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I FAB FOUR
Dopo l’annuncio del fidanzamento la regina e il principe Filippo non tardarono a far sapere da Clarence House che erano «contenti per la coppia» e che auguravano «ogni felicità».
Carlo, che come gli altri membri della famiglia era al corrente fin dall’estate, aggiunse che era «elettrizzato» e Camilla, la duchessa di Cornovaglia, dichiarò allegramente: «La perdita dell’America è il nostro guadagno».
Con l’aiuto di Jason, anche Doria e Thomas si incontrarono per congratularsi con una dichiarazione congiunta: «Siamo incredibilmente felici per Meghan e Harry. Nostra figlia è sempre stata una persona gentile e amorevole. Assistere alla sua unione con Harry, che possiede le medesime qualità, è una fonte di grande gioia per noi genitori».
William e Kate fecero un commento tipicamente misurato. «Siamo molto emozionati per Harry e Meghan» disse William. Durante un impegno ufficiale, Kate avrebbe detto ai reporter: «È stato magnifico conoscere Meghan e vedere quanto lei e Harry siano in sintonia» anche se, in realtà, le due donne non si conoscevano ancora bene.
All’inizio della love story con il principe, Meghan si era aspettata che Kate le tendesse una mano e le desse qualche dritta sulla Firm. Ma non era andata così. L’attrice era delusa perché non avevano legato nonostante la posizione unica che condividevano, ma non ci perdeva il sonno. Secondo una fonte, Kate riteneva che non avessero granché in comune «a parte il fatto di vivere a Kensington Palace».
Comunque, ora che Meghan era fidanzata con Harry, aveva molto a cui pensare.
Dopo la proposta di matrimonio ci fu un momento in cui si rese conto che, da allora in poi, non avrebbe più potuto andare da nessuna parte o fare niente senza comunicarlo a una guardia del corpo. Quel pensiero bastò per toglierle il respiro. Le pareva impossibile. Ma ben presto si rassegnò alla nuova realtà e la accettò come parte della sua nuova vita.
Pochi secondi dopo aver appreso la notizia, i giornalisti di tutto il mondo che si trovavano a Londra si precipitarono al Sunken Garden – dove la principessa Diana chiacchierava spesso con i giardinieri dopo le corse mattutine nei giardini di Kensington – per il servizio fotografico organizzato con pochissimo preavviso. Ormai da tempo Harry aveva accettato l’idea che qualunque donna avesse scelto come moglie sarebbe stata inevitabilmente paragonata a sua madre. Anche Kate, sua cognata, aveva avuto lo stesso destino. L’eredità di Lady D fissava uno standard elevato tra l’opinione pubblica britannica, e Harry non aveva nulla da obiettare. Aveva la sensazione di essersi fidanzato con una donna che eguagliava sua madre in calore e umanità.
Quando la coppia scese i gradini di pietra davanti al laghetto, mettendosi davanti alle macchine fotografiche su una piccola croce di gesso tracciata sul pavimento da un assistente, Meghan sfoggiava un cappotto bianco abbinato a un vestito verde smeraldo del brand italiano PAROSH, che era stato imballato e spedito con l’aiuto di Jessica prima dell’annuncio, insieme con un intero «guardaroba da fidanzamento».
Con un cenno, gli aiutanti di Palazzo permisero alla stampa di porre qualche domanda.
«Quando ha capito che era la donna giusta?» urlò un reporter.
«La primissima volta che ci siamo visti» rispose Harry senza la minima esitazione.
«È stata una proposta di matrimonio romantica?»
«Molto romantica.» Meghan sorrise, sollevando la mano per mostrare l’anello.
Harry ringraziò tutti per essere intervenuti, quindi tornarono a rifugiarsi nella privacy del Palazzo, entrando mano nella mano, per prepararsi alla loro prima intervista televisiva.
