CAPITOLO DIECI
LA FIGLIA DEI MUSICISTI
La mattina seguente gli studenti e le apprendiste si riunirono intorno al tavolo da pranzo e mentre si godevano la colazione ridacchiarono pensando alla notte improvvisata passata insieme. Arancina ammise addirittura che si era divertita ad ascoltare Brystal leggere I racconti di Remus Rattibus. Madame Tempofiero era raggiante alla vista dei suoi studenti che facevano amicizia, ma naturalmente ricordò loro l’importanza di riposare le notti prima delle lezioni e chiese loro di riservare eventuali riunioni notturne per occasioni speciali.
A metà della colazione la signora Vee entrò nella sala e consegnò una busta nera a Madame Tempofiero.
«È appena arrivata. Per te, Madame» disse la signora Vee.
La busta attirò immediatamente l’attenzione di Brystal: era rivestita di scaglie come la pelle di un rettile ed era chiusa con della cera del colore di sangue rappreso. Madame Tempofiero sbiancò non appena notò la consistenza strana della busta. L’aprì con l’aiuto di un coltello da burro ed estrasse il messaggio.
«Le poste consegnano fino a qui?» domandò Zafferano.
Arancina alzò gli occhi al cielo. «Non proviene dalla posta degli umani, ma da quella delle creature magiche» spiegò. «Quando si mette una lettera in una casella postale magica, una volta chiusa la fessura la lettera viene trasportata istantaneamente all’indirizzo di destinazione.»
«Funziona anche con altri piccoli oggetti» aggiunse Celestina, lasciandosi andare sulla sedia. «Sto ancora aspettando che mi venga rispedito il mio gerbillo.»
«Wow, posta istantanea» disse Zafferano. «Che cosa fantastica.»
Mentre gli altri discutevano della posta magica, Brystal tenne gli occhi fissi su Madame Tempofiero. Pensò che la busta nera dovesse contenere brutte notizie, perché la fata si irrigidì mentre la leggeva. Una volta finito di leggere il messaggio, Madame Tempofiero lo piegò e lo ripose all’interno della busta, poi si mise a fissare nel vuoto con gli occhi preoccupati.
«Madame Tempofiero, qualcosa non va?» domandò Brystal.
«No, niente affatto» disse Madame Tempofiero senza spiegare oltre.
«Chi ha scritto?» chiese Brystal.
«Una vecchia amica» disse. «Sfortunatamente una nostra conoscenza comune sta lottando contro una malattia terribile, e la mia amica mi ha scritto per mettermi al corrente su come sta andando. Ora se volete scusarmi, vado a risponderle prima di iniziare le lezioni di oggi. Ci vediamo fuori fra qualche minuto.»
Madame Tempofiero afferrò la busta nera per un angolo e una vampata di fiamme viola incenerì il messaggio. La fata si allontanò dalla sala da pranzo e si diresse verso il suo ufficio al primo piano. Anche se aveva detto che non c’erano problemi, Brystal sapeva che la loro insegnante non era stata del tutto onesta con loro. Si era allontanata con la stessa aria severa di quando Brystal aveva nominato il Regno del Nord, il giorno precedente.
«Sono felice che tu glielo abbia chiesto» disse Celestina a Brystal. «Mi sono sempre chiesta chi scrive tutte quelle lettere a Madame Tempofiero, ma non volevo sembrare un’impicciona.»
«Le arrivano spesso?» domandò Brystal.
«Quasi tutti i giorni» rispose Celestina. «Ma se vuoi sapere come la penso, non credo che siano veramente aggiornamenti sulla sua amica malata.»
«E cosa pensi che siano?» domandò Brystal.
Celestina ghignò. «Credo che Madame Tempofiero abbia un ammiratore segreto.»
Tutti scoppiarono a ridere alla teoria di Celestina, eccezion fatta per Brystal. Non pensava che Madame Tempofiero avesse un ammiratore, ma di sicuro la fata aveva un segreto.
«L’ultima volta che ho avuto io un ammiratore, i draghi abitavano ancora la terra! AHAH!» ridacchiò la signora Vee. «L’avete capita? Perché sono vecchia.»
Anche dopo la spiegazione il suo giovane pubblico non accennò a sorridere.
«Scusate, se tutte le mie battute fossero divertenti non farei questo lavoro! AHAH!»
La custode sparecchiò e si avviò verso la cucina. Una volta sparita, Smeraldina si voltò verso Celestina e Arancina con un’espressione allarmata.
«Perché, qualcuna delle sue battute è divertente?» domandò.
