38

 

Reggie Cumbo non alzò lo sguardo, quando entrai nella stanza.

Schoon ed Epstein sì. Sotto gli occhi dei due avvocati, ammutoliti, mi diressi al tavolo.

Da vicino, vidi che Reggie sudava abbondantemente: il colletto era zuppo. Aveva occhi cerchiati da flaccide mezzelune color prugna, la pelle di un grigio spento.

«Sono la dottoressa Temperance Brennan.» Presi una sedia.

«Dottoressa?» Lo sguardo di Epstein corse da me a Schoon.

«Il viceprocuratore Cotton ha caldeggiato la mia presenza a questo colloquio.»

«Dottoressa?» ripeté Epstein.

«Sono antropologa forense.»

«Non vedo la pertinenza.»

«Lavoro per il JPAC.» Mi rivolsi direttamente a Cumbo. «Joint POW/MIA Accounting Command. Ne ha sentito parlare?»

L’uomo non alzò la testa, né attestò in alcun modo di aver sentito la mia domanda.

«La missione dell’ente è individuare i caduti americani in guerra per riportarli a casa. Un compito che svolge ottimamente.»

Epstein fece per obiettare: lo ignorai.

«Sono coinvolta nel caso di un soldato rimasto ucciso in Vietnam, poi sepolto nella sua città natale in North Carolina.»

Niente.

«Parenti e amici lo chiamavano Spider.»

Le mezzelune prugna si sollevarono appena percettibilmente.

«Non molto tempo fa, è successo un fatto strano. Un uomo è morto in Canada, e le impronte digitali lo hanno identificato con Spider. Ma Spider era sepolto a Lumberton, North Carolina.»

Cumbo cominciò a rosicchiarsi le unghie del pollice. Notai che erano gialle e striate.

«Come può immaginare, la cosa ha creato notevole confusione. E all’esercito la confusione non piace. Hanno aperto un’inchiesta per stabilire come lo stesso uomo possa essere morto in due posti diversi.»

Pausa d’effetto.

«Ma credo che lei lo sappia.»

«Tutto questo è ridicolo» intervenne Epstein.

Di nuovo, lo ignorai.

«Il vero nome di Spider era John Charles Lowery.»

Epstein e Schoon apparvero entrambi sbigottiti. Poi il primo se ne rammaricò, e costrinse i tratti in una maschera impassibile.

«Ma lei dichiara di essere John Charles Lowery. Dice di avere ucciso Xander Lapasa a Long Binh, quarant’anni fa, e di averne assunto l’identità.»

Mi sporsi in avanti, appoggiando gli avambracci sul tavolo.

«Ma John Charles Lowery non è mai stato in Vietnam. Non è vero, Reggie?»

Cumbo evitava ancora i miei occhi.

«Lei ricorda Spider: eravate cugini, siete andati a scuola insieme, giocavate nella stessa squadra di baseball. Non fu lei che lo convinse a entrarci?»

Le sue unghie stavano facendo gli straordinari.

«Vuole sapere come è morto? Si è legato una pietra alla caviglia e si è annegato. Il suo corpo giace in un obitorio di Montréal e la targhetta che ha sull’alluce recita così: NN

Una versione un po’ libera, ma abbastanza fedele ai fatti.

Epstein agitò una mano, sprezzante. «Qui abbiamo finito. La signora è chiaramente male informata.» Afferrò i braccioli della sedia e fece per spingersi indietro.

«Ha ragione e torto.» Gli occhi di Cumbo perforarono i miei.

«Signor Lapasa, le consiglio caldamente...»

Senza voltarsi, Reggie alzò un dito: un insegnante che impone il silenzio agli scolari.

Epstein aggrottò le sopracciglia, disapprovando.

Sganciando gli elastici dalle orecchie, Cumbo levò la mascherina.

Mi costrinsi a rimanere immobile.

