CAPITOLO UNDICI

MAGILESSIA

Il pranzo all’accademia fu stranamente silenzioso. Lucy era seduta da sola a un capo del tavolo, lontana dagli altri, e non disse una parola per tutto il pasto. Prendeva minuscole forchettate di cibo e ogni tanto alzava gli occhi e guardava i suoi nuovi compagni con sguardo sospettoso, come se li stesse sfidando a provocarla. Arancina e Celestina avevano ricevuto abbastanza insulti da Lucy per quel giorno, perciò rimasero in silenzio ed evitarono di incrociare il suo sguardo.

Brystal cercò di allentare la tensione facendo conversazione, ma nessuno sembrava interessato a sentire quello che aveva da dire. I suoi tentativi fallirono del tutto quando la signora Vee entrò nella stanza e presentò a Madame Tempofiero una seconda busta nera a squame.

«È arrivata un’altra lettera per te, Madame» annunciò.

Il nuovo messaggio sembrò rendere Madame Tempofiero ancora più ansiosa del precedente. Prima che qualcuno potesse farle domande riguardo alla sua presunta “amica malata”, si alzò in piedi e uscì dalla stanza con la lettera misteriosa tra le mani.

«Cominceremo la prima lezione fra qualche minuto» disse mentre si allontanava dalla sala da pranzo. «Ci vediamo fuori.»

Dopo pranzo, gli studenti e le apprendiste seguirono le istruzioni di Madame Tempofiero e si radunarono davanti ai gradini d’ingresso. Tuttavia, proprio come era successo il mattino, l’insegnante si fece attendere. Più aspettavano e più gli studenti si facevano impazienti.

«Comincio a pensare che non impareremo mai niente in quest’accademia» disse Smeraldina.

«Perché ci sta mettendo così tanto?» domandò Zafferano. «Non pensate che stia cambiando idea sull’accademia, vero? Se decidesse di chiudere, non avrei nessun altro posto dove andare!»

«Calmatevi, tutti e due» disse Arancina. «Madame Tempofiero probabilmente ci sta facendo aspettare per un motivo. Non conoscete il detto? “L’insegnante appare solo quando lo studente è pronto.”»

«Io sono pronta da quarantacinque minuti» replicò Smeraldina scuotendo la testa, nervosa. «È davvero scortese, tutto qui.»

«“La tranquillità è la virtù dei forti”» disse Celestina annuendo. «Un altro detto famoso.»

Arancina alzò gli occhi al cielo e tirò da parte l’amica.

«Celestina, il detto è “la pazienza è la virtù dei forti”» disse. «Non la tranquillità

«Ah» disse Celestina. «Be’, è praticamente la stessa cosa.»

Mentre aspettavano, Brystal tenne lo sguardo fisso sulle finestre dell’ufficio di Madame Tempofiero. Era in punta di piedi, sperando di scorgere quello che stava facendo la loro insegnante, ma non riusciva a vedere niente. Dopo un po’ si diede per vinta e notò che Lucy si stava ancora tenendo a distanza dagli altri. La figlia dei musicisti era seduta su un masso a qualche metro di distanza dai gradini d’accesso al castello e osservava i suoi compagni come fossero affetti da un virus contagioso. Brystal si sentì triste per lei e le si sedette accanto per tenerle compagnia.

«Non ti mordono mica, sai?» scherzò Brystal.

«Lo so, lo so» disse Lucy. «Ma non voglio che si affezionino troppo a me, nel caso quest’accademia non si rivelasse il posto giusto per il mio futuro. La gente fa molto presto a legarsi alle celebrità.»

Brystal scoppiò a ridere. «Come sei premurosa» disse. «E io che pensavo che fossi solo asociale.»

«Niente affatto» rispose Lucy. «Allora, raccontami di questi pagliacci con cui abbiamo a che fare. Come sono le dinamiche?»

«A essere sincera, non ne sono sicura» disse Brystal. «Ho conosciuto gli altri solo ieri. Arancina e Celestina sono all’accademia da più tempo di tutti. Tecnicamente sono le apprendiste di Madame Tempofiero perché sono più avanzate degli studenti normali… è la prima cosa che ci hanno detto. Madame Tempofiero le ha incontrate quando erano molto piccole, dopo che erano state abbandonate.»

«Non posso biasimare le loro famiglie» disse Lucy. «E Smeraldina? Da dove arriva?»

«Anche Smeraldina è stata abbandonata appena nata» raccontò Brystal. «È stata cresciuta dai nani in una miniera di carbone. Non voleva studiare qui all’accademia, ma suo padre l’ha convinta a venire.»

«Cresciuta dai nani, eh? Ecco spiegata la sua irascibilità e le sue vedute ristrette. E quel piccolo ragazzino paranoico? Perché indossa una medaglia? Ha vinto qualcosa?»

«Si chiama Medaglia Ammutolente» spiegò Brystal. «Serve a contenere le abilità magiche di Zafferano finché non sarà capace di controllarle. Quel povero ragazzo ne ha viste davvero tante! Qualche notte fa è stato sorpreso a fare qualcosa di proibito e suo padre l’ha picchiato. Le botte hanno risvegliato i suoi poteri e Zafferano ha dato fuoco alla casa, ucciso suo padre e bruciato la maggior parte dei Colli Nordoccidentali. Quando io e Madame Tempofiero l’abbiamo trovato stava viaggiando verso un lago per annegarsi. Pensava che fosse l’unico modo per impedirsi di fare del male ad altre persone.»

