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METÀ DENTRO, METÀ FUORI

Alle diciannove e tredici del 2 ottobre, a soli due giorni dalla fine di quello che tutti consideravano un tour molto proficuo, sul gruppo WhatsApp #SussexRoyalAfrica arrivò un messaggio del team addetto alle comunicazioni. La chat era stata creata perché gli aiutanti di Palazzo fornissero a circa venticinque reporter accreditati informazioni logistiche come gli orari degli autobus e gli itinerari di volo.

«Buonasera a tutti. Per vostra informazione» esordiva il vago messaggio, contenente un link al sito sussexofficial.uk, che i corrispondenti reali non avevano mai sentito nominare. Questo perché fu creato per quel preciso momento: una lettera aperta di Harry, accompagnata dalla querela presentata contro il Mail on Sunday.

«Purtroppo mia moglie è una delle ultime vittime di una stampa scandalistica britannica che conduce campagne contro gli individui senza pensare alle conseguenze. Una campagna spietata che si è inasprita nell’ultimo anno, per tutta la gravidanza e mentre crescevamo nostro figlio» proseguiva la lettera.

«Questa propaganda implacabile ha un costo umano, soprattutto quando è consapevolmente falsa e malevola e, anche se abbiamo continuato a farci animo – come molti di voi potranno confermare –, non riesco a descrivere quanto sia stato doloroso. Nell’era digitale moderna, infatti, le montature giornalistiche vengono spacciate per verità in tutto il mondo. Il giornale di oggi non è più la carta per le patatine di domani (un riferimento al fatto che un tempo, nel Regno Unito, il fish and chips veniva servito in carta da giornale).

«Finora non siamo stati in grado di correggere i continui travisamenti, una cosa che queste testate hanno notato e di cui hanno approfittato ogni giorno e talvolta ogni ora.

«È per tale ragione che ricorreremo alle vie legali, una decisione maturata nel corso di vari mesi.»

La battaglia era iniziata.

La querela allegata, scritta da Meghan, denunciava la violazione della privacy, della protezione dati e del copyright da parte del Mail on Sunday, colpevole di aver pubblicato estratti della lettera privata che la duchessa aveva scritto al padre nell’agosto del 2018.

Pur non facendone menzione quando annunciò la causa legale di Meghan, anche Harry aveva querelato The Sun e The Mirror per le presunte intercettazioni illegittime dei suoi messaggi vocali tra il 2001 e il 2005. Sebbene di solito i reali si rivolgessero agli avvocati di Harbottle & Lewis, Harry e Meghan volevano tenere i loro procedimenti legali separati – e lontani da sguardi indiscreti a Buckingham Palace, i cui funzionari avevano sconsigliato loro di intentare una causa –, perciò ingaggiarono Clintons per lui e Schillings, il principale studio legale britannico nel campo della diffamazione e dei casi legati ai media, per lei.

Gli avvocati della duchessa (tra cui David Sherborne, che in passato aveva rappresentato Diana) erano preparati e stesero una lunga lista di articoli «falsi» e «assurdi» per dimostrare le menzogne incessanti. Molti testi contenevano dettagli errati sulla ristrutturazione di Frogmore, per esempio l’aggiunta di un campo da tennis e di un centro di yoga, la spesa di 500.000 sterline per insonorizzare la casa e di altre 5000 per una vasca da bagno di rame. Nei documenti presentati al tribunale gli avvocati facevano riferimento anche a un articolo che attaccava Meghan per la sua predilezione per gli avocado: «Il legame evidenziato, da una parte, tra il fatto che la persona offesa ama mangiare gli avocado e che preparò un toast all’avocado per un’amica in visita e, dall’altra, le violazioni dei diritti umani, gli omicidi e la devastazione ambientale è l’ennesima correlazione chiaramente infondata e volutamente incendiaria».

I reali che facevano causa agli editori non erano una novità. Nel 1849 il principe Alberto introdusse la law of confidence con un procedimento legale contro un tipografo britannico, colpevole di aver creato copie illegali di incisioni che Sua Altezza aveva realizzato con la regina Vittoria. Nel 1993 la principessa Diana usò questo precedente contro il Sunday Mirror, che aveva pubblicato fotografie di lei mentre si allenava in palestra con body e fuseaux, ottenendo un risarcimento di circa un milione e mezzo di sterline. Persino la regina ricorse alle vie legali, denunciando The Sun per aver pubblicato una copia trapelata del suo discorso di Natale del 1992.

