CAPITOLO DICIASSETTE
L’ALTROVE DI MEZZO
Poco prima di mettersi a cucinare la cena, la signora Vee entrò nella sala da pranzo per preparare la tavola e rimase stupita di vedere gli studenti e le apprendiste già riuniti lì. I ragazzi avevano apparecchiato e al centro della tavola c’era una pentola di stufato fumante.
«Sorpresa!» esclamarono tutti all’unisono.
«Che succede?!» domandò la signora Vee. «Non può essere il mio compleanno perché ho smesso di festeggiarlo quando ho passato i cinquanta. AHAH!»
«Volevamo preparare qualcosa di speciale per lei, signora Vee» disse Brystal. «Lavora così tanto ogni giorno, e come piccolo ringraziamento abbiamo pensato di preparare noi la cena.»
La signora Vee si portò una mano sul cuore.
«Miei cari, che pensiero gentile!» disse. «Non mi interessa quello che la mia generazione dice dei giovani, non siete affatto un gruppo di pigri, egoisti e superficiali sempre in cerca di attenzioni. Alcuni di voi sono persone davvero piacevoli! AHAH!»
Zafferano prese una sedia per la signora Vee, Smeraldina le sistemò il tovagliolo al collo, Celestina le riempì d’acqua il bicchiere e Arancina le passò un cucchiaio. Lucy aprì il coperchio della pentola, diffondendo nell’aria un aroma delizioso, e Brystal servì una porzione generosa di stufato nel piatto della custode.
«Ha un odore divino» disse la signora Vee. «Che cosa avete preparato?»
«È lo stufato con patate e funghi di mia madre» disse Brystal. «È una vecchia ricetta Evergreen. Spero le piaccia.»
La custode cominciò a muovere il cucchiaio come fosse un pesce, e prese il primo boccone.
«È davvero delizioso!» disse la signora Vee. «Un po’ salato, ma delizioso! Grazie di cuore di aver preparato un pasto così speciale per me. Non avete idea di quanto sia fantastico sapere che mi volete bene e apprezzate il mio lavoro. Non voglio essere troppo sdolcinata, ma ogni tanto penso a voi come se foste figli miei. Cavolo, è davvero salato… domani sarò così gonfia che non mi entreranno le scarpe! AHAH! A parte gli scherzi, questa è davvero la cosa più carina che qualcuno abbia mai…»
BAM! La testa della signora Vee cadde nel piatto, spruzzando stufato in giro per la stanza.
«Ci è voluto poco» disse Lucy. «Pensavo ci mettesse di più.»
Arancina sollevò con cautela la testa della custode dalla ciotola e la appoggiò con gentilezza sul tavolo. Mise un cucchiaio pulito sotto alle narici della signora Vee per assicurarsi che stesse respirando, ma la custode non sembrava espirare.
«Celestina, quanto Sale Semplice Soporifero hai messo nello stufato?»
«Ho seguito le istruzioni sul retro» disse Celestina, estraendo la boccetta di sale magico dalla tasca. «C’è scritto che un cucchiaio di sale farà dormire qualcuno per una settimana.»
Arancina le strappò di mano la confezione per controllare le istruzioni. Mentre osservava la boccetta mezza impolverata notò qualcosa che non le tornava, e pulì l’etichetta con un tovagliolo.
«Celestina!» esclamò Arancina. «Qui c’è scritto che un cucchiaino di sale farà dormire qualcuno per una settimana, non un cucchiaio da minestra!»
Celestina sbiancò e strabuzzò gli occhi.
«Oooops» disse.
«Santo cielo, abbiamo ucciso la signora Vee!» singhiozzò Zafferano.
«Calmatevi, tutti quanti!» disse Brystal. «Abbiamo trovato il Sale Semplice Soporifero nell’armadietto delle pozioni di Madame Tempofiero. Se potesse uccidere qualcuno dubito lo terrebbe in bella vista nel suo ufficio.»
Con grande sollievo di tutti, la custode cominciò a russare forte e riprese a respirare normalmente.
«La signora Vee sarà priva di coscienza per un bel po’, ma starà bene» disse Lucy dandole una pacca affettuosa sulla spalla.
«Abbiamo fatto davvero la cosa giusta?» domandò Smeraldina. «Mi fa strano metterla a dormire in questo modo.»
