36

 

Schoon ci raggiunse qualche secondo dopo.

«Come procedo?» chiese a Lô.

«Non ho obiezioni a un accordo su Xander Lapasa: è roba successa quarant’anni fa. E in Vietnam: già solo stabilire la giurisdizione sarebbe un incubo. Inoltre, potrebbe anche essere un bluff: magari sta tentando di ricavare un po’ di contanti da una voce che ha sentito.»

Ci avevo pensato anch’io.

«Ma Kealoha e Faalogo, non li nomini nemmeno» proseguì Lô. «Se lo stronzo sta piazzando droga nella mia città, lo inchiodo, cancro o non cancro.»

«Potrebbe volerci un po’» disse Schoon.

Non fu così: dieci minuti dopo era di ritorno.

«Il procuratore distrettuale è d’accordo. Daremo corda a Lapasa, sperando che si impicchi da solo su qualcos’altro. Tra poco ci raggiungerà un suo vice, ma il procuratore ha detto di cominciare, visto che stiamo registrando ed è presente l’avvocato. Tra l’altro, non ritiene che la questione possa essere considerata di nostra competenza, poiché il presunto crimine è avvenuto in Vietnam e l’esecutore era un militare in servizio attivo.»

Se ne andò. Un minuto dopo riapparve sullo schermo e riprese il suo posto.

«Bene» disse. «Ha l’immunità su tutto ciò che dichiarerà a proposito di Xander Lapasa.»

L’uomo con la mascherina guardò il suo avvocato.

«Vorremmo che ce lo mettesse per iscritto» disse quello.

«Senz’altro.»

Epstein annuì.

Schoon riprese la penna. «Mi parli della morte di Alexander Lapasa.»

Mascherina si ripiegò su se stesso, inspirando, buttò fuori l’aria, poi: «Lapasa e io aspettavamo un elicottero, che doveva portarci nell’entroterra».

«Questo dove è stato?» domandò il legale.

«Long Binh.»

Il mio cuore cominciò a battere così forte che, pensai, gli altri l’avrebbero sentito.

«Per passare il tempo, ci mettiamo a chiacchierare. Gli chiedo come mai non ha l’uniforme e lui dice che è un civile, arrivato lì per cercare occasioni d’affari, per quando la guerra sarà finita.

«Finalmente partiamo, ma l’elicottero si è appena alzato in volo, che perdiamo colpi, cadiamo. Pilota, copilota e capo della spedizione ci restano secchi. Così pure un ragazzo che viaggiava dietro. Io mi allontano. Lapasa anche.» Alzò le spalle. «Mi è sembrata l’occasione perfetta per me.»

Gesussanto!

Tesi di scatto la mano verso Ryan. «Dammi il tuo cellulare.»

«Eh?»

«Dammi il cellulare.» Brusca.

Lo fece.

Pigiai i tasti, i miei occhi che correvano dal telefono all’uomo sullo schermo. Schoon, ora, si stava informando sulle date.

«Gennaio 1968.»

«Giorno?»

«Non lo so.»

Danny rispose al primo squillo.

«L’operaio della manutenzione, testimone della caduta dello Huey a Long Binh... l’hai mai rintracciato?»

«Harlan Kramer?»

«Quello che è.»

«Ci ho parlato. È in pensione e abita a Killeen, Texas. Non mi ha detto nulla di nuovo...»

«Gli hai chiesto quanti uomini c’erano a bordo?»

«La nota di carico ne elencava cinque. Quattro membri dell’equipaggio e Spider Lowery.»

«Ma tu gli hai chiesto quanti erano saliti?»

«No.»

«Richiamalo e chiediglielo.»

«Ora?»

«Sì.»

«Cosa sta succedendo?»

«Fallo e basta. Poi dimmi che cos’ha risposto.»

Mi alzai, camminai su e giù, mi rosicchiai la cuticola del pollice.

Ryan e Lô mi guardavano come se fossi impazzita.

Sul monitor, Schoon stava chiedendo all’interrogato di descrivere Xander Lapasa. E l’arma.

A quel punto il telefono squillò.

«Kramer ha visto sei uomini salire a bordo: quattro membri dell’equipaggio, un prigioniero che era stato di recente rilasciato e un civile.» Danny sembrava imbarazzato. «Dice che nessuno gliel’aveva mai chiesto: tutti domandavano sempre e solo la dinamica dell’incidente.»

«E lui non ne ha mai parlato, perché immaginava che avessero la nota di carico.»

«Esatto.»