Registrato nel modesto salotto del Nottingham Cottage, l’incontro con Mishal Husain, una conduttrice della BBC, fu una descrizione straordinariamente sincera e affettuosa della loro dolce storia d’amore. Una volta passata la tensione del servizio fotografico, Harry e Meghan, entrambi rilassati, scherzarono persino con la troupe impegnata a preparare le riprese.
Raccontarono i dettagli della loro movimentata relazione, dal primo appuntamento ai mesi del rapporto a distanza, passati a fare la spola tra Londra e Toronto. «Meghan restava qui per quattro giorni, o una settimana al massimo, quindi tornava a casa e andava al lavoro l’indomani. Sveglia alle quattro del lunedì mattina e subito sul set» disse Harry. «Cercavamo di sentirci il più vicini possibile. Ma in due fusi orari diversi. E cinque ore di differenza creano qualche problema. Ma ce l’abbiamo fatta, e ora siamo qui. Perciò siamo euforici.»
Restava ancora da vedere se tutti, in Gran Bretagna e nel mondo, fossero altrettanto contenti all’idea che una duchessa di origine mista, sicura di sé e spudoratamente femminista, occupasse una posizione in Casa Windsor. Tuttavia, se la monarchia vuole sopravvivere, deve adeguarsi, e rifiutare una donna perché era divorziata, faceva l’attrice o era di origine mista non era più accettabile, nonostante i dubbi che alcuni membri della famiglia espressero in privato.
Harry fu «molto coraggioso», dichiara un funzionario dello staff reale, con alcune persone che si mostrarono ostili. A prescindere che la ragione fossero le origini umili di Meghan, le sue radici americane, i sospetti che fosse un’arrampicatrice sociale o semplicemente il velato razzismo della società britannica, non tutti – e non solo la stampa – erano bendisposti verso la futura moglie del principe.
Per Meghan, questo significò solo doversi impegnare ancora di più per smentirli, affrontando, poco dopo il fidanzamento, il lungo processo per diventare cittadina britannica senza favoritismi.
La cittadinanza fu soltanto l’inizio. Sapendo che la proposta di matrimonio aveva suggellato ufficialmente l’ingresso di Meghan nel suo mondo unico e complesso, Harry insistette perché la sua fidanzata avesse un team dedicato che le insegnasse ogni cosa sulla vita dei reali. «Harry voleva uno staff di cui Meghan potesse fidarsi davvero in qualsiasi situazione» afferma una fonte, «persone che, qualunque cosa accadesse, li proteggessero entrambi.»
Questo team – che chiamava i fidanzati PH ed M – comprendeva Amy Pickerill, che sarebbe diventata la segretaria privata di Meghan; Heather Wong, vicesegretaria privata di Harry ed ex incaricata politica dell’amministrazione Obama, che aveva lavorato come segretaria degli affari pubblici al Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti; e infine Ed Lane Fox e Jason Knauf.
Poco dopo l’annuncio del fidanzamento, gli aiutanti di Palazzo e i Cambridge raggiunsero Harry e Meghan all’Hurlingham Club nel distretto londinese di Fulham. Quella tipica casa di campagna era il posto perfetto per brindare a un nuovo rapporto di lavoro congiunto e discutere dell’imminente ruolo di Meghan nella Royal Foundation, parlando anche del tipo di progetti che avrebbe voluto seguire all’interno dell’organizzazione benefica. «Ci sono state svariate riunioni per assicurarle tutto il sostegno necessario, così che potesse ritagliarsi il ruolo più adatto nella Royal Family. Qualcosa come la responsabilizzazione o le altre cause che le stavano a cuore, affinché avesse il supporto delle risorse più adeguate» racconta un membro del personale di corte. E quello fu solo l’inizio del suo ingresso nell’azienda di famiglia.
