CAPITOLO NOVE
L’ACCADEMIA DI MAGIA DI MADAME TEMPOFIERO
Dopo essere partiti dalla miniera, Smeraldina cercò con tutte le forze di mostrarsi poco impressionata davanti alla magia di Madame Tempofiero. Quando la fata trasformò i quattro topi di campagna in unicorni, Smeraldina rimase a bocca aperta ma non fece un suono. Quando Madame Tempofiero si staccò la spilla dall’abito e la trasformò in una carrozza dorata, Smeraldina rimase senza fiato, ma di nuovo non disse una parola. Ma una volta che gli unicorni si lanciarono a grande velocità per il Regno del Sud trainando la carrozza, Smeraldina cominciò a fare molta fatica a contenere la sua eccitazione.
«È davvero fantastico, non trovi?» esclamò Zafferano. «Se muovi la testa molto veloce, così, si riesce quasi a vedere il paesaggio.»
Il ragazzino mostrò a Smeraldina come fare e lei per poco non lo imitò, poi si ricordò che voleva continuare a sembrare poco entusiasta. Brystal ridacchiò davanti agli sforzi di Smeraldina, sempre più vani.
«Sai, non c’è nulla di male a essere un po’ eccitati» disse Brystal. «Non importa cosa farai o quello che vedrai, niente renderà la miniera un posto meno speciale per te.»
Smeraldina arricciò le labbra per cercare di nascondere un sorriso, ma con scarsi risultati.
«D’accordo, devo ammettere che è davvero incredibile» disse. «Per divertirci io e i nani facevamo le gare con i carrelli della miniera, ma non siamo mai andati così veloci. Come ci riescono gli unicorni?»
«Li aiuta la magia» spiegò Madame Tempofiero. «Gli unicorni non solo sono gli animali più veloci del pianeta, ma conoscono sempre la destinazione esatta dei loro passeggeri e la strada più veloce per raggiungerla.»
«Siamo vicini all’accademia?» domandò Smeraldina.
«Ci vorrà ancora qualche ora prima di raggiungere il confine orientale del Regno del Sud, e da lì avremo ancora poca strada nell’Altrove di Mezzo» disse Madame Tempofiero. «Dovremmo arrivare prima del tramonto.»
«Non dovremo scendere dalla carrozza di nuovo, vero?» chiese Zafferano.
«Sfortunatamente no» disse Madame Tempofiero. «Mi piacerebbe molto insegnarvi un’altra lezione alle spese di qualche creatura ostile, ma una volta giunti alla foresta gli unicorni prenderanno un sentiero speciale e sicuro.»
«Madame Tempofiero? Continuo a dimenticarmi di chiedere, ma cos’è l’accademia?» domandò Brystal. «Una casa? Una capanna? Una grotta?»
Madame Tempofiero sorrise al solo pensiero dell’accademia. «Vedrai» disse la fata. «Ci sono cose che è meglio vedere con i propri occhi.»
Qualche ora dopo la carrozza dorata raggiunse il confine orientale del Regno del Sud. Proprio come in quello occidentale, la fitta foresta dell’Altrove di Mezzo cresceva lungo il confine, simile a una gigantesca staccionata contorta. Gli alberi erano così stretti l’uno all’altro che tra loro c’era appena lo spazio sufficiente a far passare una persona, ma gli unicorni non accennarono a rallentare la corsa. Imboccarono un’apertura che Brystal da sola non avrebbe mai notato e condussero la carrozza dorata lungo un sentiero davvero stretto.
Addentrandosi nell’Altrove di Mezzo, gli unicorni rallentarono il passo per guidare la carrozza in sicurezza. Brystal era inquietata dalla foresta scura che si intravedeva dal finestrino, si aspettava che da un momento all’altro un animale feroce o una creatura mostruosa saltasse fuori dall’oscurità e li prendesse d’assalto. Pensò che Zafferano e Smeraldina dovessero sentirsi come lei, perché entrambi si erano coperti gli occhi con le mani ed erano sprofondati sui sedili, lontani dai finestrini. Come sempre, invece, Madame Tempofiero sembrava non battere ciglio alla vista del tetro ambiente circostante. Teneva lo sguardo attento fisso sugli alberi che scorrevano fuori dal finestrino, pronta a reagire a qualsiasi cosa incrociasse la loro strada.
Il tempo sembrava passare molto più lento nell’Altrove di Mezzo, ma a un certo punto la carrozza dorata si fermò. Brystal, Smeraldina e Zafferano guardarono fuori dal finestrino e videro che la strada era bloccata da una fitta siepe. Lo sbarramento era più alto degli alberi e sembrava estendersi per chilometri da est a ovest. Le foglie e i rami erano così fitti che la siepe sembrava un muro impenetrabile.
«Siamo arrivati» canticchiò Madame Tempofiero.
