persona a cui tenevo… morta.

Le lunghe travi di legno del pavimento gemettero dietro di noi e, da sopra la spalla, vidi Rider fare il suo ingresso. Il viso stanco tradiva il suo sconcerto a trovare tutti immobili e in assoluto silenzio. Poi, come prendendo coscienza del motivo di quel gelo, impallidì. Tutto quello che riuscì a fare fu lasciarsi cadere su uno sgabello. Nonostante le sue divergenze con Styx, pareva sinceramente devastato da ciò che dedusse.

Quando i nostri occhi si incontrarono, la sua espressione mutò lentamente dallo shock alla compassione. «Mi dispiace» mi disse con le labbra. E ciò non fece che lacerarmi ulteriormente il cuore. Erano due uomini buoni. Entrambi occupavano un posto speciale nel mio cuore.

L’orologio ticchettava lentamente, molto lentamente.

Dopo cinquanta infiniti minuti di attesa, l’atmosfera nella sala virò dalla vana speranza a una rassegnata certezza.

Ky lasciò controvoglia la mia mano, intorpidita per aver stretto la sua così forte, e si alzò. Gli Hangmen, Beauty, Letti e io lo guardammo con il fiato sospeso. Tiff e Jules indugiavano nascoste nel vano della porta, a origliare il loro amante.

«Fratelli» cominciò con voce bassa e tirata. «Io…» si interruppe quando il ruggito di un motore risuonò in lontananza. Ky mi guardò negli occhi e scattò verso la porta. Una massa di corpi balzò in piedi. I fratelli sembravano una mandria di bufali che caricava verso l’ingresso. Con mio grande disappunto, le gambe non mi obbedirono, per quanto tentassi di muoverle. Poi Beauty mi prese per mano e mi tirò via dal mio posto. Bastò quello: i muscoli scattarono, la speranza mi travolse e corsi fuori dalla porta attraverso il cortile verso il cancello di metallo chiuso.

Un unico faro si avvicinava e il cuore mi balzò in gola. Chiusi gli occhi e pregai. Buon Dio, ti prego, fa’ che sia Styx. Ti prego, fa’ che sia Styx.

Il rombo del motore si fece più forte e riaprii gli occhi di scatto. Sotto il chiarore delle luci del complesso, comparve una moto. In sella? Era troppo buio per capire chi…

No… a stento riuscivo a credere ai miei occhi.

Styx!

Mi aggrappai al cancello, il metallo freddo sotto le mani, il cuore che batteva sempre più forte man mano che la moto rallentava. Oh, no, qualcosa non andava. I movimenti di Styx erano tutti sbagliati. L’equilibrio! Stava lentamente perdendo il controllo della moto.

«Apri quel cazzo di cancello!» urlò Ky a Pit. Pit corse alla leva e la abbassò di scatto. Tra rumori metallici, quel grosso marchingegno si mise in movimento ma, dopo un forte scossone, si bloccò.

«Ma che cazzo!» gridò Ky, sgusciando attraverso il minimo spazio creatosi tra il cancello e il montante. Pit aprì il pannello elettrico e cominciò ad armeggiare con i cavi, cercando di risolvere il problema. Ky afferrò Styx appena in tempo, quando cadde dalla moto, non più in grado di bilanciare a dovere il suo notevole peso.

Sembrava gravemente ferito.

Prima che crollasse completamente, Ky gli strinse il braccio intorno al petto. Styx aveva gli occhi vitrei e appannati. Appoggiandosi pesantemente all’amico, gli sussurrò qualcosa. Non riuscii a capire cosa, ma Ky annuì verso di me. Styx alzò la testa, guardando dalla mia parte, poi i suoi bellissimi e grandi occhi marroni si posarono su di me.

Scrollandosi di dosso l’aiuto di Ky, cominciò a zoppicare verso di me, i vestiti intrisi di sangue. Tagli e squarci gli deturpavano il viso e i capelli scuri erano quasi neri per tutto il sangue che li ricopriva. Sembrava fosse stato sbranato da un branco di leoni. Ogni centimetro del suo corpo era insanguinato, infangato o ferito.

I fratelli rimasero in silenzio nel vedere il proprio presidente tanto indebolito. Accanto a me, Flame ringhiò, letteralmente, e AK e Viking lo trattennero per le braccia. Da cosa, non lo sapevo.