«Ne abbiamo discusso» disse Brystal. «Se la signora Vee si fosse svegliata domattina senza trovarci, le sarebbe venuto un attacco di cuore! E se avesse saputo che stavamo per andare nel Regno del Nord avrebbe cercato di venire con noi! Lasciarla riposare mentre siamo via è meglio che farla preoccupare. Ora riportiamola nella sua stanza e andiamo, prima che la Regina dei Ghiacci diventi ancora più forte.»
Ci vollero tutti e sei i ragazzini per sollevare il corpo addormentato della signora Vee e trasportarla fuori dalla sala da pranzo. Era molto più pesante di quanto pensassero, e dovettero ricorrere a tutte le loro forze. La trasportarono con cautela attraverso la cucina e fino in camera da letto, cercando di evitare di farle sbattere la testa o gli arti nello stipite della porta. Quando finalmente la deposero sul letto e la misero sotto le coperte erano tutti sudati e senza fiato.
«Aspetta un secondo» disse Lucy. «Perché non abbiamo usato la magia per spostarla?»
I suoi compagni gemettero davanti alla propria stupidità collettiva.
«Dannazione» disse Zafferano. «Mi dimentico sempre che adesso possiamo farlo.»
Prima di mettersi in viaggio verso il Regno del Nord ciascuno degli studenti si creò un mantello personale per proteggersi dal freddo. Brystal agitò la bacchetta e un cappotto blu scintillante con pelo bianco soffice intorno ai polsi apparve sopra al suo tailleur. Smeraldina creò un mantello di smeraldi che si abbinava al vestito smeraldo che portava addosso. Arancina fece comparire una giacca spessa ricavata da pezzi di favo trapuntati. Celestina si ricoprì di uno strato di acqua tiepida che si avvolse intorno a lei come fosse una tuta trasparente. Infine Lucy schioccò le dita e fece comparire un cappotto di piume scure di tacchino.
«Non esattamente il fagiano che avevo in mente, ma andrà bene» disse.
«Zafferano, non ti serve un cappotto?» domandò Celestina.
«No, starò bene» disse il ragazzo. «Non ho mai freddo.»
«Allora siamo quasi pronti» disse Brystal. «Devo solo recuperare un paio di cose prima di andare.»
Brystal riempì un sacco con del cibo, dell’acqua e altre provviste, poi lo rimpicciolì fino alle dimensioni di un portamonete in modo che fosse facile da trasportare. Prese in prestito dalla cucina uno dei coltelli affilati della signora Vee e lo portò fino all’ufficio di Madame Tempofiero. Salì in piedi su una sedia di vetro e tagliò via il Regno del Nord dalla Mappa della Magia appesa sulla parete. Fu felice di vedere che la stella di Madame Tempofiero brillava ancora, e sperò di riuscire a salvarla prima che scomparisse. Arrotolò il pezzo di mappa e se lo infilò in una tasca del cappotto.
Prima di scendere fino all’ingresso, Brystal si fermò in camera sua. Recuperò da uno scaffale un grosso libro di geografia che conteneva mappe dettagliate dell’Altrove di Mezzo e del Regno del Nord e lo rimpicciolì fino alle dimensioni di una scatola di fiammiferi, poi se lo mise in tasca. Una volta recuperate la mappa e il libro di geografia, Brystal si unì ai suoi compagni, davanti al portone d’ingresso.
«Bene, eccoci qui» disse. «Stiamo per imbarcarci in un’avventura che potrebbe rivelarsi pericolosa, potremmo finire in situazioni terrificanti e potremmo farci male.»
«Un classico sabato sera nel mondo dello spettacolo» disse Lucy.
«Non sto scherzando» disse Brystal. «Una volta usciti da quella porta e lasciata l’accademia non si torna più indietro. Sappiamo tutti che cosa ci aspetta là fuori, no?»
Brystal guardò i compagni, uno a uno, per assicurarsi che avessero considerato bene i rischi. Invece di esitazione, nei loro occhi trovò solo fierezza e determinazione: sapevano benissimo che cosa li aspettava.
«Sono pronta a combattere per Madame Tempofiero» disse Smeraldina.
«Anch’io lo sono» disse Zafferano.
«E io pure» disse Arancina.
«Anch’io» aggiunse Celestina.