Pronta a sottoporsi allo stesso addestramento informale in cui si era imbarcata Kate dopo il fidanzamento con William – una serie di istruzioni inerenti a ogni ambito, dal modo più aggraziato per scendere da una berlina con indosso una longuette a quando inchinarsi davanti ai membri della famiglia di grado gerarchico più elevato –, Meghan entrò in contatto con un team di esperti. Aveva sperato di prendere anche lezioni di etichetta, ma stranamente non gliele proposero.
La sua formazione non riguardò soltanto minuzie come gli inchini. Per due giorni Meghan seguì un corso intensivo di sicurezza con l’SAS, il reggimento d’élite dell’esercito britannico. L’addestramento – che, a eccezione della regina, tutti i membri senior della famiglia reale hanno completato al quartier generale dell’SAS a Hereford – è una preparazione per tutte le situazioni ad alto rischio, come rapimenti, prese in ostaggio e attentati terroristici. Meghan partecipò a un finto rapimento, durante il quale fu caricata sul sedile posteriore di un’auto da un terrorista, condotta in un altro luogo e poi salvata da ufficiali che sparavano con fucili finti (come quelli usati nei film) per creare una situazione realistica.
In quell’occasione le insegnarono persino a instaurare un rapporto con il nemico e a guidare un’auto mentre la inseguivano. Secondo una fonte, per Meghan fu un’esperienza «estremamente intensa e spaventosa», ma alquanto utile.
Kate aveva ricevuto l’addestramento solo dopo le nozze con William, ma quello di Meghan fu anticipato, perché la coppia aveva ricevuto un numero insolitamente alto di minacce. «Meghan è stata oggetto di intimidazioni assolutamente terrificanti e disgustose da quando ha cominciato a uscire con Harry» riferisce un aiutante di Palazzo. «Purtroppo sono continuate per qualche tempo.»
La gravità delle minacce non fu l’unica differenza tra l’esperienza di Meghan e quella di Kate. Un collaboratore anziano della casa reale, ora in pensione, dice di Kate: «Era incantevole, intelligente, timida e modesta, oltre che splendida. E molto attenta. Ogni volta che mi telefonava […] quando era la royal girlfriend, diceva: “Mi dispiace davvero. Non voglio disturbarla con questi dettagli”. Al che replicavo: “Mi disturbi pure”».
Meghan invece, ricorda il funzionario, «è arrivata a occupare questa posizione quando era adulta, dopo aver vissuto già un terzo della vita. È una californiana convinta di poter cambiare il mondo. Crea un brand tutto suo, un sito tutto suo, stringe accordi. Parla della vita e di come dovremmo viverla. Buon per lei» prosegue, ammettendo di esserle «molto affezionato». «È così che fanno in America. In Gran Bretagna le persone se ne accorgono e ti chiedono: “Chi pensi di essere?”».
Giusto oppure no, Meghan avrebbe dovuto impegnarsi molto di più per evitare di far arrabbiare qualcuno.
Da mesi Jason e Ed le facevano da consulenti a titolo informale ma, ora che si stava imbarcando ufficialmente nella vita all’interno della Firm, i cronisti reali l’avrebbero osservata con molta più attenzione. Qualunque inchino giudicato troppo poco profondo o qualunque gonna considerata troppo corta sarebbero stati notati e commentati, perciò Meghan avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la aiutasse a tempo pieno, sia guidandola nell’eventualità di insidie sia confortandola quando le critiche del pubblico fossero diventate eccessive.
Così Amy Pickerill – «Pickles», per gli amici – fu nominata suo braccio destro. Laureata all’Università di Nottingham ed ex responsabile dei rapporti con i media, aveva solo qualche anno in meno della royal girlfriend e sarebbe diventata famosa come la donna incaricata di raccogliere gli innumerevoli mazzi di fiori, biglietti e regali lanciati all’attrice durante i bagni di folla. Dietro le quinte, tuttavia, il suo lavoro comprendeva ogni cosa, dalla gestione degli impegni di Meghan ai suggerimenti su come gestire le singole situazioni. Se Meghan aveva dubbi su un argomento di conversazione o sul nome di una persona che avrebbe incontrato a un impegno, il compito di Amy era aggiornarla. E se alla fine di una lunga giornata avesse avuto bisogno di una parola di conforto, be’, l’assistente le avrebbe offerto anche quella.