Arancina e Celestina scossero il capo, come se fossero vittime dell’incomprensibile senso dell’umorismo della signora Vee da troppo tempo ormai.
«No…» sbuffò Arancina. «Neanche una…»
Una volta finita la colazione, gli studenti aspettarono Madame Tempofiero davanti all’ingresso del castello. La loro insegnante ci stava mettendo molto più tempo del previsto a rispondere alla lettera, e Brystal diventò ancora più sospettosa di quanto non fosse già.
Proprio quando stavano per andare a cercare la loro maestra, si udì uno strano suono in lontananza: una sinfonia di tamburi, corni e piatti che intonavano la stessa bizzarra canzoncina a ripetizione. Si voltarono tutti verso il limitare della proprietà e videro un carro colorato apparire dalla siepe di cinta. Era azzurro brillante con le ruote rosse e il tetto giallo. C’erano un uomo e una donna seduti al posto di guida, e invece che da cavalli, il carro era mosso da uno strano congegno che i due azionavano con dei pedali.
Gli stranieri avevano il viso truccato e indossavano abiti stravaganti. L’uomo aveva dei folti baffi, un orecchino d’oro nell’orecchio destro e un grosso cappello a cilindro decorato con una piuma rossa. La donna indossava una sciarpa avvolta intorno alla testa, diverse collane di perle e un lungo abito elegante. Mentre pedalavano verso il castello, gli ingranaggi muovevano degli strumenti musicali attaccati al veicolo, e la canzoncina veniva intonata a ripetizione. C’erano due cartelli identici sui due lati del carro, e recitavano:
LA COMPAGNIA GUS−TOSA
La coppia diresse il veicolo fino ai gradini davanti al castello e azionò i freni: una volta che il carro si fu fermato, anche la musica si interruppe. I visitatori sembrarono sollevati alla vista dei ragazzini lì fuori, ma gli studenti si misero a fissare la strana carrozza con occhi grandi e curiosi.
«Ciao» disse l’uomo, abbassando il cappello in saluto. «È questa la Scuola per Aspiranti Maghi di Madame Tempofiero?»
«Ora si chiama l’Accademia di Magia di Madame Tempofiero» disse Arancina.
«Ha deciso che era meglio un nome semplice» aggiunse Celestina.
«Bene, fantastico!» esclamò la donna, poi si girò per chiamare qualcuno all’interno del carro. «Lucy, raccogli le tue cose! Siamo arrivati!»
Con un calcio, il portello sul retro del veicolo si spalancò di colpo e una ragazzina di circa tredici anni saltò giù dal carro. Era piccola e paffuta, aveva i capelli corti e ricci e il viso tondo e roseo. Indossava una bombetta nera, un vestito nero troppo grande e un paio di stivali neri, e portava al collo una collana di tappi di bottiglia. Teneva in mano una piccola valigia ricavata da un porcospino imbalsamato e appoggiata in spalla una borraccia costituita dal cranio di un castoro. La strana ragazza lanciò un’occhiataccia al castello davanti a lei, come fosse delusa dall’edificio.
«Be’, questo posto è orribilmente gioioso, vero?» disse.
«Scusa, e tu chi saresti?» domandò Arancina.
La ragazza si voltò verso gli studenti in piedi sui gradini d’ingresso e li osservò alzando un sopracciglio, come se anche loro fossero deludenti quanto il castello.
«Mi chiamo Lucy» disse. «Non mi riconoscete?»
«Riconoscerti? E perché mai dovremmo riconoscerti?» disse Celestina.
«Sono una suonatrice di tamburello davvero famosa» disse Lucy indicando il cartello sul carro. «Io e la mia famiglia siamo musicisti, non avete sentito parlare del nostro gruppo?»
«Aspetta un attimo» disse Arancina ridacchiando. «Ti chiami Lucy Gus-Tosa?»
La giovane suonatrice di tamburello diventò rossa in volto e le lanciò un’occhiataccia.
«Solo Gus, il resto è un gioco di parole» disse Lucy. «Ma è ovvio che non te ne sei accorta, visto che non hai classe. Perché non stai zitta e ti occupi della cera d’api che hai in testa? Qualcuno che porta addosso pezzi di favo non si dovrebbe azzardare a fare il presuntuoso. No, no, no.»
Brystal, Zafferano e Smeraldina non riuscirono a trattenere una risata ai commenti di Lucy. Arancina cominciò a innervosirsi e le api iniziarono a ronzare furiosamente.
«Non stare ad ascoltarla, Arancina» sussurrò Celestina. «È vestita come se fosse appena stata a un funerale.»
