CAPITOLO QUATTORDICI
RABBIA
Brystal riuscì a malapena a chiudere occhio dopo la notte che lei e Lucy avevano passato nell’Altrove di Mezzo. Non solo era afflitta per aver tradito la fiducia di Madame Tempofiero, ma ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva i volti dei cacciatori di streghe che avevano cercato di ucciderla. Per tutta la notte ebbe incubi in cui era costretta a schivare i dardi delle balestre dei tre assassini. Circa ogni venti minuti si svegliava in preda al panico e solo allora si ricordava di non essere più nella foresta, ma al sicuro nel suo letto all’accademia.
Anche se era stato davvero terrificante, quello spiacevole incontro non fu proprio una sorpresa. Brystal sapeva che il mondo era pieno di gente che odiava la magia e che voleva fare del male alle creature magiche, ma fino alla notte precedente non aveva mai visto quell’odio con i propri occhi. Era il suo primo contatto con quel lato della natura umana, e dopo averlo vissuto sulla sua pelle Brystal non sarebbe stata più capace di vedere l’umanità allo stesso modo.
La mattina dopo quella notte insonne, udì bussare alla porta di camera sua e Arancina si affacciò dalla soglia.
«Brystal?» disse. «Madame Tempofiero vuole parlarti nel suo ufficio.»
Dover affrontare un’altra ondata di delusione da parte della fata era l’ultima cosa che Brystal avrebbe voluto fare, ma scese comunque le scale diretta all’ufficio dell’insegnante. Una volta arrivata notò che la porta di legno era socchiusa, e la ragazzina intravide la fata alla finestra dietro la scrivania di vetro, con gli occhi fissi sull’oceano scintillante. Brystal fece un respiro profondo, si preparò per quello che sarebbe successo e bussò alla porta.
«Madame Tempofiero?» chiamò. «Arancina mi ha detto che voleva vedermi.»
Non appena la fata si voltò, Brystal notò che era di un umore decisamente migliore rispetto alla notte prima. Era ancora evidente che il viaggio avesse lasciato il segno su di lei, aveva ancora le borse sotto gli occhi, i capelli ingrigiti e i guanti su entrambe le braccia, ma il carattere gioioso della fata era tornato quello di sempre.
«Ciao, cara» disse. «Entra e siediti pure.»
Brystal chiuse la porta di legno dietro di sé e si sedette alla scrivania di fronte a Madame Tempofiero.
«Ti devo le mie scuse» disse la fata. «Ero davvero esausta al mio arrivo ieri notte, e quando ho visto te e Lucy fuori dall’accademia ho reagito in modo eccessivo. Arancina mi ha parlato questa mattina e mi ha spiegato che tutta la faccenda è stata colpa sua. Ha detto che Lucy ha cercato di andarsene dopo che si sono scambiate dei brutti commenti e che sei andata nella foresta per trovarla e riportarla indietro. Quello che hai fatto è stato davvero coraggioso, e non meritavi di essere rimproverata in quel modo. Spero che tu possa perdonarmi.»
Brystal tirò un sospiro di sollievo e si lasciò andare sulla sedia.
«Non ha idea di quanto sia felice di sentirlo» disse. «Certo che la perdono, Madame Tempofiero. Questi ultimi giorni devono essere stati davvero difficili per lei. Dev’essere stato doloroso visitare la sua amica malata. Come sta?»
Brystal decise di nominare apposta l’argomento, sperando di riuscire a scoprire di più sul Conflitto del Nord. Ora che Madame Tempofiero era tornata, si domandava se l’insegnante e le streghe fossero riuscite a mettere fine al conflitto. Sfortunatamente Madame Tempofiero continuò con la sua vecchia storia.
«Non sta affatto bene» disse. «Ma è una vera lottatrice.»
«Come si chiama?» domandò Brystal.
Madame Tempofiero si fece silenziosa, e Brystal pensò che stesse prendendo tempo per inventarsi un nome per la falsa amica.
«Si chiama Reginella» disse la fata. «Ci conosciamo da quando siamo bambine. Sta combattendo contro una terribile malattia che si fa sempre più forte ogni giorno che passa, e non manca molto al momento in cui l’avrà consumata del tutto. Anche se non giustifica il mio comportamento, spero che sia una spiegazione sufficiente per farti capire quanto fossi sconvolta ieri notte. È molto difficile stare a guardare mentre qualcuno che ami soffre.»
Anche se Brystal sapeva quale fosse la vera ragione per cui Madame Tempofiero si era allontanata dall’accademia, la fata era davvero convincente quando parlava della sua “amica malata”. Brystal si chiese se le parole dell’insegnante fossero più oneste di quanto pensasse. Forse “Reginella” e la donna che Madame Tempofiero aveva paura di affrontare nel Conflitto del Nord erano la stessa persona? O forse la malattia contro cui l’amica stava combattendo era il conflitto stesso?