Lucy tirò un sospiro di sollievo. «Grazie al cielo» mormorò.

«Come, scusa?»

«Cioè… che cosa terribile» si corresse. «Sono solo felice che ci sia un po’ di drammaticità e di spessore in queste persone. Avevo paura di essere bloccata qui con un gruppo di perdenti. Che cosa stava facendo Zafferano quando il padre l’ha scoperto?»

«Non lo so» disse Brystal. «Non l’ha detto, ma ho intuito che fosse qualcosa di cui era davvero imbarazzato.»

«Mi piaccioni i misteri» disse Lucy, ghignando con occhi curiosi all’indirizzo di Zafferano. «Dammi una settimana e glielo caverò dalla bocca. Io e i miei genitori suonavamo alle feste a tema “cena con delitto”.»

Brystal alzò gli occhi verso l’ufficio di Madame Tempofiero e sospirò.

«Zafferano non è il solo ad avere segreti» disse.

Prima che Lucy potesse fare altre domande, gli studenti e le apprendiste rimasti davanti alla scalinata del castello gridarono e si allontanarono di corsa dall’ingresso. Proprio in quel punto erano comparse delle luci che si stavano facendo sempre più grandi e brillanti.

«Che diavolo sono quelle?» domandò Smeraldina.

«Non sono stato io, lo giuro!» esclamò Zafferano. «Guardate, ho ancora al collo la Medaglia Ammutolente!»

«Celestina, spegnile con l’acqua!» ordinò Arancina.

«Non sono mica la tua schiava!» esclamò Celestina. «Usa il tuo miele!»

Le luci scintillanti vennero seguite da un lampo accecante di luce viola, e tutti i ragazzini si coprirono gli occhi. Quando la luce svanì videro che Madame Tempofiero era apparsa dal nulla sui gradini del castello, con le braccia alzate al cielo in una posa davvero drammatica. Il suo abito era fatto di orologi di tutte le forme e dimensioni. Indossava un cucù come cappello, aveva il braccio col guanto coperto da orologi da polso e un pendolo appeso alla cintura.

«Questa che è un’entrata in grande stile» sussurrò Lucy a Brystal. «E so di cosa sto parlando, ho lavorato con molte dive.»

Madame Tempofiero sorrise alla vista delle espressioni sbalordite e allarmate dei suoi studenti e apprendiste.

«Benvenuti alla prima lezione» trillò. «Prima di cominciare, ho una domanda per voi: qualcuno mi sa dire qual è la differenza tra una ferita e una cicatrice? Tra debolezza e forza? Tra odio e amore?»

Smeraldina alzò la mano. «Il tempo?» domandò.

«Esatto!» esultò Madame Tempofiero.

«Come facevi a saperlo?» domandò Arancina.

«È in ritardo di un’ora ed è coperta di orologi» disse Smeraldina. «Ho tirato a indovinare.»

«Il tempo è il fattore più complicato dell’universo» spiegò Madame Tempofiero. «È il problema e la soluzione alla maggior parte dei dilemmi della vita. Cura ogni ferita, ma alla fine viene a prendere ciascuno di noi. Sfortunatamente non è quasi mai favorevole. Ne abbiamo troppo o troppo poco, ma mai quello che vorremmo o di cui avremmo bisogno. A volte nasciamo in un tempo che non ci rispetta, e troppo spesso lasciamo che questo determini il rispetto che abbiamo per noi stessi. Il vostro primo compito è liberarvi di ogni opinione negativa, insicurezza e rabbia verso voi stessi che questo tempo vi ha instillato. Se vogliamo cambiare la visione che il mondo ha di noi, dobbiamo cominciare cambiando la visione che abbiamo di noi stessi. Seguitemi.»

Madame Tempofiero condusse gli studenti fino al lago nel giardino del castello e fece allineare Brystal, Lucy, Zafferano e Smeraldina vicino all’acqua, a qualche metro di distanza l’uno dall’altra.

«Guardate il vostro riflesso nel lago» ordinò loro. «Domandatevi se quello che vedete è ciò che siete o la persona che il mondo vuole che siate. Se poteste mutare il vostro aspetto per allinearlo a quello della persona dentro di voi, cosa cambiereste? Di cosa avreste bisogno per rendere la vostra personalità e il vostro aspetto fisico due lati della stessa medaglia? Voglio che chiudiate gli occhi e cerchiate le risposte nella vostra anima. Trovate le qualità che apprezzate di più di voi stessi e quelle che vi rendono unici. Immaginate di stringere tra le mani il vostro vero io e tiratelo in superficie con tutta la vostra forza. Smeraldina, cominciamo da te.»

Essere la prima la fece sentire vulnerabile. Smeraldina chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e cercò di seguire al meglio le istruzioni di Madame Tempofiero. Sorrise e sbuffò tra sé e sé mentre passava in rassegna le sue qualità positive e negative come un cesto di biancheria. Dopo qualche minuto di silenzio, all’improvviso trasalì e cominciò a boccheggiare come se fosse appena uscita da una lunga apnea sott’acqua. Il suo vestito di iuta si allungò in un abito elegante, il materiale grossolano trasformato in una trama di smeraldi brillanti, e sulla fronte le comparve una tiara di diamanti.

