35

 

L’uomo era di spalle. Portava un completo blu da cui spuntava la striscia bianca, lisa, del colletto.

Alto, capelli scuri.

Come Xander Lapasa.

L’autista di Nickie ripercorse il pavimento in marmo, uscì nel corridoio e parlò al suo passeggero.

«L’accompagno direttamente in sala riunioni, signor Lapasa.»

Abito Blu si voltò, si fece da parte. Un altro uomo entrò nel mio campo visivo.

Questo era di statura media, con carnagione chiara e ciocche grigie. Naso e bocca erano coperti da una mascherina, di quelle che si vendono anche al supermercato contro i germi.

Abito Blu lo prese sottobraccio e i tre si avviarono lungo il corridoio.

«Che diavolo...?» Lô era in piedi. «Qual è Lapasa?»

Tina non si scompose, come la sua impeccabile acconciatura.

«Non saprei, signore. Vi accompagno alla postazione monitor?»

«Sì» grugnì il detective, «la prego.» Poi a me: «Lei sa quale dei tre stronzi è Al?».

Scossi il capo.

Lasciammo l’area reception e svoltammo a destra.

«Postazione monitor?» mormorò Ryan tra i denti.

«Sssh» lo ammonii.

«La tipa si crede Miss Moneypenny.»

Tina ci condusse in una stanza con una parete in vetro, un lungo tavolo lucido e dodici poltroncine girevoli. Mentre prendevamo posto, afferrò un telecomando e pigiò vari tasti.

Un’immagine apparve su un grande schermo piatto, montato a parete a un capo della sala. Voci risuonarono dagli altoparlanti, chiare e senza rumori di fondo.

La receptionist consegnò il telecomando a Lô e si ritirò.

«Questo gioiellino supera di gran lunga le vostre apparecchiature» commentò Ryan.

«Noi non prendiamo trecentocinquanta dollari l’ora» replicò Lô.

«Touché

Ignorando il botta e risposta, guardai Abito Blu che aiutava Mascherina a calarsi su una sedia. L’uomo si muoveva con cautela, come se fosse malato o temesse di farsi male. Una volta seduto, tenne gli occhi fissi sulle mani.

Il tavolo che appariva sullo schermo era tondo, più piccolo del nostro. All’altro capo c’era un tizio in papillon e occhiali di tartaruga, con un blocco in carta legale gialla e una penna Cross d’argento di fronte a sé.

Supposi fosse l’avvocato di Nickie, Simon Schoon. Dietro le lenti, i suoi occhi apparivano scuri e penetranti.

Abito Blu prese la sedia accanto all’uomo che aveva accompagnato.

Studiai entrambi: chi dei due visitatori giunti dalla California era Al Lapasa?

Schoon parlò per primo.

«Il mio cliente ha molto apprezzato la sua disponibilità a venire di persona.»

«Il mio cliente aveva le sue ragioni per accettare» ribatté Abito Blu.

Sì! Dunque il tizio alto era un avvocato.

Concentrai l’attenzione sull’uomo con la mascherina.

«E lei sarebbe?» continuò Schoon rivolto ad Abito Blu.

«Jordan Epstein» rispose l’altro, facendo scorrere un cartoncino sul piano del tavolo. «Rappresento il signor Lapasa.»

Schoon lanciò un’occhiata al biglietto da visita senza toccarlo.

«Prima di procedere, vorremmo sapere cortesemente chi rappresenta lei» disse Epstein.

«Il mio cliente preferisce restare anonimo» disse Schoon.

«Temo di dover insistere.»

«Temo di dover rifiutare.»

Epstein spinse indietro la sedia. «Allora il nostro colloquio è terminato.»

L’altro aveva tenuto il capo chino durante tutto lo scambio. Lo alzò in quel momento.

«È Nickie Lapasa, non è vero?» Voce attutita dalla mascherina.

Il volto di Schoon restò impassibile.

Lapasa alzò il tono e parlò alla stanza. «Sei là fuori, Nickie? Stai ascoltando?»

Epstein posò una mano sul braccio del suo cliente. Lui se la scrollò di dosso.

«Anch’io ho gente che si muove bene in Internet, Nickie. Come tu trovi me, io trovo te.» Le parole erano nette e cadenzate, come quelle di un ubriaco che si sforzi di sembrare sobrio.

