Quarantasei

Autostrada A1, direzione Roma. Luca, in uno stato di veglia semivigile, guida una Renault Scénic blu presa a noleggio. Il poliziotto è assorto in mille pensieri, mentre una parte quasi autonoma del suo subconscio resta concentrata sulla strada. È come se avesse inserito il pilota automatico.

Marco tace, ipnotizzato dalla linea bianca che scorre scivolosa e inafferrabile, circondata dall’asfalto buio.

Luca si domanda quali pensieri nasconda il silenzio del suo ex collega e, improvvisamente, quasi senza accorgersene, gli viene spontaneo porgli una domanda. È come se non fosse davvero lui a parlare, come se il suo ruolo si limitasse a quello di osservatore, in una conversazione fra estranei.

“Perché è successo? Qual è il vero motivo di tutto?”

“Di che parli?”

“Di te, di noi. Della merda che hai portato nelle nostre vite, nelle vite di tante persone. Davvero è stato per quel bambino che non sei riuscito a salvare?”

Tanzi impiega un po’ per rispondere. “In parte. Ma forse la sua morte e quella dei suoi genitori hanno solo scatenato qualcosa che avevo già dentro.”

“Qualcosa che c’entra con il tuo voler sempre passare il limite? Con il tuo non essere mai soddisfatto?”

“Già. E alla fine ci sono riuscito. L’ho passato, quel limite, e adesso non ho più niente di cui lamentarmi. Perché non ho più niente.”

“Hai una vita. E una figlia. E hai pure avuto le palle di tirarti fuori da quella merda. Pochi mesi fa, al parco Solari, sembravi un’altra persona.”

“Già…”

“È bastato bere quella tisana? Starsene qualche mese rintanato in montagna? Che cosa può essere cambiato veramente, dentro di te, in così poco tempo?”

“Luca, in realtà è cambiato molto meno di quello che pensi. Mi sono rimesso in sesto solo per fare un lavoro che va fatto. Comunque vada, quello che mi succederà dopo non mi interessa. Forse tornerò a dormire per strada, forse no. Non mi importa.”

“Ma se lo fai per Giulia, vuol dire che le vuoi bene, che provi qualcosa… Non ti basta questo per desiderare di tornare a vivere una vita normale? Una figlia non è un motivo sufficiente per rimetterti in sesto?”

“No.”

I due uomini restano in silenzio, per almeno dieci minuti. È Tanzi il primo a parlare di nuovo.

“Mi dispiace di avere incasinato anche la tua, di vita. Mi dispiace che tu ed Elisa vi siate separati. Intendo dire, che vi siate separati solo adesso, dopo tutti questi anni. Hai aspettato troppo, è una decisione che dovevi prendere allora. Lei non ti ha mai amato davvero.”

“Ma che cazzo… Mi prendi anche per il culo? Hai il coraggio di giudicarmi! Proprio tu che da bravo amico, invece di parlarmene dieci anni fa, hai preferito andarci a letto!”

“Se non fossi stato io sarebbe stato un altro.”

“Sei un grandissimo figlio di puttana, Marco.”

“Mi dispiace anche di averti accusato per tentare di salvarmi. Sono contento di non esserci riuscito, che non mi abbiano creduto.”

“Già… però quelle accuse erano vere. Quei soldi, io, li avevo presi sul serio.”

“Certo, ma le tue intenzioni, almeno, erano buone. Tu non li hai spesi per la droga, le puttane, il gioco… come ho fatto io. Tu hai cercato di rendere felice tua moglie con i regali, le vacanze, la casa, i mobili nuovi. Lo hai fatto per lei, non per te stesso. E lei, in cambio, ti ha tradito col tuo migliore amico.”

“È stato comunque un furto. E me ne vergogno ancora.”

“Be’, sbagli. Erano soldi del traffico di droga… Non li abbiamo sottratti a gente onesta, ma a dei criminali incalliti.”

Luca sospira. “Mi sa tanto che abbiamo sprecato la vita inutilmente…”

“Non è ancora finita per te. Hai ancora parecchi anni davanti. Hai un lavoro, una figlia che ti ama, puoi ancora trovare una donna e rifarti una vita. Riparare ai tuoi errori”

“Non so se posso. E in ogni caso, se fosse così, varrebbe lo stesso anche per te.”

“Io e te siamo diversi, Luca. A te importa degli altri. Tu cerchi un senso nelle cose che fai, credi ancora nel futuro, nonostante tutto. E credi negli uomini, anche se non lo ammetterai mai. Lo so che è così, ti conosco. Per me invece è diverso, non riesco a credere in un mondo dove le ragazze vengono rapite e seviziate per poter vendere dei filmati su internet. Un mondo dove un bambino innocente viene inchiodato a un muro per vendetta… No, io non ci credo, Luca. Non può esserci futuro per un mondo così.”

“E allora vuoi dirmelo che cazzo stiamo andando a fare a Viterbo? Se è questo che pensi, se niente ha senso, per quale motivo vuoi andare in fondo a questa storia?”

“Certe cose vanno fatte e basta. Non c’è un perché. Fa parte del motivo per cui siamo al mondo. O almeno credo.”

Luca riflette per qualche secondo sulle parole del suo ex amico. “Sono preoccupato,” esclama poi. “Quella collega, Laura Damiani. Non è un tipo abituato a mollare, ha capito benissimo che stiamo indagando per conto nostro e che c’entriamo qualcosa con la morte di quei due. Ho paura che d’ora in poi ci starà col fiato sul collo.”

“Tutto sommato, non ti dovrebbe dispiacere troppo,” dice Marco.

“Che cazzo dici? Se quella scopre il casino che abbiamo fatto con i due tizi a Milano, finiamo direttamente al fresco.”

“Non credo. Non mi sembra il tipo da mandare in galera un collega che ha fatto fuori un paio di killer per legittima difesa. Piuttosto, da come la guardavi mi pareva che fossi attratto da lei…”

“Marco, non scherzare! Figurati se in un frangente simile posso pensare a una cosa del genere. E poi ricordati che oltre ai due killer ci siamo lasciati alle spalle anche il cadavere del giornalista. Non è detto che lei sia disposta a passare sopra anche a quell’omicidio.”

“Non lo abbiamo ucciso noi.”

“Vero. Ma vallo a spiegare a una commissione d’inchiesta, com’è andata veramente!”

“Mi auguro di non doverlo fare,” dice Marco Tanzi.

“Me lo auguro anch’io,” è l’unica cosa che riesce ad aggiungere Luca Betti, mentre pensa che nonostante tutti gli anni passati, tutte le cose accadute, il suo ex collega riesce ancora a leggergli nel pensiero.