Mentre Brystal cercava di leggere la verità negli occhi dell’insegnante, notò una macchia scura spuntare da sotto il suo nuovo guanto.
«È ferita sul braccio?» domandò. «Qualcosa le ha fatto male?»
Madame Tempofiero si guardò il braccio destro e si coprì in fretta la ferita col guanto.
«Oh, non è niente» disse la fata. «È solo un piccolo segno che mi è rimasto mentre mi occupavo di Reginella. La poverina odia che la gente si prenda cura di lei, e non riesce a controllare la sua forza. Non voglio che nessuno si preoccupi, e così ho deciso di coprirlo con un guanto. Ma basta parlare di questo.»
Brystal intuì che Madame Tempofiero non vedesse l’ora di cambiare discorso, e così smise di fare domande.
«Passiamo oltre…» disse la fata. «La ragione principale per cui ti ho chiamata qui è per vedere come stai. Volevo parlare con te e con Lucy da sole per rassicurarvi che nonostante quello che si nasconde nell’Altrove di Mezzo, all’interno dei confini dell’accademia siete al sicuro. Ciò nonostante, gli eventi di ieri notte devono essere stati particolarmente traumatizzanti per voi, non è così?»
«È stata un’iniezione di realtà davvero brutale» rispose Brystal. «Ho sempre saputo che il mondo odia le persone come noi, ma non ho mai pensato che qualcuno potesse voler far del male a me. È diventato tutto più personale adesso.»
«Tutti pensano di essere immuni alla discriminazione finché non la provano sulla propria pelle» disse Madame Tempofiero. «Basta un singolo evento tragico per cambiare per sempre la visione delle cose di una persona.»
Brystal annuì. «Ieri notte quegli uomini ci hanno parlato come fossimo oggetti privi di sentimenti o di un’anima. Abbiamo implorato di risparmiarci e abbiamo detto loro che stavano facendo un errore, ma non hanno battuto ciglio. E anche se non abbiamo fatto nulla di male, loro si sono comportati come se… come se… non so neanche come dirlo.»
«Come se vi meritaste di essere punite per il semplice fatto di esistere» aggiunse Madame Tempofiero.
«Proprio così» disse Brystal. «Grazie al cielo quel cavaliere è comparso al momento giusto, o saremmo state uccise.»
«Si chiama Horence» disse Madame Tempofiero. «E credimi, la mia gratitudine verso di lui non ha limite. Mi ha salvato da un’infinità di situazioni pericolose.»
«Chi è?» domandò Brystal. «È umano?»
«Non più» raccontò Madame Tempofiero. «Molti anni fa Horence era un comandante dell’esercito del Regno del Nord. Durante i suoi viaggi ebbe la sfortuna di innamorarsi di una strega che possedeva molti terreni in questa zona, compresa la proprietà su cui sorge l’accademia. Naturalmente una relazione del genere era proibita, e così per più di dieci anni Horence e la strega tennero nascosto il loro amore. Ma quando i soldati di Horence scoprirono la relazione decisero di tradire il loro comandante. Bruciarono Horence sul rogo e costrinsero la strega a guardare l’esecuzione.»
«Che cosa terribile» disse Brystal.
«Come puoi immaginare, la strega era distrutta» continuò Madame Tempofiero. «Per guarire il suo cuore infranto, decise di fare uno degli incantesimi più oscuri della stregoneria per riportare Horence in vita. Ma alcuni incantesimi sono così malvagi che non dovrebbero mai essere utilizzati, e la strega morì mentre lo stava pronunciando. Horence tornò in vita come una creatura oscura e innaturale, niente più che il guscio dell’uomo che era stato. È condannato a vagare per i territori della sua amata per l’eternità, e passa il tempo a salvare le persone da una fine terribile come la sua.»
Quella storia tragica fece arrabbiare Brystal così tanto che le vennero gli occhi lucidi.
«Volevano solo stare insieme» disse. «Perché l’umanità ha deciso di separarli? Non capirò mai perché il mondo odi una comunità che desidera soltanto essere amata e accettata per quello che è. Non capirò mai perché la gente sia così crudele con noi.»
«Non importa quale sia la preda, l’importante è il brivido della caccia» disse Madame Tempofiero. «Per restare unita, l’umanità ha sempre avuto bisogno di qualcosa da odiare e di cui aver paura. Dopotutto, se non avessero nulla da sottomettere o conquistare, non avrebbero niente con cui alimentare il proprio senso di superiorità. E ci sono persone che distruggerebbero il mondo intero per una goccia di autostima. Ma ciò non vuol dire che l’umanità sia una causa persa. Come ho detto a Smeraldina nella miniera di carbone, quest’accademia può riuscire a mostrare al mondo degli esempi che possono ispirare l’umanità a cambiare le proprie tradizioni d’odio.»