I suoi studenti non avevano idea di cosa stesse parlando. Più gli unicorni rimanevano lì fermi in quel vicolo cieco e più i ragazzi si sentivano bersagli facili per le creature della foresta.
All’improvviso la siepe cominciò a tremare e a muoversi. Le foglie e i rami si separarono lentamente, formando un’arcata larga abbastanza per permettere il passaggio della carrozza. Gli unicorni avanzarono oltre l’arco ed entrarono in una lunga galleria di fogliame che si inoltrava in profondità all’interno della siepe. Il passaggio era lungo qualche centinaio di metri e i ragazzi furono stupiti da quanto fitto fosse quel groviglio. Nella galleria era così buio che Brystal non riusciva nemmeno a vedere le proprie mani.
«Madame Tempofiero, dove siamo?» domandò Brystal.
«Stiamo attraversando una piccola barriera che ho piantato intorno alla proprietà, a difesa dell’accademia» disse Madame Tempofiero.
«Una piccola barriera?» domandò Zafferano. «Questo cespuglio è gigantesco!»
«Ti potrà sembrare un cespuglio troppo cresciuto, ma questa siepe è controllata da un incantesimo davvero potente» disse Madame Tempofiero. «Si apre solo per persone e animali con la magia nel sangue. Ci terrà al sicuro da tutte le creature selvagge che vagano per l’Altrove di Mezzo.»
Gli unicorni raggiunsero la fine della galleria e si fermarono davanti a una seconda parete di foglie. Brillanti raggi di sole cominciarono a penetrare tra il fogliame mentre si apriva un secondo arco nella siepe, dando loro accesso alla proprietà di Madame Tempofiero.
Gli unicorni oltrepassarono la barriera di piante e i giovani passeggeri si resero conto di non trovarsi più nel bosco: la carrozza dorata avanzava lungo un sentiero circondato da campi di fiori selvatici dai colori più brillanti che avessero mai visto. Il paesaggio era cosparso di aceri dalle foglie colorate, ciliegi in fiore e magnolie verdeggianti. C’era un lago con l’acqua trasparente e una serie di salici piangenti allineati sulla sponda, e da esso fuoriuscivano ruscelli e piccoli laghetti decorati da ninfee colorate.
La variopinta tenuta si estendeva fino a una scogliera che dava su un oceano blu scintillante e il sole che tramontava all’orizzonte dipingeva il cielo e le nuvole di toni di rosso e rosa.
«Non ci posso credere» disse Brystal. «Sembra di essere dentro un dipinto!»
«Non ho mai visto così tanto colore in vita mia!» esclamò Smeraldina.
«Dobbiamo essere morti» disse Zafferano. «La carrozza si è schiantata nella foresta e ora siamo in paradiso. È l’unica spiegazione.»
Madame Tempofiero fu davvero toccata dall’eccitazione dei suoi studenti.
«È da molto tempo che aspetto di vedere sorrisi così» disse. «Ci sono voluti anni di duro lavoro per preparare tutto quanto. Spero che diventi una casa per voi quanto lo è per me.»
La carrozza continuò a percorrere la strada, trovando una nuova sorpresa a ogni svolta. Brystal rimase sbalordita alla vista di branchi di unicorni che brucavano e correvano nei campi intorno a loro. Alzò gli occhi e notò che il cielo era pieno di farfalle colorate e uccelli giganteschi dalle lunghe piume color rame.
«Guardate tutti quegli unicorni!» esclamò. «E anche lassù! Avete mai visto uccelli e farfalle così grandi?»
«Ho visto diversi insetti e pipistrelli davvero inquietanti, ma niente di simile a quelli!» disse Smeraldina.
Madame Tempofiero ridacchiò. «In realtà non sono farfalle o uccelli» disse. «Guardate con più attenzione.»
Brystal, Smeraldina e Zafferano premettero il viso contro il finestrino per vedere meglio. Dopo un’attenta osservazione notarono che le farfalle avevano corpi simili a quelli umani e che indossavano vestiti ricavati da foglie e petali di fiori. Le piccole creature volavano dentro e fuori da minuscole casette a forma di fungo allineate lungo il tragitto. Gli uccelli avevano teste e ali da aquila, artigli da rettile e zampe posteriori e code da leone. Solcavano i cieli come falchi, portando scoiattoli, topi, pesci e altre piccole prede ai cuccioli affamati nei loro nidi.
«Che diavolo sono quelle cose?» domandò Zafferano.
«Sono fatine e grifoni» spiegò Madame Tempofiero. «Ed entrambi si offendono molto facilmente, quindi non chiamateli mai insetti o uccelli in loro presenza.»
«Quindi esistono ancora!» esclamò Brystal. «Nella Verità sulla magia ha scritto che gli esseri umani avevano perseguitato tutti gli animali magici fino all’estinzione!»