Corsi lungo le barre del cancello, verso il piccolo passaggio, ma Styx si era diretto dove stavo prima e si accasciò a terra. Con gran difficoltà, cercò di rialzarsi. Usava le barre del cancello per sopperire alla forza che veniva meno e, inginocchiata sull’asfalto di fronte al mio uomo, mi premetti con il petto contro le sbarre, prendendogli il viso tra le mani. Styx, il mio Styx, gravemente ferito ma ancora così bello: grandi occhi marroni, naso perfetto, lineamenti decisi e le guance ruvide di barba. Era così bello… così forte. E aveva un disperato bisogno di me.

«Styx» sussurrai, quando le nostre fronti si toccarono. Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra spaccate. Tirandosi appena indietro, mi accarezzò dolcemente con un dito insanguinato. Non mi importava che quel sangue umido che mi imbrattava la guancia quasi sicuramente non fosse suo. In quel prezioso istante nel tempo, non mi importava cosa avesse fatto a quegli uomini, neanche se li aveva uccisi tutti. Persi parte della mia anima a favore dell’oscurità, quando quei pensieri mi attraversarono la mente, perché se Styx era condannato all’inferno, così lo ero io. Lo avrei seguito in mezzo al fuoco.

Styx schiuse le labbra tumefatte. Stava cercando di parlare. Poi, d’improvviso, spalancò gli occhi come se avesse appena preso coscienza della massa di fratelli che erano proprio dietro di me. Sbatté gli occhi marroni, che furono presi da spasmi incontrollati, e il pomo d’Adamo rimbalzò furiosamente su e giù. Deglutì, cercando disperatamente di allentare la gola, e vidi la sua mandibola irrigidirsi, la tensione montare nella sua espressione persa.

Styx era perso… confuso… sofferente.

Stava facendo di tutto per cercare di parlare. Non ci riusciva, però, e capii che questo lo distruggeva interiormente.

«Shh» sussurrai solo per le sue orecchie. «Non cercare di parlare. Sono qui… sono qui.» Mosse la guancia nella mia mano in cerca di conforto. Sapevo che i suoi muri emotivi sarebbero crollati.

All’improvviso, il cancello si azionò e Ky, che era proprio dietro di noi, fece un cenno a Tank. I due sollevarono Styx di peso e lo portarono nel cortile; tese immediatamente la mano a cercare la mia. Correndogli incontro, la afferrai e, in quel momento, feci voto di non lasciarla andare mai più.

«Portiamolo nel suo appartamento!» ordinò Ky. Entrammo di corsa nella clubhouse e gli occhi sofferenti di Styx non si staccarono un attimo dai miei.

Sarò forte per il mio uomo.

Sarò una perfetta old lady.

Quando ci precipitammo all’interno, Rider balzò giù dallo sgabello e sembrò riprendere coscienza. Ky gli fece un cenno con il mento. «Tocca a te, Doc.»

Per un attimo, mi irrigidii; non ero certa di quale sarebbe stata la sua reazione, ma Rider annuì e scattò a prendere la sua borsa da medico.

Rider avrebbe aiutato Styx e non avrei potuto essergliene più riconoscente.

Quando entrammo nell’appartamento, accesi la luce. Tank e Ky lo adagiarono con cura sul letto, mentre io mi precipitai in bagno, presi il primo asciugamano che trovai e corsi di nuovo verso di loro.

«Tank, fuori» ordinò Ky. Senza esitazione, Tank lasciò la stanza. Ky mi indicò di ripulire Styx. Sapeva che non avrebbe parlato in presenza di Tank.

Puntai un ginocchio sulle lenzuola nere e mi protesi verso Styx, che aveva gli occhi stretti in una stoica sopportazione del dolore.

Scostandogli un ciuffo di capelli dal viso, mi chinai su di lui. «Styx, parlami. Come stai?»

«P-piccola… M-Mae…»

«Sei ferito?» Feci cenno a Ky di aiutarmi a togliergli la giacca di pelle.

«S-salva» sussurrò.

«Cosa, Styx?» chiesi. Ky tirò giù una parte della giacca e io l’altra.

«Sei… salva… adesso…» Nel pronunciare quelle parole, le rughe di preoccupazione che gli avevano alterato il viso scomparvero.

Mi immobilizzai e sentii precipitarmi lo stomaco.

Li aveva uccisi tutti.

«Fottuti pezzi di merda!» imprecò Ky nel vedere la gravità delle ferite. Squarci, squarci profondi lungo entrambe le braccia. Il sangue gli aveva intriso la camicia e, quando sollevai la maglietta inzuppata sopra la testa, Styx digrignò i denti per il dolore.

Mi immobilizzai.