«È esattamente il tipo di avventura che stavo aspettando» disse Lucy.
Brystal sentì una scossa di energia davanti all’entusiasmo dei suoi compagni. Un ultimo sospiro nervoso, e aprì i portoni del castello.
«D’accordo» disse. «O la va o la spacca.»
I ragazzini lasciarono il castello e corsero attraverso la proprietà fino alla siepe di protezione. Quando le piante si aprirono per lasciarli passare, fecero un respiro profondo e si strinsero la mano per farsi coraggio; poi attraversarono il tunnel di foglie della barriera magica e mossero i primi passi nell’Altrove di Mezzo: il loro viaggio era cominciato.
Brystal e i suoi amici erano partiti dall’accademia poco prima del tramonto, ma all’interno della foresta sembrava già notte fonda. Nonostante le loro nuove capacità di autodifesa, furono intimiditi dall’oscurità del bosco. Ogni strillo di corvo e richiamo di gufo sembrava un avvertimento che intimava loro di tornare indietro, ma i ragazzi continuarono a muoversi lungo il sentiero sterrato. Brystal agitò la bacchetta e illuminò la foresta con luci scintillanti che li seguirono per l’Altrove di Mezzo come uno sciame di lucciole.
Gli studenti viaggiarono per circa due chilometri senza grossi problemi, ma molto presto la situazione cambiò: all’improvviso una gigantesca creatura cornuta saltò fuori dagli alberi e bloccò loro il cammino. Quando si avvicinò alle luci, Brystal e Lucy furono sollevate di vedere che non erano altri che Horence e il suo cavallo a tre teste, ma alla vista del cavaliere i loro amici strillarono e si prepararono a combattere.
«Non abbiate paura» disse Lucy. «È un amico.»
«Ovviamente Lucy è amica di un cavaliere demoniaco!» esclamò Arancina.
«Che sorpresa!» disse Celestina sarcastica.
«No, voglio dire che non ci farà del male» disse Lucy. «È lui che ha salvato me e Brystal dai cacciatori di streghe.»
A quelle parole i compagni si rilassarono, ma non troppo. Brystal fece un passo avanti per parlare con la strano personaggio.
«Ciao, Horence» disse. «Che ci fai qui?»
Invece di rispondere a parole, il cavaliere indicò il sentiero dietro gli studenti. Per una ragione che non avrebbe saputo spiegare, Brystal capì all’istante cosa Horence stesse cercando di dire.
«So che la foresta è un luogo pericoloso, ma non possiamo tornare indietro» disse. «Madame Tempofiero è in pericolo e ha bisogno del nostro aiuto. Sta combattendo una terribile strega nota come la Regina dei Ghiacci. Se non riusciamo a raggiungere il Regno del Nord per aiutarla, potrebbe morire.»
«Come fa a sapere che cosa sta dicendo?» sussurrò Smeraldina a Lucy.
«Hanno una strana connessione» mormorò Lucy. «Lascia fare.»
Dopo qualche momento di silenzio, Horence si inchinò davanti a Brystal e indicò il sentiero davanti a loro. Ancora una volta il cavaliere non disse una parola, ma lei sapeva esattamente cosa volesse dire.
«Grazie» disse Brystal. «Sarebbe fantastico!»
«Ehm, Brystal?» domandò Lucy. «Che sta succedendo?»
«Horence ci guiderà attraverso la foresta» disse Brystal. «Vuole rimanere con noi per proteggerci dalle altre creature dell’Altrove di Mezzo.»
Il cavaliere diresse il destriero a tre teste lungo il sentiero e i ragazzi lo seguirono, Brystal camminando accanto a lui, il resto del gruppo tenendosi a una certa distanza. La ragazza capiva come si dovevano sentire i suoi amici – anche lei era rimasta terrorizzata la prima volta che aveva visto Horence – ma più viaggiavano e più sembravano fidarsi di lui.
«Che cos’è Horence?» domandò Smeraldina. «Un uomo? Un soldato? Un alce?»