«Ci sono quasi riusciti» disse Madame Tempofiero. «Ma fortunatamente ho trovato alcuni sopravvissuti e li ho salvati prima che le loro specie si perdessero per sempre. È meglio lasciar credere agli umani che si siano estinti. Purtroppo non sono riuscita a salvare tutte le creature magiche che una volta popolavano la terra. Questo luogo è un rifugio per le fatine, i grifoni e gli unicorni quanto lo è per noi.»
Smeraldina trasalì e indicò qualcosa fuori dal finestrino.
«È quello che credo che sia?» chiese.
Brystal e Zafferano guardarono nella direzione in cui stava indicando e reagirono allo stesso modo.
In lontananza, posato sul ciglio della scogliera che si affacciava sull’oceano, c’era un castello dorato. Aveva alte torri a punta e centinaia di grosse finestre, brillava illuminato dai raggi del sole. La carrozza proseguì lungo la strada che attraversava i giardini e si fermò davanti ai gradini d’accesso al castello. Madame Tempofiero fece scendere i ragazzi e con un ampio gesto li invitò ad ammirare il castello.
«Benvenuti all’Accademia di Magia di Madame Tempofiero!» annunciò. «Cosa ne dite del nome? Ho pensato che fosse meglio sceglierne uno semplice.»
Brystal, Zafferano e Smeraldina non risposero: erano rimasti senza parole alla vista dell’incredibile struttura. Madame Tempofiero aveva ragione: ci sono cose che è meglio vedere con i propri occhi invece che sentirle raccontare. Anche dopo aver letto tutti quei libri incredibili che aveva trovato in biblioteca, Brystal dubitava che ci fossero parole sufficienti per descrivere l’aspetto magnifico del castello o la gioia che provò nel vederlo. Era difficile credere che esistesse davvero qualcosa di così bello al mondo, ma il castello era proprio lì, davanti ai suoi occhi, e non accennava a scomparire.
Madame Tempofiero batté le mani e gli unicorni furono liberati dalle redini. I destrieri galopparono fino al prato lì vicino e si unirono al branco. La fata schioccò le dita, trasformò di nuovo la carrozza in una spilla e se la sistemò sull’abito. Il portone del castello si aprì e due ragazzine e una signora anziana si fecero avanti per salutare i nuovi arrivati.
La prima bambina aveva circa dieci anni e indossava un vestito fatto di favi gocciolanti di miele. Aveva i capelli arancione brillante acconciati a forma di alveare, dimora di uno sciame di api ronzanti. La seconda sembrava avere all’incirca dieci anni a sua volta, ma indossava un mantello blu scuro avvolto intorno a un costume da bagno color zaffiro. Invece dei capelli, dalle testa le sgorgava dell’acqua che scorreva lungo il corpo fino a evaporare al livello dei piedi, come se fosse una piccola cascata in movimento. L’anziana signora era vestita in modo molto più semplice rispetto alle ragazzine e indossava un abito color prugna e un grembiule abbinato. Aveva i capelli viola sistemati in un caotico chignon, ed eccezion fatta per l’inusuale colore dei capelli aveva un aspetto normale, non magico come le altre.
«Miei cari, vi presento la signorina Arancina Dolcegrume, la signorina Celestina Lavandaris e la custode dell’accademia, la signora Vee» disse Madame Tempofiero. «Ragazze, questi sono i nostri nuovi studenti, Brystal Evergreen, Smeraldina Gemmarius e Zafferano Fienofondo.»
La signora Vee era contentissima di accogliere i nuovi arrivati. Corse giù per i gradini e abbracciò forte ciascuno di loro, agitandoli avanti e indietro per l’eccitazione.
«Non è mia intenzione invadere il vostro spazio personale… ma sono così felice che potrei scoppiare!» disse la signora Vee con le lacrime agli occhi. «Madame Tempofiero sogna di aprire un’accademia da così tanto tempo, e oggi è finalmente arrivato il grande giorno! Spero che abbiate tutti un bell’appetito, perché sto preparando un vero banchetto! Qualcuno ha allergie o diete particolari di cui devo essere messa al corrente?»
Brystal, Smeraldina e Zafferano alzarono le spalle e scossero il capo.
«Oh, meno male» disse la signora Vee. «Questa sera servirò una delle mie specialità: stufato di grifone. AHAH! Ve l’ho fatta! Dovreste vedere le vostre facce! Non cucinerei mai una cosa del genere. E poi i grifoni sono troppo veloci, impossibili da catturare. AHAH! Ci siete cascati di nuovo! Ma sul serio, sono davvero felice di vedervi. Ora se volete scusarmi, sarà meglio che ritorni in cucina prima che alla cena crescano le gambe e scappi via. AHAH! Questa è una storia vera. Ci vediamo dentro!»
La signora Vee corse su per i gradini d’ingresso e sparì all’interno del castello. Brystal, Zafferano e Smeraldina erano leggermente terrorizzati dall’incontro con la custode vivace, e guardarono Madame Tempofiero per trovare spiegazioni.