Le cause legali di Harry e Meghan, tuttavia, erano diverse da qualunque altra nella storia del Palazzo. O almeno fu differente l’approccio dei duchi. Di solito – per esempio, quando William aveva querelato la rivista scandalistica francese Closer per aver pubblicato foto di Kate in topless nel 2012 – annunci simili venivano dati tramite la corrispondenza ufficiale con l’e-mail del Palazzo e poi pubblicati su royal.uk, il sito della Royal Family. Ma la nuova mossa non trovò il sostegno di molti membri della Firm, e la coppia dovette gestire la situazione da sola. I rappresentanti della stampa in Africa non si aspettavano di ricevere una notizia così scottante con un messaggio su WhatsApp.

La perplessità dei media derivò anche dal momento che Harry aveva scelto per diramare il comunicato, considerando che il tour era andato molto bene. Ma c’era una ragione per quel tempismo discutibile.

Le modifiche procedurali introdotte alla High Court di Londra il 1º ottobre avrebbero fatto sì che i casi venissero trattati in una divisione con giudici bendisposti verso gli editori. Le fonti confermano che gli avvocati dei Sussex si affrettarono a presentare le querele alla fine di settembre perché finissero in una divisione più orientata alla tutela della privacy. Harry e Meghan «erano entrambi incredibilmente nervosi» afferma una fonte. «Dovevano usare le maniere forti.»

Qualunque fosse il motivo per la scelta di quel momento, Harry voleva che la nota allarmasse molti membri della stampa, compresi quelli che l’avevano seguito in Africa. Il principe disse che era stanco del «gioco» in cui i reali concedevano esclusive ai tabloid in cambio di un po’ di pace e riservatezza. Era anche disgustato dall’ipocrisia degli organi di stampa che un giorno idolatravano Meghan e l’indomani la demolivano.

«La copertura positiva dell’ultima settimana da parte di queste stesse pubblicazioni rivela il doppiopesismo di questo particolare gruppo di giornalisti, che ha insultato [Meghan] quasi ogni giorno negli ultimi nove mesi» scrisse Harry. «Per questi specifici media si tratta di un gioco, a cui ci siamo rifiutati di giocare fin dall’inizio. Sono stato un testimone silenzioso della sua sofferenza per troppo tempo. Tirarci indietro senza fare nulla sarebbe contrario a tutto ciò in cui crediamo.»

Secondo un amico, il principe voleva proteggere sua moglie e la sua famiglia, ma aspirava anche a gettare le basi per media più equi e sinceri. I principi e le principesse non erano gli unici bersagli delle pratiche editoriali disoneste. Uno scandalo riguardante alcune intercettazioni telefoniche aveva scosso l’Inghilterra nel 2011, quando era emerso che i dipendenti di News of the World e di altri giornali britannici di proprietà di Rupert Murdoch avevano ascoltato le caselle di posta vocale private di celebrità, politici e vittime di crimini. Questo metodo illegale di raccolta delle informazioni era sfociato nella chiusura del tabloid – una pubblicazione che esisteva da centosessantotto anni – e in una delle inchieste e dei processi più costosi nella storia della giurisprudenza britannica.

«Secondo Harry, la stampa scandalistica per il mercato di massa nel Regno Unito è un elemento tossico della società britannica, a cui bisogna porre rimedio» dice l’amico del principe.

Nonostante il rischio di essere chiamata sul banco dei testimoni, Meghan era determinata a querelare il Mail on Sunday. Non si stupì quando Thomas Markle annunciò sullo stesso giornale che sarebbe stato disposto a testimoniare contro di lei. In seguito, i documenti legali rivelarono come il Mail on Sunday intendesse fare affidamento sulle prove fornite da Thomas, che pensava di «avere tutto il diritto di raccontare la propria versione dei fatti accaduti tra lui e la figlia, incluso il contenuto della lettera».