«Cosa… Cosa è questa?» sussurrai, indicando il petto di Styx a Ky.

Ky non rispose. Quando guardai su, notai che era sul punto di esplodere. Avvolgendo l’asciugamano, lo premetti sulla ferita aperta che gli ricopriva la parte superiore del pettorale destro.

Styx strinse gli occhi, quando aumentai la pressione. Ky non si era ancora mosso. «Ky, cosa è questo simbolo? Cosa gli hanno inciso?»

Ky inspirò dal naso. A denti stretti, quasi sputò le parole. «Una svastica. Quei figli di puttana gli hanno inciso UNA CAZZO DI SVASTICA SUL PETTO!» urlò. L’incredulità aveva dato il via a una rabbia incandescente.

La svastica. Il simbolo tanto amato dalla banda dei nazisti.

«Se non sono ancora morti, moriranno stanotte.»

Rider scelse quel momento per entrare. Si era tolto il tutore dalla spalla ferita. Contrasse la mascella, quando mi vide sul letto a prendermi cura di Styx, ma si ricompose in fretta e avanzò.

Aprì la borsa di pelle nera. «Come sta?» chiese.

Mi chinai a togliere l’asciugamano.

Rider annaspò. «Figli di puttana!» ringhiò con le guance arrossate dalla rabbia.

«Rider, aiutalo, ti prego» supplicai.

Styx gemette e tese la mano, battendo il palmo sul materasso. Lo guardai, preoccupata che soffrisse troppo.

Ky interpretò il gesto. «Vuole te, Mae. Ti sta chiamando, vai da lui.»

Quando gli presi la mano nella mia, si rilassò all’istante. Mi chinai e gli sussurrai di stare calmo. Le labbra di Styx ebbero un fremito e un piccolo sorriso si aprì sul suo viso insanguinato.

«Ha bisogno di punti» considerò Rider, teso, gli occhi bruni duri mentre mi guardava confortare Styx.

«E allora mettiglieli, cazzo!» comandò Ky, e quelle parole diedero il calcio d’avvio a Rider.

Styx aveva quindici piccoli squarci, più la recente incisione della svastica che misurava quasi dieci centimetri per lato. Rider trovò anche segni di corda su polsi e caviglie e dedusse che fosse stato legato a una sedia e torturato.

Era stato torturato; eppure, in qualche modo, ne era uscito vivo.

Dopo un’ora di cure, Styx riemerse dallo shock per le ferite. Gli occhi avevano ripreso lucidità e Rider gli aveva somministrato dei medicinali per consentirgli di sopportare il dolore. Era ancora sporco, però, e alcuni dei detriti che Rider gli estrasse mi provocarono conati di vomito.

Carne. Aveva pezzi di carne e frammenti di ossa su tutti i vestiti. Cosa aveva fatto a quegli uomini? Cercai di non pensarci.

«Bisogna levargli di dosso tutta questa merda» decretò Rider. «Non voglio rischiare che le suture si infettino. Le ho coperte con cerotti idrorepellenti. Non sappiamo che cazzo di porcheria c’è nel sangue dei fascisti bastardi.»

«Ci penso io» si offrì Ky. «Non lo sopporterà, ma lo faccio io. Questo cocciuto bastardo odia essere aiutato.» Ky si protese verso Styx che, per protesta, si rifiutò di mettersi seduto.

«Me ne occupo io» mi uscì dalle labbra in un sussurro. Gli occhi stupiti di Ky si fissarono su di me. «Ci penso io a lui. È una mia responsabilità» aggiunsi con crescente sicurezza.

Styx mi strinse la mano con gratitudine o adorazione – non importava quale delle due, ma scoprii di non riuscire a guardarlo direttamente. Il cuore mi rimbombava nel petto al solo pensiero di quello che mi apprestavo a fare. Lo avrei visto nudo… avrei fatto il bagno a Styx. Nella comune era considerato un atto molto sensuale tra uomo e moglie. Fare il bagno insieme era un rito sacro riservato agli amanti.

Eppure eravamo diventati amanti, in un certo modo… perlomeno lo stavamo per diventare. Sarebbe accaduto presto. I nostri corpi e i nostri desideri si bilanciavano alla perfezione. Avevo bisogno di Styx e Styx aveva bisogno di me. Volevo lui e lui voleva me.

«Col cazzo che lo fai tu! Ci pensa Ky» sbottò improvvisamente Rider. Aveva una voce fredda come il ghiaccio.