«Non vi preoccupate, la cucina della signora Vee è molto meglio delle sue battute» disse.
Anche se la custode sembrava eccentrica e stravagante, Brystal, Zafferano e Smeraldina apprezzavano il suo entusiasmo nell’accoglierli all’accademia. Arancina e Celestina, al contrario, rimasero davanti al portone del castello, osservando i nuovi arrivati con aria competitiva. Brystal percepì la tensione nell’aria e cercò di rompere il ghiaccio.
«Mi piacciono moltissimo i vostri vestiti» disse. «Siete studentesse anche voi?»
Arancina e Celestina sbuffarono all’unisono, offese dal commento di Brystal.
«Siamo apprendiste» disse Arancina con tono acido.
«Qual è la differenza?» chiese Brystal.
«Che apprendiamo cose» spiegò Celestina, come fosse ovvio.
Brystal, Zafferano e Smeraldina si scambiarono un’occhiata per vedere se qualcuno avesse capito cosa volesse dire Celestina, ma nessuno aveva la minima idea di che cosa stesse parlando. Arancina, imbarazzata dalle parole dell’amica, la prese da parte.
«Celestina, ti ho detto di far parlare me davanti ai nuovi arrivati» sussurrò.
«Ah, pensavo che avessi detto alle api» rispose Celestina.
«Non mi ascolti mai!» sbottò Arancina. «Hai troppa acqua nelle orecchie!»
Celestina inclinò la testa a sinistra e a destra, e più di un litro d’acqua le fuoriuscì dalle orecchie. Arancina alzò gli occhi al cielo e si voltò verso i nuovi arrivati.
«Come stavo dicendo, la conoscenza della magia delle apprendiste è molto più avanzata di quella degli studenti» spiegò. «Noi aiuteremo Madame Tempofiero a insegnarvi come usare la magia. E ora che vi vedo di persona, non ho dubbi che le servirà tutto l’aiuto possibile.»
«Arancina, sii ospitale con i nuovi studenti» disse Madame Tempofiero. «Impareremo e cresceremo tutti insieme, non importa il livello dei singoli. Ma ne parleremo meglio domani durante la prima lezione. Ora facciamo fare un giro del castello ai nuovi venuti, mentre la signora Vee finisce di preparare la cena.»
La fata scortò gli studenti e le apprendiste su per i gradini e attraverso i portoni del castello. Brystal rimase a bocca aperta alla vista dell’interno dell’edificio: era strabiliante quanto l’esterno. Il salone d’ingresso aveva pareti di un bianco scintillante, il pavimento era d’argento e a circondare la stanza c’erano colonne d’oro che si allungavano verso un soffitto molto alto. Al centro della sala c’era un albero gigantesco con foglie e germogli di cristallo. Una scalinata elegante con i gradini che fluttuavano nell’aria si attorcigliava intorno all’albero, conducendo ai piani superiori.
«Questo castello è uno degli ultimi edifici magici rimasti al mondo» spiegò Madame Tempofiero. «La maggior parte è stata distrutta quando Re Alastair I ha reso fuorilegge la magia. Ho ereditato la proprietà dalla mia famiglia e l’ho protetta e tenuta segreta da allora. È molto importante che nessuno di voi si allontani senza di me: come sapete l’Altrove di Mezzo è pieno di persone e creature che vogliono farci del male.»
C’era qualcosa nell’avvertimento di Madame Tempofiero che non aveva convinto del tutto Brystal.
«Madame Tempofiero?» domandò. «Mi sembrava di aver capito che la sua famiglia fosse umana.»
La fata fu colpita dall’attenzione per i dettagli della ragazzina.
«Ah, mi ero dimenticata di avervelo detto. La mia famiglia era umana, sì, ma ora mi riferivo alle fate che mi hanno adottato e mi hanno insegnato a usare la magia. La comunità di creature magiche è davvero affiatata, e una delle cose più belle è che si creano spesso nuove famiglie quando qualcuno viene abbandonato dai propri genitori. Anche se noi sei non siamo legati da vincoli di sangue, col tempo spero che ci considereremo membri della stessa famiglia.»
I ragazzini si erano appena incontrati, e perciò era difficile per Brystal immaginare di diventare così affezionata agli altri, ma allo stesso tempo era bello pensare che qualcuno potesse riempire il vuoto che si era creato quando si era lasciata alle spalle sua madre e i suoi fratelli.
«Adesso, se volete seguirmi, vi faccio vedere il salotto» disse Madame Tempofiero.
La fata li condusse lungo un corridoio a destra del salone d’ingresso che portava a una grande stanza arredata con divani rivestiti di seta e poltrone imbottite. Le pareti erano ricoperte di carta da parati a fiori e decorate con le teste imbalsamate di animali dalle possenti corna. Quando entrarono nel salotto, i fiori e le piante ritratte nella tappezzeria presero vita, liberando un aroma floreale nell’aria. Anche le teste di alce e di cervo appese alle pareti cominciarono a muoversi e a masticare il fogliame intorno a loro.