«Scusa un attimo, pozzanghera semovente, come ti permetti di insultare i miei vestiti?» sbottò Lucy. «Questo cappello l’ho vinto a braccio di ferro contro un goblin! E i tappi che porto al collo sono di bottiglie che ho stappato con i denti! E poi le ho bevute insieme a una tribù di troll! Qual è la cosa più entusiasmante che hai fatto tu, di recente? Sei evaporata?»
I ragazzini rimasero scioccati dalle parole di Lucy. I genitori della ragazzina scossero il capo, sospirando davanti alla maleducazione della figlia.
«Vi prego di perdonare Lucy, è un po’ nervosa» disse la signora Gus. «Lucy, ci hai promesso che saresti stata gentile! Non è questo il modo di farsi degli amici alla tua nuova scuola!»
«Hanno cominciato loro» mormorò Lucy.
«Aspetta un secondo» disse Arancina. «Pensi di rimanere?»
I signori Gus si scambiarono uno sguardo incerto.
«Siamo qui per parlare proprio di questo con Madame Tempofiero» disse la signora Gus. «È disponibile?»
«È nel suo ufficio al primo piano» disse Brystal. «Vi ci posso portare, se volete.»
«Sarebbe fantastico, grazie» disse il signor Gus.
Brystal condusse la famiglia Gus su per i gradini d’ingresso al castello. Prima di entrare, Lucy lanciò un’ultima occhiataccia ad Arancina.
«Non ti preoccupare, barattolo di miele» disse. «Madame Tempofiero non vuole una come me nella sua scuola. Sarò lontana dai tuoi capelli appiccicosi molto presto.»
I Gus seguirono Brystal all’interno del salone d’ingresso e su per le scale fluttuanti, fino al primo piano. Mentre camminavano, Lucy faceva smorfie a ogni cosa su cui posava gli occhi, come se il castello fosse così brutto da farle male. Brystal bussò alla porta dell’ufficio di Madame Tempofiero e poi mise la testa dentro. La fata stava camminando avanti e indietro davanti al caminetto di bolle di sapone, assorta nei suoi pensieri: era evidente che c’era qualcosa che la turbava.
«Madame Tempofiero?» chiamò Brystal.
La fata non si aspettava visitatori, e trasalì al suono del proprio nome.
«Sì, Brystal?» disse.
«Ci sono delle persone che vogliono vederla» spiegò Brystal. «Hanno portato la loro figlia al castello sperando che lei possa prenderla come studentessa.»
«Ah, davvero?» disse Madame Tempofiero, sorpresa. «Molto bene, falli entrare.»
Brystal lasciò il passo alla famiglia Gus e poi uscì dalla stanza, lasciandoli parlare in privato con Madame Tempofiero. Pensò che la conversazione avrebbe ritardato ancora di più l’inizio delle lezioni, e così ritornò in camera sua per trascorrere il tempo.
Mentre passava in rassegna gli scaffali della libreria, udì uno strano mormorio giungere da lì vicino. Seguì il suono come un cane che fiuta una pista, finché non scoprì che proveniva da dietro una fila di libri sullo scaffale più in basso. Brystal spostò i libri e trovò un piccolo foro nella parete dietro di loro. Curiosa, avvicinò il viso alla fessura e scoprì che sbucava direttamente dentro l’ufficio di Madame Tempofiero al piano di sotto.
Vide i signori Gus seduti di fronte a Madame Tempofiero, davanti alla scrivania di vetro. Lucy stava camminando per l’ufficio e osservava gli oggetti della fata mentre gli adulti discutevano, e non sembrava affatto impressionata da quello che aveva davanti agli occhi. Brystal non voleva origliare la conversazione della famiglia, ma la signora Gus disse una cosa che attirò la sua attenzione.
«È cominciato tutto con i corvi» disse. «È allora che abbiamo scoperto che Lucy era speciale.»
«Corvi?» domandò Madame Tempofiero. «Oh, santo cielo.»
La signora Gus annuì. «Mentre ero incinta di Lucy gli uccelli hanno cominciato a farci visita fuori dalla porta di casa. Pensavamo che stessero passando di lì mentre volavano verso sud per l’inverno, ma sono rimasti anche dopo il cambio di stagione. Più Lucy cresceva nel mio grembo e più corvi apparivano fuori di casa. Mio marito ha fatto tutto quello che poteva per liberarsene, ma non se ne sono mai andati. La notte in cui mi si sono rotte le acque tutti gli uccelli hanno cominciato a gracchiare, un rumore assordante e terrificante! Ma non appena è nata Lucy, i corvi sono volati via. A oggi ancora non sappiamo che cosa ci facessero lì.»