Smeraldina guardò il suo riflesso nel lago e rimase sbalordita: non credeva ai suoi occhi.

«È incredibile!» esclamò, accarezzando i suoi nuovi abiti. «Non avevo idea che il mio vero io avesse un aspetto così lussuoso!»

«Ben fatto, Smeraldina» disse Madame Tempofiero. «Zafferano, perché non ti togli la medaglia e provi anche tu?»

«Non posso togliermi la Medaglia Ammutolente!» replicò Zafferano. «Ci sono troppi oggetti infiammabili qui intorno!»

«Non ti preoccupare, sono qui vicino a te» lo rassicurò Madame Tempofiero. «Procedi.»

Zafferano si tolse nervoso la medaglia che portava al collo e la appoggiò a terra, mentre piccole fiammelle cominciavano già a comparirgli sulla testa e sulle spalle. Chiuse gli occhi e fece qualche respiro profondo per calmarsi. Le sue compagne intuirono che stava avendo più difficoltà di Smeraldina a trovare il suo vero io, perché la sua espressione si fece sempre più corrucciata man mano che cercava più a fondo. A un certo punto, senza preavviso, tutto il suo corpo venne avvolto da fiamme incandescenti. Il fuoco bruciò per qualche momento, poi svanì. Quando scomparve gli altri videro che Zafferano non stava più indossando i suoi abiti marroni bruciacchiati: la camicia e i pantaloni si erano trasformati in un completo dorato avvolto da un sottile strato di fiamme. C’erano due piccole volute di fumo che pendevano dalla giacca come le code di un frac e indossava un papillon di ferro così rovente che brillava.

Zafferano fissò il suo riflesso nell’acqua come se stesse osservando un perfetto sconosciuto.

«Non ci posso credere» disse. «I miei abiti sono ignifughi!»

«E davvero eleganti» disse Madame Tempofiero con un sorriso fiero.

Dopo aver ammirato il suo riflesso, Zafferano si mise rapidamente la Medaglia Ammutolente al collo. Le fiamme che lo avvolgevano svanirono, il papillon tornò del colore normale e il fumo si dissolse nell’aria.

«Ben fatto, Miccia» disse Lucy. «Sarà dura battere uno spettacolo del genere.»

«Lucy, vuoi essere la prossima?» domandò Madame Tempofiero.

«No, grazie, M.T.» disse. «Sono molto felice del mio aspetto. Ci è voluto parecchio tempo per sviluppare il mio stile personale.»

«Che bella cosa, mia cara» disse Madame Tempofiero. «Allora rimani solo tu, Brystal.»

La ragazza abbassò lo sguardo verso il riflesso della sua uniforme del Centro di correzione Altostivale e non le fu difficile immaginare una versione più autentica di se stessa. Conosceva molto bene la ragazza intelligente, rispettabile e influente che aveva sempre voluto essere. Chiuse gli occhi e immaginò perfettamente il suo vero io, ma per qualche strana ragione non riuscì a portarlo alla superficie.

«Non posso» disse Brystal.

«Sì che puoi» disse Madame Tempofiero cercando di incoraggiarla. «Concentrati e visualizza la persona che hai dentro il cuore.»

«Riesco a vedere la persona che ho nel cuore, ma non ho mai usato la magia da sola» disse Brystal. «Non c’è un incantesimo o una formula da recitare che mi possa aiutare?»

«Non tutta la magia nasce da incantesimi o formule» disse Madame Tempofiero. «Se vuoi essere una fata di successo devi imparare a produrla da sola. Ma per questa volta ti aiuterò io a trovare la magia dentro di te.»

Madame Tempofiero agitò il dito e all’improvviso Brystal avvertì un calore piacevole alla bocca dello stomaco. Quella sensazione le ricordò l’eccitazione che provava quando leggeva un libro particolarmente avvincente. Si fece sempre più forte, facendole venire i brividi, e si diffuse nel suo corpo finché non si sentì così piena da scoppiare. Con sua sorpresa, sentì Madame Tempofiero e i compagni trattenere il fiato.

«Bene bene» disse Madame Tempofiero. «Sembra che la signorina Evergreen sia finalmente arrivata.»

Brystal aprì gli occhi e guardò il suo riflesso nel lago. L’uniforme sbiadita a strisce grigie e nere aveva lasciato il posto a un tailleur elegante e senza maniche con un lungo strascico che partiva dalla cintura. Il tessuto era del colore del cielo e brillava come una galassia piena di stelle, e i guanti che indossava erano perfettamente abbinati. I lunghi capelli ricci erano coperti di fiori bianchi e acconciati sulla spalla destra. Brystal si coprì la bocca e le vennero le lacrime agli occhi alla vista della giovane donna bellissima ed elegante in cui si era trasformata.

«Va tutto bene, cara?» domandò Madame Tempofiero.

«Sì» disse Brystal asciugandosi le lacrime. «Solo mi sembra di vedermi per la prima volta.»

Ornamento di separazione

La mattina seguente, dopo colazione, Madame Tempofiero condusse i suoi studenti e le apprendiste fino a un grande acero al centro dei terreni dell’accademia. Staccò cinque rametti dalla pianta e li appoggiò a terra, poi sistemò Brystal, Lucy, Zafferano, Smeraldina e Celestina dietro ciascun rametto.