Meghan non riconosceva più l’uomo che l’aveva cresciuta. Suo padre passò sei giorni con alcuni registi per girare un documentario di novanta minuti, Thomas Markle: My Story (Thomas Markle: la mia storia). «Dovrebbero darmi un premio per quello che ho passato» dichiarò il settantacinquenne. Harry e Meghan non guardarono il programma, che cercava di dipingere il ritratto di un uomo vessato dai Sussex. «In realtà è vittima del suo stesso comportamento» osservò all’epoca un amico della coppia.

Prima ancora di annunciare le querele, Harry e Meghan provarono a cambiare il modo in cui interagivano con la stampa. Misero in discussione la salda presa che la Royal Rota (il gruppo di giornalisti britannici che decide quale rappresentante dei media del Regno Unito debba presenziare agli impegni reali, a patto che condivida con gli altri tutto il materiale raccolto) aveva sulla loro copertura mediatica. «Per me non ha senso» osservò Meghan quando i funzionari anziani le dissero che, nonostante la sua nazionalità, era fuori questione concedere alla stampa americana il medesimo accesso di cui godevano i giornali britannici. La stessa regola paralizzava anche i media tradizionali e internazionali interessati ai progetti benefici dei Sussex, oltre a costringere la coppia a condividere le foto personali con i giornali britannici, quattro dei quali erano tabloid, anziché postarle in esclusiva sui propri social. A Harry e Meghan non piaceva avere così poco controllo sui propri contenuti personali.

«Sono stanco delle persone che, con il pretesto di scrivere dei nostri impegni, si limitano a criticare i vestiti degli ospiti» confidò Harry a un amico.

L’unico modo per cambiare davvero le cose era cominciare a pagare gli eventi di tasca propria, invece di attingere dal Sovereign Grant. «Certo, se i soldi non fossero un problema» commentò Harry. Era un circolo vizioso. Lui e Meghan non ricevevano una retribuzione e, essendo working members della Royal Family a tempo pieno, non avevano la possibilità di guadagnare.

I Sussex non erano pronti per un passo drastico come abbandonare la monarchia. Decisero invece di assumere tutto il controllo possibile, per esempio usando il nuovo account Instagram per limitare l’accesso dei media a materiale come le immagini di Archie. Trovarono la maniera di aggirare di tanto in tanto la Royal Rota organizzando impegni privati diversi da quelli pubblici. Quando Meghan condivise solo su Instagram e con un’altra testata le fotografie della sua visita alla Luminary Bakery di Londra, una panetteria che offre alle donne indigenti lavori e formazione sui social, gli altri giornali si infuriarono. Per Harry e Meghan fu una piccola vittoria sul «Cartello», come avevano preso a chiamarli scherzosamente.

Irritare le organizzazioni mediatiche più potenti del mondo non fu una scelta priva di rischi. «È una condanna a morte» commentò un membro anziano dello staff di corte, riferendosi alla guerra dei Sussex contro i tabloid. «Non si provoca la stampa britannica.» Il principe aveva sperato che la sua famiglia avrebbe appoggiato la decisione, ma il silenzio era assordante. Pur rispettando in privato la scelta del figlio, Carlo a sua volta dipenderà dal sostegno della stampa quando, un giorno, diventerà re.

«Anche se questa potrebbe essere la via meno sicura, è quella giusta» scrive Harry nella nota originale con cui annunciò l’azione legale di Meghan. «Perché la mia paura più profonda è che la storia si ripeta. Ho visto cosa accade quando qualcuno che amo viene mercificato al punto di non essere più trattato o visto come una persona in carne e ossa. Ho perso mia madre e ora vedo mia moglie cadere vittima delle stesse forze potenti.»

Harry manifestò totalmente le sue emozioni il 15 ottobre, quando quasi scoppiò in lacrime mentre teneva un discorso al pubblico dei WellChild Awards. «L’anno scorso, quando io e mia moglie abbiamo partecipato, sapevamo di aspettare il nostro primo bambino. All’epoca non lo sapeva nessun altro, ma noi sì» disse durante la cerimonia di premiazione, organizzata da questo ente benefico britannico, che aiuta i bambini e i giovani con gravi malattie. «Ricordo di aver stretto forte la mano di Meghan durante la premiazione, mentre entrambi ci chiedevamo come sarebbe stato, un giorno, essere genitori e soprattutto fare il possibile per proteggere e aiutare nostro figlio se fosse nato con difficoltà immediate o si fosse ammalato nel tempo.»

