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«È andata a Tōkyō? Dove di preciso?»
«Non lo so, credo da Sayo.»
«Da Sayo?!»
Raikichi interrogò a raffica Ume, finché quest’ultima, seppur con una certa riluttanza, gli rivelò tutto quello che sapeva. Lui e Sanko lasciarono Hakone e fecero ritorno ad Atami quel giorno stesso, senza perdere tempo. Stando alle parole di Ume, Setsu e Sayo andavano molto d’accordo ed erano diventate grandi amiche. Fu come un fulmine a ciel sereno, in considerazione del poco tempo che avevano trascorso insieme nella casa di Shimogamo, ma in verità avevano instaurato una fitta corrispondenza, l’una a Kyōto e l’altra ad Atami, e quando Setsu era stata chiamata alla villa di Nakada per sostituire l’amica, non perdeva mai occasione per esprimere la sua simpatia e la sua compassione nei confronti della «povera Sayo». Come se non bastasse, al sentimento di pietà per l’amica si era ben presto aggiunto un evidente biasimo verso Raikichi e il suo comportamento crudele e deplorevole. Ume riferì per filo e per segno diverse frasi pronunciate da Setsu sull’argomento. Eccone qualcuna, giusto per rendere meglio l’idea: «È assurdo averla messa alla porta solo perché a lui non andava a genio, senza un motivo specifico! Sayo è una brava ragazza, onesta e premurosa. Il signor Chikura non ha capito niente di lei!», «Sayo è una persona buona e gentile come poche. È tutta colpa del signor Chikura, un uomo burbero, irragionevole e ostinato!», «Giuro che prima o poi glielo dirò in faccia: ‘Perché non la smette di trattare male gli altri? Lei non ha cuore!’ È uno scrittore, dovrebbe essere una persona sensibile, e invece non capisce un bel niente!» Ume andò avanti sottolineando che negli ultimi tempi Setsu, che di solito era una ragazza pacata, era diventata molto polemica e aggressiva, tanto da sembrare un’altra persona.
«Davvero ha detto tutte quelle cose su di me?» chiese esterrefatto Raikichi.
«Sì» rispose Ume. «Quando si trattava di prendere le difese di Sayo, si inferociva come una iena.»
Eppure Raikichi non riusciva a farsene una ragione, era assolutamente incapace di immaginare l’espressione di Setsu mentre pronunciava quelle frasi ingiuriose.
«Secondo me» si inserì Sanko, «è tutta opera di Sayo. Deve aver architettato ogni cosa in modo da attirare Setsu dalla sua parte.»
«Sì, non può essere altrimenti» approvò all’istante Raikichi, risentito e amareggiato.
Nell’immediato, marito e moglie non seppero più niente di Setsu, ma quattro o cinque giorni dopo arrivò una breve missiva indirizzata a Ume, scritta come sempre in bella grafia:
Cara Ume,
ti chiedo perdono per il disturbo che ti ho causato l’altra sera. Sembra ci sia posto anche per me a casa dei signori Gamō, perciò ho deciso di restare qui. Voglio un bene immenso a Sayo e sono felice di poter vivere con lei, sotto lo stesso tetto. Non potrebbe esserci gioia più grande per me. E spero che questa gioia possa durare in eterno. Desidero stare insieme a lei per tutta la vita.
Scusami se oso chiederti questo favore, ma potresti gentilmente spedirmi le mie cose, la mia posta e tutto il resto a casa dei signori Gamō? Ti ringrazio infinitamente.
Sayo si era presa gioco di Raikichi e Sanko e aveva convinto Setsu a seguirla. La sua era stata una vendetta ben pianificata, che non si esaurì con la fuga di Setsu e provocò strascichi inattesi. Nella lettera a Ume, Setsu aveva scritto: «Non potrebbe esserci gioia più grande per me. E spero che questa gioia possa durare in eterno». Ma quella speranza era destinata a restare almeno in parte irrealizzata. Due o tre mesi più tardi, Sanko ricevette una telefonata improvvisa dalla sua amica Harada.
«Tra quelle due c’è un legame molto strano e particolare...» annunciò turbata Harada.
«Un legame molto strano e particolare?»
«Sì, sono lesbiche!»
«Non ci posso credere, quando erano da noi non lo sembravano affatto. Da quando avranno cominciato a intendersela?»
«Bah, forse dopo che sono andate a Ōmori dai Gamō. L’ho scoperto per puro caso.»
Impaziente di affrontare l’argomento, ma incapace di limitarsi a farlo per telefono, la signora Harada andò di persona ad Atami quella sera stessa e raccontò tutta la storia a Sanko e Raikichi.
