Quarantotto

L’uomo è in piedi, al centro dello studio antico, con le pareti completamente rivestite da pesanti librerie in noce. Sugli scaffali sono allineati centinaia di volumi impreziositi da rilegature in pelle e sistemati secondo un certosino criterio bibliografico. Tutto troppo perfetto, troppo ordinato, per far parte di una biblioteca vera, di un luogo dove i libri vengono letti, consumati, vissuti.

Il padrone della villa tiene nella mano destra un calice da degustazione che contiene due dita di liquido ambrato. Effettua una delicata rotazione del bicchiere per permettere al liquore di aderire alle pareti di vetro e poi rilasciare, in maniera più intensa, il suo inconfondibile aroma. Un aroma da più di mille euro a bottiglia.

È un uomo di oltre sessant’anni, con lunghi capelli grigi, pettinati all’indietro, e sottili baffi molto curati. Indossa un abito a doppio petto con un gilet damascato e scarpe nere di vernice.

Osserva qualcosa fuori dalla finestra, nel buio, quando qualcuno bussa alla porta facendolo trasalire. “Avanti.”

L’uomo che entra è molto più giovane, sulla trentina, fisico da culturista. È vestito con un abito nero, di sartoria, ma nei suoi movimenti si avverte un certo disagio per quell’abbigliamento che non gli è congeniale. “Signore, la notizia è confermata. Il giornalista è morto e anche i due uomini che avevamo mandato da lui.”

“Quel Betti. Può essere stato solo lui.”

“È strano,” azzarda il giovane. Ha i capelli radi e la mascella quadrata. Sotto la giacca spunta il rigonfiamento di una semiautomatica calibro 9, custodita in una fondina ascellare.

“Gli uomini erano fidati. È gente che avevamo già usato altre volte, raccomandata dai nostri amici albanesi.”

“Si vede che questo poliziotto è un tipo in gamba. Non credo sia riuscito a farli parlare, anche se avrebbero potuto rivelargli ben poco… Però è meglio alzare il livello di guardia. Sospendi i turni di riposo fino a nuovo ordine.”

“Sissignore,” risponde il culturista con un inchino. “C’è altro?”

“Per ora no. Devo andare dai miei ospiti, la serata sta iniziando e non li ho ancora salutati. Tieni gli occhi bene aperti.”

Appena l’uomo si congeda, il padrone di casa torna a guardare fuori dalla finestra. Poi, lentamente, sorseggia un po’ del prezioso liquido dal suo bicchiere, degustandone il sapore esclusivo. Alla fine, esce dalla stanza e si dirige verso il salone principale, attraversando corridoi rivestiti da stoffe pregiate e quadri di valore. Nella grande sala quindici persone stanno allegramente conversando, divise in piccoli gruppi. Camerieri in livrea, intanto, girano tra gli ospiti con vassoi pieni di coppe di champagne e prelibati stuzzichini.

“Eccellenza!” esclama entrando. “Che piacere averla qui!”

“Ingegnere! Il piacere è mio,” lo saluta un uomo elegante, staccandosi da un gruppo e andandogli incontro con la mano tesa. I due si scambiano una stretta più che cordiale. “Lasci che le presenti gli amici di cui le avevo parlato: l’avvocato Fantini, il dottor Paoli, l’architetto Lucchesi.” Sono tutti uomini anziani, tra i sessanta e i settant’anni. Indossano impeccabili smoking, e ostentano con la stessa naturalezza sorrisi cordiali e orologi da decine di migliaia di euro. Il padrone di casa li saluta uno a uno presentandosi a sua volta.

“Allora,” chiede quello a cui si è rivolto con l’appellativo di “eccellenza”, “cosa ci ha preparato di interessante stasera? Guardi che ho parlato molto bene di lei, veda di non farmi fare brutta figura.”

“Eccellenza, lei lo sa che io non deludo mai le aspettative. Stasera, per voi, tutte ragazze nuove. Tutte studentesse ventenni, per lo più alla prima esperienza, ma molto desiderose di farsi conoscere!”

“Ah, bene, bene. Proprio quello che ci vuole per allietare la serata! Ma dove sono queste giovani amiche?”

“Pazienti ancora qualche minuto e saranno qui, a occuparsi di voi e, ovviamente, degli altri ospiti.”

“Bene, mio caro ingegnere. Lo dicevo poc’anzi ai miei amici che su di lei si può sempre contare!”