Il viaggio cerimoniale reale, estate 1483.

Lungo il percorso, veniamo accolti in un modo che ci fa capire che abbiamo fatto la cosa giusta. Il Paese è sollevato, perché la guerra è stata evitata e mio marito ci ha portato alla pace. Riccardo ha radunato attorno a sé uomini di fiducia, Henry Stafford, il duca di Buckingham, lasciata a casa la moglie Woodville, ha condotto Riccardo nella cattedrale quale lord ciambellano. John Howard, che aveva catturato di nuovo la flotta ai Woodville, è diventato il primo duca di Norfolk e lord ammiraglio. Il mio parente, il conte di Northumberland, ottiene il controllo delle terre del Nord per un anno. Viaggiamo senza guardia, sapendo che in Inghilterra non c’è nessuno che non ci accolga con piacere. I nostri nemici sono morti o rinchiusi in un rifugio, i ragazzi Woodville al sicuro nella Torre. Ogni città, Reading, Oxford, Gloucester, allestisce spettacoli e feste per darci il benvenuto e assicurarci della loro lealtà.

I Woodville si sono fatti tanto odiare che la gente avrebbe accettato qualsiasi potente sovrano piuttosto che un ragazzo la cui famiglia avrebbe divorato il Paese. La cosa migliore è che il popolo ha di nuovo un Plantageneto sul trono: mio marito, tanto simile al suo omonimo e amato padre, i cui fratelli avevano salvato il regno dal re dormiente e dalla regina cattiva e che ora lui salva da un’altra donna ambiziosa.

Nessuno chiede notizie dei due ragazzi che abbiamo lasciato nella Torre di Londra. Nessuno li vuole ricordare né vuole ricordare la loro madre, ancora imboscata nell’oscurità del rifugio. È come se tutto il Paese desiderasse dimenticare i mesi di paura per il futuro e le settimane in cui nessuno sapeva chi sarebbe diventato re. Ora hanno un re incoronato davanti al popolo e ordinato da Dio e lui e io attraversiamo insieme l’Inghilterra nel pieno dell’estate, quando il sole è caldo facciamo colazione sull’erba sotto gruppi di alberi ed entriamo nelle belle città inglesi, accolti come salvatori.

Una sola persona mi interroga sui giovani Rivers rinchiusi nella Torre, che chiedono notizie della madre nel rifugio, ad appena tre miglia da loro. Sir Robert Brackenbury, nominato tesoriere dello Scacchiere e conestabile della Torre, responsabile della loro sorveglianza, mi domanda, nel suo aspro accento dello Yorkshire: «Cosa succederà ai bastardi di Rivers, vostra grazia? Ora che li abbiamo presi e sono in mano mia.»

È un uomo onesto e io gli affiderai quasi ogni cosa. Lo prendo sottobraccio, mentre passeggiamo nel cortile dell’università di Oxford. «Non hanno alcun futuro», rispondo. «Non possono essere né principi né uomini. Dovremo tenerli prigionieri per sempre, ma mio marito sa, come lo so io, che saranno sempre, semplicemente perché esistono, un pericolo per noi… Saranno per noi una minaccia, finché vivranno.»

Lui si ferma e mi guarda. Il suo sguardo sincero incrocia il mio. «Che Dio vi protegga, desiderate la loro morte, vostra grazia?»

Scuoto la testa, come per mostrare disgusto. «Non posso desiderarla. Non per due ragazzini, un paio di innocenti bambini.»

«Oh, avete un cuore troppo tenero…»

«Non posso desiderare la loro morte, ma che vita avranno? Saranno per sempre prigionieri. Anche se rinunciassero a ogni pretesa al trono, ci sarebbe sempre qualcuno che lo reclamerebbe per loro. E come possiamo sentirci sicuri, finché sono in vita?»

Ci rechiamo a York dove nostro figlio Edoardo verrà nominato principe del Galles. È un omaggio alla città che ha appoggiato Riccardo e dove lui si sente più amato. Nella cattedrale di York dalle alte volte mio figlio avanza, seguito dai suoi cugini Margaret e Teddy, e prende lo scettro d’oro e la piccola corona aurea del principe del Galles. Gli applausi che scrosciano quando esce sui gradini della cattedrale per salutare la folla fanno alzare in volo gli uccelli. Io mi faccio il segno della croce e mormoro: «Grazie Dio». So che dal cielo mio padre guarda suo nipote mentre viene investito principe del Galles, sapendo che la sua lotta si è conclusa con la vittoria. Il creatore di re ha reso principe suo nipote. Ci sarà un ragazzo del casato di Warwick sul trono d’Inghilterra.