Chinando la testa, dovette fare una pausa di qualche secondo per superare la commozione. Tra gli applausi della folla proseguì: «E ora, come genitore, essere qui e parlare con tutti voi mi emoziona come non avrei mai potuto immaginare prima di diventare padre».

Harry vuole creare un mondo più sicuro per tutti i bambini, compreso il suo. Nel caso di Archie, significa farlo crescere lontano dal particolare tipo di battaglie che il principe ha dovuto affrontare.

La dichiarazione e le cause legali furono solo l’inizio della crociata dei Sussex. Tutto il mondo rimase a bocca aperta il 20 ottobre, quando il network britannico ITV mandò in onda un documentario dei loro viaggi nell’Africa meridionale, dove Harry e Meghan spararono diverse notizie bomba.

«Non basta semplicemente sopravvivere a qualcosa, giusto? Non è questo lo scopo della vita. Bisogna vivere, essere felici. Ce l’ho messa tutta per restare impassibile, ma penso che questo atteggiamento tipicamente britannico possa provocare gravi danni interiori» afferma Meghan in An African Journey. «Non mi sono mai illusa che sarebbe stato facile, ma pensavo che sarebbe stato equo.»

Quando Tom Bradby – conduttore del documentario, annunciatore di ITV e amico della coppia – le domanda come sta, la duchessa risponde: «Grazie per l’interessamento, perché non sono in molti ad avermi chiesto se sto bene».

Gli aiutanti di Palazzo presero il commento come una frecciata alla famiglia per non averla appoggiata abbastanza come nuovo membro della Firm.

«Quindi sarebbe corretto dire che la risposta è: non benissimo?» continua Tom. «È stato davvero così difficile?»

«Sì» conferma Meghan.

Durante lo speciale Harry ammette per la prima volta pubblicamente l’esistenza delle tensioni tra lui e William. «Per colpa di questo ruolo, di questo lavoro e delle pressioni a cui è sottoposta la nostra famiglia, gli scontri sono inevitabili» dichiara. «Ma siamo fratelli, saremo sempre fratelli. Sicuramente al momento ci troviamo su strade diverse, ma io ci sarò sempre per lui e, ne sono certo, lui ci sarà sempre per me. Non ci vediamo più spesso come una volta perché siamo molto impegnati, ma gli voglio molto bene e le voci sono perlopiù infondate. Tutti i fratelli hanno periodi sì e periodi no.»

Il giorno dopo un funzionario al servizio della casa reale rivelò la reazione di William. Diversi media, tra cui la BBC e The Sun, citarono un aiutante di Palazzo secondo cui William era «preoccupato» per suo fratello. Riteneva che i Sussex stessero camminando «su un terreno fragile».

In seguito, una fonte vicina a Harry avrebbe detto: «Sono questi i giochetti da cui la coppia voleva allontanarsi. Anziché contattarli, un collaboratore di William ha riferito alla stampa il suo parere sulla salute mentale di Harry, che ha trovato meschino rivelare pubblicamente un’opinione simile». Un amico del principe aggiunge: «Secondo Harry, William e le persone che lo circondavano erano troppo interessate all’attenzione mediatica».

Molto sensibile e protettivo verso la moglie e il figlio, Harry era stremato dalla situazione particolare in cui si trovava la sua famiglia che, come dice una fonte, «non ha la possibilità di comportarsi come tale». Benché i giochi di potere influenzino qualunque dinamica familiare, si trovano su tutt’altro piano per William, Harry e il resto dei reali.

«Ogni conversazione, ogni problema, ogni dissapore personale, di qualunque cosa si tratti, coinvolge lo staff» spiega la fonte, riferendosi agli aiutanti di Palazzo che inviano e ricevono invariabilmente messaggi tra gli uffici reali. «Si crea un ambiente davvero strano che non permette alle persone di risolvere le questioni da sole.»

Non si poteva negare che la coppia fosse emotivamente esausta, a prescindere dal fatto che se la fossero andata a cercare o che fossero vittime di un meccanismo spietato. «Si sentivano sotto pressione» racconta una fonte. «Avevano la sensazione di essere soli.»

