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Miccetta fu parecchio scosso dall’episodio del cinghiale. Secondo lui Vern avrebbe dovuto smetterla di dar fastidio agli animali selvatici.

«Non dovrebbe andarsene in giro a inimicarsi i predatori più feroci del circondario» aveva affermato Miccetta. «Prima gli alligatori, adesso i cinghiali.»

Vern aveva una risposta anche per quello. «Sì, parla l’umano, parla. Non azzardarti a farneticare di predatori feroci. Quante specie avete spazzato via, voi umani? Inclusa la mia, quasi.»

Un’argomentazione più che valida, per cui Miccetta si diede una calmata e si mangiò una fetta di coscia di cinghiale scottata, che era deliziosa, doveva ammetterlo, specialmente visto che Vern gli aveva concesso di accompagnarla con una birra.

«Non dirlo a tua mamma» lo ammonì Vern. «Non vogliamo mica che Elodie veda di cattivo occhio il tuo datore di lavoro.»

«Non si preoccupi, capo» disse Miccetta fra un boccone e l’altro. «Mi sa proprio che mantenere i segreti è nella mia natura.»

«Buono a sapersi» disse Vern, tirando fuori dalla confezione alcuni sacchetti per il freezer e mettendosi a macellare il cinghiale con gli artigli. «Di sicuro è un requisito essenziale se vuoi mantenere il posto.»

Poi, dopo forse dieci minuti, disse: «Cazzo, ’sto poveraccio l’ho cotto tutto. Non posso mica più congelarla, la carne. Vuoi portarne un po’ a casa da tua mamma?»

«Sicuro» disse Miccetta. «Non ci capita spesso della carne allevata a terra di questa qualità. Le dico che la manda il signor Waxman.»

Se Miccetta avesse dovuto scegliere la sua cosa preferita al mondo, e se avesse potuto farlo in tutta sincerità, mettendo a nudo il proprio cuore, avrebbe detto che la sua cosa preferita era l’espressione sul volto di sua mamma quando lui faceva qualcosa di buono, all’improvviso. Il modo in cui il viso di lei si accendeva come una lampadina. Quel sorriso che faceva pensare che si fosse completamente dimenticata del resto del mondo e di tutti i suoi guai. Miccetta sapeva che attraccare al molo di casa con quella carne gli sarebbe valso uno di quei sorrisi.

Vern scaldò un artiglio e ricavò con fare esperto una decina di bistecche. «Queste qui un paio di giorni ti durano. Invitate qualcuno a cena.»

«Lo so io chi vorrebbe venire a cena» disse Miccetta, mentre l’umore subito gli si guastava. «Quello stronzo assassino dell’Ausiliario Hooke.»

E fu allora che l’enormità di quel che era quasi successo colpì Miccetta in pieno stomaco, facendolo vomitare sulle scarpe.

Vern gli diede un paio di pacche sulle spalle. «Eh già» disse, «eccolo lì. A volte lo shock è troppo. Mi chiedevo quando avresti raggiunto il limite.»