Quanto al look, Meghan non voleva essere considerata troppo all’ultima moda. Aveva una «visione consapevole» dell’abbigliamento, sperando che la stampa si concentrasse più sulle sue iniziative umanitarie che sul suo look. Il «guardaroba da lavoro», come lo chiamava, doveva consistere in capi sobri dalle tinte neutre, che non facessero sfigurare gli altri o risultassero troppo appariscenti. Ciascun outfit doveva comprendere almeno un indumento o un accessorio di uno stilista locale, una dimostrazione di solidarietà verso qualunque regione stesse visitando. «Tiene moltissimo a questi dettagli» osserva George Northwood, il parrucchiere britannico che pettinò Meghan per due anni dopo le nozze. «Ricordo che ovunque andassimo, cercava sempre di dare risalto alle piccole aziende e ai designer di gioielli locali.»
Per l’importantissimo primo impegno reale – il viaggio del 1º dicembre a Nottingham per presenziare a un evento della Giornata mondiale contro l’AIDS e incontrare Full Effect, un gruppo di modelli di comportamento positivi per bambini –, Meghan optò per una gonna midi color cachi del brand londinese Joseph, un semplice dolcevita nero e un paio di stivali di camoscio nero sopra il ginocchio del designer britannico Kurt Geiger. Il look, che aveva scelto da sola, ottenne l’approvazione di Kensington Palace.
Anche i suoi modi erano azzeccati. Non ebbe bisogno di imparare ad affascinare i fan. Quando uscì alle undici e cinque per salutare la folla che, nonostante la temperatura gelida, la aspettava dalle sei davanti al National Justice Museum, passò mezz’ora a chiacchierare con gli ammiratori e a ringraziarli per i fiori, i bigliettini scritti a mano e le caramelle Haribo (le preferite del principe). Attenta a non apparire altezzosa, strinse la mano a ogni persona lungo il percorso, presentandosi con un allegro «Ciao, sono Meghan», come se non conoscessero già il suo sorriso smagliante.
Fu una mossa vincente. Passando da un fan all’altro, si lasciò dietro una scia di complimenti. Una donna si meravigliò del garbo con cui si chinò a parlare con il suo bambino di tre anni, elogiandolo per aver aspettato al freddo. Un’altra rimase colpita perché Meghan aveva riconosciuto il suo accento californiano e le aveva chiesto come mai si trovasse nel Regno Unito. Se la royal girlfriend era nervosa per l’impressione che avrebbe fatto (e lo era, come confessò a un aiutante di Palazzo anziano la sera prima), non lo diede a vedere. Sembrò spontanea mentre accettava i biglietti tappezzati di adesivi dei bambini e i complimenti per il nuovo anello scintillante o rispondeva alle domande sulla sua parte in Suits.
Quando una residente e suo marito trovarono il coraggio di chiederle un selfie, Meghan rifiutò educatamente. «Mi dispiace» disse con un sorriso, ricordando il consiglio che le aveva dato un aiutante di Palazzo. Anche se le sarebbe piaciuto posare per una foto con la coppia, di lì a poco sarebbe diventata un membro ufficiale della Royal Family, e i selfie non erano visti di buon occhio. E Meghan imparava in fretta.
Mentre studiava il protocollo alcuni aspetti della vita dei reali stavano cambiando. Persino la regina dimostrò di averlo capito quando decise di invitarla alla funzione di Natale nella chiesa di St Mary Magdalene e ai festeggiamenti di famiglia a Sandringham. Di solito i partner partecipavano all’evento solo dopo che l’unione era stata ufficializzata dalla Chiesa con il matrimonio. Kate non era stata invitata a Natale del 2010 dopo il fidanzamento con William ma, d’altronde, per lei era stato più facile passare la giornata con i suoi genitori a Bucklebury.