Madame Tempofiero si grattò il mento mentre ascoltava la storia. Brystal riusciva a intuire che la fata sapeva esattamente che cosa ci facessero gli uccelli fuori di casa, ma non voleva ancora condividere con gli altri quell’informazione.
«Che cosa interessante» disse invece. «E presumo che poco dopo la sua nascita siano cominciati fenomeni ancora più bizzarri.»
«Bizzarri è dir poco» disse il signor Gus. «Ed è stato così per tutti i suoi primi anni di vita. Sono successe cose un po’ inquietanti ma per la maggior parte innocue. Gli occhi di bottone dei suoi animali di pezza si sono trasformati in occhi veri e ci tenevano d’occhio in giro per la casa. Abbiamo dovuto coprire la culla di Lucy perché la piccola levitava quando dormiva. Se le voltavamo le spalle mentre faceva il bagno, un attimo dopo trovavamo la vasca piena di rane.»
«Quegli avvenimenti erano faticosi ma relativamente facili da gestire» continuò la signora Gus. «Ma di recente le cose ci sono sfuggite di mano. Siamo musicisti itineranti e abbiamo suonato in tutto il mondo, ma ci sono posti in cui non ci è permesso tornare per via delle cose che ha combinato Lucy.»
«Per esempio?» domandò Madame Tempofiero.
«Una volta stavamo suonando in una taverna del Regno dell’Ovest» raccontò il signor Gus. «Il pubblico aveva bevuto molto ed era rumoroso. Hanno cominciato a fischiarci e Lucy si è arrabbiata. Ha agitato il pugno verso di loro e tutto l’alcol si è trasformato in pipì di cane! La gente ha cominciato a vomitare in tutta la taverna.»
«E un’altra volta stavamo suonando a un evento privato per aristocratici nel Regno del Nord» disse la signora Gus. «Lucy stava facendo un assolo di tamburello quando la duchessa in prima fila ha sbadigliato. Lucy si è offesa e le trecce della duchessa si sono trasformate in serpenti!»
«Qualche mese fa eravamo in un piccolo teatro del Regno del Sud» disse il signor Gus. «A fine serata il proprietario si è rifiutato di pagarci. Diceva che i nostri strumenti erano stonati e avevano infastidito il pubblico. Mentre ci allontanavamo, il teatro è crollato su se stesso come se ci fosse stato un terremoto! Ma tutti gli edifici lì vicino sono rimasti perfettamente intatti.»
«Santo cielo» disse Madame Tempofiero.
«Per la cronaca, sono davvero fiera di quest’ultima storia» disse Lucy. «Quel bastardo se lo meritava.»
«Fortunatamente nessuno ha mai sospettato che queste disgrazie fossero colpa di Lucy» disse la signora Gus, «ma purtroppo il nostro spettacolo si sta guadagnando la reputazione di portare sfortuna. Siamo preoccupati che la gente si accorga di che tipo di ragazza è Lucy e che possa farle del male.»
«Ed è per questo che l’abbiamo portata qui» disse il signor Gus. «Amiamo la nostra Lucy più di ogni altra cosa al mondo, ma non possiamo più occuparci di lei. È troppo per noi.»
Brystal sapeva che per Lucy doveva essere terribile udire quelle parole. La ragazza smise di guardare in giro per l’ufficio di Madame Tempofiero e rimase ferma immobile. Si voltò e posò lo sguardo sulle bolle di sapone che fuoriuscivano dal caminetto, in modo che gli adulti non si accorgessero che aveva le lacrime agli occhi.
«Come siete venuti a sapere della mia accademia?» domandò Madame Tempofiero.
«Mio fratello è un ministro per la famiglia reale del Regno dell’Est» disse la signora Gus. «Era nella stanza accanto quando ha fatto visita alla Regina Endustria. L’ha sentita parlare dei suoi piani per questa accademia e chiedere il permesso di reclutare studenti nel suo regno. Conosce le difficoltà che stiamo avendo con Lucy e ci ha scritto immediatamente per farci sapere della sua scuola. Abbiamo passato gli ultimi tre giorni a cercarla in giro per l’Altrove di Mezzo.»
«Capisco» disse Madame Tempofiero. «Bene, signori Gus, perdonatemi, ma devo essere sincera con voi. La mia accademia non è fatta per studentesse come vostra figlia. Gli animali macabri prima della nascita, i fenomeni inquietanti che sono accaduti quando era piccola e i problemi che sta causando di recente non sono manifestazioni di magia.»
I signori Gus si scambiarono uno sguardo e sospirarono, sconfitti.
