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DETECTIVE RAMONE: Signora Adler, prima della pausa bagno, ha confessato di aver ucciso un uomo.
GINGER ADLER: Sì.
DETECTIVE RAMONE: Mi spieghi come è successo e, per favore, non tralasci alcun dettaglio.
GINGER ADLER: Ero alle prove della cena nel salone da ballo quando ho deciso che avevo bisogno di una pausa. Così, sono uscita a prendere una boccata d’aria fresca e sono andata a sbirciare il programma del matrimonio di domani. Non ero l’unica che aveva avuto quell’idea. C’era un uomo. C’eravamo solo noi due fuori, tutti gli altri stavano ancora mangiando. Mi sembrava piuttosto sospetto, a dirla tutta, come se avesse delle cattive intenzioni.
DETECTIVE RAMONE: Come poteva esserne certa se non l’aveva mai visto prima?
GINGER ADLER: Probabilmente perché mi ha aggredito prima che avessi tempo per pensare. So a malapena cosa è successo dopo. Ricordo che ho cercato di scappare, ma non sono stata abbastanza veloce. Mi sono difesa. C’era una bottiglia di vino su una rastrelliera all’esterno, e io l’ho semplicemente presa e gliel’ho spaccata in testa. Non avevo intenzione di ucciderlo, ma quando è caduto ho capito subito che non si sarebbe più rialzato.
DETECTIVE RAMONE: Signora Adler, se questa è tutta la verità, allora perché la vittima ha un proiettile in corpo?
***
«Vedi, tesoro? Te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta» disse Frank bonariamente. «Le cose si risolvono sempre, alla fine.»
Ginger si morse il labbro. Lei non avrebbe definito “farcela” perdere un volo, ma quello era suo marito. Per lui tutto si “risolveva”, non importava con quante storture, lividi e urti. La compagnia aerea era stata abbastanza accomodante da far salire la famiglia sul volo successivo, anche se ciò significava che non sarebbero stati tutti seduti vicini.
Mentre Ginger si faceva strada lungo il corridoio seguita dai suoi tre piccoli anatroccoli (Elsie, Tom e Poppy) e un anatroccolo grande (Frank), che arrancava dietro di lei con la valigia più grande, si chiese se era stata troppo severa con suo marito. Quando erano arrivati in ritardo all’aeroporto e avevano perso il volo lei si era veramente imbufalita.
Ginger aveva sempre pensato che Frank sarebbe dovuto nascere ricco. Basandosi esclusivamente sul suo atteggiamento e la noncuranza con cui andava in giro nel mondo, o formulava citazioni dal taglio inspirational come “tutto si risolverà” e “rilassati, tesoro, lavori troppo”. Non era giusto che Frank avesse l’atteggiamento di un uomo ricco con il portafoglio di un poveraccio, e questo non aiutava l’umore di Ginger.
Fece una smorfia ripensando a come aveva urlato contro Frank in macchina. Era ovvio che non sarebbe dovuta esplodere davanti ai bambini, e Ginger doveva delle scuse a suo marito. Ma non era solo questo. Ultimamente, Ginger si sentiva pessima come moglie e ancora di più come madre. Si preoccupava costantemente di tutto. Per i voli, per il nuovo atteggiamento così chiuso di Elsie. Era preoccupata per il costo dei nuovi scarpini da calcio di Tom e delle medicine di Poppy.
In un certo senso, Ginger si preoccupava perfino della sua relazione con Frank, che probabilmente non era un fan di questa nuova, irascibile versione di lei. L’unica cosa che le riusciva in quel periodo apparentemente era indossare gli stessi pantaloni della tuta per un numero allarmante di giorni consecutivi.
Ginger si era chiesta come mai stesse andando così fuori controllo; assisteva al fenomeno come un criceto che rimane intrappolato sulla ruota, mentre la vita girava sempre più veloce intorno a lei. Certo, l’umore di Elsie la stava facendo impazzire, e il suo lavoro all’hotel la teneva sveglia fino a ore impossibili, a fare doppi o tripli turni tutte le volte che glielo permettevano. Frank le dava costantemente sui nervi con i suoi stupidi passatempi che non portavano soldi e onestamente, se non fosse sempre riuscita ad aggrapparsi al briciolo di autocontrollo che ancora le restava, avrebbe potuto far fuori qualcuno.
Cercò di sciogliere le spalle, massaggiò i muscoli perennemente contratti sul fianco sinistro. Frank notò il movimento, la probabile stanchezza e, grazie a Dio, passò all’azione.