«Non vedo Gamō molto di frequente, in fondo non siamo così amiche, ma mi capita spesso di recarmi dalle sue parti per sbrigare varie commissioni e ogni tanto passo a trovarla. Le piace molto uscire durante il giorno, perciò il più delle volte non la trovo in casa. Diciamo pure che succede all’incirca una volta su tre. Negli ultimi tempi, quando bussavo alla sua porta e lei non c’era, notavo che quelle due venivano ad aprirmi sempre insieme, con un sorrisetto stampato sulle labbra, e mi dicevano in coro: ‘Mi dispiace, la signora non è in casa’. All’inizio ho pensato che fosse solo una coincidenza, ma poi la cosa si è ripetuta una, due e tre volte e non ho potuto fare a meno di concludere che non doveva essere un caso. A confermare il mio sospetto è stato il fatto che ci mettevano sempre molto tempo per venire ad aprirmi, come se fossero impegnate a fare qualcosa di importante... Poi, un giorno, ho trovato la porta aperta perché il campanello era rotto e sono entrata in casa. ‘C’è nessuno?’ ho cominciato a dire ad alta voce, e dopo una decina di secondi vedo Setsu scendere di corsa le scale dal piano di sopra, con gli abiti e i capelli in disordine, e Sayo che la segue affannata a qualche metro di distanza. Era evidente che avessero approfittato dell’assenza della padrona di casa per rintanarsi al primo piano e dedicarsi a chissà quale svago. Dopo quell’episodio, spinta dalla curiosità, ho preso l’abitudine di passare dai Gamō tutte le volte che mi trovavo nei paraggi. Ed ecco che cosa è accaduto ieri... Suono il campanello come al solito, insistendo per diversi minuti, ma non funzionava di nuovo. Allora cerco di aprire la porta, ma stavolta era chiusa a chiave. Che strano, penso, qui gatta ci cova. Faccio il giro della casa e mi avvicino pian piano alla porta della cucina sul retro, la trovo aperta e mi infilo con cautela. Ma al piano di sotto non c’era nessuno. Perciò, in punta di piedi, salgo le scale. La prima stanza del corridoio aveva tutta l’aria di essere la camera da letto dei padroni di casa. Do una sbirciata all’interno e per poco non mi prende un colpo: sul letto matrimoniale, due giovani corpi femminili avvinghiati l’uno all’altro, lì, che si contorcono a più non posso! Mi vengono i brividi solo a raccontarlo. Vergogna? Follia? Non so neanche io cosa dire, mi risulta difficile andare avanti nella descrizione, preferisco lasciare il resto alla vostra immaginazione. Ero così sbalordita per quello che avevo appena visto che mi sono precipitata come una furia giù per le scale. Quanto a quelle due sciagurate, si sono accorte della mia presenza e hanno cercato di coprirsi le parti intime come meglio potevano, lanciando dei gridolini esagitati, ma erano tutte nude e non ci sono riuscite più di tanto. Si sono tirate le coperte fin sopra la testa, ma continuavano a dibattersi e sono rimaste con le cosce scoperte. Non so cosa sia successo dopo, in quel momento pensavo solo a raggiungere la cucina più in fretta che potevo e ad allontanarmi da quella casa. Vi giuro che non ho mai visto niente di così assurdo e raccapricciante in tutta la mia vita. È stato terribile, il cuore non smetteva più di martellarmi nel petto.»
«Roba da matti... A che ora è successo?»
«Erano suppergiù le due del pomeriggio, in pieno giorno!»
«E dopo non hai né visto né sentito la signora Gamō, giusto?»
«A dire il vero, sono rimasta a lungo nei paraggi e ho pensato di aspettare il suo ritorno e chiederle se fosse al corrente della situazione, ma ero troppo scossa e alla fine sono scappata via. L’omosessualità mi fa paura, per me è un vero mistero!»
«Sì, però credo che faresti bene ad avvertire la tua amica.»
«Ieri ero sconvolta, te l’ho detto. Non facevo altro che pensare che quelle due scellerate me l’avrebbero fatta pagare perché le avevo colte in fallo. Poi stamattina, a mente fresca, mi sono detta che mi avrebbero odiata in ogni caso e mi sono decisa a raccontare tutto a Gamō.»
«Ah, quindi glielo hai detto... Le hai telefonato?»
«No, non avrei mai potuto dirle un fatto del genere al telefono. Sulle prime avevo pensato di chiederle di venire da me, ma poi mi sono detta che in sua assenza quelle due ne avrebbero approfittato di nuovo per darsi alla pazza gioia e sono andata da lei a Ōmori. Quando ho bussato alla porta è venuta ad aprirmi Sayo, stavolta da sola, e mi ha detto queste testuali parole: ‘Buongiorno, signora, le chiedo umilmente scusa per l’inconveniente di ieri pomeriggio. Le assicuro che quest’oggi farò il possibile per accoglierla nel migliore dei modi’... Ha una faccia tosta incredibile!»
