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Avignone, Livrée du Lion
1° ottobre
Il cardinale appoggiò la nuca ai bordi dell’ampio bacile, rilassandosi nell’acqua calda, mentre osservava gli affreschi del soffitto che sbiadivano dietro un velo di vapore. Le campane di Saint-Agricol avevano appena cessato di battere, fomentando in lui una sottile inquietudine. Giunto al sessantaseiesimo anno di età, detestava ogni segno dello scorrere del tempo, fossero anche i rintocchi della messa mattutina. Non era certo il vigore delle membra a mancargli. Possedeva ancora la tempra di un giovane, che gli consentiva di affrontare lunghe cavalcate e di soddisfare gli appetiti della carne. Neppure la lucidità d’intelletto gli era venuta meno. L’esperienza, al contrario, l’aveva reso più acuto e spietato. Nulla tuttavia poteva lenire la sua angoscia più segreta.
Invecchiare nell’ombra, dimenticato da tutti.
Un uomo comune non avrebbe mai compreso un simile rovello. D’altronde in lui, di comune, c’era ben poco. Essere figlio del Santo Padre gli aveva assicurato una rapida ascesa, il privilegio della porpora, la missione legatizia e la crociata contro i ghibellini d’Italia. C’era stato un tempo glorioso in cui una sua parola avrebbe potuto sbilanciare gli equilibri tra signorie e potentati. Un tempo di battaglie e anatemi. Ma una bruciante sconfitta l’aveva costretto a ripiegare verso Avignone. Proprio mentre Giovanni XXII spirava, amareggiato dal suo fallimento.
Da allora il cardinale era stato riassegnato agli uffici della curia, e pur sopportando continue umiliazioni non aveva mai smesso di attizzare il fuoco sotto la cenere. Finché gli eventi avevano ripreso finalmente a giocare a suo vantaggio.
Erano trascorsi tredici anni da quella notte nella selva di Ferrara, e ancora non smetteva di maledirla. Non avrebbe mai dovuto prendere accordi con Jang de Blannen, né spartire con lui e con suo figlio il tesoro più prezioso della cristianità, benché all’epoca non potesse certo immaginare di andare incontro a una sorte tanto ostile. Ora che Giovanni di Boemia era caduto in battaglia, nulla l’avrebbe fermato. Sarebbe rientrato in possesso della punta di lancia e del rotolo di pergamena che rivelava il nascondiglio del Lapis exilii. E una volta ritrovata quell’inestimabile reliquia, il mondo sarebbe caduto ai suoi piedi.
L’impresa, d’altronde, si presentava più complicata del previsto. Il messaggio dell’informatore parlava chiaro. Un imprevedibile succedersi di eventi aveva fatto sì che il rotolo fosse caduto nelle mani dell’uomo sbagliato: un cavaliere forse ignaro del fardello di cui si era fatto carico, anche se abbastanza audace da sopravvivere a un agguato notturno. Al momento, il cardinale sapeva soltanto di avere a che fare con un discendente del casato di Rocheblanche, erede di un pugno di feudi presso Reims.
Un rumore di passi lo distolse da quei pensieri mentre una sagoma si profilava tra le volute di vapore. Il prelato emerse fino a mezzo busto dall’acqua calda e distese le gambe per la lunghezza del bacile, incuriosito. Era una giovane donna. Indossava un abito dimesso e teneva il capo scoperto, i lunghi ricci castani sciolti sulle spalle. La scortava il camerario, fermo all’ingresso in attesa di ordini.
«Ebbene?», chiese il cardinale.
La donna si fece avanti. «Non rammentate, eminenza?», cinguettò, anticipando il domestico. «Mi avevate concesso udienza».
Il cardinale strinse gli occhi, indugiando con la sua vista ormai debole sull’espressione licenziosa della donna. «Ah, ora mi ricordo di voi», e le rivolse un sorriso d’intesa. «Chiedevate l’ammissione all’abbazia di Castelnau, per diventare clarissa».
Lei confermò con un inchino, mettendo in evidenza la generosa scollatura. Appariva sicura della propria bellezza, ma allo stesso tempo tradiva una certa ingenuità. Fu proprio quella a solleticare gli appetiti del prelato.
«Ciò che non rammento», continuò lui, «è il vostro nome».
«Aleydis, per servirvi».
Le fece segno di avvicinarsi. «L’accesso al noviziato richiede il versamento di una dote consistente. Ne siete consapevole?»
«Provengo da una famiglia modesta», ribatté la donna, in sua difesa. «Non ho nulla da offrire, eccetto la mia devozione».
Il cardinale non ne dubitava. Per molte giovani, il claustro rappresentava l’unica via di salvezza dalla miseria. D’altro canto, se l’Ecclesia avesse aperto i propri battenti a ogni bisognoso, monasteri e conventi sarebbero stati assediati da orde di straccioni. Non era per disquisire di simili sottigliezze, tuttavia, che aveva concesso udienza a quella femmina. «Devozione, dite…», indagò con tono confidenziale. «È sincera?».
Un altro inchino, accompagnato da una smorfia maliziosa. «Mi rimetto al vostro giudizio, eminenza».
«Consentitemi dunque di accertarmene», affermò il cardinale, congedando il camerario con un cenno. «Adesso».
Non appena gli fu accanto, si rese conto di quanto fosse giovane. Quattordici anni, sedici al massimo. Sollevò la mano per farsi baciare l’anello con lo stemma leonino, poi le accarezzò il viso e iniziò a far scivolare le dita dentro la scollatura, allargandola. Aleydis ebbe un fremito, ma non si oppose.
Nel percepire la sua titubanza, lui si sentì pervadere dal desiderio. «Entrate nell’acqua».
La donna indugiò, quasi soppesando i pro e i contro della situazione. Infine fece spallucce, slacciò l’abito e si immerse con impaccio nel bacile.
“Una vera novizia”, pensò sua eminenza. «Abbandonatevi a me», e le afferrò i fianchi perché si sedesse a cavalcioni su di lui. Ancora una volta percepì una lieve ritrosia. Allora, sedotto da una voglia improvvisa, la fece voltare di scatto contro il bordo del bacile, dando sfogo al suo desiderio. Aleydis emise un gridolino sorpreso, poi uno più intenso.
Il cardinale le premette una mano sulla nuca, costringendola a star ferma. “Sono ancora nel pieno delle forze”, pensò, con slanci sempre più violenti. “Ho ancora tempo per fare tutto ciò che voglio. Ancora tempo per adempiere alla mia missione”.
D’un tratto avvertì una presenza e, fermandosi per riprendere fiato, scrutò prima il volto paonazzo della futura clarissa, poi l’uscio semiaperto. Una figura in penombra indugiava sulla soglia. Intuendo di chi si trattasse, il cardinale tralasciò di darsi un contegno. «Fatevi avanti, Marcus», disse trafelato.
L’uomo era alto e massiccio, interamente vestito di scuro. «Vostra grazia», fece un inchino marziale, «reco notizie sul conto di Rocheblanche».
Il prelato si sentì avvampare. «L’avete catturato?»
«Non ancora».
«Spero si tratti di informazioni utili, allora».
«Forse sì, vostra grazia. Non è l’ultimo della sua stirpe, come si credeva».
«Ha familiari ancora in vita?».
Prima di rispondere, l’uomo chiamato Marcus gli rivolse un sorrisetto crudele. «Una sorella».
Il cardinale gli sorrise.
E Aleydis sentì la sua mano premere sulla nuca con maggior bramosia.