«Grazie, Danny. Più tardi ti spiego tutto.»

Rivolsi di nuovo l’attenzione all’uomo sullo schermo.

Domanda: «Quanto vi siete allontanati dal luogo dello schianto?».

Alzò le spalle. «Diavolo, non lo. Forse mezzo chilometro.»

«A piedi.»

«No, abbiamo chiamato un fottutissimo taxi.»

«E gli ha sparato.»

«Quante volte lo devo ripetere?»

Le iridi scure.

Le sopracciglia alla Al Pacino.

Ma certo!

Ecco, quello era il messaggio che il mio Es tentava d’inviarmi.

«E poi?»

«Gli ho messo addosso la mia piastrina e me ne sono andato.»

«Qual è il motivo per cui si trovava a Long Binh all’epoca?»

«Ero appena uscito di prigione.»

«È Spider» mormorai.

«Che?» domandò Ryan.

«Chi?» domandò Lô.

«John Lowery. Lo chiamavano Spider.»

«Tabarnac

«Chi?» ripeté Lô.

«Sssh.» Li zittii entrambi: volevo sentire il seguito del suo racconto.

«... andò, dopo avere ucciso il signor Lapasa?»

«Saigon per qualche anno, poi in Thailandia. Bangkok. Chiang Mai. Chumphon. Di nuovo a Bangkok. Ci sono rimasto fino al 1986.»

«Poi?»

«Mi è venuta nostalgia di casa.»

«È tornato negli Stati Uniti?»

Annuì.

«Con un passaporto vecchio di diciotto anni.» Schoon era scettico.

«Ne avevo uno nuovo.»

«Com’è possibile?»

«Questo idiota vive sulla luna?» chiese a Epstein, grondando disprezzo.

«Continui» disse Schoon.

«Niente.» L’uomo alzò le spalle. «Da allora ho sempre vissuto qui.»

«E sempre sotto il nome di Lapasa.»

«Sono un uomo rispettabile: pago le tasse e ho persino un bastardino.»

«La sua vera identità, signore?»

Quello guardò Epstein.

Che annuì.

«John Charles Lowery. Nato il 21 marzo 1950 a Lumberton, North Carolina. Padre: Platone. Madre: Harriet.»

Lo sapevo! E tuttavia, nel sentirlo, mi percorse una scarica elettrica.

«Senta, io devo mangiare» esclamò Spider. «Che ne direbbe di rimediare qualche sandwich, magari un paio di lattine.»

Schoon parve indeciso per un istante, poi: «Forse una pausa è quello che ci vuole».

L’avvocato di Nickie si alzò e uscì dalla visuale. Sospettai che ritenesse giunto il momento di chiamare il suo cliente.

Mi voltai a guardare i due detective.

Per una buona trentina di secondi, nessuno osò esprimere un giudizio. Il primo a parlare fu Lô.

«L’istinto mi dice che questo stronzo spara palle.»

«Deve essere Spider» obiettai. «Chi altro saprebbe di Long Binh? Dello Huey caduto? Del motivo per cui Xander si trovava in Vietnam?»

«Come faceva Xander a stare su un elicottero militare?» domandò.

«I civili chiedevano costantemente passaggi» spiegai.

«L’aspetto corrisponde?»

Tirai fuori due fotografie dalla borsa: l’istantanea trovata sulla scrivania di Jean Laurier. La foto della squadra che Platone aveva tolto dall’album.

Studiammo tutti e tre il volto del giovane Spider, poi quello dell’uomo sullo schermo.

Entrambi avevano gli stessi occhi scuri, le stesse sopracciglia arcuate.

«Difficile dirlo, con quella mascherina» osservò Lô. «E in più il tizio, qui, ha un piede nella fossa.»

«Gli occhi sembrano i suoi» commentò Ryan.

«Che motivo avrebbe di mentire?» domandai.

Su questo nessuno aveva una teoria.

«C’è una cosa che mi disturba» disse Lô. «Se Spider non era samoano, come ha fatto ad agganciare i SOS?» Su questo neppure.

«Se è sincero» osservai, «si spiegherebbe la piastrina di Spider addosso a Xander Lapasa.»

«Ma non si spiegherebbero le impronte di Spider sulla vittima di Hemmingford» ribatté Ryan.

«Già» concordai. «Però si spiegherebbe perché il test del DNA ha mostrato che quell’uomo non può essere figlio di Harriet.»

«Qualcuno ha sete?» Lô si alzò.

«Diet Coke» dissi io.

«Caffè.»