«Ok, truppa» cinguettò. «Mettete le borse nelle cappelliere! Sembra che staremo separati. Elsie, stai tu vicino a Tom? Io mi siedo qui con Poppy e lasceremo la mamma da sola a rilassarsi un po’. Sei d’accordo, tesoro?»
Ginger non avrebbe definito esattamente “rilassarsi” l’essere intrappolati in una lattina senza spazio per le gambe e piena di bebè urlanti (grazie al cielo i suoi figli avevano superato quella fase), ma se questo passava il convento, andava bene.
«Ma io voglio sedermi con papà» si lagnò Tom. «Ha detto che potevamo fare un gioco insieme.»
Ginger aprì bocca per approvare il piano quando Poppy pestò il piede a terra. «Ma ci voglio stare io, vicino a papà!»
«No!» gridò Tom. «Io sono un maschio. Tu stai con le femmine.»
«Ma papà ha detto che mi dava i cioccolatini» disse Poppy. «Mamma non me li dà mai.»
«Frank, pensavo che fossimo d’accordo sul non corromperli» disse Ginger a malincuore, sapendo di aver fatto la stessa cosa quella mattina. Solo che lei non si era fatta beccare. «Niente cioccolatini da nessuna parte se non stai a sentire.»
«Non voglio sedermi vicino a lei» gemette Elsie. «Fammi stare vicino a papà.»
«E io?» chiese Ginger. «Nessuno vuole sedersi accanto a me?»
L’aereo sprofondò in un improvviso silenzio.
«Fantastico» disse Ginger. «Suppongo che allora starò da sola e vi lascerò a litigare per il resto del viaggio.»
«Ehm, tesoro» disse Frank, con una punta di panico. «Ma i ragazzi…»
«I ragazzi te li sei vinti tu, adesso» disse Ginger, sollevando il suo zaino. «Per me basta così. Sbrigatevi, state bloccando il passaggio. Elsie, dammi il tuo zaino così posso metterlo su.»
«No, mamma, lo voglio tenere qui.»
«Puoi tenere con te una sola borsa. Borsa o zaino?» chiese Ginger. «Gli assistenti di volo te lo porteranno via se non lo metti nel bagagliaio, e per allora le cappelliere saranno tutte piene. Sbrigati, Elsie. La gente sta aspettando.»
A malincuore, Elsie dette lo zaino a sua madre e si sedette dal lato del corridoio, facendo strisciare Poppy su di sé per sedersi al centro. Ginger grugnì, promettendo che più tardi si sarebbe occupata delle buone maniere di Elsie, dopo aver incastrato lo zaino consunto in degli scomparti che bastavano a malapena per un paio di calzini. Chi era l’idiota senza figli che aveva fatto gli aerei così stretti?
«Scusatemi» disse un signore anziano alle sue spalle. «Possiamo muoverci?»
«Mi scusi» mormorò Ginger. «Sto solo cercando di sistemare i miei figli. Saremo fuori dai piedi tra un istante.»
«È già passato, un istante» disse lui, e Ginger alzò gli occhi al cielo. Quell’uomo, che sembrava non capire cosa voleva dire viaggiare con dei bambini, si comportava esattamente come uno di loro.
«Scusi» disse di nuovo. «La borsa non entra…»
«Forse se non fosse così piena» disse lui «ci entrerebbe. È troppo grande per la cabina. Non avrebbero dovuto fargliela passare.»
Pensa di essere un assistente di volo? Ginger strinse i denti così forte che già immaginava il dentista che le proponeva un bite (di nuovo) alla sua prossima visita. Ginger l’avrebbe liquidato con una risata (mariti, figli, ah ah ah, ci credo che digrigno i denti per lo stress!) quando il vero stress era il costo assurdo di un bite. Non poteva permetterselo. Era disposta a mettersi in bocca il vecchio paradenti da hockey di Tom di notte per risparmiare qualche dollaro, in modo da poter mandare Poppy al campus di ginnastica che lei desiderava tanto.
«Ecco fatto» disse, dando allo zaino una spinta finale che fu accompagnata da un rumore un po’ inquietante. Prima che Ginger potesse elaborare il suono, una valanga di cose di sua figlia cominciò a riversarsi in tutte le direzioni. I libri furono i primi a cadere, con Ginger che faceva le acrobazie per cercare di prenderli al volo: libri ammaccati e mutilati che sua figlia amava raccogliere dai banchi delle donazioni di biblioteche e mercatini. «Merda.»
