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Emily alzò una mano e bussò alla porta della stanza. Trattenne il respiro. Era stata una lunga notte passata a pensare alle questioni in sospeso.
Non era riuscita a dormire né a mangiare. Si era semplicemente seduta sul balcone con una tazza di caffè freddo in mano, a pensare, fino alle prime ore del mattino. Aveva riflettuto su tutto quello che era – e che non era – successo. Su quanto era stata vicina a mettere fine alla sua vita. Quanto era stata vicina a mettere fine alla vita di un altro. Quanto era stata vicina a innamorarsi di Henry Anonimo, cazzo, solo per scoprire che non era migliore di Daniel.
Alla fine, se n’era tirata fuori. Le mura avevano cominciato a chiudersi, a soffocarla. La puzza acida del latte nella lattiera lasciata fuori al sole le era entrata nelle narici facendole rivoltare lo stomaco. Aveva vomitato nel bagno per mezz’ora, poi si era costretta a fare la doccia, a lavarsi i denti e a truccarsi un po’ per non sembrare il disastro che era.
Ginger aprì la porta, fermandosi bruscamente non appena vide Emily. Dette uno sguardo furtivo dietro di sé, come se temesse che la presenza di Emily potesse in qualche modo contagiare i suoi figli.
Non ha tutti i torti, pensò. Perché il buio intorno a lei consumava tutto, era come un essere vivente che cresceva e si nutriva della sua anima… Di tutto ciò che era buono, luminoso e colorato. E non lasciava altro che un guscio fragile.
«Cosa ci fai qui?» chiese Ginger. «Voglio dire… il matrimonio si fa ancora?»
Il matrimonio era stato rimandato di un giorno, con grande sgomento (e grida molto forti) di Miranda Rosales. Tutto il resort l’aveva sentita urlare che i fiori stavano appassendo, che le sculture di ghiaccio si scioglievano, che il cibo andava a male. Per non parlare del nuovo pergolato che doveva essere ordinato. Avrebbero dovuto pagare decine di migliaia di dollari, aveva strillato in faccia al concierge, ma il resort aveva puntato i piedi alla luce delle circostanze, e dichiarato chiusi i locali della cerimonia.
«Non c’entra il matrimonio» disse Emily. «Sono venuta a dire… sono…»
«Solo un minuto, va bene?» disse Ginger ai suoi figli. «Preparatevi per la piscina: fatevi portare giù da papà quando esce dal bagno. Ora devo fare una cosa.»
«Ma, mamma» gridò Poppy. «Non riesco a trovare le mutande!»
«Ti aiuto io» Emily sentì dire da Elsie. «Vai, mamma.»
La notte prima, dopo che Elsie era scivolata dalle grinfie del padre e si era fatta avanti con una storia per lo più vera, i giochi erano finiti. Il detective aveva richiamato tutte e quattro le donne nella sala interrogatori di fortuna per ripassare le loro storie un’altra volta.
A poco a poco, la vera verità era venuta a galla.
Alla luce della situazione e delle circostanze, il detective Ramone aveva accettato di non trattenere Elsie in carcere minorile, ma di lasciarla sotto la custodia della sua famiglia. Con quattro testimoni oculari che affermavano che Henry si era lanciato contro Elsie e che lei aveva reagito nell’unico modo possibile, la legittima difesa era tornata a essere la sola spiegazione valida, anche senza la seconda pistola che Elsie aveva inventato nella sua nervosa confessione.
Anche le ferite e le testimonianze di Sydney avevano sostenuto le storie delle donne. Prima di fuggire, era andata a spiegare che Henry l’aveva colpita in testa con qualcosa, non sapeva bene cosa, e le aveva fatto perdere i sensi. Era l’ultima cosa che ricordava prima di essersi risvegliata sul patio con un mal di testa tremendo.
L’attacco non era stato provocato, secondo Sydney, il che rendeva ancora più credibile l’aggressività di Henry nei confronti di Elsie. E, come aveva sottolineato il detective Ramone, non ci sarebbe voluto molto prima che l’autopsia confermasse o smentisse le confessioni delle donne. Sarebbe stato abbastanza facile dimostrare se a uccidere Henry fosse stato il colpo in testa, il pergolato, o il proiettile nel petto.