«Lo sappiamo benissimo, Madame Tempofiero» disse il signor Gus. «Ci sono due lati della comunità di creature magiche ed è molto chiaro a quale dei due appartenga nostra figlia. Speravamo solo che potesse fare un’eccezione per Lucy.»
«La prego, Madame Tempofiero» la implorò la signora Gus. «È una brava ragazza, ha solo bisogno di una casa e di qualcuno che la capisca. Io e mio marito non ne siamo più capaci. Siamo disperati, abbiamo bisogno di aiuto.»
La richiesta dei signori Gus non era una faccenda facile da risolvere. Madame Tempofiero si fece silenziosa e si sistemò meglio sulla sedia di vetro mentre pensava. Le lacrime segnavano il viso tondo di Lucy: aver sentito i suoi genitori pregare per liberarsi di lei era davvero straziante. Brystal sentì un tuffo al cuore mentre osservava Lucy asciugarsi le lacrime prima che gli adulti le notassero.
Dopo qualche momento di riflessione, Madame Tempofiero si alzò in piedi e si avvicinò a Lucy. Si chinò per guardare la ragazzina, con un sorriso affettuoso in viso, e le posò una mano sulla spalla.
«Potrà essere una sfida, ma le sfide sono il bello della vita» disse Madame Tempofiero. «Sono felice di accoglierti all’accademia, Lucy. Non posso prometterti di sapere sempre come aiutarti, a differenza degli altri studenti, ma ti prometto che farò del mio meglio.»
Lucy era esterrefatta. Venire accettata all’accademia di Madame Tempofiero era l’ultima cosa che si aspettava, e l’ultima cosa che voleva. I genitori di Lucy, al contrario, tirarono un sospiro di sollievo e si abbracciarono, felici.
«Aspettate!» esclamò Lucy. «Non posso rimanere. Non è il posto giusto per me.»
«Lucy, è una cosa bellissima» disse la signora Gus. «Madame Tempofiero riuscirà a farti sentire a casa molto più di quanto non riusciamo a fare io e tuo padre.»
«Ma non voglio vivere all’accademia!» sentenziò Lucy. «Voglio vivere con voi! Non siamo solo una famiglia, siamo La Compagnia Gus-Tosa! Il gruppo non esiste senza la sua stella al tamburello!»
«Tuo zio si unirà a noi» disse il signor Gus. «Suonerà i tuoi assoli con il violino.»
«Il violino?!» Era furiosa.
Lucy prese da parte i genitori per parlare con loro in privato, ma Brystal riusciva comunque a sentire perfettamente.
«Mamma! Papà! Oggi è il mio compleanno» sussurrò loro Lucy. «Non potete abbandonarmi il giorno del mio compleanno!»
«È per il tuo bene, Lucy» disse la signora Gus. «Un giorno capirai.»
I signori Gus diedero un bacio d’addio alla figlia e strinsero la mano di Madame Tempofiero. Dalla finestra della sua camera, Brystal vide la coppia salire sul carro colorato parcheggiato all’esterno. Cominciarono a pedalare e guidarono il veicolo fino al limitare della proprietà, poi oltrepassarono la barriera di siepi e scomparvero, senza mostrare una punta di rimorso per aver lasciato lì la loro figlia. Madame Tempofiero guidò Lucy al secondo piano e Brystal sbirciò nel corridoio mentre passavano di lì. Il castello aveva già aggiunto una nuova stanza per lei, la sesta porta del corridoio, accanto alla camera da letto di Brystal.
«Questa è la tua stanza, Lucy» disse Madame Tempofiero. «Spero che la troverai comoda. Il castello fa comparire camere da letto a seconda del numero degli ospiti, e lo spazio viene arredato secondo i bisogni e le preferenze dei…»
«Sì, sì, sì» la interruppe Lucy. «Grazie tante, Madame Tempofiero. Ora se non le dispiace, vorrei rimanere sola.»
Lucy entrò nella sua stanza e sbatté la porta dietro di sé. Non appena fu chiusa, Brystal e Madame Tempofiero sentirono la ragazzina singhiozzare dall’altro lato.
«Crede che starà bene?» domandò Brystal.
«Non sarà facile per lei» disse Madame Tempofiero. «Sarà meglio rimandare le lezioni di oggi a dopo pranzo, in modo che Lucy abbia abbastanza tempo per sistemarsi. Lo dico agli altri.»
Madame Tempofiero scese le scale per avvertire gli studenti del cambio di programma. Brystal rimase sulla soglia di camera sua ad ascoltare Lucy piangere nella sua stanza. Sapeva esattamente come ci si sentiva a essere rifiutati da un genitore, e pensò a un modo in cui poteva far stare meglio la sua nuova vicina di camera. Si accorse che c’era poco che potesse dire per aiutare Lucy, ma forse c’era qualcosa che poteva fare.