«Penso che sia uno spirito» spiegò Brystal. «Madame Tempofiero mi ha raccontato che Horence era innamorato di una strega che possedeva alcuni territori qui intorno, compresa la proprietà su cui sorge l’accademia. Dopo che Horence è stato assassinato la strega ha usato un incantesimo per riportarlo in vita, ma la magia necessaria era così oscura e malvagia che la donna è morta durante il processo e Horence è tornato sulla terra in una versione innaturale del se stesso di un tempo. Adesso lui vaga per i territori una volta posseduti dalla strega e aiuta le persone che si trovano in pericolo come una specie di angelo custode.»
«Se è questo che Brystal intende per angelo custode, non voglio mai vedere cosa considera un demone» sussurrò Arancina a Celestina.
«Ehi, Horence!» chiamò Lucy. «Possiamo chiamarti Horns?»
Il cavaliere scosse lentamente la testa, e la risposta fu ben chiara a tutti questa volta.
Brystal e i suoi amici seguirono Horence per l’intera notte, fino al mattino seguente. Potevano giurare di aver visto lupi e orsi osservarli tra gli alberi, ma gli animali non osarono avvicinarsi ai ragazzini mentre erano in compagnia del cavaliere. A un certo punto il sentiero incrociò un ruscello e gli studenti e le apprendiste superarono un piccolo ponte di pietre. Brystal e i suoi compagni arrivarono dall’altra parte senza problemi, ma quando si voltarono videro che Horence era rimasto dall’altro lato.
«Che stai facendo, Horence?» domandò Brystal. «Non vieni con noi?»
Il cavaliere scosse lentamente il capo e indicò un albero sul suo lato del ruscello. Brystal guardò meglio e vide un cuore con due coppie di iniziali incise sulla corteccia:
All’inizio Brystal non aveva idea del perché Horence le stesse mostrando quell’incisione, o di chi fossero HM e NT, ma non ci volle molto per ricordare la storia del cavaliere e si rese conto del perché si fosse fermato lì al ruscello.
«Sono le iniziali tue e della strega, vero?» domandò Brystal. «Devi averle incise su quell’albero quando eravate ancora vivi, e non puoi viaggiare oltre perché segna la fine dei territori della strega.»
Horence annuì lentamente. Il cavaliere poi fece una serie di gesti che Brystal non riuscì a interpretare. Per prima cosa indicò nella direzione in cui stavano viaggiando lei e gli altri, poi con la stessa mano alzò due dita, poi un dito soltanto. Ripeté quei movimenti una serie di volte: indicare, due dita, un dito; indicare, due dita, un dito; indicare, due dita, un dito. Non importava quante volte facesse quei gesti, Brystal non riusciva a capire cosa intendesse dire.
«Lontano? Due dita? Un dito?» ripeté ad alta voce imitando i movimenti. «Lontano? Due dita? Un dito?»
Per qualche strana ragione la connessione tra di loro si era spezzata e non riuscivano più a comunicare facilmente quanto prima. Brystal si chiese se fosse perché era dall’altra parte del ruscello. Prima che potesse attraversare il ponte e avere una risposta, Horence tirò le redini e galoppò via tra gli alberi.
«Cosa stava cercando di dirti?» domandò Lucy.
«Non ne ho idea» rispose Brystal. «Ma credo fosse un avvertimento.»
La mattina lasciò il passo al pomeriggio, Brystal e i suoi compagni cominciavano a soffrire la stanchezza e avevano i piedi gonfi e doloranti. Viaggiavano da quasi un giorno intero e non si erano praticamente mai fermati a riposare. Senza la protezione di Horence, Brystal aveva paura che se fossero rimasti troppo a lungo in un posto avrebbero attirato l’attenzione di un predatore con il loro odore e i loro rumori, e così spinse i compagni a proseguire il viaggio, nonostante la fatica.
«Quanto manca ancora al Regno del Nord?» domandò Zafferano.
«Secondo il mio libro di geografia siamo a un quarto della strada» disse Brystal.
«Solo un quarto?!» esclamò Celestina, scioccata. «Pensavo ci fossimo quasi! L’aria si sta facendo sempre più fredda.»
«E diventerà molto più fredda di così» disse Brystal. «Fidatevi, quando saremo arrivati ve ne accorgerete. Il Regno del Nord è avvolto dalle tempeste di neve della Regina dei Ghiacci.»
«In che parte del Regno del Nord siamo diretti?» domandò Lucy.
Brystal si tolse dalla tasca la Mappa della Magia e la srotolò davanti ai compagni.
