EPILOGO

Villa Eco

Beckett si svegliò nel suo letto e alzò gli occhi verso il sistema solare mobile in stampa 3D che Myles aveva appeso al soffitto nel tentativo di stimolare i recettori di apprendimento del gemello già dal primo mattino. In verità, Beckett assorbiva spesso ciò che il fratello cercava di insegnargli, ma gli piaceva prenderlo in giro facendogli credere che non imparava un bel niente e che, anzi, dimenticava quel che già sapeva.

Si voltò per controllare che Myles fosse nell’altro letto, pur percependo – in quel modo così tipico dei gemelli – che suo fratello era sdraiato sulla schiena con la testa e i piedi rialzati da un cuscino per massimizzare il flusso sanguigno sia al cervello primario, sia al cervello secondario dell’intestino.

Myles era senz’altro presente e sveglio, e fissava il poster attaccato al soffitto sopra di sé. Era un dipinto fatto con le dita dal titolo Criceto furioso nella dimensione del fuoco, che Beckett aveva appiccicato lì nel tentativo di rendere suo fratello meno intelligente.

«Criceto furioso quest’oggi pare più miserevole che furioso» osservò Myles, lisciandosi all’indietro i folti capelli corvini.

Beckett pensò che Myles pareva un po’ triste, cosa che spesso capitava di mattina, dal momento che soffriva di incubi. L’autodiagnosi di Myles per quei terrori notturni era che, benché si sforzasse di coltivare l’ottimismo durante il giorno, il suo intelletto si concentrava su pensieri negativi durante la notte – su come il mondo potesse finire e così via –, motivo per cui si svegliava spesso di malumore.

Beckett decise di tirargli su il morale.

«Mi sono inventato una cosa sui pianeti» annunciò, scostandosi i boccoli biondi dagli occhi. «Per aiutarmi a ricordare.»

«Molto bene, Beck» disse Myles, togliendosi il paradenti.

Beckett indicò i pianeti sul soffitto. «Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, giusto?»

Myles si accigliò. «Be’…»

Beck continuò imperterrito. «Allora, che ne dici di: Mai Visto Tante Marmotte Garrule Spalmarsi Unguenti Nei Prati? Bella storia, eh?»

«Garrule» disse Myles. «Bene. Ma…»

Beckett si tirò a sedere sul letto. «Ma cosa?»

Di norma, Myles si sarebbe emozionato nel constatare che qualcuno dei suoi insegnamenti era stato trattenuto tra gli scivolosi declivi della mente di Beckett, ma quella mattina era tutt’altro che impressionato.

«Però un numero crescente di scienziati sostiene che i pianeti nani debbano essere considerati pianeti a tutti gli effetti, e mi sono conformato a questa linea di pensiero dal momento che Plutone è già incluso nella lista ufficiale, pur essendo un pianeta nano. In questo caso, devi aggiungere una C per Ceres, una E per Eris, una H per Haumea e un’altra M per Makemake, affinché il tuo artificio sia completo. Ovviamente, Artemis la pensa in maniera opposta, dal momento che è un sempliciotto.»

Beckett fece un gran sorriso. «Artemis il Sempliciotto. Questo me lo ricordo.»

Quando non ottenne nessuna reazione particolare, Beckett si giocò una delle sue carte migliori, ossia commettere deliberatamente un errore marchiano di vocabolario.

«Ma dai, Myles… Ho composto un acronimo. Proprio io, Beckett!»

«No, fratello» lo corresse Myles con un po’ di stanchezza nella voce. «Hai costruito una chiave mnemonica. È una cosa diversa, come ben sai. Gli stratagemmi linguistici li abbiamo studiati l’anno scorso.»

Beckett tirò via le coperte e cominciò a saltare sul letto. Fu contento di vedere che indossava il suo pigiama preferito, che un tempo era bianco ma, dopo essere stato lavato con i panni colorati, era diventato un’opera d’arte.

«Cosa c’è che non va, fratello?» chiese a Myles. «Perché non sei più lo stesso Myles?»

«Te lo dico io cosa c’è che non va» sbottò Myles alzandosi dal letto, infilando i piedi nelle ciabatte di velluto e stringendo la cinta della vestaglia di seta, che recava lo stemma dei Fowl ricamato sul petto in filo d’oro. «Quello che non va è che ho opposto un’argomentazione irrefutabile alla LEP in merito al fatto che non dovessimo essere soggetti a una cancellazione mnemonica, e si sono comunque riservati tre giorni per deliberare. Il destino dei nostri cervelli è nelle loro mani. In poche parole, è ridicolo. La mia mente dovrebbe essere tramandata alla scienza, non manomessa da chissà quale tirocinante con gli elettrodi. È intollerabile.»

Beckett smontò in maniera quasi perfetta dal letto e atterrò naso a naso con il suo gemello.

«Ma, fratello, siamo a casa con mamma è papà, il sole brilla nel cielo e il mondo è pieno di creature fatate. Per di più, il magico siero del Popolo ci ha fatto ricrescere i capelli.»

«Sia come sia» continuò Myles, «ho rinunciato alla mia ricerca della conoscenza per proteggere la specializzanda Platz. Ho seguito le loro regole, cosa non facile per un Fowl, e ora mi tocca farmi raschiare il cervello. No, dico io. non è giusto. La sai una cosa, fratello?»

«So sette cose» disse Beckett, serio.