Brystal corse giù per i gradini a spirale fino al piano terra, lungo il corridoio, attraverso la sala da pranzo e fino in cucina. Non era mai stata nella cucina del castello prima di allora, e rimase sorpresa a vedere che era grande quattro volte l’umile cucina della dimora Evergreen. La signora Vee era indaffarata a preparare il pranzo e Brystal vide per la prima volta quanta magia fosse coinvolta nella preparazione del pasto.
Frutta, verdure, spezie e utensili volteggiavano per la stanza; c’erano ciotole in cui gli ingredienti si mescolavano da soli, cibi che venivano tagliati e sminuzzati da coltelli fluttuanti, sportelli che si aprivano e chiudevano senza bisogno di assistenza e cibi cotti che si tiravano fuori dal forno da soli.
La signora Vee era in piedi al centro della cucina e conduceva gli oggetti magici intorno a sé come fosse la direttrice d’orchestra di una sinfonia di cuochi invisibili.
«Buongiorno, cara» disse quando si accorse di Brystal. «Cosa ti porta qui? Vuoi uno spuntino?»
«No, sono ancora piena dalla colazione, grazie» rispose Brystal. «Signora Vee, posso usare la cucina per preparare qualcosa da sola?»
«Da sola?!» esclamò la signora Vee. «Non starai cercando di portarmi via il lavoro, vero? Perché ti avverto, non è così entusiasmante come lo faccio sembrare. AHAH!»
«No, no, è solo una ricetta di famiglia» disse la ragazzina. «Posso farla a occhi chiusi, e non voglio interromperla mentre prepara il pranzo. Prometto di stare da parte.»
«Fai pure» disse la signora Vee. «Le ricette di famiglia sono sempre un successo, a meno che non ci sia un membro della famiglia nella ricetta! AHAH! Prego, prendi tutto quello che ti serve.»
Poco più di un’ora più tardi, Brystal portò due forchette e una torta al cioccolato appena sfornata su al secondo piano. La signora Vee non aveva nessuna candelina, così Brystal afferrò tredici candele dai lampadari e dalle lanterne in giro per il castello. Ogni candela aveva una forma e un colore diverso, ma poteva andare. Una volta fuori dalla camera di Lucy, Brystal fece un respiro profondo e poi bussò con il gomito.
«Lucy?» chiamò. «Sono Brystal Evergreen, la ragazza che ha portato te e i tuoi genitori nell’ufficio di Madame Tempofiero.»
«Cosa vuoi?» singhiozzò Lucy dall’interno.
«Ho una sorpresa per te, apri la porta» disse Brystal.
Qualche istante più tardi, Lucy aprì riluttante la porta della camera. Aveva gli occhi rossi dal pianto e rimase davvero sorpresa di vedere la torta di compleanno con le candele accese tra le mani della compagna.
«Buon compleanno!» esclamò Brystal. «Spero che ti piaccia il cioccolato.»
Sfortunatamente la reazione della ragazzina non fu quella sperata.
«Come fai a sapere che è il mio compleanno?» domandò Lucy, sospettosa.
Brystal aprì la bocca per rispondere, ma non aveva una giustificazione che tenesse. Si era concentrata così tanto sul far sentire meglio Lucy che si era dimenticata che lo aveva scoperto origliando.
«Non l’hai detto quando sei arrivata?» chiese Brystal.
«No» rispose Lucy, incrociando le braccia.
«Oh… allora è stato un colpo di fortuna» disse con una risatina nervosa. «Perdona le candele. Ho tirato a indovinare, tredici, giusto?»
Lucy non era affatto convinta. «Stavi origliando la conversazione con Madame Tempofiero, non è vero?» esclamò puntando un dito accusatorio contro Brystal.
Brystal scosse il capo, ma quel gesto la fece sembrare più colpevole.
«D’accordo, d’accordo» confessò. «Lo ammetto, stavo origliando! Non volevo fare l’impicciona, ma ho sentito tua madre parlare di corvi e non sono riuscita a resistere.»
«Se fossimo in una colonia di goblin ti verrebbero tagliate le orecchie!» ringhiò Lucy.
«Senti, mi dispiace di aver invaso la tua privacy!» si scusò Brystal. «So come ci si sente a essere abbandonata in uno strano posto da un genitore. Ti ho sentito dire che è il tuo compleanno, e ho pensato che se ti avessi preparato una torta forse sarei riuscita a farti stare meglio. È stato un errore, adesso me ne vado.»