«La mappa mostra Madame Tempofiero da qualche parte tra il Villaggio Dolcemela e la capitale del regno, Cima Vischio» disse. «La Regina dei Ghiacci ha attaccato Cima Vischio di recente, quindi presumo che Madame Tempofiero stia cercando di contenere i danni. Se la strega dovesse raggiungere il Villaggio Dolcemela, il Regno del Nord cadrà.»
La paura li spronò ad andare avanti, e gli studenti si rimisero in cammino senza lamentarsi. Dopo qualche ora, attraversarono una radura piacevole illuminata dalla luce del sole, piena di bacche da mangiare, con una fonte d’acqua limpida da bere e al centro una panchina di pietra su cui sedersi. Era diversa da qualsiasi altra cosa avessero visto nell’Altrove di Mezzo da quando avevano lasciato l’accademia, e le apprendiste supplicarono Brystal di fare una pausa.
«Mi dispiace, ma devo per forza fermarmi a riposare!» si lamentò Arancina.
«Anch’io!» aggiunse Celestina. «Mi sento disidratata.»
Brystal aveva spinto all’estremo i suoi compagni e pensò che si fossero meritati un po’ di riposo. Quando Arancina e Celestina lasciarono il sentiero, dirette verso la panchina di pietra, non obiettò, ma Lucy lanciò un’occhiata sospettosa alla radura e fermò le apprendiste prima che si sedessero.
«Aspettate, non sedetevi lì!» esclamò.
«E perché no?» domandò Arancina.
«Perché non è sicuro qui» disse Lucy. «Dev’essere per forza una trappola.»
«Lucy, sei solo paranoica» disse Arancina. «Finora è il posto più tranquillo che abbiamo visto in questa foresta!»
«Esattamente!» obiettò Lucy. «È davvero bello… troppo bello! Saremo più al sicuro a continuare a camminare e a fermarci in un posto tetro e ripugnante.»
«Benissimo, ci vediamo là!» esclamò Arancina. «Ma se non mi siedo per cinque minuti mi si staccano i piedi dal…»
SWOOSH! Come in un’enorme trappola per topi, non appena Arancina e Celestina toccarono la panchina di pietra, una gigantesca rete cadde sopra di loro. Le ragazzine gridarono cercando di liberarsi, ma più si agitavano e più rimanevano intrappolate. Brystal, Lucy, Zafferano e Smeraldina corsero ad aiutarle, ma la rete era così spessa che non riuscirono a districarla.
Udirono il rombo di un corno provenire dalle vicinanze, e all’improvviso una tribù di strane creature saltò fuori dagli alberi. I ragazzini si ritrovarono circondati da più di cento troll.
Erano creature basse con la pelle arancione sudicia e il corpo peloso. Avevano occhi grandi, nasi larghi, grossi piedi, denti possenti e due piccole corna. Indossavano abiti ricavati dalle pellicce di volpi, tassi e scoiattoli, e gioielli improvvisati con le ossa delle loro vittime. Ciascun troll portava con sé una mazza robusta e l’agitava sopra la testa per incutere paura. Un troll particolarmente grosso con un copricapo di piume colorate fece un passo avanti per osservare i ragazzini. Brystal pensò che dovesse essere il capo tribù.
«Rimanete tutti calmi» sussurrò Lucy ai suoi compagni terrorizzati. «I troll sono creature davvero stupide: hanno la vista di puzzole cieche e l’udito di conigli senza orecchie. Se rimaniamo fermi e in silenzio non si accorgeranno nemmeno che siamo qui.»
Gli studenti e le apprendiste seguirono i consigli di Lucy e rimasero immobili.
«In realtà la nostra vista è perfetta e il nostro udito impeccabile» ringhiò il capo.
«Dannazione» mormorò Lucy. «Devo aver pensato ai… coboldi…»
«Dove vi porteremo non avrete più bisogno di pensare» disse il capo, poi si voltò verso la sua tribù. «Cosa ne facciamo dei prigionieri? Sono schiavi o spuntini?»
I troll sbatterono a terra le clave con esultanza, e poi ruggirono, decidendo se mangiarli o farli schiavi.
«Non c’è una terza opzione?» piagnucolò Zafferano.
«Brystal, cosa facciamo?» domandò Smeraldina.