«State attenti alle teste decorative, mordono» li avvertì Madame Tempofiero. «Continuiamo, la sala da pranzo è qui dietro l’angolo.»
In fondo a un altro corridoio c’era una stanza grande con al centro un tavolo ricavato da una grossa roccia piatta. La sala da pranzo era illuminata da un gruppo di pietre lunari luminose che fluttuavano sopra il tavolo come un grosso lampadario. Le pareti erano scure e decorate di luci brillanti, facendo apparire la stanza come un cielo stellato. Brystal stava guardando le luci, e all’improvviso strillò per la sorpresa: una stella cadente aveva appena attraversato il soffitto.
«La colazione è sempre alle sette del mattino, il pranzo a mezzogiorno e la cena alle sei in punto» disse Madame Tempofiero. «Siate puntuali per i pasti: la signora Vee è una vera perfezionista in materia di cibo e odia servire i piatti freddi. La cucina è oltre quelle porte a battente, e le stanze della signora Vee sono subito dopo. Bene, questo è tutto per il piano terra. Ora seguitemi fino all’ingresso, saliamo al primo piano e vi mostro il mio ufficio.»
«Ma Madame Tempofiero…» disse Zafferano. «Ha detto che è una scuola. Dove sono le aule?»
«Non ci sono aule nel castello» spiegò la fata. «La maggior parte delle lezioni si terranno all’esterno, nei giardini. Ho sempre pensato che l’aria fresca sia d’aiuto allo studio.»
Tutti ritornarono al salone d’ingresso e salirono con attenzione i gradini fluttuanti fino ad arrivare al primo piano. L’ufficio di Madame Tempofiero era dietro una porta di legno a due ante. Proprio come la copertina di La verità sulla magia, su ciascuna anta erano incisi un unicorno e un grifone.
L’ufficio era una camera circolare con una vista incredibile sull’oceano e sui giardini della proprietà. Tutti i mobili erano di vetro, compresa una robusta scrivania sul fondo della stanza. Lungo le pareti erano allineate mensole cariche di libri di magia e armadietti pieni di pozioni ed elisir. Il soffitto alto era nascosto da nuvole bianche e soffici che assumevano la forma di diversi animali mentre fluttuavano su e giù. Invece del fuoco, dal camino provenivano bolle di sapone che si disperdevano nell’aria. La parete sopra il caminetto era coperta da una grossa copia della Mappa della Magia. Con grande meraviglia degli studenti, vicino alla scrivania di Madame Tempofiero c’era uno scaffale carico di cappelli, uno per ogni colore che potessero immaginare.
«Se vi dovesse servire qualcosa, vi prego, venitemi a cercare qui» disse Madame Tempofiero. «Ma durante i rari momenti in cui sarò via dall’accademia agli studenti non sarà consentito l’accesso al mio ufficio. Bene, se non ci sono domande vi mostro le vostre camere, al secondo piano.»
«Abbiamo una camera ciascuno?» domandò Zafferano.
«Certamente» disse Madame Tempofiero. «Il castello ha sette camere da letto, al momento.»
«Cosa intende con al momento?» chiese Smeraldina.
«Uno dei vantaggi di vivere in una residenza magica è che il castello può far comparire nuove camere da letto a seconda del numero di residenti, e di solito l’arredamento di ogni stanza è personalizzato secondo i bisogni e i gusti di chi la occupa» disse Madame Tempofiero. «Quando ho lasciato il castello per venire a reclutarvi, al secondo piano c’erano solo camere per Arancina e Celestina, ma ora dovrebbe essercene una per ciascuno di voi. Andiamo a vedere?»
Gli studenti seguirono impazientemente Madame Tempofiero su per le scale, fino ad arrivare a un lungo corridoio al secondo piano. Come previsto, sul corridoio si affacciavano cinque porte, tre delle quali sembravano molto più nuove delle altre due, come se fossero state appena restaurate.
Dopo essersi avvicinati alla prima porta, gli studenti guardarono all’interno della stanza di Arancina e compresero all’istante cosa intendeva Madame Tempofiero dicendo che le stanze sarebbero state personalizzate. Le pareti e i mobili della stanza di Arancina erano composti da favi, e tutto era coperto di miele. Proprio come i suoi capelli, la sua stanza era dimora di migliaia di api ronzanti, e il pavimento coperto di margherite che fornivano agli insetti il nettare di cui avevano bisogno.
La stanza di fronte a quella di Arancina apparteneva a Celestina. La camera non aveva pavimento: si entrava direttamente in una piscina. Ogni centimetro della stanza era ricoperto da piastrelle azzurre di porcellana e l’unico mobile era un letto a forma di gondola che galleggiava sull’acqua.