Styx contrasse il petto, poi si tirò su. Un grugnito di dolore accompagnò quel movimento. Mentre studiavo il suo viso, capii che tutto sarebbe degenerato velocemente, se non fossi intervenuta. Liberai la mano dalla sua e saltai su. Styx ridusse gli occhi marroni a fessura e capii che era il suo modo di dirmi di non andar via con Rider. Rider, però, era il mio migliore amico e, in quel momento, stava soffrendo molto.

Mi avvicinai a Rider e lo presi per un braccio, quindi lo portai in corridoio. Mi chiusi rapidamente la porta dell’appartamento alle spalle.

L’odore di alcol nel suo alito era ancora forte. «Rider, Styx ha bisogno del mio…»

«Non sopporto l’idea di saperti con lui!» mi interruppe. Il tormento era visibile su tutto il suo viso. Gli occhi scuri erano iniettati di sangue e i lunghi capelli erano flosci e in disordine.

Mi sentii sprofondare. Cosa gli avevo fatto?

«Te lo scopi, Mae? Sei la sua puttana, adesso? Voglio dire, non è contro la tua religione e stronzate del genere?»

Barcollai all’indietro per lo shock, sbattendo di schiena contro la parete di cemento con un tonfo sordo. «Come osi?» riuscii a sussurrare. Fissai l’uomo che avevo davanti, un uomo che sicuramente somigliava a Rider, ma che si era trasformato in una versione più amara del mio migliore amico.

Chinandosi in avanti, Rider si mise faccia a faccia con me, e potei leggere nella sua espressione un lampo di tristezza, sotto la rabbia. Mi prese le guance con le mani e deglutii un groppo di nervosismo. «Te lo scopi, Mae? Ti sei data a lui? Questa cosa mi fa impazzire. Non riesco a immaginarti in quel modo con lui. Mi sta uccidendo, cazzo… uccidendo…»

Cercai di allontanarlo, ma non riuscii a spostarlo. «Rider, quello che faccio in privato, non sono affari tuoi.»

«Stai scherzando?» fu un sussurro appena udibile. «Certo che sono affari miei!» Mandò indietro la testa e fece un lungo, profondo respiro. Poi mi guardò negli occhi. «Tu sei mia, Mae. Ti voglio nel mio letto, cazzo, non in quello di Styx. Stiamo bene insieme, Mae. Molto bene. Non farei mai casini con te, non mi scoperei mai nessuna alle tue spalle e…»

«Neanche Styx» lo interruppi.

«Ne sei sicura, dolcezza? Styx non è mica quello che pensi. Si fa le puttane. Beve. Ammazza. Non si è certo guadagnato quella reputazione per niente.»

«È molto diverso con me. E, comunque, anche tu uccidi. Chi vive in una casa di vetro non dovrebbe lanciare sassi!»

«Sì, forse ammazzo anch’io, ma mollerei questo troiaio per te. Lascerei questo club per te. Cambierei. Rigo dritto, se tu lo vuoi.»

Il respiro di Rider si fece rabbioso mentre fissava con desiderio le mie labbra. Si avvicinò e si chinò per sfiorarmi la bocca. Voltai la testa.

Rider gemette, esasperato. «Cosa ci vedi in lui?» Rimasi in silenzio, non capiva, non poteva capire. «Rispondimi, Mae!» ordinò, premendo la fronte contro la mia. «Ti prego…»

«Tutto» dichiarai, tranquilla, e Rider restò senza fiato. «È tutto per me. Ci vedo tutto in lui. Condividiamo qualcosa che nessun altro potrebbe capire.»

Rider arretrò, incredulo, e si passò le mani sul viso. Giuro che gli vidi dell’umidità velargli gli occhi.

«Allora, sai che c’è, Mae? Va’ a prenderti il tuo cazzo di tutto. Se non riesci a vedere la verità con i tuoi occhi, allora resta cieca.» E, con quella nota finale, si precipitò giù per le scale.

Ero stravolta dalla pena; mi cedettero le gambe e scivolai di schiena lungo la parete fino a che mi ritrovai seduta a terra, molle come una bambola di pezza.

Chiusi le braccia intorno alle ginocchia tese e abbassai il capo, quindi lasciai scorrere le lacrime. Come eravamo arrivati a quel punto io e Rider? È il mio migliore amico!

Tuttavia, a ripensare alle ultime settimane, mi sentii stringere il petto. I segnali che cominciavo a piacergli sempre di più c’erano stati tutti: i tocchi, i sorrisi nascosti, le conversazioni sempre più intime… perlomeno da parte sua. Come avevo potuto essere così cieca? Ero stata troppo presa da Styx per notarlo. Dio, ero pazza di Styx dall’età di otto anni!