«Mamma!» disse Poppy. «Non si può dire in pubblico! Solo quando sbatti il mignolino del piede e nessuno ti vede!»
«No, non si può dire mai» disse Ginger, rossa per l’imbarazzo. Perché Poppy riusciva a ricordare ogni maledetta parola che lei mormorava fra i denti, ma non riusciva a ricordarsi come allacciare le scarpe?
«Allora» disse l’uomo dietro di lei. «Possiamo sederci anche noi?»
Ginger sentì a malapena la protesta, perché era troppo occupata a fissare la tasca strappata dello zaino di Elsie. La cerniera si era completamente aperta, e la roba di sua figlia (tanta roba!) era sparsa ovunque. Palette di ombretti sputacchiavano polvere azzurra e rosa (non erano un po’ anni Ottanta?), i rossetti rotti macchiavano tutto, uno specchietto era in bilico e rischiava di fare una brutta finendo in mille pezzi, e un libro cadde a terra oltre le braccia di Ginger. Ma era l’ultimo dei suoi problemi.
«Mi scusi» la incalzò l’uomo. «Vorrei che questo aereo un giorno decollasse.»
Ginger era troppo occupata a fissare con orrore la lunga e sottile striscia di stagnola che penzolava dalla borsa della figlia (la figlia quindicenne) per rispondere. Quella fila di quadrati di stagnola significava che la sua bambina non era più così innocente come pensava lei.
Preservativi. Preservativi? Da quando le quindicenni avevano cominciato a portarsi in giro i preservativi? Una striscia intera, poi? Le orecchie di Ginger bruciavano e il suo cuore batteva forte. I suoni intorno a lei si erano sciolti in un soffice granello di frasi spezzate.
Permesso!
Mamma, la mia scarpa!
Mamma, dov’è il mio tablet?
Ginger! Cos’è successo, tesoro?
La mia scarpa, mamma! Dove è caduta? La vedi?
Mamma, pensavo avessi messo in valigia il mio tablet.
Mamma non ti ha messo in valigia il tablet. Ce l’avevi tu in macchina, Tom. Dov’è finito?
Ma insomma, signora!
Quella è mia moglie, signore. Al momento è… ehm, Ginger? Cosa stai facendo?
Ginger si riscosse lentamente, i frammenti di gelido orrore le ricadevano intorno mentre puntava il dito e volgeva lo sguardo verso Elsie. I suoi occhi erano due fessure, e in lei era in corso un conflitto, tra la madre arrabbiata (che detta le regole!) e l’amica (perché mia figlia non vuole parlarmi?). Il risultato fu un sibilo mortale. «Elsie?»
Sua figlia, l’impavida adolescente, improvvisamente sembrava terrorizzata. L’incrollabile, invincibile Elsie Adler che tremava: e tutto per una sola parola. «Mamma, non è…»
«Preservativi?» mormorò Ginger, strappandoli via dalla cappelliera.
Con la forza di una lanciatrice del peso, spinse lo sportello fino a quando il bagagliaio non si chiuse. Un rumore di vetro rotto segnò la fine della vita del povero specchietto, e uno schiocco di plastica quella di almeno un rossetto. Elsie sembrava mortificata.
Bene, pensò Ginger in un momento di debolezza. E meno male che quella stupida cappelliera aveva distrutto il trucco e gli specchi: una bella liberazione. Sua figlia avrebbe dovuto a malapena mettersi il rossetto, figuriamoci tenere dei preservativi nel beauty case.
«Dove ho sbagliato?» chiese, più a se stessa che a chiunque altro. «Ti ho amato, ti ho abbracciato, vero? Ti ho allattato al seno, anche se è stato uno strazio.»
Purtroppo, l’uomo dietro Ginger ritenne opportuno rispondere: «Ha sbagliato quando si è fermata in mezzo al corridoio. Può togliersi di mezzo, signora? Ormai siamo al ridicolo».
«Ti portavo ogni giorno agli allenamenti di pallavolo» disse Ginger, tremando. «Ti ho dato le verdure, messo lo smalto alle unghie e raccontato storie con la morale. Ho censurato film e libri troppo vecchi per te. Certo, non sono stata molto presente negli ultimi mesi perché ho lavorato, ma anche questo l’ho fatto perché ti voglio bene.»