La terza stanza nel corridoio era protetta da una robusta porta d’acciaio. Madame Tempofiero l’aprì, sbuffando per la fatica.
«Zafferano, presumo che questa sia la tua» disse.
All’interno, la stanza era rivestita dello stesso acciaio di cui era fatta la porta. Non c’erano finestre e non c’era niente di infiammabile: anche il letto era di metallo, e aveva lenzuola di alluminio. Invece di moquette o piastrelle, il pavimento era fatto di grate di ferro, e al posto del soffitto in alto si alzava un camino di mattoni.
«È una specie di forno gigante!» esclamò Zafferano entusiasta. «Anche se mi dovessi togliere la medaglia, qui dentro non farò male a nessuno!»
«È il posto perfetto per raffreddare i tuoi bollenti spiriti» scherzò Madame Tempofiero. «Smeraldina, la tua stanza dovrebbe essere la prossima.»
Dietro la quarta porta del corridoio c’era una stanza buia con le pareti di roccia. All’interno c’era un letto a baldacchino sorretto da quattro stalagmiti, un armadio ricavato da un carrello da miniera e un tavolo da lavoro con sopra diversi mucchi di carbone. Smeraldina mise piede all’interno ed ebbe una specie di déjà vu.
«È proprio come la mia grotta nella miniera» disse. «C’è addirittura puzza di nano.»
«Spero che ti aiuti a non avere troppa nostalgia di casa» disse Madame Tempofiero. «E ultima ma non meno importante, la stanza di Brystal.»
La quinta e ultima porta del corridoio conduceva alla base di una torre. C’era un letto identico a quello che la ragazza aveva nella dimora Evergreen e una grossa poltrona comoda proprio come quelle della biblioteca di Colle Carrozza. Ma la cosa più strabiliante era che le pareti erano coperte di scaffali carichi di libri, dal pavimento al soffitto. C’era una teca nell’angolo con all’interno decine di paia di occhiali da lettura, e proprio come per la collezione di cappelli di Madame Tempofiero, ce n’era uno di ogni colore.
Mentre Brystal osservava la sua nuova stanza le vennero le lacrime agli occhi per la gioia e il cuore cominciò a batterle forte. Guardò i titoli sugli scaffali e accarezzò le coste dei libri come se stesse salutando dei vecchi amici.
«I racconti di Remus Rattibus, volumi da due a dieci!» esclamò, stupefatta. «Non sapevo nemmeno che ci fosse un seguito, figurarsi nove!»
«E guarda qui» disse Madame Tempofiero indicando un altro libro. «C’è anche una copia della Verità sulla magia. Magari uno di questi giorni troverai il tempo di finirlo, senza fretta, ovviamente. Bene, ragazzi, il giro del castello è finito. Siete liberi di esplorare le altre stanze e le altre torri, ma temo troverete solo secoli di polvere, vecchi mobili e ragnatele.»
All’improvviso si udì il suono di una campana che indicava che la cena era pronta. Al contrario del gong del Centro di correzione Altostivale, questo suono era gentile e invitante, come se annunciasse l’inizio di un grande spettacolo.
«Pare che la signora Vee sia pronta ad accoglierci» disse Madame Tempofiero. «Non facciamola aspettare.»
Gli studenti seguirono Madame Tempofiero lungo il corridoio, ma Brystal rimase nella sua stanza per qualche momento prima di unirsi a loro. Tra tutte le cose fantastiche che aveva ammirato quel giorno, non c’era niente di più bello della vista della sua biblioteca personale.
Per cena agli studenti fu servito un pasto a tre portate: zuppa di pomodoro, pollo al forno con carote arrosto e crostata di mirtilli. Eccezion fatta per i muffin e le bacche colorate che Brystal aveva mangiato nella carrozza, era il cibo più delizioso che avesse mai assaggiato. Non poteva credere che da quel momento in avanti avrebbe avuto tre pasti così al giorno: era un bel salto dalla qualità del cibo al Centro di correzione Altostivale.
Durante la cena Madame Tempofiero raccontò agli studenti dei vari ostacoli che aveva dovuto superare per riuscire ad aprire l’accademia. Spiegò loro che aveva incontrato i sovrani di tutti e quattro i regni e che nonostante le sue richieste e le sue capacità persuasive, l’unico che le aveva dato ascolto era Re Alastair XIV, perciò aveva potuto reclutare studenti solo nel Regno del Sud. Brystal, Zafferano e Smeraldina erano curiosi ed eccitati di ascoltare i fantastici racconti della fata.
«Posso avere un po’ d’acqua?» domandò Zafferano dopo avere divorato la terza porzione di crostata ai mirtilli.
«Lascia fare a me» disse Celestina.