Con tutto quello stress, la loro unica gioia era Archie. Crescendo «alla velocità della luce», all’epoca del tour in Africa aveva già messo due dentini e stava imparando a gattonare. Amava quando i genitori gli leggevano qualcosa e aveva una predilezione per il libro di filastrocche Is Your Mama a Llama? di Deborah Guarino. Come molti neogenitori, Meghan portava volentieri il figlio ad alcuni corsi, come la lezione di musica Happy Clappy a Windsor, dove lo accompagnò da sola a ottobre (le guardie del corpo rimasero fuori). Tutte le mamme e i due papà in aula fecero tanto d’occhi quando la duchessa di Sussex si unì al gruppo con Archie, che andò subito a prendere un tamburello e, secondo Meghan, «se ne innamorò».

Archie fu anche la ragione per cui i Sussex volevano eliminare dalla loro vita alcune di quelle che definivano «forze negative». A mano a mano che l’autunno passava lentamente, decisero che avevano bisogno di lasciare il paese per un po’. Il Natale era alle porte e trascorrerlo a Sandringham, circondati dai membri della Royal Family, era una prospettiva tutt’altro che allettante.

Stabilirono che avrebbero passato la seconda metà di novembre e tutto dicembre in Canada. Pensarono di andare negli Stati Uniti, ma conclusero che un paese del Commonwealth fosse più idoneo. Esistevano molti precedenti di membri della famiglia reale che avevano disertato i tradizionali festeggiamenti a Sandringham. Nel 2012 e nel 2016 i Cambridge avevano festeggiato con i Middleton nel Berkshire. Nel 2017 Zara e Mike Tindall avevano trascorso le vacanze con i parenti di Mike in Australia. Eppure la stampa demolì i Sussex quando fecero la stessa scelta.

Abbattuti e scoraggiati dagli attacchi dei tabloid e dalla mancanza di sostegno da parte della Royal Family, Harry e Meghan partirono per la tenuta da diciotto milioni di dollari canadesi sull’isola di Vancouver che Ben Mulroney li aveva aiutati ad affittare tramite il produttore discografico David Foster. Quest’ultimo era un caro amico del facoltoso investitore che aveva messo in vendita la proprietà e che era disposto ad affittarla alla royal couple per un prezzo di gran lunga inferiore al valore di mercato.

Mille Fleurs – la tenuta vicino a Victoria, nella Columbia britannica –, con le sue due spiagge private su 1,6 ettari di terreno, offrì un rifugio tranquillo alla coppia traumatizzata. La visita di Doria per il Ringraziamento fu molto gradita (benché la stampa abbia insinuato che si fosse licenziata, aveva soltanto preso un breve periodo di ferie).

Per tutto dicembre i Sussex passarono le giornate perlopiù godendosi la pace della loro sistemazione temporanea. Facevano lunghe passeggiate con i cani e, pur avendo una governante e una tata, cucinarono quasi sempre con le loro mani, usando spesso il forno da pizza in cucina. In un paio di occasioni cenarono al ristorante stellato Deep Cove Chalet. Mentre molti dei residenti più ricchi della zona raggiungono il locale in elicottero, loro arrivarono a piedi. Per il resto, non uscirono quasi mai dal complesso.

Lontani dallo staff di corte e dai doveri reali, ebbero la possibilità di riflettere. Pensarono agli eventi che si erano susseguiti dopo le nozze e parlarono di come gettare le basi per un futuro migliore, che prevedesse anche un maggiore impegno verso le loro iniziative umanitarie.

«Non ho bisogno di avere il momento da cinema in cui scendiamo da un’auto e facciamo ciao a cento fotografi prima di entrare in un edificio» confidò Harry a un amico, sfogando le frustrazioni generate dal proprio ruolo. «L’attenzione dovrebbe concentrarsi soltanto sul lavoro che si svolge all’interno. Soffermiamoci su ciò che conta davvero.»

Prima di lasciare il Regno Unito aveva parlato a più riprese con sua nonna, suo padre e alcuni funzionari chiave dell’esigenza impellente di cambiare le cose nella struttura del Palazzo per lui e per sua moglie. Si sentiva insieme sfruttato per la loro popolarità, perseguitato dalla stampa per l’affetto del pubblico verso quel nuovo tipo di royal couple e denigrato tra le mura dell’istituzione perché troppo sensibile e schietto. Lui e Meghan non volevano staccarsi completamente dalla monarchia; piuttosto, volevano trovare un luogo felice al suo interno.