Brystal era furiosa con se stessa per aver gestito la situazione così maldestramente. Corse per il corridoio prima che Lucy trovasse altri motivi per disprezzarla. Appena prima che Brystal raggiungesse le scale, Lucy la chiamò.
«Per tua fortuna non sono una ragazza che dice di no ai dolci» esclamò. «La torta ha un profumo delizioso, per questa volta perdonerò il tuo tradimento.»
Lucy aprì la porta di camera sua e fece cenno a Brystal di entrare. Brystal era elettrizzata di avere una seconda possibilità, e corse all’interno della camera da letto prima che Lucy cambiasse idea.
Quando mise piede dentro, Brystal si dovette ricordare di stare entrando nella camera da letto di una tredicenne, perché l’interno assomigliava a una taverna. C’era un grosso tavolo da biliardo al centro della stanza e una fila di bersagli da freccette appesi sul muro, con appena sopra un cartello che recitava: GIOCA DURO E LAVORA POCO. Un’altra parete era coperta di strumenti musicali e di decine di poster delle esibizioni passate della Compagnia Gus-Tosa. Ogni angolo era occupato da animali imbalsamati di specie irriconoscibili. Brystal notò anche che invece di sedie e di un letto, nella stanza c’erano poltrone a sacco e un’amaca.
«Wow» esclamò Brystal. «Che stanza.»
«Ho gusti stravaganti» disse Lucy. «È normale quando si cresce nel mondo dello spettacolo. Si fanno molte più esperienze di un bambino normale.»
Lucy spinse vicine due poltrone a sacco e le ragazze si sedettero. Brystal tenne in mano la torta e Lucy chiuse gli occhi e spense le candeline.
«Vedi per caso un barile di sidro alla menta da qualche parte?» domandò.
«Ehm… no» disse Brystal.
«Dannazione. Il mio desiderio non si è avverato.»
Lucy si lasciò andare nella poltrona e divorò una fetta di torta al cioccolato. Brystal non riusciva a distogliere lo sguardo da tutti i poster della Compagnia Gus-Tosa appesi alla parete. Era affascinata da tutti i luoghi che Lucy aveva visitato con la sua famiglia.
«Hai suonato davvero in tutti quei posti?» domandò.
«Certo che sì» si vantò Lucy. «E non sono incluse le date del circuito segreto.»
«Il circuito segreto?» chiese Brystal.
«Sai, i posti che non appaiono sulle mappe» spiegò la ragazzina. «Colonie di goblin, accampamenti dei troll, villaggi degli elfi, fiere degli orchi… la Compagnia Gus-Tosa ha suonato praticamente ovunque! Santo cielo, questa torta è buonissima!»
«E le creature dell’Altrove di Mezzo non hanno cercato di farvi del male?»
«No» disse Lucy. «Le creature dell’Altrove di Mezzo hanno una voglia così disperata di intrattenimento che non oserebbero mai. Sono anche il pubblico migliore. Le specie soggiogate sanno sempre come divertirsi.»
«Guarda!» esclamò Brystal indicando uno dei poster. «Hai suonato a Colle Carrozza! È da lì che vengo io!»
Lucy strinse i denti. «Cavolo» disse. «Il Regno del Sud è il luogo peggiore in cui suonare. Ci sono tantissime regole su cosa non è permesso agli artisti. Non possiamo cantare parolacce, non possiamo suonare a volume troppo alto, non possiamo ballare in maniera volgare, tutti devono tenersi addosso i vestiti… una vera noia! Non posso nemmeno battere il tamburello sui fianchi senza essere multata! Cioè, se questo è il genere di spettacolo che cerchi, fai prima ad andare in chiesa! Non sei d’accordo?»
«Non mi sorprende» disse Brystal. «Non puoi immaginare quanto sono felice di essere andata via di lì. Avrei dato qualunque cosa per avere un’infanzia come la tua.»
«Sì, ho passato dei gran bei momenti» disse Lucy. «Ma adesso che sono bloccata qui, tutte le mie avventure sono giunte al termine.»
Lucy smise di mangiare e abbassò lo sguardo, triste.
«Non dire così» la rincuorò Brystal. «Dovresti dare una possibilità a questo posto. Potrebbe sorprenderti.»
«Per te è facile da dire, tu appartieni a questo posto» disse Lucy. «Ma hai sentito quello che Madame Tempofiero ha detto ai miei genitori. L’accademia non è fatta per bambine come me!»
Brystal sospirò. Capiva come si sentiva Lucy più di quanto la ragazzina non immaginasse.