Quella protezione non era stata indossata per paura dei germi: la metà inferiore del volto era grottescamente sfigurata. Il mento era deviato verso destra con un’inclinazione innaturale e la mandibola appariva sproporzionatamente piccola. Doveva essere stata in gran parte asportata chirurgicamente, immaginai. Il collo presentava una rientranza cavernosa e una frastagliata cicatrice attraversava trasversalmente la gola.

«Siamo pari, così? Anche la sua faccia è una merda.»

Tenni gli occhi fissi nei suoi.

«Ci ha preso» disse. «Non sono Al Lapasa. E non sono Spider.»

«È Reggie Cumbo.»

«Non sono Reggie Cumbo da più di quarant’anni.»

«È entrato nell’esercito al posto di Spider.»

«Lui non ci voleva andare. Io sì.»

«Partì per il Canada.»

Cumbo alzò le spalle. «Gli piaceva la neve.»

«Siete rimasti in contatto?»

«Per un po’. Gli giravo le lettere di sua madre. Ho smesso quando mi hanno spedito in Vietnam.» La sua bocca eseguì una scivolosa manovra laterale. «Ho ancora un po’ delle merdate di Harriet in una scatola.»

«L’esercito, però, non era esattamente come lei se l’era immaginato.»

Gli occhi di Cumbo si assottigliarono.

«Combattimenti, giungla afosa e puzzolente: voleva andarsene.»

«Era una guerra stupida.» Sulla difensiva.

«Così ha ucciso Xander Lapasa.»

«Cos’è? Sto guardando una replica?» Buttò stizzosamente a terra la mascherina.

Cambiai argomento.

«Lei possiede un bar a Oakland, il Savaii

«È un crimine?»

«Savaii è una città delle Samoa.»

«Ecco! Complimenti, dottoressa, si merita un bel dieci in geografia.»

«È il ritrovo dei membri di una gang chiamata Sons of Samoa.»

Cumbo alzò poi lasciò ricadere i palmi sul piano del tavolo. E allora?

«Come fa uno di Lumberton, North Carolina, a finire nei SOS

«Avevo l’aspetto giusto per quel ruolo. Capelli, occhi, carnagione scura. Sangue indiano, sa?» Bocca e mento si storsero nel tentativo di abbozzare un sorriso ironico. Una vista repellente. «I Crips sentirono il nome Lapasa e credettero che fossi samoano. A me tornava utile essere nella gang, perciò ne approfittai.»

Schoon si schiarì la gola.

Epstein ascoltava, silenzioso ma vigile.

«Mi dica di Francis Kealoha.»

«Chi cazzo è Francis Kealoha?»

«Forse lo conosce come Frankie Olopoto.»

Sotto la cicatrice, il pomo di Adamo salì, ridiscese.

«E George Faalogo? Questo nome le dice qualcosa?»

Cumbo non proferì parola.

«Parliamo di Nickie Lapasa.»

Nessuna risposta.

«È il fratello di Xander, il poveraccio che ha ucciso. Sicuramente sa che Nickie è un uomo potente. Un uomo ricco. Sicuramente sa che la famiglia Lapasa ha interessi finanziari che si estendono ben oltre lo Stato delle Hawaii, forse persino in California. Ha affermato di aver cercato Nickie on-line. Era una piccola bugia, Reggie? Forse voi due siete legati, diciamo, da vincoli professionali?»

Schoon tornò improvvisamente in vita.

«Non parleremo degli affari personali o professionali di Nicholas Lapasa, nel corso del presente colloquio.»

«È per questo che ha mandato qui Frankie e Logo?» insistei.

Gli occhi di Cumbo si ridussero a due fessure, ma non disse nulla.

Premetti un altro tasto.

«Mi dicono che è indagato per vendita illegale di droga. Il bar è il suo quartier generale, Reggie?»

Ora fu il turno di Epstein di obiettare. «Sta passando ogni limite, signora.»

«Tenta di espandere la distribuzione?» Continuai a tartassare Cumbo. «È per questo che ha mandato Kealoha e Faalogo alle Hawaii? A tastare il terreno?»

«Basta!» Epstein era in piedi.