«Signor Lapasa, le consiglio di rimanere in silenzio.»

L’uomo ignorò il suo avvocato.

«Stai cercando tuo fratello, Nickie? Forse posso aiutarti. Prima, però, di’ a questo pallone gonfiato che la smetta di prenderci in giro.»

«Molto bene.» Schoon si passò la lingua sulle labbra. «Partiamo dal presupposto che Nickie Lapasa stia cercando informazioni sulla morte del fratello.»

«Cosa le fa pensare che sia morto?»

«Mi permetta di riformulare. Lei è a conoscenza di quello che è accaduto a Xander Lapasa?»

Epstein si voltò a guardare il suo cliente. «A questo non risponda.»

«Perché no?»

«Ricordi la nostra discussione.»

«È la ragione per cui ho trascinato il mio culo malandato su quel dannatissimo aereo.»

Le sopracciglia di Epstein formarono una V: stava perdendo il controllo del suo cliente.

La mia attenzione restava concentrata sul viso di Lapasa. Sopra la mascherina, i suoi occhi apparivano giallognoli e spenti.

E qualcos’altro. Un campanello d’allarme echeggiò sommessamente nei recessi della mia scatola cranica.

Epstein si rivolse a Schoon. «La prego, ci riferisca le volontà di Theresa-Sophia.»

«Non posso farlo senza una prova dell’identità del suo cliente.»

«Sono il fottuto mago di Oz.» La risata rauca di Lapasa si trasformò in un accesso di tosse.

Epstein si tolse di tasca un fazzoletto, glielo porse.

Le labbra di Schoon formavano una dura linea sottile, mentre attendeva che la tosse stizzosa si placasse.

Ripresosi, Lapasa intrecciò le dita e fece danzare i pollici uno contro l’altro. L’azione attraversò gli altoparlanti nella forma di una serie di colpetti secchi.

Studiai i suoi occhi.

Di nuovo il campanello d’allarme.

Che cosa stava cogliendo il mio inconscio, che a me ancora sfuggiva?

Lapasa ruppe il silenzio. «È un imbroglio, vero?»

«Mi scusi?» domandò Schoon.

«So fiutare una fregatura a cento metri di distanza. Non c’è nessun maledettissimo testamento.»

«Signore?»

«Basta con le stronzate.» Un pollice scattò in direzione di Epstein. «Gli dica che cos’ho.»

«Signor Lapasa, non posso aiutarla, se lei non segue i miei consigli.»

«Checcazzo, sto morendo!»

«È deciso?»

L’altro annuì.

Epstein esitò un momento, chiaramente disapprovando, poi cominciò.

«Il signor Lapasa ha il cancro. La prognosi non è buona. È pronto a offrire informazioni in cambio dell’immunità riguardo a certi fatti in cui è coinvolto.»

«Non ho il potere di negoziare sulle accuse penali.»

Epstein lanciò un’occhiata al suo cliente.

Lapasa gli fece segno di continuare.

«Questi eventi sono accaduti più di quarant’anni fa.»

Trattenni il fiato.

Il cliente di Epstein era dell’età giusta, ma decisamente troppo basso per essere Xander Lapasa. Chi era, allora? Dove stavamo andando a parare?

Schoon era bravo: sapeva certamente che un tale avvertimento era superfluo, durante un interrogatorio che non si svolgeva in stato di arresto, né era condotto da forze di polizia, ma, consapevole della presenza di Lô in ascolto: aveva voluto strafare.

Schoon si rivolse direttamente a Epstein. «Se il suo cliente ha l’intenzione di ammettere un’attività criminosa, devo insistere che gli si dia lettura dei suoi diritti.»

«Io sono presente in qualità di avvocato del signor Lapasa. Il mio cliente comprende i suoi diritti e le implicazioni di ogni suo atto.»

«È corretto, signor Lapasa? Ha discusso le sue dichiarazioni con il legale qui presente e le formula in piena libertà, senza avere ricevuto pressioni di sorta o promesse di guadagno?»

«Sì, sì, come dice lei. Tanto, sarò morto fra tre mesi.»

«Mi permetta di ricordarle che questo colloquio viene registrato.»