La regina non aveva fatto un’eccezione per Meghan perché la preferisse a Kate. Adora Harry e voleva far sentire la sua fidanzata ben accetta invitandola alla festa a Sandringham e al pranzo prenatalizio che organizzava per i membri della famiglia allargata a Buckingham Palace. Così diede prova della risolutezza per cui tutti la ammirano.
Il pranzo le offrì l’opportunità di rivedere molti membri di grado inferiore, che non sarebbero stati presenti a Sandringham. Era anche il primo evento di famiglia per Meghan, che indossò un vestito midi Self-Portrait di pizzo bianco e nero e orecchini di diamante.
Purtroppo, la dimostrazione d’affetto di Elisabetta per la futura nuora fu quasi eclissata quando la principessa Marie Christine von Reibnitz, moglie del principe Michael di Kent – nipote di re Giorgio V –, arrivò alla festa con una spilla Moretto. Quest’ultima, una creazione delle arti decorative italiane risalente più o meno alla fine del Medioevo, raffigura quasi sempre immagini piuttosto stilizzate di uomini africani, o comunque non europei, che indossano turbanti e ricchi gioielli i cui colori spiccano sulla pelle molto scura. Spesso rappresentati come servitori, simboleggiano l’asservimento dei mori, un termine generale per designare i musulmani della Spagna medievale o chiunque abbia origini arabe o africane.
I membri della Royal Family, tra cui anche la regina e la duchessa di Cambridge, usano spesso le spille agli impegni ufficiali per trasmettere un messaggio simbolico. Kate scelse la foglia d’acero di diamanti della regina madre per il suo primo viaggio in Canada con William, e nel 2013, al battesimo del principe George, la sovrana indossò un variopinto modello a forma di cestino di fiori, un dono dei suoi genitori per la nascita di Carlo nel 1948.
La spilla Moretto ha una storia complessa. Sia Elizabeth Taylor sia Grace Kelly avevano nelle loro collezioni uno di questi gioielli in vetro di Murano. Nel mondo di oggi, però, l’immagine è culturalmente offensiva e razzista. Nel 2012 Dolce & Gabbana furono assai criticati per aver usato questo stile artistico europeo esotizzato sulla passerella per il debutto della loro collezione primaverile.
Quando si tratta di moda reale, ogni dettaglio viene studiato con la massima cura. La scelta di Marie Christine può essere stata un semplice errore ma, in un angolo della sua mente, Meghan si domandò se la spilla con il busto di un africano con il turbante d’oro e i vestiti elaborati non contenesse un messaggio. Come minimo indicava un’insensibilità alle sue radici afroamericane e il razzismo con cui si era scontrata da quando stava insieme a Harry.
Non era la prima volta che la principessa Marie Christine riceveva simili accuse. Nel 2004, a New York, qualcuno la udì dire ai clienti afroamericani di un ristorante di «tornare nelle colonie».
In seguito, Marie Christine, che viveva nell’appartamento 10 a Kensington Palace, accanto a Harry e Meghan, si scusò per aver indossato la spilla, dicendo di essere «molto dispiaciuta e mortificata per essere stata offensiva». Alcuni aiutanti di Palazzo misero in dubbio la sincerità delle sue parole. In ogni caso, il danno era fatto, soprattutto perché l’intenzione della regina era far sentire a casa Meghan, che si era appena trasferita in Inghilterra.
I fidanzati passarono parte del Natale con William e Kate ad Anmer Hall, perché l’invito a Sandringham non prevedeva che Meghan soggiornasse sotto lo stesso tetto di Elisabetta, cosa che sarebbe accaduta soltanto dopo il matrimonio.