Avevo avuto occhi sempre e solo per Styx.

Era il mio mondo, il mio tutto. Averlo quasi perso quella notte era servito solo a raddoppiare il mio desiderio per quell’uomo silenzioso.

Aveva bisogno di me. E io di lui.

Volevo l’opportunità di imparare a conoscerlo. Volevo che il nostro viaggio iniziasse davvero.

«Mae?» Alzai la testa e trovai Ky sulla soglia dell’appartamento di Styx, che mi guardava con la fronte aggrottata. «Tutto bene?»

Mi asciugai gli occhi e mi alzai in piedi. «Sì»

«Dov’è Rider?» chiese, sporgendosi per guardare nel corridoio.

«Se n’è andato.»

Ky mi guardò con un eloquente scintillio negli occhi. Mi aspettavo che aggiungesse qualcosa, ma si limitò ad aprire la porta e, con il mento, a farmi cenno di entrare.

Il letto era vuoto.

«Dov’è?» chiesi.

«A lavarsi. Si è sciacquato da solo nella doccia, ma quello stronzo testardo a malapena si regge in piedi. Non vuole aiuto da me. Sta preparando il bagno, adesso. Per evitare di cadere di faccia, suppongo.»

Annuii e feci per raggiungere Styx, ma la mano di Ky mi bloccò. «Ti ha reclamato, sì? Per davvero? Sei sua?»

Voleva la conferma che non facessi soffrire il suo amico, il suo migliore amico.

Gli toccai la mano e confermai con il capo. «Sono sempre stata sua. Non vedrò mai nessun altro. Sarò sempre sua e sua soltanto.»

Con un sospiro di sollievo, Ky imboccò la porta. «Vai bene per lui, adesso lo vedo.» Lo ammise senza voltarsi. Poi, Styx e io fummo lasciati soli nel suo appartamento, senza altro rumore oltre l’acqua che scorreva dal rubinetto nella vasca.

Mi preparai psicologicamente sulla porta del bagno, abbassai la maniglia ed entrai. Mi immobilizzai all’istante. Styx era in piedi al centro della stanza, la schiena ampia rivolta verso di me… nudo. Aveva il capo chino, il corpo afflosciato dalla spossatezza, la pelle pesantemente tatuata, striata da lunghi squarci.

Un calore mi si raccolse tra le gambe, mentre assorbivo ogni centimetro della sua nudità. Quell’uomo era una visione alla quale non ero preparata. Ogni centimetro del suo corpo esponeva muscoli forti e gonfi. Dalla vita ai polpacci, sembrava scolpito da un artista. Era perfetto. Pura. Perfezione. Maschile.

Ebbi l’istinto di allungare la mano per accarezzargli la schiena, per sentire che era reale. Quando abbassai lo sguardo, quasi piagnucolai per l’intensità del mio desiderio. Il suo sedere era costituito da due globi abbronzati e duri come la pietra; le cosce forti erano ricoperte da una sottile peluria scura.

Il mio ventre si contrasse nell’immaginare di inginocchiarmi davanti a lui, baciargli ogni tatuaggio, ogni cicatrice… di prendere in bocca la sua virilità. Non avevo mai praticato quell’atto prima di allora, l’atto del piacere orale, ma avevo osservato diverse donne qui alla clubhouse dedicarvisi con i fratelli. In tutta onestà, mi aveva fatto orrore. In quel momento, però, mentre fissavo la quasi impossibile perfezione di Styx, non desideravo altro che assaporarlo. Per un attimo provai vergogna per quei pensieri peccaminosi, ma la scacciai dalla mente. Il senso di colpa non avrebbe dovuto avere alcun ruolo nell’atto erotico.

Eppure, nell’avanzare, fu proprio il senso di colpa a farmi trasalire. Ero bagnata. Bagnata in mezzo alle cosce… all’interno del mio sesso. La stessa sensazione ardente che avevo provato in precedenza con Styx cominciò a tendersi nel mio corpo. Quando raggiunsi la sua schiena, il calore della sua pelle mi fece rovesciare gli occhi all’indietro, mentre annusavo il suo odore mascolino: cuoio, sapone e lui.

Sollevai una mano e gli posai sulla nuca un dito, che poi feci scorrere delicatamente lungo la sua schiena. Quel tocco gli provocò la pelle d’oca. Con un sibilo sonoro, Styx raddrizzò la testa. Mi guardò da sopra la spalla.