«Scommetto che ti fissava con quello sguardo agghiacciante, come sempre.»
«Sì, e mi parlava nel suo solito tono cerimonioso e fin troppo cortese... ‘La signora la stava aspettando ed è pronta a riceverla’ mi ha detto, come se niente fosse. È pazzesco, che impudente!»
Harada aveva detto all’amica che preferiva parlare in un posto tranquillo, al riparo da eventuali orecchie indiscrete, e allora la signora Gamō l’aveva condotta al piano di sopra, nella stanza del misfatto! Lì, con voce tremante, aveva rivelato nel dettaglio tutto quello che aveva visto. E la signora Gamō aveva reagito mostrandosi molto più turbata di quanto si aspettasse.
«Perché non me lo hai detto subito, ieri stesso? Almeno mi sarei risparmiata di dormire in questo letto lurido e indecente!»
«Ti chiedo scusa, perdonami! Ero scioccata, non riuscivo a ragionare. Ho pensato solo a tornare a casa il più in fretta possibile.»
Le due amiche erano rimaste sedute per un paio d’ore accanto a quel letto «lurido e indecente», immerse in una fitta conversazione, ma con l’orecchio ben teso verso il piano di sotto, attente a cogliere ogni minimo movimento. La discussione, come era ovvio, riguardava lo scandalo delle due cameriere e la ricerca di un rimedio per fronteggiare l’incresciosa situazione.
A quanto pare, la signora Gamō non era del tutto ignara di quello che stava accadendo tra le due ragazze. Una volta, per esempio, le aveva viste di sfuggita mentre si baciavano in cucina, anche se non ricordava di preciso quando. Nutriva più di un sospetto sul fatto che avessero una relazione saffica. In verità, aveva in mente di licenziarle non appena se ne fosse presentata l’occasione, convinta che fosse immorale e indecoroso dare alloggio a delle cameriere come loro, solo che non era facile trovare due sostitute in un colpo solo e aveva continuato a temporeggiare. In altre parole, per quanto sgradevole sopportava la situazione a denti stretti.
In base a quel che aveva potuto constatare, Setsu aveva assunto il ruolo del maschio e Sayo quello della femmina. Lo presupponeva anche perché, come aveva confidato all’amica Harada quella mattina, la prima era di costituzione magra e ossuta, mentre la seconda aveva un portamento e un modo di esprimersi affettati e indolenti, oltre che una pelle ruvida e secca a causa di una probabile deficienza ormonale, come si poteva evincere in particolare dalle sue mani e dai piedi. Malgrado tutto, la padrona di casa aveva concluso che, finché avessero continuato a lavorare con assoluta diligenza, le avrebbe tenute con sé. Per farla breve, aveva deciso di chiudere un occhio, almeno fino a quando la loro relazione fosse rimasta chiusa tra le pareti di casa e non avesse arrecato fastidi e disturbo ad altre persone. Tra le altre cose, aveva detto a Harada che non avrebbe mai immaginato che un legame omosessuale del genere potesse spingersi a tanto, a un rapporto carnale così intimo e osceno.
Ciò che segue è la ricostruzione approssimativa della seconda parte della conversazione tra la signora Harada e la signora Gamō.
«Quando ho assunto Sayo, mi sono chiesta più volte se fosse il caso di contattare la signora Chikura, ma tu mi hai rassicurata e mi hai detto che non ce n’era bisogno. Allora ho lasciato perdere, anche perché ho pensato che in fondo la ragazza era stata mandata via e non facevo torto a nessuno prendendola a servizio da me. Ma nel caso di Setsu la situazione era diversa, forse è stato un grave errore assumerla senza permesso.»
«Se la metti su questo piano, allora ho anch’io le mie colpe e ti chiedo scusa. Ma che senso ha, ora, pensare a queste cose? Ormai la questione non riguarda più i Chikura. Il problema urgente è un altro: come intendi regolarti con quelle due?»
«Sì, lo so, ma adesso devi darmi una mano, per favore. Prima di fare qualsiasi passo, devo liberarmi di questo schifo.» Così dicendo, la signora Gamō si affacciò alla finestra e sputò verso il basso, poi afferrò la coperta dal letto con la punta delle dita, come fosse un oggetto lurido e ripugnante, e la gettò giù in giardino. «Ora, mia cara, visto che hai ammesso di avere anche tu le tue colpe, vai dall’altra parte del letto e aiutami a sollevare il materasso.»
«Che intenzioni hai?»
«Farà la stessa fine della coperta e di tutto il resto!»