«Sto pensando, sto pensando!» rispose Brystal.
La tribù era così rumorosa che faticava a concentrarsi. I troll votarono per la schiavitù, e si avvicinarono ai ragazzini per imprigionarli.
«Okay, conto fino a tre» disse Brystal ai suoi compagni. «Al tre creerò un diversivo, voi afferrate la rete e correte lontani dalla radura, tutto chiaro?»
«Non voglio venire trascinata via di qui!» esclamò Celestina.
«Uno…» contò Brystal. «Due…»
Prima che potesse dare il segnale, il terreno sotto i loro piedi cominciò a tremare. I troll abbassarono lo sguardo, terrorizzati, e cominciarono a ritirarsi verso il bosco.
«Ottimo lavoro, Brystal!» esclamò Lucy. «Gran bel diversivo!»
«Non sono stata io!» replicò lei. «Non ho ancora fatto niente!»
All’improvviso, centinaia di mani verdi con unghie affilate schizzarono fuori dal terreno. Un’intera colonia di goblin emerse da sottoterra e si sparse per la radura. Erano creature alte e magre con la pelle verde lucida. Avevano grosse orecchie a punta, piccoli denti irregolari e aguzzi e due narici senza naso. Indossavano abiti ricavati dalla pelle di pipistrelli, talpe e rettili, e portavano con sé lance appuntite che puntarono contro i troll. Un goblin anziano con una fascia fatta di millepiedi morti si rivolse al capo dei troll.
«Come osate cacciare nel nostro territorio!» tuonò.
«Questo è il nostro territorio!» urlò il capo troll. «Tutto quello che vive in superficie appartiene a noi! Ritornate nel buco da cui siete usciti!»
Il troll agitò la mazza contro il goblin anziano, ma lui la bloccò con la lancia.
«Avete già rubato il nostro cibo, la nostra acqua e la nostra terra!» strillò l’anziano. «Non permetteremo che rubiate anche i nostri schiavi! Lasciate subito questa foresta o preparatevi ad affrontare le conseguenze!»
«I troll non si ritirano davanti a niente, specialmente davanti alla feccia goblin!» ribatté il capo tribù.
La tensione tra i due continuò a crescere, e i ragazzini temettero di finire nel bel mezzo di una battaglia tra le due specie.
«Non vi preoccupate, me ne occupo io!» sussurrò Lucy ai suoi amici.
«Ti prego, non fare niente!» la implorò Arancina.
Con orrore dei suoi compagni, Lucy attraversò la radura e si mise in mezzo al capo dei troll e al goblin anziano.
«Ehi, ehi, ehi» disse. «Ragazzi, calmatevi prima che qualcuno si faccia male!»
Quell’interruzione mandò i due capi su tutte le furie.
«Chi ti credi di essere?» ringhiò il troll.
«Non mi riconosci?» domandò Lucy. «Sono Lucy Gus della famosissima Compagnia Gus-Tosa. Sono sicura di averti visto a uno dei nostri spettacoli. Io e la mia famiglia abbiamo suonato per troll e goblin in ogni parte dell’Altrove di Mezzo. Siamo gente importante.»
Il goblin anziano strizzò gli occhi in direzione della ragazzina e si grattò il mento.
«Ah, sì» disse. «Mi ricordo di te. Sei la ragazza grassa che colpiva quell’orrenda scatola di campanelle e che mi ha fatto venire un terribile mal di testa.»
«Si chiama tamburello» lo corresse Lucy. «Sentite, capisco che le cose tra di voi non vadano granché bene, ma di certo non volete peggiorare la situazione mettendovi in imbarazzo davanti a una celebrità come me. Di solito non faccio cose del genere, ma se lasciate andare me e i miei amici, vi prometto che tornerò e farò uno spettacolo gratis. Allora, che ne dite? Non c’è guerra al mondo che non possa essere risolta con un po’ di buon intrattenimento vecchio stile.»
Gli studenti e le apprendiste non furono del tutto convinti dal tentativo di negoziazione di Lucy. Il goblin anziano si voltò verso il capo dei troll e fece a sua volta un’offerta.
«Senti qua» disse. «La suonatrice di tamburello è tua, ma gli altri li prendiamo noi.»
«No!» gridò il capo tribù. «Tu prendi la suonatrice di tamburello e noi gli altri!»