«Ha combinato un casino, Reggie. Ha spedito Frankie e Logo nel territorio di un altro. Mai sentito parlare di L’il Bud T’eo? Li ha piazzati in casa sua.»

«È oltraggioso.» Una chiazza di rossore si andava espandendo dal colletto di Epstein.

«Li ha condannati a morte, Reggie.»

«Checcazzo!» Le labbra di Cumbo si aprirono, rivelando una lingua che pareva un’anguilla avvizzita.

«Gli squali non hanno lasciato molto da identificare.»

La bocca si richiuse, compì un altro giro bavoso.

«La sua linea di interrogatorio è completamente fuori luogo.»

Per la prima volta, guardai Epstein. Dovevo riconoscerlo: era tenace come una zecca.

«Se vuole che il colloquio continui» mi ammonì, «dovrà attenersi esclusivamente alle circostanze della morte di Xander Lapasa.»

«Bene. Concentriamoci su Xander. Il suo cliente sostiene di volersi scaricare la coscienza per l’omicidio. Però mente circa la propria vera identità.» Mi rivolsi a Cumbo. «Come mai, Reggie?»

«Gliel’ho detto. Ho dei rimorsi.»

«Sta cercando pace? Perdono? O soltanto di salvarsi il culo?»

Sbuffò, sprezzante.

«Sa che cosa penso, Reggie? Forse la polizia sta scoprendo la sua piccola operazione. Forse i SOS le stanno addosso per aver fatto uccidere Frankie e Logo. Forse ha saputo che T’eo le ha messo una taglia sulla testa. Comunque sia, dubito che lei voglia davvero scaricarsi la coscienza: penso che stia cercando di battersela un’altra volta.»

Parlavo a ruota libera.

«Credo che lei ormai si sia reso conto che Al Lapasa è giunto al capolinea, e ora spera in John Lowery come nuovo lasciapassare per scampare la galera. È il suo modus operandi, vero? Rubare il nome a un altro e scomparire. Reggie Cumbo diventa Spider Lowery. Spider Lowery diventa Al Lapasa. Ora è il momento di tornare a essere Lowery. Per scomparire di nuovo.»

L’uomo sporse avanti la testa, piazzando il naso a pochi centimetri dal mio. Sentii l’odore del suo sudore, il suo alito rancido sul viso.

Piantando gli occhi nei miei, raccolse le dita poi le aprì come in un’esplosione di fuochi d’artificio.

«Puf!»

Goccioline di saliva mi arrivarono in faccia.

Disgustata, arretrai con la sedia e allungai la mano verso la borsa. Stavo cercando un kleenex, quando la porta si aprì.

Mi voltai.

Il viso di Lô mi disse che qualcosa, decisamente, non andava.

«Posso aiutarla?» chiese Schoon.

Lô puntò l’indice verso di me, poi il pollice verso l’uscita alle sue spalle.

Mi alzai e uscii a passo spedito verso il corridoio.

Ryan attendeva in piedi fuori dalla sala riunioni in cui avevamo osservato l’interrogatorio. Il suo corpo appariva teso. Il viceprocuratore non era con lui.

«Dov’è la Cotton?» domandai.

«È dovuta andare via» rispose Lô.

Non disse altro finché non raggiungemmo Ryan, poi: «Pinky Atoa è morto».

«Oh, mio Dio.» Ero sconvolta.

L’espressione di Ryan mi rivelò che già sapeva.

«Un barbone l’ha trovato novanta minuti fa dietro un 7-Eleven sulla Nuuanu. Si è preso una palla nel cranio, tre nel petto.»

Avvertii un conato: il ragazzo aveva sedici anni; solo il giorno prima era preoccupato per il suo cane.

«Il corpo era per terra, dietro un cassonetto.» Lô deglutì. «La lingua era stata tagliata e inchiodata lì accanto.»

Gesù.

«Quando l’hanno ucciso?»

«La Perry colloca l’ora della morte più o meno tra le nove e le undici di questa mattina.»