«Mamma, stai facendo una scenata.» Elsie ritrovò il suo cipiglio. «Togliti di mezzo. Non è niente di che.»
«Ginger, tesoro, credo che gli assistenti di volo stiano arrivando, e non possiamo perdere un altro aereo» disse Frank. «Perché non ne parliamo più tardi?»
«Frank, tua figlia ha messo in valigia dei preservativi per una vacanza in famiglia» farfugliò Ginger. «Ha quindici anni.»
«Almeno ci sta attenta!» balbettò Frank, con le orecchie che diventavano rosse. «Ora, possiamo parlarne più tardi?»
Furibonda, Ginger si sedette per far passare l’uomo impaziente. Se gli occhi non la ingannavano, il tipo guardò per un istante Elsie (certo, forse era la sua immaginazione. Improvvisamente, ogni maschio sembrava un potenziale ormone ambulante che sbavava per sua figlia. Orribile).
Fortunatamente per lui, l’uomo superò Elsie e trovò il suo posto qualche fila più indietro, si sistemò e chiuse gli occhi borbottando. Era uno di quei passeggeri che non sentivano il bisogno, come invece il resto del mondo, di portarsi qualcosa per occupare il tempo durante i voli faticosi, lunghi e scomodi. Se Ginger non fosse stata così furiosa con sua figlia, lo sarebbe stata anche con lui. Rabbia, rabbia, rabbia. Il suo nuovo stato mentale.
Frank aveva ragione riguardo all’assistente di volo. Si stava avvicinando, con lo sguardo fisso non proprio maleducatamente ma quasi su Ginger. «Va tutto bene qui?»
No! Voleva urlare Ginger. Invece, gli rivolse un sorriso esile. «Solo un po’ di stress.»
«Quando si viaggia con i bambini è normale» disse la donna, appoggiando un braccio comprensivo sulla spalla di Ginger. «Tuttavia, abbiamo davvero bisogno che tutta la sua bella famiglia si sistemi, in modo da permetterci il decollo.»
Bella? Ginger non era sicura che fosse la parola migliore da usare per descrivere la sua famiglia al momento. Niente le sembrava più bello. Infatti, mentre guardava in avanti e vedeva le coppe di champagne distribuite in prima classe insieme agli asciugamani che sospettava fossero meravigliosamente caldi, ebbe l’idea fugace di fare uno scambio.
Dare via i suoi figli e Frank (solo per qualche giorno, naturalmente) per farsi coccolare in prima classe e andare in un resort dove Serenity Spa & Resort significava davvero serenità e relax e massaggi, e non solo: Mamma, possiamo andare in piscina? Mamma, ho perso la mia scarpa. Mamma, sto facendo sesso con un ragazzo qualsiasi che non conosci!
Chiuse gli occhi. Sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Ma si chiedeva come mai tutto le fosse sfuggito di mano. Quando si era sposata, ogni cosa sembrava più gestibile. Nuova, emozionante e fresca.
La prima gita allo zoo con Elsie, il primo sorriso, la prima scoreggia (ih ih!). Ora le flatulenze erano motivo di discussione serale a tavola, ed erano stati praticamente banditi dallo zoo perché Poppy cercava continuamente di dar da mangiare ai fenicotteri e Tommy batteva contro il vetro dei gorilla ogni volta che Ginger si girava (per due secondi) e regolarmente beccava Elsie che faceva gli occhi dolci ai Boy Scout.
Ignorando gli sguardi dei passeggeri curiosi, Ginger si alzò e andò a battere con discrezione sulla spalla di Frank. Poi si avviò con determinazione verso il retro dell’aereo, e suo marito, da brav’uomo che era, si alzò, dette a Tom una carezza sui capelli e poi la seguì.
Il buon vecchio Frank, il solito compagnone, pensò Ginger, infastidita dal fatto che anche i gesti più affettuosi di suo marito inacidivano nella sua mente.
Frank l’amava. Amava i suoi figli. Non era lui il problema.
«Che cosa c’è?» le chiese quando la raggiunse, con una voce volutamente morbida, come se Ginger avesse bisogno di essere maneggiata con i guanti. «È per via dei… sì, hai visto…»
«Preservativi, Frank» disse Ginger con fermezza. «Un’intera striscia. Metà dell’aereo è pronta a fare la corte a nostra figlia, probabilmente. Lei ha quindici anni.»