Il troll suonò un corno in faccia al goblin anziano, e la battaglia ebbe inizio. Brystal e i suoi compagni rimasero a guardare inorriditi: non avevano mai visto tanta violenza in vita loro. I troll e i goblin si diedero colpi di mazza e si pugnalarono a vicenda, e quando le armi si ruppero cominciarono a combattere con le mani, storcendosi il naso e tirandosi le orecchie. Brystal era triste quanto turbata: se l’umanità non avesse esiliato i troll e i goblin dai loro regni, non sarebbero stati costretti a lottare per la sopravvivenza in quel modo.
Tuttavia, era felice che i goblin fossero arrivati proprio in quel momento: erano il diversivo migliore che potesse desiderare.
«ORA!» gridò ai suoi compagni.
Brystal, Smeraldina e Zafferano afferrarono la rete e si misero a correre verso il limitare della radura, trascinando Celestina e Arancina dietro di loro. Lucy apriva la via spingendo da parte troll e goblin. All’inizio le creature erano troppo occupate a lottare l’una contro l’altra per notare quello che stava succedendo, ma non ci volle molto prima che si accorgessero che i ragazzini stavano fuggendo.
«GLI SCHIAVI STANNO SCAPPANDO!» gridò il capo dei troll.
«PRENDIAMOLI!» ordinò il goblin anziano.
I troll e i goblin si misero a inseguire i ragazzini, e le creature che poco prima stavano combattendo cominciarono a muoversi per l’Altrove di Mezzo come una forza sola. Gli studenti e le apprendiste si misero a correre per la foresta più veloci che potevano, utilizzando la magia per impedire che le bestie si avvicinassero troppo. Brystal agitò la bacchetta e sollevò in aria alcuni troll, imprigionati in bolle gigantesche. Smeraldina gettò manciate di rubini e diamanti a terra per far scivolare i goblin. Zafferano si tolse la Medaglia Ammutolente e diede fuoco a interi alberi per spaventare gli inseguitori. Nonostante i loro tentativi, i troll e i goblin non accennavano a darsi per vinti.
Lucy stava correndo in testa ai suoi compagni, e notò qualcosa di preoccupante davanti a loro.
«Ehi, ragazzi!» esclamò guardando indietro. «Stiamo correndo verso un burrone!»
«Allora fa’ qualcosa per non arrivare al burrone!» rispose Smeraldina.
Quando raggiunsero il ciglio del crepaccio profondo e roccioso, Lucy schioccò le dita e un ponte traballante di corda e assi di legno apparve davanti a loro. I ragazzini si misero ad attraversarlo e il ponte cominciò a oscillare come un’altalena gigante. Il movimento fece inciampare Zafferano, che cadde di faccia. La Medaglia Ammutolente gli scivolò di mano e precipitò nel burrone sotto di loro. Il ragazzino cominciò ad agitarsi e venne avvolto dalle fiamme.
«No, no, no, no, no!» gridò.
«Zafferano, ascoltami!» esclamò Brystal. «Devi calmarti! Se non controlli le tue fiamme, il ponte prenderà…»
Era troppo tardi: il fuoco di Zafferano bruciò le corde e i pannelli di legno. Il ponte si ruppe e i ragazzini precipitarono nel vuoto. Mentre cadevano veloci verso la valle rocciosa sotto di loro non poterono fare altro che gridare. La scena fece venire in mente a Brystal l’ultimo capitolo dei Racconti di Remus Rattibus, ma sotto di loro non c’era un fiume ad attutire la caduta. Brystal cercò di manifestare qualcosa di morbido su cui atterrare ma mentre agitava la bacchetta, il vento gliela strappò di mano.
La ragazza si protese disperatamente cercando di recuperare la bacchetta a mezz’aria… Stava cadendo lì vicino a lei, appena fuori portata… Allungò il braccio più che poteva… Toccò l’impugnatura con la punta delle dita… Strinse la mano intorno al cristallo trasparente…
PUFF! I ragazzini si schiantarono contro il fondo del burrone e nell’aria si sollevò una nuvola di polvere. I troll e i goblin guardarono giù e decisero di non stare ad aspettare che la polvere si disperdesse per ritirarsi verso la foresta.
Niente sarebbe potuto sopravvivere a quella caduta.