La ragazzina si chinò sul tavolo e infilò la mano nel bicchiere del ragazzo. Dall’indice le fuoriuscì un getto d’acqua che riempì il bicchiere fino all’orlo. Brystal e Smeraldina rimasero impressionate dal trucco di Celestina, ma Zafferano era abbastanza turbato dal liquido che le era appena fuoriuscito dal corpo.
«Non c’è dell’altra acqua?» chiese.
Tra le sette persone sedute al tavolo, Arancina era quella che si divertiva di meno. Sbuffava a qualunque cosa dicessero i nuovi arrivati e alzava gli occhi al cielo a ogni loro domanda. Trovava la loro curiosità verso la magia altamente irritante, come se si fossero dovuti preparare meglio prima di arrivare lì.
«Allora, voi cosa fate?» domandò.
«Come, scusa?» rispose Brystal.
«Be’, so che siete qui perché avete abilità magiche, ma qual è la vostra specialità?» disse Arancina.
«Cosa intendi con specialità?» chiese Brystal.
Arancina e Celestina rimasero scioccate dalla sua ignoranza.
«La tua specialità è il tuo talento magico più forte» spiegò Arancina. «Di solito è il tratto distintivo che rivela la tua magia e che ti differenzia dal resto del mondo. La mia specialità sono le api, quella di Celestina è l’acqua… e a giudicare dalla stanza di sopra, quella di Zafferano ha qualcosa a che fare con il fuoco.»
«Aaaahhh, ecco perché la sua stanza è rivestita di metallo» disse Celestina. «Speravo che fosse qualcosa a che fare con il barbecue. Che delusione.»
Arancina ignorò l’amica. «Come stavo dicendo» continuò, «quella di Zafferano è facile da intuire, ma non sono ancora sicura di voi due.»
Smeraldina era abbastanza irritata dal fatto che Arancina volesse categorizzarli. Chiuse gli occhi, appoggiò un palmo sul tavolo di pietra e trasformò la lastra in un’ametista gigante.
«Ecco quello che faccio io» disse, seccata.
Nonostante cercassero in tutti i modi di nascondere la loro sorpresa, Arancina e Celestina rimasero sbalordite dalla dimostrazione della ragazza.
«E tu invece, Brystal?» domandò Celestina. «Qual è la tua specialità?»
«Non sono sicura di averne una» rispose lei. «Non ho mai usato la magia senza l’aiuto di un incantesimo.»
«Tutte le fate hanno una specialità» disse Arancina incrociando le braccia. «A meno che la tua specialità sia non essere affatto speciale.»
«Arancina, tieni a bada il pungiglione» la rimproverò Madame Tempofiero. «Per ora Brystal ha dimostrato di avere un grande talento per la manifestazione, e la sua è una delle stelle più brillanti sulla mia Mappa della Magia. La sua specialità non si è ancora rivelata, ma ciò non vuol dire che non lo farà molto presto.»
Madame Tempofiero fece un occhiolino all’indirizzo di Brystal, ma non servì a rendere le parole di Arancina meno dolorose. Senza una specialità evidente Brystal si sentiva inferiore agli altri studenti, e cominciò a chiedersi se l’accademia fosse il posto giusto per lei. L’imbarazzo che provava la fece arrossire, e non vedeva l’ora che la cena finisse.
«Be’, una cosa è certa» disse la signora Vee. «La mia specialità è sempre stato il cibo, e se qualcuno ha qualcosa in contrario dopo questo pasto, può andare a catturare un grifone! AHAH!»
Finita la cena, Madame Tempofiero permise agli studenti di alzarsi e di ritornare alle proprie stanze per prepararsi per la notte. Brystal si sentiva ancora un po’ giù per i commenti di Arancina, ma fortunatamente aveva il rimedio perfetto per distrarsi. Afferrò I racconti di Remus Rattibus. Volume secondo dallo scaffale, scelse un paio di nuovi occhiali da lettura e si infilò sotto le coperte. Mentre Brystal leggeva la continuazione del suo libro preferito, una tempesta violenta proveniente dall’oceano colpì il castello, e una forte pioggia cominciò a cadere sui giardini della proprietà. Brystal si spaventò per i tuoni e i fulmini fuori dalla finestra, ma non avrebbe lasciato che il brutto tempo rovinasse la sua prima notte al castello. I suoi compagni, tuttavia, non erano altrettanto coraggiosi.
Qualche minuto dopo l’inizio della tempesta Brystal udì bussare alla porta di camera sua.
«Entra pure» disse.
La porta si aprì e Smeraldina mise la testa dentro, con gli occhi sbarrati e impauriti.
«Mi dispiace disturbarti, Brystal» disse Smeraldina.
«Va tutto bene nella tua stanza?» domandò Brystal.
«Sì, tutto bene» rispose lei. «Solo non sono abituata a sentire il rumore dei tuoni. Una delle cose migliori della vita in miniera è che non ci si deve preoccupare del tempo. Se non ti scoccia, pensavo… be’, pensavo di chiederti…»
«Puoi dormire qui, se hai paura dei tuoni» disse Brystal.
