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Scattai in piedi.
«Mi devo collegare.»
Ryan e Lô mi guardarono come se avessi detto che volevo entrare in Al Qaeda.
«Dite a Schoon di guadagnare tempo.»
«Perché?»
«Deve farlo parlare più che può.»
Corsi alla reception e feci la mia richiesta.
Imperturbabile, Tina mi condusse in un ufficio vuoto, batté su qualche tasto e se ne andò senza chiedere spiegazioni.
Forte, Moneypenny.
Mi collegai e aprii il sito del «New England Journal of Medicine», richiamando un articolo e scorrendolo velocemente.
Presi qualche appunto. Passai da un link all’altro finché non ritenni di avere approfondito a sufficienza l’argomento.
Poi digitai un nome.
Un secondo nome.
Tornai praticamente ballando in sala riunioni.
Ryan e Lô erano in compagnia di una donna. Alta, con capelli castani corti e guance segnate dall’acne; le davo circa trentacinque anni.
Lô fece le presentazioni. Decisamente, non pareva al settimo cielo.
La nuova arrivata era Maya Cotton, dell’ufficio del procuratore distrettuale di Honolulu.
Ci stringemmo la mano.
«Comunque» disse. «Sono davvero spiacente di avervi rovinato la giornata.»
«Dannazione.» Lô sferrò un calcio a una gamba del tavolo.
«Che c’è?» domandai con scarso interesse, ansiosa di rivelare la mia scoperta.
«Hanno sbattuto fuori Pinky Atoa, stamattina.»
Restai interdetta. «Ma ha ammesso di essere coinvolto nell’omicidio Kealoha-Faalogo.»
Sbuffando disgustato, Lô fece segno alla Cotton di spiegare.
«È risultato che il ragazzo, in realtà, aveva solo sedici anni. La confessione non è valida. E poiché non c’era altro a incriminarlo, hanno dovuto lasciarlo andare.»
Sul monitor, Schoon stava ancora facendo domande all’uomo con la mascherina.
«Che cosa mi sono persa?» chiesi, accennando allo schermo.
«Spider è un uomo rinato» commentò Ryan. «Sta pensando di entrare nei gesuiti.»
«So che cosa è successo.» Ero così eccitata da non mostrare alcuna partecipazione alla frustrazione di Lô. «Spider. Xander. Lapasa. Mi servivano solo alcune informazioni mediche.»
«Allarme conferenza» bisbigliò Ryan agli altri.
«Sarò breve.» Ero troppo esaltata per prendermela.
«È comprensibile.»
«Sì, sì. Niente gergo.»
Respiro profondo.
«Nel 2002 una donna incinta di nome Lydia Fairchild richiese il sussidio statale nel Regno Unito. Oltre al bimbo che doveva nascere, aveva già avuto due figli da un uomo di nome Jamie Townsend. Nell’ambito della procedura di accertamento, la Fairchild dovette fornire un campione di DNA per dimostrare la paternità di Townsend. I risultati confermarono che lo era, ma, a sorpresa, indicarono che lei non era la madre.»
«Ops» disse Ryan.
«C’è poco da ridere. La Fairchild fu accusata di frode e i suoi bambini vennero dati in affidamento. Un giudice ordinò che un testimone fosse presente al parto e che si prelevassero campioni di sangue a lei e al figlio neonato. Il DNA indicava che non era la madre neppure di quel bambino, che pure era stato partorito sotto gli occhi del testimone. Si ebbe una svolta quando gli avvocati scoprirono un caso simile a Boston.»
«Sia ringraziato Dio per gli avvocati difensori.» Lô, il re del sarcasmo.
«Veramente, il merito fu del pubblico ministero.» Sorrisi alla Cotton. «Nel 1998 una donna di nome Karen Keegan aveva dovuto subire un trapianto di rene. I suoi figli, già adulti, erano stati sottoposti ai test di idoneità: due su tre non corrispondevano al DNA di lei in misura ammissibile per un figlio biologico. Test più sofisticati mostrarono poi che la Keegan era una chimera, un ibrido, una combinazione di due set separati di linee cellulari con due corredi cromosomici.»
«Come lo capirono?» domandò Ryan.
«Ottennero una sequenziazione diversa in tessuti diversi da quelli prelevati originariamente. Il collegio d’accusa del processo Fairchild suggerì la stessa possibilità agli avvocati della signora e si prelevarono campioni di DNA da altri membri della sua famiglia. Il DNA dei suoi bambini corrispondeva per esempio a quello della madre di lei nella misura considerata normale per un nipote rispetto alla nonna. »
«A dimostrazione che Lydia Fairchild era la madre.» La Cotton pareva confusa.