In realtà, speravano di sfruttare la vacanza anche per dare gli ultimi tocchi alla Sussex Royal Foundation da lanciare nel 2020. Come la Royal Foundation, l’ente sarebbe stato un’organizzazione ombrello per tutte le loro attività filantropiche. Occorreva anzitutto creare un sito, SussexRoyal.com. Avevano assunto un team esterno al Palazzo per mantenere il riserbo sui loro progetti. Meghan collaborò con Made by Article, la stessa azienda di progettazione di Toronto che aveva realizzato il popolarissimo The Tig, e con un gruppetto della Sunshine Sachs, il suo team di PR prima che entrasse nella Royal Family.

Si ritagliarono qualche ora da dedicare alle visite degli amici, come Janina Gavankar che, vedendo Archie per la prima volta, fece una foto di lui e dei duchi, poi destinata a diventare la fotografia per i bigliettini di Natale dei Sussex. Anche Isabel May passò un po’ di tempo a Mille Fleurs, dove la conversazione ruotò spesso intorno al futuro dei duchi, perché Harry e Meghan si fidavano dell’opinione sincera della PR.

Con lo scorrere delle settimane i Sussex si resero conto di non poter tornare alla vita di prima. Per quanto difficile fosse stato compiere quella scelta, erano giunti a una conclusione: avrebbero rinunciato al loro ruolo di senior royals e al Sovereign Grant. Guadagnarsi da vivere per finanziare le loro attività benefiche era una prospettiva spaventosa ma emozionante. Erano abituati a realizzare progetti ambiziosi e ad avere un profondo impatto; Harry aveva organizzato i primi Invictus Games in meno di un anno e tutte le iniziative di Meghan avevano battuto ogni record. Ora erano pronti a fare molto di più, rispettando i propri ritmi. Sganciandosi dal loro modello di lavoro corrente, avrebbero avuto anche la possibilità di vivere part-time nel Nordamerica, lontano dai tabloid britannici e dalla negatività dell’istituzione. Perciò valeva la pena tentare.

Nonostante il cambiamento, desideravano continuare a svolgere i loro doveri per la regina. Era l’unica cosa a cui non volevano porre fine, non solo perché Harry ama e rispetta sua nonna, ma anche perché Meghan riteneva di aver fatto molte rinunce per imboccare la strada del servizio alla monarchia. Una volta preso un impegno, non si tirava indietro. Inoltre, a novantatré anni, la sovrana necessitava del sostegno dei membri più giovani per dare la massima spinta alla sua eredità, che i Sussex volevano rappresentare orgogliosamente lavorando per la monarchia nel Regno Unito e in tutto il Commonwealth. Speravano che membri della famiglia come il principe Michael di Kent – che aveva rappresentato formalmente la regina in svariate occasioni all’estero e presenziato a migliaia di impegni reali negli ultimi dieci anni, ma in cambio non riceveva alcuna indennità parlamentare perché si guadagnava da vivere come presidente della sua azienda di consulenza – diventassero un precedente per unire il lavoro privato ai doveri reali.

Sapevano che ci sarebbero stati degli ostacoli, come le discussioni sulla sicurezza, garantita fino ad allora dalla polizia metropolitana per le «persone protette internazionalmente». Ma erano così fiduciosi che, prima di Natale, Harry inviò un’e-mail a sua nonna e a suo padre per informarli che lui e Meghan avevano deciso di cambiare metodo di lavoro, di fare un passo indietro e trascorrere più tempo all’estero. Non scese nel dettaglio, temendo che la notizia potesse trapelare attraverso i membri dello staff. Del resto, scrisse, ne avrebbero discusso di persona.

L’ufficio privato di Carlo fu incaricato di fissare un appuntamento tra i duchi e la regina, che in quel momento era a Sandringham per le feste, non appena i Sussex fossero tornati nel Regno Unito il 6 gennaio 2020. Il soggiorno a Londra sarebbe stato breve, ma Harry confidava che quando fossero rientrati in Canada alla fine della settimana, il nuovo capitolo della loro vita sarebbe potuto iniziare.