«Era appena stato rilasciato...» Non ci potevo credere.

«Già. Qualcuno lo stava aspettando.»

Gli occhi di Lô mostravano dolore e determinazione insieme: sapeva che cos’era successo e che cosa sarebbe seguito.

Anche Ryan e io avevamo vissuto l’esperienza di una guerra tra bande, visto la carneficina, le morti inutili. Anche noi sapevamo.

«Non ho idea se quel coglione di Cumbo sia coinvolto, ma, accordo o non accordo, il suo culo rimarrà dov’è finché non lo scoprirò.»

«È apparso autenticamente sorpreso quando gli ho riferito che Kealoha e Faalogo sono morti.»

«Sì, è innocente come Bambi.»

Lô lanciò un’occhiata al suo orologio.

«La Hung sta venendo qui: si occuperà di Cumbo. Ho chiesto a Puzzola di vedere che cosa riesce a captare sull’omicidio Atoa. Nel frattempo, io vado sulla scena.»

Le sue suole scricchiolarono leggermente, mentre percorreva a passo spedito il marmo del pavimento.

Ryan e io prendemmo l’ascensore e lasciammo l’edificio in silenzio.

Camminando verso la sua auto, dividevamo il marciapiede con turisti che decifravano cartine, madri che spingevano passeggini, signore cariche di borse, intente allo shopping.

Il sole di quell’inizio di serata immergeva la città in calde tonalità zafferano. L’aria sapeva di mare e cemento caldo, con note di ibisco e di carne che cuoceva sulla griglia.

Una giornata troppo bella per morire, pensai. Per morire a sedici anni.

Ryan stava sbloccando le sicure, quando si udì uno stridio di pneumatici alle nostre spalle.

Entrambi ci voltammo di scatto. Luci azzurre lampeggiarono dal muso e dalla fiancata della Ford di Lô.

Guardai Ryan e il suo viso mi rivelò che condivideva la mia stessa apprensione.

Corremmo verso Lô.

Parlava dal finestrino abbassato: «Ha chiamato Puzzola: corre voce che Atoa sia stato fatto fuori da T’eo».

«Ha ordinato di uccidere uno dei suoi?» Ero sconvolta e sconcertata.

«Qualcuno deve avere visto Pinky entrare o uscire dalla centrale e ha avvertito T’eo. Il quale ha pensato di farne un esempio per tutti.»

«Cristo» disse Ryan.

«Corre voce che Ted Pukui si sia preso ventimila dollari per stendere il ragazzo.»

Attendemmo il seguito.

«Puzzola ha sentito che Atoa è solo l’inizio. T’eo progetta di mandare un messaggio, non solo qui, ma a tutti i membri sul continente.» Lô sbuffò disgustato. «Vuole accrescere la sua leggenda.»

I suoi occhi corsero da Ryan a me, poi tornarono di nuovo su di lui. «Dove sono le vostre figlie?»

«A casa.» Un pugno gelido mi serrò il cuore. «Perché?»

«Chiamatele.»

Ryan fece il numero della villa. Nessuna risposta. Provò con il cellulare di Lily. Segreteria. Mi passò il telefono. Segreteria anche da Katy.

«Perché chiedi di loro?» domandai.

«Pare che T’eo abbia messo in palio altri ventimila per te o per una delle due ragazze.»

Il pugno si ingrandì fino a riempirmi il petto.

«C’era lui, dietro l’incidente a Waimanalo Bay. Gli è costato una cassetta di rum farti buttare fuori strada da quei due teppisti.»

«Perché?»

«Per scoraggiarti dall’aiutare la Perry. Non ha funzionato, e ora stai causando guai seri. Questa volta, offre un sacco di soldi.»

Vidi la rabbia penetrare negli occhi di Ryan. La sentii nei miei.

«Ma la soffiata riguarda le vostre ragazze. Secondo Puzzola, l’ordine di T’eo era di far fuori lo zuccherino bianco o quello scuro.»

 

 

Le ossa del ragno
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