«Test successivi mostrarono che, se il DNA ottenuto dalla pelle della donna non corrispondeva a quello dei bambini, il DNA estratto dal suo muco cervicale era differente e corrispondeva.»
«Dunque aveva due diverse serie di geni.» Semplificato al massimo, ma Ryan aveva afferrato.
«Sì.»
«Ed è questo che significa “chimera”?» domandò Lô.
«Sì.» Diedi uno sguardo ai miei appunti.
«Preparati: ora ci spiega cosa significa» chiosò Ryan.
«Negli esseri umani ricorrono due tipi di chimerismo. Nel microchimerismo, solo una piccola porzione del corpo ha una linea cellulare differente. Il fenomeno insorge, in genere, perché cellule estranee sono riuscite a insediarsi in un organismo ospite.»
«Estranee?» chiese la Cotton.
«Magari originate dallo scambio madre-feto in gravidanza. Per esempio, il feto può passare cellule staminali alla madre attraverso la placenta: in quanto indifferenziate, queste sono in grado di sopravvivere e proliferare nel sistema della donna. E cellule staminali materne possono essere trasmesse al feto nello stesso modo.»
Nessuno fiatò, quindi proseguii.
«Il microchimerismo può anche verificarsi tra gemelli. In effetti, la forma più comune nell’uomo è detta chimerismo ematico e si ha quando gemelli dizigotici - quelli non identici - condividono porzioni della stessa placenta. C’è uno scambio di sangue, che si insedia nel midollo osseo: ciascuno dei fratelli è geneticamente distinto, ma il loro sangue no: esso ha, in realtà, due diversi set di geni, talvolta persino due gruppi sanguigni diversi.»
«Quanto è diffuso il fenomeno?» domandò Ryan.
«Si stima che fino all’otto per cento dei gemelli dizigotici presenti il chimerismo ematico.» Riflettei un momento. «Anche procedure come le trasfusioni o i trapianti di organi possono produrre il microchimerismo nell’organismo ricevente.»
«Ed è questo che è successo alle signore di cui parlava?» chiese Lô.
«No. Nel caso della Fairchild e della Keegan si tratta di un’anomalia molto più rara, il chimerismo tetragametico: si verifica quando due cellule uovo diverse sono fecondate da due spermatozoi e producono due zigoti.»
«Embrioni.» Ryan alzò un dito ammonitore.
«Sì, scusate. Gli embrioni si fondono a uno stadio assai precoce dello sviluppo, dando origine a un bambino con due linee cellulari distinte. Un DNA può apparire nel rene, un altro, per esempio, nel pancreas. Si tratta, insomma, della fusione di due gemelli dizigotici.»
La Cotton riepilogò. «Quindi la Fairchild e la Keegan si erano fuse con il proprio gemello, formando un individuo con un miscuglio di geni di entrambi.»
«Sì.»
«Cazzarola» disse Lô. «Gente così deve venire fuori bella strana.»
«Molte chimere, in realtà, non esibiscono segni evidenti della loro condizione: al massimo piccoli particolari, come una differenza nel colore degli occhi, nella distribuzione della peluria sul corpo, cose così. Qualche soggetto, però, non è altrettanto fortunato. I medici della University of Edinburgh hanno riferito il caso di un paziente che lamentava un testicolo ritenuto. Esaminandolo, gli trovarono un ovaio e una tromba di Falloppio.»
Sullo schermo, Schoon stava chiedendo all’uomo con la mascherina perché fosse stato mandato nel carcere di Long Binh.
Ryan accennò al monitor con il mento. «Che c’entra tutto questo con Lowery?»
«Lui non è Lowery.»
«E allora Lowery dov’è?»
«Morto nel Québec.»
«Il DNA dice di no.»
«Harriet era una chimera. Aveva un occhio castano e uno verde. E le linee di Blaschko.»
Nessuno chiese, perciò imperversai.
«Le linee di Blaschko appaiono come delle V o delle S o dei cerchi sulla pelle in specifiche parti del corpo. In condizioni normali sono invisibili, ma certe malattie di cute e mucose si manifestano secondo il loro tracciato.»
«Evidenziandole» concluse Ryan.
«Sì.»
«Come sono? Tipo strisce?» domandò Lô.