«Ogni forma di magia può essere classificata in quattro categorie: miglioramento, riabilitazione, manifestazione e immaginazione» spiegò Madame Tempofiero. «D’ora in avanti ogni lezione sarà concentrata sullo sviluppo delle nostre abilità in queste diverse aree. La lezione di oggi sarà un’introduzione al miglioramento magico. Durante la vostra vita da fate incontrerete molte persone, luoghi e oggetti le cui condizioni possono essere migliorate con l’uso della magia: più grande il miglioramento e più magia sarà necessaria. Bene, iniziamo con qualcosa di molto piccolo e semplice. Voglio che ciascuno di voi trasformi il ramoscello che ha davanti in qualcosa che secondo voi si possa considerare un miglioramento. Celestina, ci puoi dare una dimostrazione?»

Celestina annuì con entusiasmo e fece un passo avanti. Tese la mano destra sopra il ramo, e gli studenti rimasero a bocca aperta alla vista del ramoscello che si trasformava lentamente in un pezzo di corallo colorato.

«Ottimo lavoro» disse Madame Tempofiero. «Concentrandosi sul ramo e allo stesso tempo visualizzando un altro oggetto nella mente, Celestina l’ha trasformato in qualcosa che secondo lei è migliore. Zafferano, provi tu?»

Il ragazzino si tolse con cautela la Medaglia Ammutolente dal collo e immediatamente testa, spalle e completo dorato vennero di nuovo avvolti dalle fiamme. Zafferano allungò la mano verso il rametto e cercò di riflettere su come renderlo migliore. Mentre si concentrava, il ramo cominciò a gonfiarsi diventando rosso acceso, e pian piano si trasformò in un piccolo cilindro con un pezzetto di corda attaccato a una delle sue estremità.

«Ben fatto, Zafferano!» esclamò Madame Tempofiero. «Hai trasformato il ramo in un petardo!»

«Ce l’ho fatta!» esultò il ragazzino. «Ce l’ho fatta davvero!»

Zafferano era così fiero di sé che si mise a saltellare dalla gioia, ma si avvicinò troppo al petardo e le fiamme intorno alla gamba dei suoi pantaloni lo accesero per sbaglio. L’esplosione rilasciò un fischio assordante che rimbombò per tutti i giardini e scintille colorate che sprizzarono in ogni direzione.

«Al riparo!» gridò Lucy.

Madame Tempofiero e i suoi studenti si gettarono a terra e si coprirono le orecchie, mentre Celestina spruzzò un getto d’acqua sul petardo per spegnerlo. Zafferano arrossì e gli presero fuoco le guance.

«Mi dispiace» squittì.

Le sue compagne lo guardarono con espressioni molto più roventi delle fiamme che portava in corpo. Zafferano si mise rapidamente al collo la Medaglia Ammutolente prima di fare ulteriori danni, poi aiutò le altre ad alzarsi in piedi.

«Cominciamo bene» mormorò Madame Tempofiero. «Smeraldina, tu ieri sei stata davvero brava. Vuoi essere la prossima?»

«Sarà un gioco da ragazzi» disse Smeraldina.

Allungò la mano verso il ramoscello ma Madame Tempofiero la fermò prima che lo potesse toccare.

«Sappiamo che sei capace di trasformare oggetti in gioielli toccandoli, ma oggi voglio che provi a migliorare il ramo con la mente» disse la fata.

«Con la mente?» esclamò Smeraldina.

«Sì» disse Madame Tempofiero. «Non sempre ci sarà possibile toccare le cose che vogliamo migliorare, a volte dovremo usare l’immaginazione per raggiungere il nostro obiettivo. Dai, prova.»

Smeraldina alzò le spalle e cercò di concentrarsi il più possibile. Allungò la mano verso il ramoscello e, seguendo le istruzioni di Madame Tempofiero, immaginò di poterlo toccare con la punta delle dita. Qualche momento più tardi il rametto cominciò a sussultare e a tremare. Si agitò come un serpente, cominciò a brillare e un istante più tardi si trasformò in un bellissimo braccialetto di diamanti. Smeraldina rimase davvero soddisfatta del risultato, lo afferrò e se lo mise al polso.

«Molto bene, Smeraldina» disse Madame Tempofiero. «Lucy, ieri non hai avuto occasione di usare la magia. Oggi vuoi provare?»

«Mi sa che passo» disse Lucy. «Si fidi, se potessi trasformare un ramo in qualcosa di bello quanto un bracciale di diamanti non avrei così tanti debiti da gioco d’azzardo.»

«Signorina Gus, anche se i tuoi talenti sono diversi da quelli degli altri sei qui per migliorare proprio come i tuoi compagni» le ricordò Madame Tempofiero. «Dai, cerca di fare del tuo meglio e vediamo di cosa sei capace.»

Lucy sbuffò e fece un passo avanti, riluttante. Allungò la mano sul ramo e cercò di concentrarsi per riuscire a trasformarlo in qualcosa di migliore. Il rametto divenne più flessuoso, cominciò a dimenarsi e venne ricoperto da un liquido appiccicoso: si era trasformato in una lumaca grossa e viscida. Lucy rimase davvero impressionata dalla propria creazione, probabilmente si aspettava che succedesse qualcosa di molto peggio, ma i suoi compagni non erano della stessa opinione.