Smeraldina tirò un sospiro di sollievo. «Wow, grazie!» esclamò. «Cosa stai leggendo?»
«I racconti di Remus Rattibus. Volume secondo» disse Brystal. «È il seguito del mio libro preferito. L’hai mai sentito?»
Smeraldina ci pensò un attimo, poi scosse il capo.
«Papà mi leggeva sempre delle storie prima di dormire, ma questa non me la ricordo.»
«Dormiresti meglio se ti leggessi il primo libro?» domandò Brystal.
«Davvero?» chiese Smeraldina. «Sei sicura di averne voglia?»
«Certo, tranquilla» disse. «Prendilo, è lì sullo scaffale alla tua sinistra.»
Smeraldina recuperò I racconti di Remus Rattibus e si unì a Brystal nel letto. Lei aprì il libro alla prima pagina, ma prima che potesse cominciare a leggere, entrambe sussultarono al suono del ruggito di un tuono. Quel rumore fu seguito dal tonfo di passi veloci nel corridoio e Zafferano apparve sulla soglia, spaventato dal temporale proprio come Smeraldina.
«Ciao ragazze» disse a bassa voce. «Brutto tempo, eh?»
«È davvero una tempesta terribile» disse Brystal. «Come stai?»
«Io? Benissimo» disse Zafferano, ma la sua espressione terrorizzata diceva il contrario. «Sono venuto solo per controllare come state voi.»
«Tutto bene» disse Brystal. «Io e Smeraldina stavamo per iniziare un libro, se ti va di ascoltare la storia.»
L’ennesimo rombo di tuono fece prendere una rapida decisione a Zafferano, che saltò nel letto insieme alle due ragazzine. Brystal e Smeraldina ridacchiarono alla reazione di Zafferano e gli fecero spazio. Brystal si schiarì la voce per prepararsi a leggere, ma, appena prima di cominciare la prima frase, venne interrotta da Arancina e Celestina. Le due fecero irruzione nella stanza e chiusero la porta dietro di loro, come se la tempesta le avesse inseguite fin lì.
«Ciao ragazze» disse Brystal. «Che c’è che non va?»
Arancina e Celestina erano troppo imbarazzate per confessare di avere paura. Si scambiarono uno sguardo, ciascuna sperando che l’altra inventasse una buona scusa.
«Ehm… ho bagnato il letto!» esclamò Celestina.
Arancina alzò gli occhi al cielo. «Celestina, il tuo letto è sempre bagnato» sussurrò.
«Ah, già» mormorò l’amica.
«Abbiamo sentito dei rumori provenire dalla tua stanza e volevamo assicurarci che voi tre non steste combinando guai» disse Arancina.
«Be’, come vedete siamo tutti molto educati» disse Brystal. «Stiamo per leggere un libro per calmare i nervi.»
«Bene, sono felice che non stiate dando fastidio» annuì Arancina. «Ora che ci siamo assicurate che vi state comportando bene, torneremo alle nostre stanze.»
Anche se aveva detto che se ne sarebbero andate, né lei né Celestina mossero un muscolo.
«Sapete, anche se le apprendiste sono più avanzate degli studenti, non vuol dire che apprezzino di meno le storie» disse Brystal. «Siete più che benvenute a rimanere qui con noi, se la tempesta vi sta mettendo paura.»
Prima che Arancina e Celestina potessero rispondere, si udì un rombo di tuono lacerante. Le ragazze gridarono e saltarono nel letto con gli altri.
«Suppongo che potremo fermarci per qualche minuto…» disse Arancina. «Cosa state leggendo?»
«I racconti di Remus Rattibus di Robert Raylor» disse Brystal.
«Di cosa parla?» domandò Celestina.
Smeraldina sbuffò e lanciò agli altri un’occhiataccia.
«Se la gente smettesse di parlare e di interromperla, forse riusciremmo a scoprirlo» sbottò.
Tutti si fecero silenziosi, in modo che Brystal potesse cominciare a leggere.
«“C’era una volta un regno di topi…”» lesse. «“E tra tutti i topi del regno, il più coraggioso era un giovane topo di nome Remus Rattibus…”»
Brystal lesse per ore, felice di vedere che i suoi compagni erano rapiti dal racconto. A un certo punto tutti gli studenti e le apprendiste cominciarono ad addormentarsi nel letto di Brystal, e lei segnò l’ultima pagina in modo da poter continuare la storia più avanti.
Dormirono tutti ammucchiati uno sopra l’altro nel letto di Brystal, mentre aspettavano che il tempo migliorasse. Era solo la loro prima notte al castello, ma grazie a una tempesta e a una bella storia i bambini dell’Accademia di Magia di Madame Tempofiero si stavano già comportando come la famiglia che la loro maestra sperava che diventassero.