La tensione che aveva circondato i suoi occhi si distese, sostituita da qualcosa di primitivo. Percepii la presa delicata delle sue dita intorno al polso, quando, con uno strattone deciso, mi tirò di fronte a lui. Gli sfiorai le costole e gli accarezzai gli addominali solidi. Le braccia muscolose e interamente tatuate si tesero e si flessero in risposta a quelle attenzioni.

Quando lo colsi a deglutire, portai gli occhi nei suoi. Mi chinai in avanti per posargli un bacio sul segno malvagio che gli avevano inciso nella pelle e Styx gettò indietro la testa, stringendomi la treccia nel pugno. Mi attirò contro la sua pelle lucida.

Con un gemito basso, mi allontanò e mi sfilò con cautela la giacca di pelle dalle spalle. Tirò in dentro le labbra per leccarsi il piercing. Il viso era ormai ripulito dal sangue, restavano solo graffi e un lungo squarcio sulla guancia.

Calò le bretelline della mia canottiera; non mi tolse mai gli occhi di dosso mentre ne spingeva verso il basso la stoffa leggera. Alla carezza dell’aria fredda, i miei capezzoli si tesero all’istante.

Styx dilatò le narici e con le mani rudi e callose mi accarezzò il seno. Una punta di piacere mi scosse in mezzo alle gambe. «Styx!» sussurrai, appoggiandogli le mani sul petto ampio.

Con un rapido strattone, la mia canottiera si strappò e cadde a terra. Prima di rendermene conto, i pantaloni mi scaldavano le caviglie. Le piccole mutandine nere erano l’unica barriera rimasta tra i nostri corpi completamente esposti l’uno all’altro.

Le abili dita di Styx armeggiarono con i laccetti sui fianchi e, in un attimo, quel sottile strato di stoffa si unì al resto dei miei vestiti sulle mattonelle bianche e nere.

Non rimaneva assolutamente niente tra noi.

La mano di Styx mi si posò sulla nuca. Senza dire una parola, mi tirò contro di sé, mi mandò indietro il mento e mi sfiorò per un attimo le labbra con la bocca. La pelle spaccata era ruvida, ma mi sembrò lo stesso perfetta.

Quando ci staccammo, gli passai le mani sul petto, sulle rientranze e le sporgenze del torace solido, poi per tutta la lunghezza dell’erezione turgida.

Quando chiusi la mano intorno alla sua mascolinità, Styx si immobilizzò e io sbarrai gli occhi, faticando a cingerne lo spessore. Sentendomi audace, guardai giù. Deglutii. Mai avevo visto un membro così grande. I discepoli facevano una misera figura in confronto alle dimensioni di Styx. Mentre glielo accarezzavo in su e in giù, rabbrividii nel vederlo così vittima del mio incantesimo. Volevo portarlo dentro di me, sentirlo muoversi dentro di me… fare l’amore per la prima volta nella mia vita.

Provare piacere.

Togliendo la mano, mi tirai indietro, beandomi della sensuale visione del mio uomo. Avevo l’acquolina in bocca, mi dolevano i capezzoli e palpitavo nell’intimo. Pura e vigorosa perfezione maschile; così pericolosa al tatto.

Per distrarmi e tornare in me, mi voltai per chiudere il rubinetto. Stavo per farlo quando, dietro di me, percepii Styx e la sua rigida lunghezza scivolarmi agevolmente tra le cosce. La sua mascolinità si trascinò deliziosamente tra le mie gambe… le sensazioni erano così travolgenti…

Raddrizzandomi e appoggiandomi totalmente con la schiena al suo petto, sollevai le braccia e gliele chiusi dietro la nuca. Styx mi leccò il collo, le mani tiravano e pizzicavano i capezzoli prima di scendere verso il mio sesso, scivolando delicatamente tra le mie pieghe.

«Styx…» gemetti. Le sue dita si muovevano avanti e indietro, toccando un punto che mi inviò ondate su ondate di scariche elettriche sotto la pelle. Persa nell’estasi, mi senti formicolare persino le dita di mani e piedi.

Styx era silenzioso, e l’assenza di parole non fece che intensificare il momento. Le sue dita aumentarono la velocità fino a quando cominciai a contorcermi tra le sue braccia e Styx a spingersi contro la mia schiena. Quello stesso ardore che avevo provato solo un paio di volte in precedenza, cominciò a montare alla base della mia spina dorsale, per poi concentrarsi all’improvviso nel mio sesso e prendere fuoco. Chiusi gli occhi e mi mossi contro la mano di Styx, la cui erezione era stretta da dietro tra le mie cosce.