«A essere sincera non sono sicura neanche io di appartenere a questo posto» disse Brystal. «Gli altri studenti di Madame Tempofiero usano la magia da tutta la vita. Io ho scoperto di avere abilità magiche solo poco tempo fa, e ho avuto bisogno di un vecchio incantesimo per fare comparire qualcosa. E a peggiorare le cose, a quanto pare sono l’unica fata al mondo che non ha una specialità. Zafferano ha il suo fuoco, Smeraldina i suoi gioielli, Celestina la sua acqua e Arancina ha…»
«La simpatia?» intervenne Lucy, sarcastica.
«Non ti preoccupare di Arancina» disse Brystal. «Dopo un po’ migliora.»
«Anche le vesciche migliorano dopo un po’.»
«Tornando al discorso di prima…» continuò Brystal. «Non sei l’unica persona che si sente un’estranea qui. So che ti può sembrare che Madame Tempofiero abbia fatto un errore, ma dubito che aprirebbe le porte a noi due se non pensasse veramente di poterci aiutare.»
«Ma almeno tu sei una fata» disse Lucy. «Io sono una strega, Brystal! Il mio cuore è pieno di oscurità e i miei poteri traggono forza dal male che mi cresce dentro! Non hai idea di come ci si sente a sapere che un giorno, indipendentemente da quello che farò, mi trasformerò in una vecchia rivoltante e malvagia! Passerò la mia vita adulta a maledire le persone e a far collezione di gatti! E i gatti non mi piacciono neanche!»
A quel pensiero Lucy scoppiò a piangere. Si infilò un’altra fetta di torta in bocca per soffocare la tristezza nel cioccolato, e qualche morso più tardi aveva finito l’intero piatto. Brystal asciugò le lacrime di Lucy con l’angolo del suo vestito a striscie grigie e nere.
«Se ti fa sentire meglio, non credo che tu sia una strega» disse Brystal.
«Sei matta?» replicò Lucy. «Madame Tempofiero ha detto chiaramente che…»
«Madame Tempofiero non ha mai detto che sei una strega» disse Brystal. «Ha detto che la sua accademia non è fatta per studenti come te, e può voler dire un sacco di cose! E se avessi davvero oscurità e malvagità nel cuore, non potresti amare le esibizioni così tanto. Ci vogliono troppa gioia ed energia per fare felice un pubblico.»
Lucy annuì. «E un sacco di talento» singhiozzò. «Non scordarti del talento eccezionale.»
«Esatto» disse Brystal. «Una brutta vecchia strega non avrebbe mai una cosa così dentro di sé.»
Lucy si asciugò il naso nella manica di Brystal e alzò le spalle. «Forse hai ragione» disse. «Ma se non sono una strega, che cosa diavolo sono? Cos’è che causa tutte le brutte cose che succedono intorno a me?»
Brystal fece del suo meglio per pensare a qualcosa per calmare la ragazzina preoccupata.
«Forse sei soltanto una fata specializzata nei guai» disse.
Lucy pensò che quella teoria fosse così ridicola che l’angolo della bocca le si arricciò in un ghigno appena accennato. Brystal era felice di essere riuscita a farla sorridere per la prima volta da quando era arrivata all’accademia.
«È la cosa più stupida che abbia mai sentito» disse Lucy. «Ma grazie del tentativo.»
«Penso che la vita sia troppo complicata per pensare che il destino di una persona sia già scritto» disse Brystal. «Prendi me per esempio. Nell’ultimo mese sono passata dall’essere una studentessa a un’addetta delle pulizie, poi una prigioniera, un’internata in un centro di correzione e adesso sto studiando per diventare una fata!»
«Wow» disse Lucy. «E pensavo che la mia vita fosse movimentata.»
«Dico solo che non c’è nulla di certo finché non accade» disse Brystal. «Che tu diventi una brutta vecchia strega o no, c’è solo una cosa che sappiamo di sicuro.»
«E cos’è?» domandò Lucy.
«Che Arancina e Celestina non cambieranno la loro opinione di te.»
Un istante dopo Brystal e Lucy scoppiarono a ridere. Risero così forte che sentirono male allo stomaco e piansero lacrime di gioia.
«Cavolo, devono odiarmi di brutto» disse Lucy. «Be’, nonostante le mie intenzioni, sono felice di aver trovato almeno un’amica oggi. Grazie di essere stata così gentile con me, Brystal. Qualcosa mi dice che saremo compagne di ventura per molto, molto tempo.»
«Anche secondo me, Lucy» disse Brystal. «Anche secondo me.»