«Ehm, sì. Potrei… fare due chiacchiere con lei al resort? A meno che non voglia farlo tu. Sai, tra donne…»
«Ultimamente non mi dice nemmeno due parole in fila, a meno che non consideri maaa-mma come due parole. Mi piacerebbe parlare con lei, ma a quanto pare non crede di potersi confidare con me. Dove ho sbagliato?»
«Tesoro, credo che tu stia esagerando.»
«Non ha la patente. Non può votare. Non ha diciotto anni» disse Ginger. «Non è legalmente un’adulta. Non può prendere decisioni del genere.»
«Ti stai dimenticando di noi» disse Frank, chinandosi verso di lei. Le posò la mano sul fianco mentre abbassava la voce in modo nostalgico. «Abbiamo iniziato a… fare cose a quell’età.»
«Sì, ma ci amavamo. Mia madre conosceva tua madre. Avevamo solo amici in comune» disse Ginger, mettendo le mani sulla vita del marito, in un gesto sorprendentemente intimo in un momento così teso. «Stavamo ufficialmente insieme. Non ho la minima idea di chi potrebbe andare a letto con Elsie! Oddio, non riesco nemmeno a dirlo. Ho la bocca asciutta. Frank, ho bisogno di un bicchiere d’acqua. Non riesco a respirare.»
«Ginger Adler» disse Frank con la voce ferma e paziente che adottava ogni volta che Ginger cominciava a perdere la testa. «Ti amo. Tu mi ami. Abbiamo tre bellissimi figli. Elsie è un’adolescente, e sta passando un brutto momento, è normale. Forse questa è una buona cosa. Abbiamo una settimana di vacanza, forse riusciremo a far sì che si confidi con noi, mentre ci rilassiamo.»
«Bene» disse Ginger. «Ma se solo vedo qualcuno che alza un dito su Elsie lo uccido, Frank. Non sto scherzando.»
***
DETECTIVE RAMONE: Vuole dirmi il suo nome per esteso, per il verbale?
FRANK ADLER: Frank Jonathan Adler.
DETECTIVE RAMONE: Mi parli un po’ di sua moglie, signor Adler.
FRANK ADLER: Ginger? Be’, ha già parlato con lei. Sinceramente? È una santa. Lei tiene insieme tutto. Abbiamo tre figli, ed Elsie è una vera peste al momento. Adolescenti, sa com’è. Lei ha figli, detective?
DETECTIVE RAMONE: No, non ne ho.
FRANK ADLER: Ah, guardi. Con una ragazza adolescente ogni evento è l’apocalisse. Mentre andavamo all’aeroporto abbiamo avuto una discussione sulla frangetta, come se fosse stata una questione di vita o di morte. Per la frangetta! Francamente, non mi ero nemmeno accorto che Elsie si fosse tagliata i capelli.
DETECTIVE RAMONE: Signor Adler…
FRANK ADLER: Scusi, sto divagando. Cosa vuole sapere di Ginger? È bella, è intelligente ed è la lavoratrice più coscienziosa che conosca. Ha fatto un sacco di straordinari nell’albergo dove lavora, perché ultimamente il mio lavoro non ha pagato molto bene. Dovrebbe essere lei a dirigere quel posto ormai, ma si è presa una pausa quando abbiamo avuto i bambini, e quindi ora è bloccata dietro il banco della reception. Quella donna è una manna dal cielo. Onestamente, non sono sicuro del perché stia con me. Lei non è la mia metà, vale il doppio di me. Se non avessi lei, io… be’, probabilmente morirei. Morirei di fame o qualcosa del genere.
DETECTIVE RAMONE: Frank, ho bisogno che lei sia sincero con me: sua moglie l’ha mai minacciata?
FRANK ADLER: Be’, era quasi pronta a uccidermi quando per colpa mia abbiamo perso il volo, ma in effetti era proprio colpa mia. Aspetti, dice sul serio? Certo che no. Ginger non farebbe male a una mosca. Dove vuole arrivare, detective?
DETECTIVE RAMONE: Signor Adler, sua moglie ha confessato di aver ucciso un uomo stasera.
FRANK ADLER: Questo è impossibile.
DETECTIVE RAMONE: Cosa glielo fa dire? Può fornirle un alibi per questa sera?
FRANK ADLER: Non serve, mia moglie non sopporta la vista del sangue! È migliorata un po’ con i bambini che si sbucciano continuamente ginocchia e gomiti, ma… non può dire sul serio.
DETECTIVE RAMONE: Era con sua moglie durante la cena di prova di stasera?
FRANK ADLER: No.