Una viscida umidità mi colò tra le gambe e il mio respiro divenne ansante.

«Mae» sussurrò Styx e, in modo lento e provocante, rimosse la mano.

Girandomi tra le sue braccia, quasi caddi a terra quando lo vidi infilarsi le dita in bocca. Passava la lingua sui polpastrelli, leccando e assaggiando, prima di farsele scorrere sul labbro inferiore. Tirandole fuori, le spinse delicatamente verso la mia bocca.

«Succhia» ordinò. Con un brivido, in parte di paura e in parte di aspettativa, chinai la testa e chiusi la bocca intorno alle sue dita tese. Gli occhi di Styx fiammeggiarono e la sua erezione mi colpì lo stomaco. Quando lasciai andare le dita, feci un passo indietro e lo guidai verso la grande vasca bianca, ormai piena di acqua bollente.

«Lascia che ti faccia il bagno.»

Gli occhi brillanti di Styx si addolcirono un po’ e lo aiutai a entrare nella vasca. Quando vi fu immerso, si appoggiò di schiena, guardando me… sempre guardando me.

Presi la spugna dall’altra parte della vasca, la immersi nella calda acqua saponata e mi inginocchiai dietro la sua testa. Mentre gli passavo la spugna sui capelli scuri, gemette, poi allungò la mano e mi afferrò per il polso.

«E-entra» mi ordinò, pieno di aspettativa.

Fremetti, quando lo sentii di nuovo gemere. Quasi senza rendermene conto, eravamo faccia a faccia e, prendendomi dietro la nuca, mi piantò un bacio sul naso. Mi staccai appena, confusa da quello strano gesto.

Le sue labbra si contrassero appena in un sorriso.

«Quel cazzo di n-naso mi ucciderà» confessò, roco. «Adesso. Dentro.»

Il suo dolore sembrava svanire in fretta.

Styx ricorse alla forza per tirarmi avanti e, alzandomi su gambe tremanti, scavalcai il bordo della vasca prima di affondare nell’acqua calda.

Ero di fronte a Styx. Nuda. Nella vasca. La mia mente faticava a elaborare quel sogno che si avverava.

Non fece altro che fissarmi finché, prendendo di nuovo la spugna, ripresi a strofinarlo. I muscoli tesi e venati si rilassarono e Styx chiuse gli occhi. Mi accarezzò su e giù i polpacci, poi mi tirò avanti e i nostri corpi umidi aderirono l’uno all’altro. Era così grande e duro rispetto alla mia figura esile e minuta, la sua pelle così abbronzata e scura rispetto al mio incarnato pallido.

Senza esitazione, premetti la bocca sulla sua e subito le nostre lingue iniziarono il loro duello. Le mani di Styx mi si premettero contro la schiena nuda, poi scesero a stringermi il fondoschiena, massaggiandolo con dita ruvide e guidando il mio sesso a strofinarsi contro la sua erezione rigida.

Lo volevo. Desideravo da morire congiungermi a lui.

Quando, però, lo strofinamento sul suo membro turgido mi estorse piacere, fui attanagliata dalla paura e gli afferrai in fretta e furia i capelli per farlo staccare.

«Scopami» mi supplicò, con la disperazione negli occhi. «Scopami, piccola. Scopami piano. Scopami duro, scopami e basta…»

I miei sensi erano ormai preda del terrore. Cercai di battere in ritirata, sfuggirgli… era troppo, ma la presa ferrea di Styx mi tenne lì vicino.

«C-che c’è che non va?» chiese, preoccupato.

Mi sentii sprofondare e abbassai il capo. «Io non so come… soddisfarti.» Distolsi gli occhi per evitare il suo sguardo. «Ho paura di fallire.»

«Piccola?» Styx mi fece cenno di avvicinarmi piegando il dito a uncino. I suoi rabbiosi squarci rossi erano di un rosso acceso, eppure mi sembrava ancora così bello.

Non avevo niente da temere. Era Styx.

Mi spostai leggermente a cavallo delle sue cosce. «Non so come unirmi a te» confessai. «Cioè, non so come si fa senza mettermi nella posizione richiesta nel rito della Condivisione.»

Styx si irrigidì in modo strano, poi gonfiò il petto e mi prese il viso tra i palmi. «Lascia che te lo mostri.» Le sue grandi mani scesero sotto l’acqua per prendermi le cosce e schiacciarmi contro la sua lunghezza. «F-fammi entrare, piccola. Mettimi dentro di te.»