Aveva ragione a temere una fuga di notizie. Alcuni dettagli dell’e-mail finirono ben presto nelle mani di un reporter, che alla fine dell’anno cominciò a indagare sull’intenzione della coppia di passare più tempo in Canada. Ma quella era l’ultima delle preoccupazioni di Harry. Nonostante i ripetuti contatti con l’ufficio di suo padre, non riuscì a fissare un incontro con la regina. Sua Maestà, gli dissero, non sarebbe stata libera prima del 29 gennaio. «Aveva la sensazione di essere bloccato» dice una fonte vicina al principe.

Quando il volo Air Canada atterrò a Heathrow di prima mattina, Harry e Meghan accarezzarono l’idea di andare dritti dalla regina. Non volendo avere problemi (arrivando senza preavviso avrebbero irritato lo staff di corte), convocarono invece una riunione del loro team al Frogmore Cottage. Alla presenza di Sara e della segretaria privata Fiona Mcilwham, rivelarono per la prima volta i loro progetti. A prescindere che il loro approccio frettoloso fosse giusto o sbagliato, erano più determinati che mai. «A quel punto ritenevano di aver affrontato l’argomento con i membri della famiglia fin troppe volte nell’ultimo anno, ed erano stanchi di non essere presi sul serio» riferisce una fonte vicina ai Sussex. «Tutti hanno avuto la possibilità di aiutarli, ma nessuno l’ha fatto.»

Poche cose restano segrete tra gli uffici reali, e l’e-mail iniziale di Harry non tardò a finire sulla bocca di quasi tutti gli aiutanti di Palazzo e i membri della famiglia. Temendo di perdere il controllo della situazione, il principe contattò sua nonna per esporle le proprie preoccupazioni e lei propose di scrivere una nota congiunta. I duchi esitarono a coinvolgere gli altri uffici, non sapendo se tutte le persone interessate avrebbero avuto le migliori intenzioni, ma accettarono che gli aiutanti di Palazzo si riunissero l’indomani e trovassero un accordo.

Una volta deciso come muoversi, il giorno seguente Harry e Meghan sfoderarono grandi sorrisi mentre chiacchieravano con i dignitari e assaggiavano i Nanaimo bars – tipici dolcetti canadesi al cioccolato – a un impegno con Janice Charette, alto commissario del Canada nel Regno Unito. Ma mentre ringraziavano Janice e il suo staff per la calorosa accoglienza ricevuta durante il soggiorno in Canada in cuor loro erano entrambi nervosi per ciò che stava per accadere. Avevano già preso visione di una bozza della nota che Buckingham Palace intendeva diramare dopo la loro, e la «freddezza» del tono era un chiaro segno che non tutti approvavano la loro decisione.

A ogni modo, ebbero poco tempo per rimuginare, perché poche ore dopo che ebbero lasciato la Canada House il sito del Sun pubblicò un articolo sulla loro intenzione di restare in Canada. Mancavano i dettagli, ma era evidente che qualcuno all’interno del Palazzo aveva informato il tabloid. Una fonte reale respinse categoricamente le accuse, incolpando invece i Sussex, «perché erano frustrati dall’andamento dei colloqui a Palazzo […] Volevano forzare la decisione, accelerarla il più possibile». Harry e Meghan negarono ogni cosa.

Ora che la notizia era trapelata e che ogni società mediatica importante del pianeta stava contattando il Palazzo per chiedere commenti, era necessario emanare rapidamente un comunicato. L’8 gennaio i Sussex ricorsero a Instagram per dare la notizia al mondo.

«Dopo mesi di riflessione e discussioni interne, quest’anno abbiamo deciso di attuare un cambiamento, cominciando a ritagliarci gradualmente un nuovo ruolo in questa istituzione. Intendiamo rinunciare alla carica di membri senior della famiglia reale e lavorare per diventare indipendenti sul piano finanziario, pur continuando ad assicurare tutto il nostro appoggio a Sua Maestà la regina» dice la nota. «È grazie al vostro incoraggiamento, soprattutto negli ultimi due anni, che ci sentiamo pronti ad affrontare la transizione. Ora abbiamo in programma di dividere il nostro tempo tra il Regno Unito e il Nordamerica, continuando a onorare i nostri doveri verso la regina, il Commonwealth e i nostri patrocini.»