Brystal scosse il capo e fissò l’insegnante con sguardo incredulo.
«Non capisco» disse. «Dopo tutto quello che ha passato, come fa a rimanere così ottimista? Perché non è sempre furiosa col mondo?»
Madame Tempofiero si fece silenziosa mentre pensava alla risposta, poi sorrise con aria fiduciosa.
«Perché siamo noi i fortunati» rispose. «Per lottare per l’amore e il rispetto bisogna prima conoscere l’amore e il rispetto. E cercare di sottrarli agli altri è come ammettere di non averli mai conosciuti. Le persone che ci odiano e vogliono farci del male sono così prive di compassione da credere che l’unico modo per riempire il vuoto che hanno nel cuore sia creare un vuoto nel cuore del prossimo. E io li rendo impotenti rifiutandomi di piegarmi al loro vuoto.»
Brystal tirò un lungo sospiro e abbassò lo guardo, abbattuta.
«È una bella filosofia» disse. «Solo mi sembra più facile a dirsi che a farsi.»
Madame Tempofiero allungò una mano oltre la scrivania e strinse quella di Brystal.
«Dobbiamo avere pena delle persone che scelgono di odiare, Brystal» disse. «Le loro vite non saranno mai significative quanto quelle delle persone che scelgono l’amore.»
La tensione tra Lucy e Arancina era ai massimi storici. Le ragazze trascorsero tutta la mattina a scambiarsi occhiatacce senza dire una parola, in un silenzio carico di intenti vendicativi. La loro faida infantile continuò fino al primo pomeriggio, con grande frustrazione degli altri.
Brystal decise che ne aveva avuto abbastanza ed escogitò un piano per mettere fine alla disputa. Dopo pranzo invitò tutti i compagni in camera sua, senza spiegare a nessuno il motivo di quella riunione.
«C’è un’emergenza?» domandò Smeraldina.
«Più o meno» rispose Brystal. «Ho chiesto a tutti di venire qui per sistemare le cose tra Lucy e Arancina una volta per tutte.»
«Buona fortuna» disse Celestina. «Sarebbe più semplice riappacificare una balena e un calamaro.»
Brystal ignorò il commento e continuò imperterrita col suo piano.
«Come tutti sanno, Lucy finora ha avuto difficoltà con la sua magia» disse. «Visto il modo strano e inusuale in cui si manifestano le sue abilità, c’è la possibilità che sia una strega. Per questo motivo ha perso fiducia in se stessa, e Arancina ha pensato bene di convincerla che l’accademia non è il posto giusto per lei. Mi pare di capire che finché non avremo una risposta sarà difficile fare pace, quindi ho deciso che adesso proveremo una volta per tutte se Lucy sia una fata o una strega.»
Tutti si irrigidirono e lanciarono un’occhiata nervosa all’indirizzo di Lucy.
«E come facciamo a provarlo?» domandò Zafferano.
«Nello stesso modo in cui ho scoperto le mie abilità magiche» disse Brystal. «Lucy reciterà un incantesimo di stregoneria e uno di magia, e vedremo a quale dei due risponderanno i suoi poteri.»
Brystal passò in rassegna gli scaffali e recuperò la sua copia della Verità sulla magia di Madame Tempofiero. Aprì il libro alla pagina con il primo incantesimo e lo passò a Lucy, ma l’amica non lo accettò. Abbassò gli occhi sul testo e trasalì, impaurita, come se ci fosse scritto il risultato di un serio esame medico.
«Non credo che sia una buona idea» disse. «Forse è meglio non sapere la verità.»
«Lucy, a un certo punto dovrai fare i conti con la realtà» disse Brystal. «E prima veniamo a saperlo, prima possiamo pensare a come gestire la situazione al meglio. Adesso leggi le parole ad alta voce in modo che possiamo chiudere questa storia una volta per tutte.»
Con mani tremanti, Lucy prese il libro che Brystal le stava porgendo, lo appoggiò a terra e si inginocchiò lì accanto. Esitò per qualche secondo, facendosi coraggio, poi trasse un respiro profondo e cominciò riluttante a pronunciare l’antico incantesimo per la stregoneria. Tutti i compagni le si strinsero attorno mentre leggeva.
«Ahkune awknoon ahkelle-enama, telmune talmoon ahktelle-awknamon.»
Non appena ebbe finito di leggere, Lucy si coprì gli occhi con le mani, in attesa che accadesse qualcosa di terribile. Anche gli altri temevano che l’incantesimo funzionasse, e si guardarono intorno con ansia, ma non successe niente. Aspettarono per cinque lunghi minuti, ma la camera da letto di Brystal rimase la stessa di sempre.