Materasso, cuscini, lenzuola: volarono uno dopo l’altro dalla finestra del primo piano e caddero qua e là sul prato.
«Più tardi chiamerò il giardiniere e gli chiederò di bruciare tutto col kerosene.»
«Cerca di mantenere la calma, per favore. Potresti provocare un incendio!»
«Non m’importa, preferisco correre il rischio. Se non vedrò bruciare tutta quella roba schifosa con i miei occhi, non riuscirò a calmarmi e a liberarmi dal disgusto che provo in questo momento.»
«Non ti conviene far portare tutto alla discarica?»
«Venderò il letto a un robivecchi, voglio sbarazzarmene entro stasera stessa!»
«Ma non riuscirai a procurartene uno nuovo per tempo...»
«Nessun problema, prenderò un futon e dormirò di sotto con i bambini.»
Al termine di quella turbolenta conversazione, non appena le acque si furono calmate, venne il momento di licenziare la coppia lesbica. Harada, che alla fine aveva accettato di condividere la responsabilità dell’accaduto, scese al pianterreno precedendo la padrona di casa. Quando provò a fare capolino nella stanza della servitù, notò che Sayo e Setsu, sedute composte e in silenzio l’una di fianco all’altra, avevano già fatto i bagagli.
«Ecco, queste sono per voi» disse entrando nella stanza e porgendo alle ragazze due buste sigillate, che nel frattempo la signora Gamō, in piedi alle sue spalle, le aveva allungato. «Dentro c’è la paga di questo mese. È tutto chiaro, no?»
«Sissignora.»
«Volete che vi chiami un taxi?» chiese stavolta la signora Gamō.
«Sì, per favore» rispose Sayo. «E la pregherei anche di farci uscire dalla porta sul davanti, se non è di troppo disturbo, perché come può vedere abbiamo dei bagagli molto voluminosi.»
«Va bene, non c’è problema.»
«Sono desolata per non aver saputo esserle di aiuto, signora. Sono stata per lei solo un peso, in ogni senso; le chiedo umilmente perdono. Signora Gamō, signora Harada, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me e mi permetto di augurarvi ogni bene. Addio.»
Setsu, come era lecito attendersi, non proferì parola e seguì la compagna a testa bassa.
Una volta che le due ragazze si furono allontanate a bordo del taxi, senza perdere un solo attimo la signora Gamō chiamò un’agenzia specializzata in servizi domestici e chiese di mandare subito una nuova cameriera. E così la questione fu sistemata una volta per tutte, almeno per quel che riguardava la famiglia Gamō.
Quanto a Sayo e Setsu, è presumibile che abbiano trascorso la notte insieme da qualche parte, forse in un lurido albergo da quattro soldi. Ma è ovvio che, pur volendo, quella situazione non sarebbe potuta durare a lungo. Né d’altra parte era ipotizzabile che capitasse loro la fortuna di essere assunte di nuovo presso la stessa famiglia. Per quanto mi è dato sapere, Setsu mollò tutto nel giro di pochi giorni e fece ritorno al suo paese nella prefettura di Kagoshima. Sono sicuro che avrà versato molte lacrime al momento dell’addio alla sua amata Sayo, a Tōkyō, ma sono altrettanto certo che i membri della famiglia Chikura devono aver provato un gran sollievo nell’apprendere la fine della storia. «Meglio così, è andata come doveva andare» fu il loro commento. «Setsu si è lasciata coinvolgere dalla persona sbagliata. Ha fatto benissimo ad allontanarsi da quella donna, le avrebbe causato solo problemi e sfortune. Molto presto si dimenticherà di lei e di questa assurda relazione omosessuale.» In seguito, a casa Chikura si venne a sapere che Setsu si era risposata e aveva avuto un altro bambino. Pensandoci bene, è una notizia che risale ad appena due o tre anni fa.
Sul conto di Sayo, invece, giunse voce che fosse tornata ad Atami e si fosse messa a lavorare come portinaia in un dormitorio, e che fosse in cura per la sua malattia dermatologica. Raikichi e Sanko non andarono mai a farle visita, né si interessarono a lei in alcun modo. Sayo, da parte sua e chissà per quale arcano motivo, continuò di tanto in tanto a spedire delle lettere alla signora Gamō, spesso inviandole in dono del daikon in salamoia. Poi, un giorno, arrivò inaspettatamente un pacchetto da Tokushima, prefettura natale di Sayo. Stupefatta, la signora Gamō lo aprì e vi trovò un guanto – così sporco e annerito da far pensare che lo si utilizzasse per maneggiare il carbone o qualcosa del genere –, una vecchia pentola per sukiyaki e altre cianfrusaglie. Il tutto era accompagnato da una cartolina con il seguente messaggio: «Dio mi ha chiesto di restituirle questi oggetti».