L’edificio georgiano con dieci camere da letto – ubicato nella tenuta di Sandringham, a tre chilometri dall’alloggio della sovrana – fu il regalo della regina ai Cambridge. Pensato inizialmente come casa di campagna, diventò la residenza a tempo pieno dei duchi poco dopo la nascita della principessa Charlotte, perché William prestava servizio nelle vicinanze come pilota dell’East Anglia Air Ambulance. Lì la coppia riceve spesso ospiti nell’enorme cucina con la zona pranzo coperta da un tetto di vetro. Amici e parenti che vivono nei paraggi si riuniscono in quello spazio accogliente per consumare pasti informali; una netta differenza rispetto ai pranzi a Buckingham Palace o a Sandringham, dove gli ospiti vengono serviti da uno staff al gran completo.
Il Natale a Sandringham è solenne quanto i pranzi della domenica ad Anmer Hall sono semplici. Anzitutto i membri della famiglia reale arrivano in ordine di anzianità (qualche giorno dopo la regina), con Carlo e Camilla per ultimi il 24 dicembre.
Come ogni aspetto dell’evento, gli arrivi sono pianificati con cura. Gli ospiti vengono lasciati davanti all’entrata principale, dove chauffeur e camerieri personali aspettano di portare dentro bagagli e regali dall’ingresso laterale. Mentre le valigie vengono trasferite al piano superiore, i doni trovano posto nel salotto rosso, su un grande tavolo sostenuto da cavalletti e diviso in zone per la regina, il principe Filippo e ogni altro membro della famiglia. Poi gli invitati si vedono assegnare una stanza nella cosiddetta «Big House» – che conta ben duecentosettanta camere – e consegnare un programma per i pasti e gli eventi. Poco dopo le quattro del pomeriggio della vigilia, la famiglia si riunisce per il tè.
Gli chef avevano passato giorni a preparare i numerosi pasti sontuosi da servire agli ospiti di Sandringham. Il pranzo di Natale consistette in tacchino farcito con salvia, cipolle e castagne; patate arrosto; purè; pastinache e cavoletti di Bruxelles; e, per dessert, Christmas pudding flambé con brandy. Il capo chef trinciò i due tacchini nella sala da pranzo reale. È l’unico momento dell’anno in cui viene invitato nella stanza e riceve dalla regina un bicchiere di whisky per il brindisi (il sous chef va nella nursery al piano di sopra per trinciare un terzo tacchino. I bambini hanno il permesso di unirsi agli adulti solo quando sono in grado di comportarsi come si deve). Il buffet serale del 25 dicembre fu ancora più raffinato, secondo l’ex chef reale Darren McGrady, il cui menu – costolette di agnello alla menta, salmone bollito freddo, foie gras in crosta, coda di bue, contorno di maiale, pollo arrosto, tacchino affumicato e prosciutto di York, accompagnati da insalate miste, patate novelle e zuppa di barbabietole – è in uso ancora oggi. C’erano anche dolci in abbondanza, con il tradizionale mince pie, la crema di burro al brandy e il gelato alla vaniglia.
Dopo il tè della vigilia – durante il quale furono serviti scones appena sfornati, due tipi di sandwich, pasticcini come éclairs al cioccolato e tortine ai lamponi, e una grande torta –, tutti si radunarono nel salotto rosso per lo scambio dei regali.
La famiglia segue la tradizione tedesca di scambiarsi i doni il 24 dicembre. I bambini sono destinatari di tipici regali natalizi, come l’enorme autobotte dei vigili del fuoco che George ricevette qualche anno fa, il triciclo per Charlotte e i giocattoli di legno per Louis (quando William e Harry erano piccoli, il principe Edoardo comprò loro dei fucili ad acqua, che i bambini, facendo irruzione in cucina, usarono per infradiciare gli chef). Ma gli adulti non vedono di buon occhio i regali costosi. Anzi, il Natale è spesso un’occasione per doni economici e talvolta spiritosi.