«E lo chiami un miglioramento?» domandò Arancina.

Prima che Lucy potesse rispondere, all’improvviso un grifone scese in picchiata dal cielo e afferrò la lumaca col becco.

«Almeno ho fatto felice lui» disse Lucy con un’alzata di spalle.

«Davvero brava, Lucy» disse Madame Tempofiero. «Una lumaca è un miglioramento interessante, ma come dico sempre la bellezza è negli occhi di chi guarda. Bene, rimani solo tu, Brystal.»

Brystal fece un passo avanti verso il ramoscello e pregò di poter trovare la magia dentro di sé senza l’aiuto di Madame Tempofiero. Chiuse gli occhi e cercò disperatamente di ricreare la sensazione di gioia che aveva vissuto il giorno prima. Dopo qualche momento di concentrazione, sentì un accenno di magia nascere dentro di lei. Tentò di incanalarvi tutte le sue energie per aiutarla a crescere, mentre decideva in quale oggetto trasformare il ramo. Cercò di pensare a qualcosa che avrebbe fatto felice Madame Tempofiero, facendo anche sentire meglio Lucy dopo la sua performance con la lumaca.

“Pensa a un bruco” mormorò Brystal tra sé e sé. “Pensa a un bruco… pensa a un bruco… pensa a un bruco…”

Il ramoscello non si mutò nel bruco adorabile e cicciottello che la ragazzina aveva in mente, ma all’improvviso tutte le foglie dell’acero sopra di lei si trasformarono in grosse farfalle. Gli insetti spiccarono il volo dai rami lasciando l’albero completamente spoglio, poi cominciarono a volare per i giardini come una grossa nuvola colorata. Brystal, Madame Tempofiero, gli altri studenti e le apprendiste guardarono le farfalle a bocca aperta.

«Santo cielo» disse Madame Tempofiero. «Che trasformazione davvero impressionante

Lo sguardo sbalordito della fata si spostò su Brystal e vi rimase a lungo. La ragazzina non riusciva a capire che cosa stesse pensando, ma intuì che Madame Tempofiero dovesse essere davvero confusa e un po’ preoccupata davanti alla dimostrazione di magia a cui aveva appena assistito.

«La lezione è finita» disse Madame Tempofiero.

Ornamento di separazione

Quella notte Brystal fece fatica a dormire, e non era solo colpa di Lucy che russava come un orso nella stanza accanto. Si sentiva un fallimento totale. Di solito non vedeva l’ora di avere l’opportunità di imparare cose nuove o di fare qualcosa di produttivo, ma visto che durante ogni lezione riusciva a rendersi ridicola davanti agli altri, Brystal stava cominciando ad avere paura di dover passare altro tempo insieme a Madame Tempofiero. Temeva che se la sua incompetenza in materia di magia fosse continuata, la sua esperienza all’accademia sarebbe finita ben presto.

La mattina seguente, dopo colazione, Madame Tempofiero condusse i ragazzi fino a una piccola stalla per cavalli sul lato del castello, tuttavia a occuparla non erano cavalli ma creature magiche. Nel primo box c’era una scatola da scarpe appoggiata su uno sgabello. Gli studenti guardarono all’interno e videro una fatina maschio che dormiva. Le sue ali colorate erano state strappate ed erano appoggiate accanto a lui, in pezzi.

Il secondo box conteneva due unicorni feriti. Il primo era seduto a terra con gli zoccoli crepati e scheggiati. Il corno del secondo era piegato all’estremità, come un piede di porco. Entrambe le creature avevano un’aria davvero triste, come se la loro dignità fosse danneggiata quanto il loro corpo.

Nel terzo box, un grifone delle dimensioni di un grosso cane era sdraiato su un mucchio di paglia. Aveva una zampa anteriore gonfia e avvolta in una benda bianca. Era rannicchiato intorno all’arto ferito e tremava per il dolore. Brystal non sapeva quanto a lungo vivessero i grifoni, ma pensò che dovesse essere abbastanza vecchio perché la maggior parte delle piume era grigia.

«Povere bestiole» disse Brystal. «Che è successo?»

«La fatina è volata troppo lontana dal suo stormo ed è stata attaccata da un gufo» spiegò Madame Tempofiero. «Le fatine si muovono in gruppo per proteggersi a vicenda. Senza le ali non potrà mai più riunirsi alla sua famiglia e sarà un bersaglio facile per i predatori. Gli unicorni si sono fatti male scivolando giù per un pendio roccioso. Fortunatamente le loro ferite non sono gravi, ma gli unicorni sono una specie davvero fiera e abbastanza vanitosa quando si tratta dell’aspetto fisico. Loro due si vergognano troppo per tornare al proprio branco in questo stato. Il grifone, invece, è purtroppo anziano e le sue ossa non sono più quelle di una volta: la sua zampa anteriore si è rotta dopo un atterraggio brusco. Proprio come quelle degli uccelli, le ossa dei grifoni sono cave e diventano sempre più fragili con l’età.»

«Siamo in un ospedale per animali?» domandò Zafferano.

«Proprio così» disse Madame Tempofiero.

«E dove sono i veterinari?» chiese Smeraldina.