«Dev’essere davvero terribile se siete tutti così silenziosi» esclamò Lucy. «I libri di Brystal si sono trasformati in granchi assassini? Celestina è evaporata? Zafferano si è rivoltato da capo a piedi? Smeraldina è scomparsa? Arancina si è moltiplicata? Ditemi cos’è successo!»
«Lucy, va tutto bene» disse Brystal. «Non è successo niente.»
Lucy non le voleva credere, e sbirciò tra un dito e l’altro per vedere con i propri occhi. Rimase stupita quando notò che non era apparso o successo niente di malvagio o grottesco.
«Non può essere» disse. «Siamo sicuri che l’incantesimo funzioni? Forse c’è un errore di battitura.»
«Leggi anche l’altro, per essere sicuri» disse Brystal.
Lucy voltò pagina e lesse l’antico incantesimo di magia.
«Elsune elknoon ahkelle-enama, delmune dalmoon ahktelle-awknamon.»
Quando non successe niente per una seconda volta, Brystal intuì che i suoi compagni avevano cominciato a dubitare degli incantesimi contenuti nella Verità sulla magia. Tuttavia, dopo qualche istante, tutti si guardarono intorno sbalorditi. Lentamente, centinaia e centinaia di rampicanti cominciarono a spuntare dalle librerie della camera di Brystal, poi anche dal soffitto e dal pavimento.
«Benedetto colpo di scena» disse Lucy tra sé e sé. «Sono una stramaledetta fata?!»
Tutti erano stupefatti dalla scoperta, ma nessuno quanto Lucy stessa. Continuava a strofinarsi gli occhi per assicurarsi che non le stessero giocando brutti scherzi, ma le piante non accennavano a scomparire. Brystal guardò l’amica con un sorriso fiero.
«Congratulazioni, Lucy e Arancina, avete torto entrambe» disse Brystal. «Ora che abbiamo la conferma di essere tutti dalla stessa parte, avete qualcosa da dirvi?»
Con grande sorpresa generale, Arancina mise da parte l’orgoglio e si avvicinò a Lucy per fare pace.
«Lucy, anche se tutti gli indizi sembravano indicare che tu fossi una strega, mi dispiace di averti fatto sentire come un’estranea» disse la ragazzina. «Spero che tu possa perdonarmi, e farò del mio meglio per farti sentire a casa qui all’accademia.»
«Parole davvero gentili, Arancina» disse Brystal. «Lucy? C’è qualcosa che vuoi dire ad Arancina?»
«Certo che sì» disse Lucy. «Per essere una con così tanto miele addosso, sei davvero acida!»
«Lucy!»
«Eeeeee…» continuò Lucy. «Mi dispiace per tutti i commenti taglienti che ho fatto su di te, nonostante fossero davvero creativi. D’ora in poi ti tratterò come un membro della mia famiglia, e pronuncerò tutti i miei insulti con amore.»
Arancina alzò le spalle. «Per me va bene» disse.
Le ragazze si strinsero la mano e tutti avvertirono la tensione svanire tra le due.
«Vedete, è così che dovrebbe essere» disse Brystal. «Come è stato ricordato a me e a Lucy ieri notte, ci sono già abbastanza persone sulla terra che ci odiano e vogliono farci del male. Non c’è alcun bisogno di lottare anche tra di noi. Prima di andare voglio che noi sei facciamo una promessa. Promettiamo di incoraggiarci, supportarci e proteggerci sempre l’uno con l’altra, non importa chi o che cosa cerchi di separarci.»
A giudicare dai sorrisi sui volti dei compagni, non c’erano obiezioni alla sua idea, solo entusiasmo. Lucy allungò la mano nella tasca della tuta, estrasse un coltellino pieghevole e cominciò a incidersi il palmo della mano con la piccola lama. La vista del sangue fece gridare gli altri.
«Santo cielo, Lucy!» strillò Arancina. «Che cosa diavolo stai facendo?»
«Come scusa?» domandò Lucy innocente. «Non facciamo un patto di sangue?»
«Un patto verbale è abbastanza per me» rispose Brystal.
«Ah, mi dispiace» disse Lucy. «Ho capito male. Continua pure, Brystal.»
Lucy mise da parte il coltellino e si asciugò il sangue sui pantaloni.
«Allora, tutti d’accordo?» domandò Brystal. «Promettiamo di proteggerci, di aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi e di ispirarci a vicenda?»
Mise la mano al centro del gruppo, e uno a uno i suoi compagni appoggiarono la loro sopra.
«Prometto» disse Smeraldina.
«Anch’io» disse Zafferano.
«Io pure» aggiunse Celestina.
«Prometto anch’io» disse Arancina.
«E anch’io» disse Lucy.
«Bene» disse Brystal. «Ora aiutatemi a liberarmi da queste erbacce.»