Schoon prese in mano la penna. «Proceda, signor Lapasa. Vorrei sentire i fatti direttamente da lei.»

«L’ho ucciso.»

«Ucciso chi?»

«Un tizio di nome Alexander Lapasa.»

I miei occhi scattarono su Ryan e poi su Lô.

Le loro sopracciglia fluttuavano più in alto della fronte.

«Quando è successo?» La voce di Schoon non tradiva alcuna sorpresa: era completamente neutra.

«1968.»

«Dove?»

«Vietnam.»

«Vada avanti.»

«Tutto qui. Ho ucciso quel tizio, gli ho rubato portafoglio e passaporto, mi sono diretto verso l’entroterra.»

«Il motivo?»

«Volevo andarmene via.»

«Via da che?»

«Dall’esercito, dal Vietnam, dall’intera fottuta guerra.»

«E perché?»

«Sta parlando sul serio?»

«Per favore, risponda alla domanda.»

«Avevo diciotto anni, ci tenevo al culo.»

«Perché Xander Lapasa?»

«Non era un militare. Pensai che un documento da civile mi avrebbe assicurato la libertà.» Si rivolse a Epstein. «Queste fottute medicine mi stanno spremendo le budella. Devo fare un’altra pisciata.»

Uscì strascicando i piedi, sostenuto dal legale.

La mia mente mulinava di domande.

Nessuno dei due uomini era Xander Lapasa. Epstein era un avvocato. Mascherina non aveva la statura sufficiente. Chi era, allora? Dove, in Vietnam, aveva incontrato Xander?

Aveva vissuto fin dal ‘68 nei panni di Al Lapasa. Dov’era stato, prima di arrivare a Oakland? Che cosa aveva fatto?

Mi mordicchiai un’unghia, troppo agitata per parlare. Dietro di me, anche Ryan e Lô restavano in silenzio.

Passò un secolo. Un altro.

Finalmente, Epstein e il suo cliente tornarono.

Schoon riprese da dove aveva interrotto.

«Come ha ucciso il signor Lapasa?»

«Gli ho sparato con il mio M-16.»

«Poi gli ha rubato i documenti di identità, si è dato alla fuga e da allora ha assunto il suo nome.»

«È quel che sto dicendo.»

«Perché Al?»

«Che?»

«Perché non Xander?»

L’uomo alzò le spalle. «Il passaporto riportava Alexander. Ho pensato ad Al.»

«Qual è il suo vero nome?»

«Questo non ha importanza.»

«Ci torneremo dopo.» Schoon prese un appunto sul suo blocco. «Dove ha incontrato il signor Lapasa?»

«Non direi esattamente che ci siamo incontrati.»

«Benissimo.» Compassato. «Dove ha ucciso il signor Lapasa?»

Mascherina scosse lentamente il capo, gli occhi fissi su Schoon.

«Signore?»

«Con quello che le ho detto, mi spreme come un grappolo d’uva di Napa.»

«Chiedo scusa?»

«A questo punto è lei che deve dare qualcosa a me, avvocato.»

Gli occhi di Schoon restarono impassibili dietro le lenti.

«Lei pensa che sono feccia.»

Schoon fece per obiettare. Mascherina lo zittì con una mano alzata.

«Oggi i ragazzi parlano di una cosa chiamata “lista del capolinea”. L’ha mai sentito?»

«No.»

«È tutto quello che vorresti fare prima che ti schiaffino sottoterra. Sa, prima di tirare le cuoia.»

Schoon non disse nulla.

«In gioventù ho fatto cose di cui non vado fiero. Ho passato gran parte della vita a ripensare al passato. Ora mi dicono che ho le budella incasinate. Sulla mia lista sta scritto che devo sistemare le cose.»

Trasse un lungo, profondo sospiro.

«Ecco l’accordo. Prendere o lasciare. Voi vi prendete le informazioni su Lapasa, io me ne torno a casa e muoio in pace nel mio letto.»

Schoon riflette.

«Dovrò ottenere l’autorizzazione del procuratore distrettuale.»

«Si dia da fare.»

E l’uomo con la mascherina si abbandonò contro lo schienale della sedia.

 

 

Le ossa del ragno
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