«Siamo noi i veterinari» rispose Madame Tempofiero con uno scintillio negli occhi. «La lezione di oggi sarà la prima di riabilitazione magica. L’abilità più importante di tutte le creature magiche è quella di curare le ferite. Questa mattina sceglierete un animale ferito ciascuno e userete la magia per alleviare le sue sofferenze o per guarire le sue ferite. Arancina, ci puoi dare una dimostrazione?»

Arancina si avvicinò al primo box a passi fieri. Si mise in piedi in una posa meditativa con le mani aperte e tese e gli occhi chiusi per concentrarsi meglio. Una decina di api volò fuori dai suoi capelli e si diresse verso la fatina ferita. Gli insetti spaventarono la creatura, che cominciò ad agitarsi e a cercare di scalare le pareti della scatola da scarpe per saltare fuori, ma le api la raggiunsero e la tennero ferma mentre usavano il loro pungiglione e il loro miele per ricucire le ali all’animale ferito.

Qualche minuto dopo, le ali della fatina erano come nuove, e la creatura poté spiccare il volo, felice. Abbracciò il viso di Arancina e la ringraziò nella lingua dal tono acuto tipica delle fatine, che agli studenti sembrò solo un susseguirsi di stridii senza senso. Cosa ancora più sorprendente, Arancina a quanto pare riuscì a capire cosa stesse dicendo la fatina e rispose con un «non c’è di che» nella strana lingua. La fatina volò fuori dalla stalla per riunirsi alla sua famiglia mentre gli altri studenti fissavano Arancina, sbalorditi.

«Che c’è?» domandò, sulla difensiva.

«Come facevi a sapere cosa dirgli?» domandò Smeraldina.

«Il Fatinese è molto simile all’Apignolo» disse Arancina. «Lo sanno tutti.»

«Grazie, Arancina» disse Madame Tempofiero. «Chi vuole essere il prossimo?»

«Ehm, Madame Tempofiero? Posso parlarle in privato?» disse Lucy tirando da parte la fata. «Ascolti, apprezzo molto che lei voglia insegnarmi, è davvero gentile da parte sua, ma non credo che sia saggio farmi partecipare a questa lezione visti i miei precedenti. Questi animali ne hanno viste già troppe.»

«Una scelta saggia, Lucy» disse Madame Tempofiero. «Devo essere sincera, avevo lo stesso timore, ed è per questo che ci sono solo quattro creature nella stalla. Per oggi puoi osservare. Bene allora, continuiamo. Perché non provi tu, Smeraldina?»

«Questa volta posso usare le mani?» domandò Smeraldina.

«Certo che sì» disse Madame Tempofiero. «Non esiste un modo sbagliato o giusto di curare.»

Smeraldina osservò gli animali e scelse l’unicorno con gli zoccoli scheggiati. Zampa per zampa, appoggiò una mano sulle parti danneggiate e riempì le crepe di rubini. Una volta riparati tutti, Smeraldina creò delle scarpe di diamanti in modo che la creatura non rimanesse mai più ferita. L’unicorno si mise a trotterellare felice in cerchio e ringraziò Smeraldina con un nitrito pieno di gioia, poi corse all’esterno per sfoggiare le zampe scintillanti nel suo branco.

«Fantastico, Smeraldina!» disse Madame Tempofiero. «Una soluzione davvero creativa.»

«Non capisco» disse Celestina. «Perché dare a un unicorno scarpe di diamanti

«Perché il diamante è uno dei materiali più duri al mondo» spiegò Smeraldina. «Così avrà le zampe protette nel caso scivolasse giù da un altro pendio.»

«Sono resistenti e bellissime, proprio come te» disse Madame Tempofiero con un sorriso. «Zafferano, vuoi essere il prossimo?»

Zafferano si tolse la Medaglia Ammutolente con un po’ più di sicurezza rispetto ai giorni precedenti. Passò lo sguardo avanti e indietro tra il secondo unicorno e il grifone, mentre decideva quale creatura aiutare. Dopo un po’ scelse l’unicorno, e la creatura si fece visibilmente allarmata quando notò il ragazzo fiammeggiante che si avvicinava.

«Va tutto bene» sussurrò. «Credo di sapere come aiutarti.»

Confortando l’unicorno, Zafferano riuscì a rassicurare anche se stesso, e le fiamme che lo avvolgevano si fecero meno agitate. Una volta guadagnata la fiducia della creatura, il ragazzino si strofinò le mani finché non cominciarono a brillare per il calore. Toccò con gentilezza il corno dell’animale, facendolo ammorbidire sotto la sua presa incandescente; poi, modellandolo come fosse di terracotta, lo fece tornare alla posizione originale, e ci soffiò sopra finché non si raffreddò del tutto.

L’unicorno leccò la guancia al ragazzino e poi galoppò fuori dalla stalla, riunendosi al branco lì vicino.

«Sei stato bravissimo, Zafferano!» esclamò Madame Tempofiero.

Zafferano era così fiero di se stesso che quasi si dimenticò di rimettersi al collo la Medaglia Ammutolente. L’attenzione di tutti era ora concentrata su Brystal. Il suo corpo si irrigidì dalla preoccupazione mentre pensava ai modi in cui la sua magia avrebbe potuto tradirla durante quella prova.

«Brystal, sei sempre l’ultima ma mai meno importante» disse Madame Tempofiero. «Puoi dare una mano al grifone dalla zampa rotta?»