Un anno, stando a quel che si dice, Harry regalò alla regina una cuffia da doccia decorata con la scritta La vita fa schifo, vero?, che la mandò in visibilio. Un’altra volta le donò un finto pesce canterino che, si mormora, fa bella mostra di sé a Balmoral, la residenza reale in Scozia, e strappò alla sovrana un sacco di risate. In un’occasione Kate, che pare abbia preparato la salsa chutney di sua nonna durante il primo anno a Sandringham, regalò a Harry una bambola gonfiabile. Più di recente, la duchessa di Cambridge ha scelto le creazioni del profumiere Jo Malone.
Una volta il principe William donò a sua nonna un paio di pantofole ornate dall’effigie della regina. La principessa Anna comprò al fratello Carlo una tavoletta per water di cuoio bianco, probabilmente perché il principe le colleziona. Per suo padre, il principe Filippo, che ha una passione per il barbecue, Anna scelse un macinapepe con una luce all’estremità, per vedere facilmente la carne che cuoce sulla griglia quando inizia a fare buio.
I sette impegnativi cambi di outfit in ventiquattr’ore che Sarah Ferguson ricorda della sua esperienza a Sandringham erano la preoccupazione minore per Meghan. Anche se era un’attrice esperta, quello era un provino come nessun altro, e voleva far colpo sui futuri parenti. Perciò la difficoltà più grande fu trovare i doni perfetti per la sua nuova famiglia allargata. Almeno uno dei suoi regali fu azzeccatissimo: un cucchiaio per William con la scritta killer di cereali incisa sull’estremità meno profonda della paletta.
La cena della vigilia fu una riunione decisamente più formale. Era richiesto l’abito lungo per le signore e lo smoking per gli uomini, e il menu prevedeva piatti come gamberetti e agnello della tenuta di Sandringham, con tarte Tatin per dessert.
Forse l’evento più stressante per Meghan fu la messa di Natale. La giornata iniziò con la colazione inglese servita agli uomini alle otto in punto (secondo la tradizione, le donne la consumano su un vassoio in camera). Poi l’intera famiglia percorse qualche centinaio di metri lungo il vialetto consunto fino alla minuscola chiesa di pietra di St Mary Magdalene, dove la regina Elisabetta va tutte le domeniche quando si trova a Sandringham (la sovrana non arrivò a piedi, bensì con la sua Bentley bordeaux). Il vialetto era fiancheggiato da centinaia di ammiratori, molti dei quali aspettavano dalle tre del mattino per scorgere la Royal Family.
Meghan – cappotto di cammello Sentaler con colletto, cappello Philip Treacy marrone e stivali di camoscio Stuart Weitzman color cioccolato – si consultò a bassa voce con William, Harry e Kate. I tre volevano assicurarsi che sapesse esattamente cosa stava per accadere, e in quale ordine.
La folla non avrebbe potuto essere più entusiasta di vedere Harry con la nuova fidanzata. Le macchine fotografiche impazzirono e le persone applaudirono mentre William, Kate, Harry e Meghan camminavano fianco a fianco. Erano arrivati i «Fab Four».
I quattro giovani riscossero un enorme successo, e non solo a Natale. Il 28 febbraio 2018 si ritrovarono per il loro primo impegno ufficiale congiunto. L’occasione, in quella nevosa mattinata a Londra, fu il primo Royal Foundation Forum, un’opportunità per promuovere l’impegno di William, Kate e Harry negli ambiti di loro interesse: la salute mentale, i servizi insufficienti per i giovani, le forze armate e la tutela dell’ambiente. Dopo il matrimonio Meghan sarebbe diventata la quarta testimonial della fondazione, un’organizzazione ombrello per le iniziative benefiche dei giovani reali, creata da William e Harry nel 2009 come principale veicolo delle loro donazioni filantropiche.