Insieme all’annuncio, lanciarono il loro sito, SussexRoyal.com, che ormai non era più la landing page della loro nuova fondazione, ma una mappa dettagliata del «nuovo modello lavorativo» che speravano di adottare. Il sito spiegava la decisione di essere economicamente autonomi, che non aveva solo lo scopo di dare loro più libertà nel lavoro, ma anche di contrastare l’ingerenza dei tabloid nella loro vita. Se usi i soldi pubblici, sei proprietà pubblica.

SussexRoyal.com colse di sorpresa tutti, persino il loro team delle comunicazioni. Gli aiutanti di Palazzo e i membri della famiglia sapevano che Harry e Meghan volevano fare un passo indietro, ma il sito pubblico, che illustrava i dettagli del loro nuovo modello metà dentro, metà fuori come se fosse cosa fatta, mise la regina in una posizione difficile.

Confusi, i funzionari di Buckingham Palace cestinarono la nota originale e rilasciarono un breve comunicato quindici minuti dopo quello della coppia: «I colloqui con il duca e la duchessa di Sussex sono nella fase iniziale. Comprendiamo il loro desiderio di adottare un approccio diverso, ma si tratta di questioni complicate, che richiedono tempo per essere risolte».

Lo staff di corte, tra cui Edward Young, il segretario privato della regina, era furioso. «Gli uffici privati non amano comportamenti simili» dichiara un funzionario anziano. «Sono profondamente malsani e sgradevoli.»

Ancora più inquietante, tuttavia, fu la reazione della famiglia. «Il fattore sorpresa e la scelta di prendere la regina alla sprovvista hanno gettato nella confusione gli altri royals, che giustamente fanno molta attenzione a queste cose» dichiara un membro anziano del Royal Household. Diversi componenti della famiglia ricordano che la sovrana e il principe Filippo erano entrambi «distrutti».

«La famiglia è molto riservata e, rendendo la notizia di dominio pubblico nonostante i divieti, [i Sussex] hanno ferito la regina» continua la fonte. «Hanno sbagliato a spiegare in una nota ciò che volevano senza prima consultare Sua Maestà. È lei a essere a capo dell’istituzione.»

Il Palazzo si affrettò a verificare che i progetti dei duchi fossero attuabili anche solo dal punto di vista logistico, compresa la richiesta di avere l’«autonomia finanziaria futura per lavorare esternamente». Quel desiderio era ben diverso dalla semplice idea di trascorrere più tempo all’estero presentata all’inizio. Implicava problemi di sicurezza e finanziamento, conseguenze fiscali e visti da ottenere. Come avrebbero potuto i Sussex avviare legalmente iniziative commerciali e continuare a rappresentare la regina? «È stata una brutta gatta da pelare» osservò esasperato un aiutante di Palazzo.

Persino una fonte vicina alla coppia ammette che, pur avendo riflettuto a lungo su questo enorme cambiamento, Harry e Meghan sapevano anche essere «impazienti e impulsivi».

«Sono irruenti, in un certo senso» dice la fonte. «Le reazioni nei singoli momenti non sono sicuramente le stesse che si osservano un mese o qualche settimana dopo.»

La regina mantenne la calma. Nonostante la tristezza al pensiero di perdere i Sussex come working royals, capì che una totale separazione dalla monarchia era necessaria. Nessuno deve essere costretto a fare ciò che non vuole. Ma se Harry pensava che l’annuncio pubblico avrebbe permesso loro di ottenere esattamente ciò che volevano «si sbagliava di grosso», afferma un funzionario anziano. «La regina comprendeva le difficoltà che stavano affrontando, ma non si fanno strappi alla regola per nessuno.» Buckingham Palace emanò un ulteriore comunicato annunciando che la risposta alle richieste di Harry e Meghan sarebbe arrivata «nel giro di giorni, non di settimane».

Dopo tre giorni di discussioni tra uffici reali e funzionari governativi, compreso il governo canadese, la regina chiese a Harry di andare a Sandringham per un incontro con lei, Carlo e William.

Al «summit di Sandringham», come lo denominò la stampa, i quattro avrebbero deciso il futuro una volta per tutte.