«Si ritiene che rappresentino i percorsi di migrazione delle cellule epidermiche durante lo sviluppo fetale. Il punto è che, spesso, accompagnano il chimerismo, e in una foto dell’album di Platone le ho viste sul petto di Harriet Lowery.»
«Era malata?»
«Questo non lo so, ma aveva le linee. E, a sentire Platone, anche gli occhi di due colori diversi.»
«Se era un ibrido, si spiegherebbe perché il suo DNA non corrispondeva a quello dei figli.» Ryan aveva afferrato il concetto.
«Esattamente.»
«E ciò significa che il tizio nello stagno era Spider, dopo tutto.» Di nuovo, indicò lo schermo. «Dunque questo cialtrone non lo è.»
«Tombola.»
«E allora chi è?» chiese Lô.
Girai la foto della squadra di baseball.
I tre si avvicinarono per osservarla. Indicai un ragazzo in piedi in seconda fila, picchiettandoci sopra un dito. «Questo è Spider Lowery.»
«Bene» chiosò Ryan.
Spostai il dito su un ragazzo inginocchiato in prima fila. «Questo è suo cugino.»
«Figlio di puttana» disse Lô.
«Potrebbero essere gemelli» osservò la Cotton.
«Chi è?» chiese Ryan.
«Reggie Cumbo» risposi. «Guardate l’uomo che sta parlando con Schoon.»
Tre teste si alzarono, rivolgendosi allo schermo.
«Di che colore ha gli occhi?»
«Castani.»
«Secondo Platone, gli occhi di Spider erano verdi.»
Ryan tirò mentalmente le somme, poi: «Stai dicendo che i cugini si sono scambiati d’identità nel 1968: Spider è andato in Canada, Reggie in Vietnam».
Annuii. «La somiglianza fisica era sufficiente a ingannare chiunque non li conoscesse di persona. Si saranno scambiati le cartelle dentistiche o, chissà come, Reggie le avrà tolte dal suo dossier.»
«Non vi seguo» si arrese la Cotton.
«Glielo spiego dopo» disse Lô.
«Perché?» Ryan chiese a me.
«Non lo so. Probabilmente Spider ricevette la chiamata e non voleva partire. A sentire Platone, Reggie è sempre stato il più aggressivo dei due, la personalità dominante. Forse lui desiderava arruolarsi, ma non poteva farlo: aveva già vari arresti al suo attivo, non si era diplomato. Non sapremo mai con precisione perché l’abbiano fatto, a meno che non sia Reggie a dircelo.»
Ryan raddrizzò la schiena. «Come pensi di procedere?» chiese a Lô.
«Fatemelo interrogare» mi intromisi io.
«È fuori questione» replicò il detective.
«Sono un’antropologa» insistei. «Lei è un poliziotto.»
«Non scherzavi» fece lui, rivolto a Ryan. «La tipa è tosta.»
«Te l’avevo detto.»
«Intendo che, forse, Reggie si sentirebbe meno minacciato da una come me.»
«Io ho un distintivo» replicò Lô.
«E una pistola» aggiunse Ryan.
«E questa straordinaria camicia.» Lô rivoltò un lembo di un’altra delizia per gli occhi in stile aloha.
«Voi due siete esilaranti» dissi, «ma a Cumbo è stata garantita l’immunità parziale. Ora come ora, ha facoltà di andarsene quando gli pare. Io potrei interpellarlo con la scusa del JPAC: dice che vuole morire con la coscienza tranquilla. Posso sfruttare la cosa, parlare con Platone, prospettargli la possibilità di dare degna sepoltura a Spider.»
«È sicura di questa storia delle chimere?» domandò Lô.
«Per esserne assolutamente certa avrei bisogno di altro DNA di Harriet, ma, al momento, è l’unica teoria che regge.»
Il detective guardò la Cotton.
«Ho già perso Atoa» disse lei. «Mi piacerebbe spuntarla almeno con questo tizio. Non vedo controindicazioni» aggiunse. «Conosce i suoi diritti, è presente l’avvocato. E l’esercito ha un legittimo interesse nella vicenda. La dottoressa Brennan è la rappresentante dell’esercito in merito al caso Spider.»
Lô esitò per un istante.
Sospirò.
«Checcavolo.»
Mi mossi in direzione della porta.
«Ehi!» mi chiamò Lô.
Mi voltai, la mano sulla maniglia.
«Torchialo per bene.»