«Non proseguite senza di me.» Scomparve oltre la soglia.

Aspettando, riguardai le foto. C’era Spider appoggiato alla Chevy. Ed eccolo con il numero dodici sul petto.

Mi chiesi in che posizione giocasse, se il baseball gli piaceva. Quante volte il coach lo aveva lasciato entrare in campo.

A sentire Platone, stava quasi sempre in panchina. Si era fatto convincere a entrare in squadra dal cugino.

Com’è che si chiamava lui?

Reggie. Reggie Cumbo.

Guardai Reggie: un ginocchio poggiato a terra, niente sorriso. La somiglianza con Spider era davvero impressionante.

Platone aveva detto che i ragazzi erano parenti da parte di Harriet.

Rividi il vecchio mentre parlava della moglie e, di nuovo, avvertii il suo dolore.

Come si era espresso? Harriet aveva occhi davvero belli: uno castano, uno verde come i pini del Texas.

A un tratto, una minuscola particella si materializzò nel mio cervello.

Le impronte digitali dicevano che l’uomo morto a Hemmingford era Spider Lowery.

Il DNA diceva di no.

I registri dell’esercito dicevano che Spider Lowery era morto in Vietnam.

L’uomo che stava parlando a Schoon diceva di no.

Ricordai l’istantanea di Harriet Lowery in piedi sul molo, il petto bruciato dal sole, gli occhi di colore diverso.

Altre particelle vennero ad aggiungersi alla prima.

Ricordai la mia conversazione con il medico di Harriet. La Macken ammetteva la presenza di un’anomalia nei test di compatibilità: il DNA aveva mostrato che la signora Lowery non poteva essere la madre di Tom.

Platone e Harriet negavano.

Tom era il gemello di Spider.

Mi tornò in mente un articolo. Un caso giuridico.

Le particelle nel mio cervello ora si aggregarono in una teoria completa.

Fissai il monitor, quasi trattenendo il respiro, desiderando con tutta me stessa che l’uomo con la mascherina guardasse in camera.

La porta si aprì.

Dai!

Passi attraversarono la stanza.

Dai!

Lô mi piazzò davanti una Diet.

Dai!

Sullo schermo apparve Schoon, che mise sul tavolo un sacchetto bianco. I due uomini della California ne tolsero bibite, sandwich, tovagliolini di carta.

Aprirono le lattine. Spremettero le confezioni di senape e maionese.

Guardami, bastardo!

Alla fine lo fece.

E seppi chi era.

E che cosa era successo.

 

 

Le ossa del ragno
coverpage.xhtml
content0001.xhtml
content0002.xhtml
content0003.xhtml
content0004.xhtml
content0005.xhtml
content0006.xhtml
content0007.xhtml
content0008.xhtml
content0009.xhtml
content0010.xhtml
content0011.xhtml
content0012.xhtml
content0013.xhtml
content0014.xhtml
content0015.xhtml
content0016.xhtml
content0017.xhtml
content0018.xhtml
content0019.xhtml
content0020.xhtml
content0021.xhtml
content0022.xhtml
content0023.xhtml
content0024.xhtml
content0025.xhtml
content0026.xhtml
content0027.xhtml
content0028.xhtml
content0029.xhtml
content0030.xhtml
content0031.xhtml
content0032.xhtml
content0033.xhtml
content0034.xhtml
content0035.xhtml
content0036.xhtml
content0037.xhtml
content0038.xhtml
content0039.xhtml
content0040.xhtml
content0041.xhtml
content0042.xhtml
content0043.xhtml
content0044.xhtml
content0045.xhtml
content0046.xhtml
content0047.xhtml
content0048.xhtml
content0049.xhtml
content0050.xhtml
content0051.xhtml
content0052.xhtml
content0053.xhtml
content0054.xhtml
content0055.xhtml
content0056.xhtml
content0057.xhtml
content0058.xhtml
content0059.xhtml
content0060.xhtml
content0061.xhtml
content0062.xhtml
content0063.xhtml
content0064.xhtml
content0065.xhtml
content0066.xhtml
content0067.xhtml
content0068.xhtml
content0069.xhtml
content0070.xhtml
content0071.xhtml
content0072.xhtml
content0073.xhtml
content0074.xhtml
content0075.xhtml
content0076.xhtml
content0077.xhtml
content0078.xhtml
content0079.xhtml
content0080.xhtml
content0081.xhtml
content0082.xhtml
content0083.xhtml
content0084.xhtml
content0085.xhtml
w2e.xhtml