«Farò del mio meglio» disse Brystal con un sorriso nervoso.

Fece un passo dentro il terzo box e si inginocchiò accanto al grifone ferito. Chiuse gli occhi e cercò di risvegliare la magia dentro di sé. Come aveva già fatto, si concentrò per far aumentare d’intensità quella sensazione alla bocca dello stomaco, ma questa volta fece attenzione a non lasciare che aumentasse troppo. Una volta richiamato quello che le sembrava un livello di magia medio, afferrò la zampa del grifone. Brystal immaginò le ossa riparate, il dolore svanito e l’energia dell’animale tornata quella di un tempo. Immaginò il grifone nei suoi anni di giovinezza che volava libero nel cielo e atterrava dove voleva, senza dover far fronte alle conseguenze dell’età avanzata.

In quel momento il grifone smise di tremare e si raddrizzò. Protese il petto in fuori, si guardò intorno con occhi grandi e vivaci e le piume tornarono del colore ramato originale. Il grifone si strappò di dosso le bende con il becco e rivelò una zampa dritta e forte come le altre. Per la prima volta da molto tempo la creatura si mise in piedi su quattro zampe, con aria vittoriosa.

«Oh, santo cielo» disse Brystal stupefatta. «L’ho guarito! Per una volta la magia ha fatto quello che volevo!»

«Congratulazioni, Brystal!» esclamò Madame Tempofiero, incitando gli altri studenti ad applaudirla. «Sapevo che ne saresti stata capace. Tutto quello che ti serviva era un po’ di pratica, un po’ di pazienza e un po’ di perseveranza, e le cose sarebbero andate…»

Tutti si fecero silenziosi, perché la magia di Brystal non era ancora finita! Dopo che la zampa del grifone fu guarita, l’intero corpo della creatura cominciò a rimpicciolire. L’animale gracchiò, inorridito, e cercò di correre fuori dalla stalla e di spiccare il volo, ma le sue gambe e le sue ali erano ormai troppo piccole per poter sostenere il suo peso. Il grifone diventò delle dimensioni di una mela, e infine comparve un guscio d’uovo arancione a puntini neri che gli si chiuse intorno. Per qualche secondo l’uovo rimase fermo immobile sul terreno, poi cominciò a tremare. Quando si schiuse, dal guscio emerse un grifone appena nato, senza piume, coperto di liquido viscido e molto confuso.

«Hai invertito il suo processo di invecchiamento?» domandò Arancina, sbalordita.

«Siamo davvero in grado di farlo?» sussurrò Celestina all’amica.

I compagni di Brystal la fissarono come se lei stessa fosse una strana creatura, di una specie che non avevano mai visto prima.

La ragazzina guardò Madame Tempofiero in cerca di conforto, ma l’insegnante aveva la stessa espressione turbata di quando Brystal aveva usato la magia la volta precedente.

«Per oggi è tutto, ragazzi» disse Madame Tempofiero. «Arancina? Celestina? Trovate un posto sicuro per il grifone nei giardini. Brystal, puoi venire con me nel mio ufficio? Vorrei parlarti in privato.»

Madame Tempofiero corse fuori dalla stalla e Brystal la seguì. Non riusciva a intuire se fosse nei guai o meno, e quando guardò le facce lunghe dei suoi compagni capì che nemmeno loro ne avevano la minima idea.

Madame Tempofiero non disse una parola finché non arrivarono nell’ufficio. La fata si sedette dietro la scrivania di vetro e indicò alla ragazza di prendere posto di fronte a lei. Brystal era seduta da meno di cinque secondi quando all’improvviso scoppiò a piangere.

«Mi dispiace così tanto, Madame Tempofiero» singhiozzò. «Sto cercando con tutta me stessa di seguire le sue indicazioni, ma la mia magia non funziona come quella degli altri! La prego, non mi espella dall’accademia!»

Madame Tempofiero rimase interdetta dalla reazione di Brystal.

«Espellerti?» ripeté. «Santo cielo, perché mai dovrei espellerti?»

«Perché la mia magia è chiaramente difettosa!» disse Brystal. «Non ho una specialità, non riesco mai a portare a termine i compiti correttamente e la mia magia ha sempre risultati imprevisti! Se vuole cambiare la visione che il mondo ha della magia le serviranno studenti su cui poter contare, e lei non può contare su di me!»

A giudicare dall’espressione confusa di Madame Tempofiero c’erano molte cose di cui voleva discutere con Brystal, ma l’espulsione non era tra quelle.

«Brystal, sei qui da soli tre giorni» ridacchiò Madame Tempofiero. «Nessuno si aspetta che tu sia perfetta, eccetto te stessa. E cercare sempre di essere perfetta è il risultato dell’oppressione che hai dovuto sopportare per tutta la tua vita. Cominciamo a mettere bene in chiaro questo punto.»

«Non capisco» disse la ragazzina. «Sta dicendo che il Regno del Sud mi ha trasformata in una perfezionista?»