«Ma sei ferito. Sofferente» protestai.

«P-per questo d-devi cavalcarmi tu. Sei tu che scopi m-me, piccola. Non sono così ferito da non volere che quella tua fichetta stretta me lo sprema per b-bene. Sei tu al com-comando.»

Sono io al comando.

«Styx!» gemetti, quando due dita mi si infilarono dentro all’improvviso.

«Fradicia… bagnata… pronta» sussurrò, prima di ritirarle e stendersi nella vasca. «C-cavalcami, Mae.» Le sue mani, però, non lasciarono mai il mio corpo, accarezzandolo, sentendolo, connettendosi con me.

Mi inginocchiai, allungai la mano e allineai il suo membro alla mia fessura con un leggero brivido di attesa. Ero preoccupata di sbagliare qualcosa, preoccupata di fargli ancora più male. Quando però guardai in quei grandi occhi marroni – gli occhi che mi avevano dato conforto per tutta la vita – le mie preoccupazioni si sciolsero. In un’unica, rapida, mossa, mi abbassai e lasciai che mi penetrasse fino in fondo.

Styx digrignò i denti e sul collo gli aumentarono le pulsazioni. Il piacere mi invase ovunque mentre mi appoggiavo al suo torace, attenta a non toccare nessuna ferita fresca.

«Styx… oh, Styx…» mormorai ancora e ancora mentre si spingeva dentro di me. A ogni centimetro, il mio piacere aumentava finché mi fermai, assaporando la sensazione.

«Piccola! Scopami, piccola!» sibilò Styx. Afferrandomi per i polsi, mi portò giù fino a premerci fronte contro fronte.

«Che cosa faccio adesso?» chiesi, leggermente imbarazzata dalla mia inesperienza. Con Styx mi sentivo al sicuro.

«Muovi i fianchi, muovili su e giù.»

Cominciai a muovere i fianchi e l’acqua della vasca minacciò di debordare.

«Mae! Cazzo!»

Il piacere guidò istintivamente le mie azioni e, a ogni spinta, brillanti scintille di godimento mi si accesero dietro le palpebre chiuse.

Con le mani gli accarezzai i muscoli, che si flettevano tra spasmi a ogni oscillamento. Styx cominciò a sollevare il bacino per venirmi incontro, costringendomi a gridare di piacere per una sensazione di pienezza quasi insostenibile. Passarono minuti su minuti, e i nostri movimenti si fecero sempre più frenetici; l’acqua ormai si riversava liberamente fuori dalla vasca, abbattendosi rumorosamente sul pavimento.

«Styx, Styx, Styx… Styx!» gemetti e spalancai gli occhi per fissarli nei suoi. Mi stava guardando, mi guardava sempre. La sua mano scivolò senza sforzo tra le mie gambe e premette il suo dito proprio , in quel punto. Il punto che mi faceva perdere il controllo dei sensi. Il piacere era quasi troppo, ardenti fiammate di desiderio mi laceravano il corpo. Il mio bacino sbatteva più rapido contro quello di Styx, stimolato dalla sincronia dei suoi movimenti e dai suoi grugniti e gemiti erotici. Il suo pollice aumentò il ritmo, la sua erezione sembrò espandersi al limite del sopportabile dentro di me.

Il cuore mi martellava nel petto mentre Styx ruotava i fianchi, gli occhi fissi nei miei. Poi, come lo scoppio di un fulmine, una sensazione indescrivibile prese possesso di tutto il mio corpo e gridai, in estasi. Styx socchiuse le labbra mentre i fianchi spingevano più forte; una volta, due, poi si fermò. I suoi grandi occhi marroni si dilatarono, il suo viso si contorse per un attimo come per uno spasmo di dolore e un fiotto caldo di seme si riversò dentro di me, riempiendo il mio grembo. Mi sembrava quasi di galleggiare nell’aria afosa e ferma di un pomeriggio estivo, mentre il calore dell’acqua ci si chiudeva intorno. Mi accasciai sul suo petto, prosciugata ma appagata come non mai.

Mentre ascoltavo i battiti furiosi nel petto di Styx, sorrisi. Le sue mani forti mi accarezzarono i lunghi capelli bagnati sulla schiena, mentre riscendevamo gentilmente dalle nostre rispettive vette di piacere.

Allora questo era fare l’amore…

Avevo appena fatto l’amore con Styx.

Ed era stato giusto per tutto il tempo.

Siamo sempre stati destinati a stare insieme. È il mio tutto. Tutto il mio mondo…

…Styx è la mia salvezza.