Resteremo nel Nord per un certo periodo, questa sarà sempre casa nostra, qui siamo più felici che in qualsiasi altro luogo. Ricostruiremo il palazzo di Sheriff Hutton dove vivranno i bambini, lontani dalle malattie e le epidemie di Londra, lontani, penso, dalla cupa presenza della regina sconfitta nella sua umida tana sotto l’abbazia di Westminster. Creeremo un dorato regno del Nord, tanto grandioso da rivaleggiare con Londra. Il fulcro del regno sarà qui, dove il re e la regina, settentrionali per nascita e temperamento, vivono tra le alte e verdeggianti colline.

Edoardo, Margaret, Teddy e io andiamo a Middleham, cavalcando allegramente insieme, come se fossimo in gita di piacere. Resterò con loro per il resto dell’estate, regina d’Inghilterra e padrona del mio tempo. Quest’inverno torneremo tutti a Londra e io avrò i ragazzi con me a Greenwich. Edoardo dovrà continuare a studiare con altri precettori e ad addestrarsi più a fondo con i cavalli; dobbiamo irrobustirlo, perché è ancora magro. Dobbiamo prepararlo a diventare re, quando toccherà a lui. Nel giro di qualche anno andrà a vivere a Ludlow e il suo consiglio governerà il Galles.

Richard ci abbandona e inizia il viaggio verso sud con una minuscola scorta, tra cui ci sono i suoi amici di lunga data, sir James Tyrrell, ora capo degli assistenti di camera del re, Francis Lovell, Robert Brackenbury e altri. Riccardo bacia i bambini e li benedice. Mi abbraccia e mi sussurra di raggiungerlo appena cambierà il tempo. Sento di amarlo tanto: siamo infine vittoriosi, siamo fortunati. Lui mi ha resa regina d’Inghilterra, posizione per la quale ero nata e io gli ho dato un principe e un erede. Insieme abbiamo realizzato il sogno di mio padre. Questa è davvero la vittoria.

Dalla strada verso sud, Riccardo mi scrive in fretta e furia una lettera.

Anna,

come un serpente reso momentaneamente innocuo si sono alzati e sono più pericolosi di prima. Hanno attaccato la Torre per liberare i loro ragazzi e sono stati sconfitti per un pelo in una disperata battaglia. Non possiamo arrestare nessuno, sono scomparsi. Anna, vi assicuro, la tenevo sotto una sorveglianza talmente stretta che pensavo che nessuno sarebbe potuto entrare o uscire dal suo buio rifugio, ma in qualche modo è riuscita a radunare un piccolo esercito contro di noi. I suoi uomini senza livrea né insegne sono venuti e se ne sono andati come fantasmi e nessuno sa dirmi dove sono. Qualcuno ha radunato delle truppe e le ha pagate, ma chi?

Abbiamo ancora i due ragazzi, grazie a Dio. Li ho fatti spostare nelle stanze interne della Torre, ma la misura del suo potere mi sconvolge. Starà aspettando il suo momento e poi divamperà di nuovo. Quante persone può reclutare? Quanti di quelli che applaudivano durante la nostra incoronazione le hanno mandato uomini e armi? Mi sento tradito e non so di chi fidarmi. Bruciate questa lettera.

«Cosa c’è, vostra grazia?» La piccola Margaret mi si accosta e mi guarda spaventata con quei suoi occhi d’un intenso blu. La cingo con il braccio e sento il suo calore e la sua morbidezza e lei si appoggia al mio fianco. «Non brutte notizie, vero?» domanda. «Non il re mio zio?»

«È preoccupato», rispondo, pensando alla perfidia della donna che si nasconde nell’oscurità e ha reso orfana questa bambina. «Ha dei nemici, ma è forte e coraggioso e ha dei buoni amici che lo aiuteranno contro la regina cattiva e i suoi figli illegittimi.»