«Proprio come molti altri membri della comunità magica, a un certo punto la società ti ha fatto credere che i tuoi difetti fossero molto peggio di quelli degli altri» spiegò la fata. «E adesso, di conseguenza, ti sei convinta di poterti guadagnare l’approvazione della gente solo non avendo difetti. Avere degli standard così irrealizzabili non è il modo giusto di vivere la vita, e di certo non è il modo in cui si imparano le cose. Al contrario, se vuoi avere successo in questa accademia devi accettare i tuoi difetti e imparare dai tuoi errori, o non saprai mai quali sono gli ostacoli da superare.»

Brystal si asciugò le lacrime. «Allora non mi ha convocata qui per espellermi?»

«Assolutamente no» disse Madame Tempofiero. «Devo ammettere che sono molto preoccupata per te, non perché ho perso le speranze nella tua magia ma perché sto facendo fatica a trovare il modo di aiutarti. Quello che hai fatto negli ultimi giorni è davvero straordinario: i vestiti, le farfalle, il grifone… sono tutti segnali che puntano verso un potenziale e un potere davvero impressionanti. E questa mattina credo di avere finalmente scoperto perché hai difficoltà a controllare le tue abilità magiche.»

«E perché?» domandò Brystal, protendendosi sulla sedia.

«Perché hai la magilessia» disse Madame Tempofiero.

«Magilessia?» ripeté la ragazzina. «Sono malata?»

«No, no, no, non è niente del genere» spiegò Madame Tempofiero. «La magilessia è un disturbo innocuo ma fastidioso di cui sono vittima alcuni membri della comunità magica: è una specie di blocco che impedisce alle fate di entrare in contatto con le proprie abilità. A volte come metodo di sopravvivenza le fate nascondono la loro magia così in profondità che diventa davvero complicato accedervi. Non ho dubbi che vivendo nel Regno del Sud tu abbia sviluppato qualche barriera inconscia che ora ti sta rendendo difficili le cose.»

«E la magilessia si può curare?» domandò Brystal.

«Ci può volere una vita intera per identificare e abbattere tutte le barriere che ci trattengono» disse Madame Tempofiero. «Ma fortunatamente, proprio come gli occhiali che usi per leggere, la comunità di creature magiche ha inventato degli strumenti che ci possono aiutare a ignorare le nostre imperfezioni.»

Madame Tempofiero aprì il cassetto più in alto della scrivania di vetro e ne estrasse uno scettro scintillante.

L’oggetto era di cristallo puro, ed era la cosa più bella su cui Brystal avesse mai posato gli occhi. Anche se era la prima volta che lo vedeva, sentì una forte connessione con lo scettro, come se fosse da molto tempo che aspettassero di incontrarsi.

«Questa è una bacchetta magica» disse Madame Tempofiero. «È molto, molto antica, apparteneva alla fata che mi ha istruito. Questa bacchetta ti aiuterà a entrare in contatto con la tua magia e a controllarla con più facilità.»

«Mi aiuterà anche a trovare la mia specialità?» domandò Brystal.

«Forse» rispose Madame Tempofiero. «Ma non voglio che tu ti senta inferiore agli altri studenti finché non l’avrai scoperta. Non tutte le specialità sono facili da riconoscere come quelle di Arancina e Celestina. Talvolta, anche se raramente, la specialità di una fata di manifesta sotto forma di emozioni invece che fisicamente. È possibile che quello che stai cercando sia già parte di te. Qualunque cosa sia, sono sicura che quando sarà il momento giusto questa bacchetta ti aiuterà a scoprirla.»

Madame Tempofiero le porse la bacchetta come fosse una spada. Appena Brystal strinse le dita intorno all’impugnatura di cristallo, sentì il calore magico crescerle dentro, ma al contrario delle altre volte, sentì come se la magia fosse completamente sotto il suo controllo. Agitò la bacchetta verso lo scaffale di cappelli di Madame Tempofiero e all’improvviso si trasformarono tutti in uccelli colorati. Brystal trasalì e si affrettò a farli tornare normali.

«Mi dispiace! Non volevo…» A metà frase si rese conto di una cosa davvero sorprendente. «Aspetti un attimo… è esattamente quello che intendevo fare! Mentre agitavo la bacchetta ho pensato che i suoi cappelli mi ricordavano uccelli colorati, e si sono trasformati! Non ho dovuto nemmeno concentrarmi tanto! La bacchetta funziona!»

Madame Tempofiero non condivise l’eccitazione di Brystal. I suoi occhi erano concentrati sulla Mappa della Magia appesa sulla parete sopra il caminetto: qualcosa aveva attirato la sua attenzione, lasciandola a bocca aperta.

«C’è qualcosa che non va?» domandò Brystal. «Sembra sorpresa.»

Invece di rispondere, Madame Tempofiero saltò in piedi e si avvicinò alla mappa. Dopo averla osservata per qualche momento, la fata toccò una grossa stella posizionata vicino all’accademia. Il nome Brystal Evergreen apparve lì accanto.

«Incredibile» mormorò Madame Tempofiero tra sé e sé.

«Cosa c’è di incredibile?»

«Appena hai preso in mano la bacchetta la tua stella sulla Mappa della Magia è quasi raddoppiata» disse. «È delle stesse dimensioni della mia, adesso, forse addirittura un po’ più grande.»

Brystal trasalì. «E cosa vuol dire?»

Madame Tempofiero si voltò verso la ragazzina e non riuscì a nascondere la meraviglia nei suoi occhi.

«Vuol dire che potremo aspettarci grandi cose da te, Brystal Evergreen.»