Ginger scivolò fuori dalla sua stanza, chiudendo la porta sul caos dei suoi figli che si preparavano per la giornata. «Che cosa c’è?»
C’era un’espressione negli occhi di Ginger, uno sguardo di rimorso, di trepidazione, che in qualche modo si fece strada nel cuore di Emily. Una preoccupazione quasi materna. Ginger le chiese se si sentiva bene, le disse che non aveva un bell’aspetto… Non voleva sedersi, per caso?
Emily sentì arrivare le lacrime. Non piangeva da tanto, tanto tempo. Dopo aver perso un figlio, cos’altro c’era da piangere? Ma in qualche modo, non si era mai permessa di sentirne il dolore. Di piangere veramente Julia. Si era sentita colpevole, in un modo orribile e paralizzante, per il fatto di non aver lasciato Daniel prima. Non era stata presente per la sua bambina, non come avrebbe voluto. Forse non avrebbe potuto fare nulla, ma Emily non aveva mai lasciato che quel pensiero le attraversasse la mente. Era sempre stata colpa sua.
«Perché non mi hai perdonato?» ansimò Emily, poi scoppiò di nuovo in lacrime. L’orribile, straziante, terribile tipo di pianto che la fece scivolare contro il muro come una pazza, abbracciandosi le ginocchia. Urlando, singhiozzando. Le porte si aprirono nel corridoio, gli ospiti mormorarono che c’era una donna in piena crisi isterica.
«Vieni dentro» disse Ginger, aprendo la porta e spingendo Emily all’interno. «Ragazzi, fuori di qui. Frank, subito.»
La famiglia di Ginger scattò sull’attenti e uscì. Poppy era vestita solo a metà, ma Elsie le dette un asciugamano e Frank si mise in spalla la figlia più piccola mentre Tommy cercava il resto dei vestiti di Poppy. Lavorarono all’unisono e scomparvero prima che Emily potesse respirare.
«Mi dispiace» disse Emily, le tremavano le spalle mentre esalava le sue parole. «Mi dispiace di aver rovinato la nostra amicizia. Non hai idea di quanto mi dispiace.»
«Davvero, va tutto bene» disse Ginger. «Avrei dovuto dimenticare tutto molto prima. È stato stupido da parte mia serbare rancore per così tanto tempo. Ero arrabbiata, ma l’ho superata. Frank l’ha superata. E mi dispiace, Emily… oh, tesoro, perché piangi ancora? Senti, io ero destinata a stare con Frank. È andato tutto bene. Sei tornata con Daniel, e non c’è stato alcun danno. Forse dovrei ringraziarti per quel calcio nel sedere che mi serviva per capire che eravamo fatti l’uno per l’altra.»
«Sono rimasta con Daniel» disse Emily. «Abbiamo avuto una figlia insieme. Si chiamava Julia.»
Le spalle di Ginger si irrigidirono. «Non lo sapevo.»
«Certo che non lo sapevi» disse Emily. «Eri occupata a partorire i tuoi bellissimi figli con il simpatico e premuroso Frank. E Daniel…»
Ginger sembrava per lo più confusa mentre Emily mormorava, e anche se cercava di darle conforto, chiaramente non sapeva cosa dire. «Sono… ehm… felice per te! Dov’è tua figlia adesso? È con lui?»
Emily alzò gli occhi arrossati, guardò la sua ex migliore amica e scosse la testa. «È morta.»
La storia si riversò fuori da Emily come mai prima di allora. Ogni dettaglio doloroso, ogni ricordo avvelenato, ogni dolce, minuscolo particolare che poteva ricordare del breve tempo trascorso da Julia sulla terra. Ogni terribile momento della sua vita con Daniel. Ogni ondata di senso di colpa che aveva provato negli anni successivi. Arrivò fino alla notte precedente e spiegò che il motivo per cui aveva in mano la pistola era che voleva farla finita.
«Emily» disse Ginger stringendo fra le braccia la sua vecchia amica, con compassione autentica. «Niente di tutto questo è colpa tua. Tu eri una vittima, tesoro. Quello che ha fatto Daniel è imperdonabile. Non è colpa tua.»