Essere un Windsor implica una vita all’insegna di due temi principali: il dovere e il servizio. La regina è famosa per aver detto al mondo, nel giorno del suo ventunesimo compleanno: «Dichiaro davanti a tutti voi che la mia vita, sia essa lunga o breve, sarà interamente dedicata al vostro servizio e al servizio della grande famiglia imperiale a cui tutti noi apparteniamo». Il suo impegno verso la monarchia e il Commonwealth è sempre stato incrollabile.
Fin da piccoli, William e Harry hanno imparato, non soltanto dalla nonna ma anche dai genitori, che non esiste vocazione più nobile del servizio. Entrambi i giovani eredi sono consapevoli di poter sfruttare la loro posizione per produrre dei cambiamenti. La Royal Foundation dà loro i mezzi necessari.
«Siamo parte di un’onorata istituzione con i valori intramontabili della famiglia, del servizio, del dovere e dell’integrità» disse Harry durante il Forum a Londra, dove i quattro, seduti insieme su un palco, stavano rispondendo alle domande di un moderatore. «Sentiamo l’enorme responsabilità di fare la nostra parte per cambiare in meglio la società. Sono incredibilmente orgoglioso che la mia futura moglie stia per unirsi a noi. Al momento siamo molto impegnati con i preparativi per le nozze, ma non vediamo l’ora di lavorare in due, e poi in quattro, sperando di fare tutta la differenza possibile.»
L’evento della Royal Foundation diede a Meghan l’opportunità di immaginare, per la prima volta, come sarebbe stata la sua vita in qualità di ultima arrivata nella famiglia reale.
Quando la conversazione si concentrò su di lei, fece un appello spassionato per la responsabilizzazione femminile. «Spesso la gente mi dice: “Tu aiuti le persone a trovare una voce” e fondamentalmente non sono d’accordo, perché le donne non hanno bisogno di trovare una voce. Ce l’hanno già; hanno bisogno di sentirsi autorizzate a usarla, e gli altri devono essere incoraggiati ad ascoltarle.»
Era una dichiarazione audace per la Royal Family, ma non per la generazione più giovane.
Meghan immaginava una vita in prima linea, non in panchina, sperando di poter usare la propria influenza per cambiare le cose. Quasi tre mesi dopo la presentazione pubblica al Royal Foundation Forum, lei e Harry presenziarono a un evento del Commonwealth Youth Forum ai Commonwealth Heads of Government Meetings e promisero sostegno ai giovani della comunità LGBTQ, cosa che sarebbe stata impensabile cinquant’anni prima. Harry fu anche nominato Commonwealth Youth Ambassador dalla regina. Con Meghan al suo fianco, il principe si augurò di dare risalto al lavoro dei giovani e di combattere sempre per la causa di coloro che sono senza voce.
In realtà, in più di trenta nazioni del Commonwealth erano ancora in vigore le leggi antigay. Se qualcuno si illudeva che Meghan fosse pronta ad accantonare i propri valori, avrebbe ricevuto un’amara delusione. I suoi primi giorni da fidanzata reale avevano già dimostrato, che pur intendendo rispettare la tradizione, non avrebbe taciuto le proprie opinioni.
La nuova generazione di reali procedeva a spron battuto ma, come nella maggior parte delle aziende di famiglia, non era sempre tutto rose e fiori. Quando, durante il Royal Foundation Forum, il moderatore chiese a William se fossero emersi disaccordi durante la convivenza e la stretta collaborazione, il principe, solitamente riservato sulla vita dentro le mura del Palazzo, rispose con sorprendente candore: «Sì, altroché».
«Li avete risolti?»
«Non lo sappiamo!» rise William.
Harry intervenne dicendo che era proficuo avere «quattro personalità diverse», tutte «ansiose di fare la differenza. Lavorare in famiglia ha le sue difficoltà, naturalmente. Il fatto che tutti ridano dimostra che sanno benissimo come funzionano queste cose». Scherzando, aggiunse che non ricordava se tutte le liti fossero state appianate, perché arrivavano «rapide e numerose».
«Ma» concluse Harry, «siamo bloccati insieme per il resto della vita.»