«Se solo me ne fossi andata…»
«Ho avuto amici… madri meravigliose, padri meravigliosi, famiglie meravigliose, che hanno perso i figli per ragioni che andavano oltre il loro controllo. Nessuno se lo merita. Rimane sempre il senso di colpa. Non riesco a immaginare… se fosse capitato a me…»
Rimasero entrambe in silenzio.
«Capisco perché sei così arrabbiata con me» disse Ginger a bassa voce. «Mi dispiace di non averlo mai saputo, e mi dispiace di aver gestito la situazione così male e di aver peggiorato le cose. Mentre io avevo i miei figli, e Frank, tu avevi…»
«Non è colpa tua» disse subito Emily. «Ma Ginger, non posso andare avanti così. Ho bisogno… ho bisogno di aiuto.»
Ginger le passò la mano tra i capelli, materna, dolce. «Andrà tutto bene, Emily. Ce la farai. Ieri eri pronta a salvare la vita di mia figlia. Qualsiasi cosa ti serva, qualsiasi cosa io possa fare per te, sarà fatta.»
«Non so se c’è qualcosa che puoi fare per me. Sono già perduta.»
«No, non lo sei» disse Ginger con fermezza. «Sei la mia migliore amica, Emily. E ho bisogno che tu torni. Elsie ha bisogno di te. E Julia… anche lei ti vorrebbe indietro.»
***
MINDY KING: Buonasera a tutti, sono Mindy King di Channel 11 e vi porto le ultime notizie dell’attualità. Oggi abbiamo qui con noi il detective Ramone per rispondere ad alcune domande sul caso che tiene la nazione con il fiato sospeso. La piccola Lydia, di quasi cinque mesi, è apparentemente scomparsa dalla faccia della terra dopo la tragica morte del padre la settimana scorsa. La storia è venuta alla luce dopo che la morte dell’uomo ha sconvolto un matrimonio presso il celebre Serenity Spa & Resort. Detective, può aiutarci a capire cosa è successo veramente dietro il velo da sposa?
DETECTIVE RAMONE: Grazie per avermi invitato, Mindy. Al momento stiamo chiedendo a chiunque abbia informazioni su Sydney Banks, che si pensa viaggi con la piccola Lydia, di chiamare la polizia. Sospettiamo che abbia rapito la bambina.
MINDY KING: L’uomo che è stato trovato morto, Henry, era vedovo e padre della bimba che abbiamo imparato a conoscere e ad amare come Lydia, giusto?
DETECTIVE RAMONE: Sì, è esatto.
MINDY KING: Se si deve credere alle voci, la madre di Lydia, Carolyn, è morta solo poche settimane prima di Henry in un bizzarro incidente domestico. Ha lasciato un marito e un figlio.
DETECTIVE RAMONE: Esatto.
MINDY KING: Henry ha ucciso sua moglie, detective?
DETECTIVE RAMONE: Il caso di Carolyn è stato riaperto grazie alla scoperta di nuove informazioni. Stiamo esplorando la possibilità che la morte di Carolyn non sia stata accidentale, e continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per non lasciare nulla di intentato. Seguiremo le tracce degli eventi che hanno portato alla scomparsa di Lydia.
MINDY KING: Lei ha detto che Lydia è stata probabilmente rapita dalla sua tata, Sydney Banks. È vero che Sydney ha ucciso il padre per rapire la piccola?
DETECTIVE RAMONE: Sospettiamo che la bambina sia con Sydney Banks, come ho detto, e incoraggiamo chiunque pensi di aver visto Sydney o Lydia a telefonare alla polizia locale. È possibile che Sydney sia armata, per cui esortiamo tutti alla cautela nel caso di un avvistamento.
MINDY KING: Mi faccia capire bene, detective. Abbiamo un marito che uccide la moglie, e che poi si è visto rapire la figlia dalla tata. Quando Henry rintraccia sua figlia, viene ucciso da… Chi, detective? Chi ha ucciso Henry Stone?
DETECTIVE RAMONE: In questo momento non possiamo divulgare altre informazioni al pubblico. L’indagine è ancora in corso. Questo è tutto per oggi.
MINDY KING: Quindi, abbiamo una madre morta, un padre morto, una tata colpevole di rapimento e zero indizi dalla polizia. Detective, quali sono le possibilità di trovare Lydia Stone viva?
DETECTIVE RAMONE: Non ho altri commenti da fare.