«Sto cominciando a pensare che la bisnonna Peg O’Connor Fowl abbia avuto l’idea più giusta.»

Beckett inorridì. «Peg la Pirata?»

«No» disse Myles. «Peg la Corsara dell’Informazione. Sapeva che la conoscenza era potere, non l’oro. E lo sapeva anche Lord Sang-Uisuga.»

Beckett fece una domanda piuttosto pertinente: «Preferiresti finire come il duca?».

Myles aprì la finestra della stanza e guardò verso l’isola. I suoi genitori si stavano dedicando al tai chi del sol levante sulla spiaggia, e la Baia di Dublino era di un’irlandesità degna di una cartolina.

«Il duca ha commesso degli errori» rispose Myles. «Era vanesio e appariscente. Non commetterei mai quegli errori. La sua idea era giusta, ma faceva ricorso a metodi sbagliati.»

Ci fu un bagliore sul davanzale – piccolo, dapprima, come il baluginio delle scaglie di un pesce in un ruscello d’acqua chiara, ma lo sfavillio si fece sempre più intenso e si solidificò nella forma di Lazuli Platz, la cui uniforme pareva essere stata migliorata. Tanto per dirne una, le calzava a pennello, e inoltre era dorata.

Myles controllò lo smartwatch. «Specializzanda Platz» sottolineò, «sei in anticipo. Preferisco non fare conversazione prima di aver consumato il mio frullato stimolante.»

Lazuli sorrise. «Il tipico Myles Fowl. Come stai, Beckett?»

Beckett balzò per la stanza. «Alla grande, Laser. Ieri ho insegnato a un lombrico ad annodarsi. Oggi praticheremo lo snodamento.»

«Ed ecco il tipico Beckett» commentò Lazuli.

La pixel era cambiata, e non si trattava soltanto dell’uniforme. I suoi tratti parevano più netti e i suoi occhi più indagatori.

«Sei stata promossa» suppose Myles. «Indossi un’uniforme nuova, e la fiducia in te stessa ha dato una certa determinazione al tuo linguaggio corporeo.»

Lazuli entrò nella stanza. «Hai ragione per metà, Myles. Sono salita di un paio di gradini per quanto riguarda il salario, ma non sono stata propriamente promossa. Hanno creato una nuova posizione, su misura per me.»

Myles scartò un bastoncino d’alga e si mise a succhiarlo mentre faceva le sue deduzioni. «Le nostre obiezioni sono state accettate e non saremo cancellati. E tu ci farai da babysitter.»

«Non babysitter» precisò Lazuli. «Ufficiale di collegamento. Puoi chiamarmi ambasciatrice Platz per gli Affari Fowl. È una posizione nuova di zecca. Soltanto io e un robot. E sì, la vostra obiezione è stata parzialmente un successo. Le creature magiche non possono essere soggette a cancellazione mnemonica, giacché sarebbe una violazione dei loro diritti civili e, dato che tu e Beckett siete stati posseduti da creature magiche, siete stati giudicati, per estensione, magici anche voi. Una scappatoia piuttosto esigua, umani, ma vi ci siete intrufolati per un pelo.»

Myles non pareva rincuorato. «Una babysitter, comunque la si chiami, resta sempre una babysitter. Abbiamo già una TATA, grazie mille.»

Lazuli si tolse il casco, ficcandoselo sotto il braccio, si tenne ritta come un soldato e non distolse gli occhi dallo sguardo di Myles. «Questa non è una richiesta, Myles. Siete in libertà vigilata. Se verrò a sapere che state interferendo con il nostro mondo, i privilegi concessi saranno revocati. Se direte qualcosa su di noi, anche soltanto ai vostri genitori, i privilegi saranno revocati. Se proverete a dar riparo o a entrare in contatto con un fuggiasco del Popolo, i privilegi saranno revocati. Vi sveglierete una mattina senza nessun ricordo del Popolo.»

«Quanto durerà, questo periodo di prova?» chiese Myles.

«Cinquecento anni.»

«Mi pare eccessivo, considerando la nostra aspettativa di vita.»

Lazuli fece spallucce. «Da quanto ho potuto vedere, gli umani sanno come imbrogliare, quando si parla di aspettative di vita.»

Anche Beckett aveva una domanda. «E di te, ci ricorderemmo?»

Lazuli si rilassò un poco. «No, Beck. Non vi ricordereste nemmeno di me.»

«E allora faremo i bravi» promise Beckett. «Tu sei un’amica, Laser. Voglio ricordarmi di te.»

«E io di te, Beck» disse Lazuli. «Incontrare voi due è stata una bella prima esperienza con l’umanità. A essere onesti, non avevo mai creduto alle storie che raccontavano su vostro fratello in Accademia, ma questi ultimi giorni mi hanno fatto cambiare idea. Ci dobbiamo a vicenda le nostre vite, ragazzi, e mi sento onorata di essere il vostro punto di contatto con la LEP

Myles sapeva riconoscere una piaggeria, ma sembrò ammorbidirsi lo stesso.

«Grazie, ambasciatrice. Anche noi ci sentiamo onorati. Senza di te, sento che avrei impiegato un po’ più di tempo a battere in astuzia sorella Geronima e il duca, ma hai sicuramente aiutato a velocizzare la pratica.»

«Immagino di doverti… ringraziare?» disse Lazuli. «Comunque, imposteremo un calendario di riunioni settimanali. Ho anche una cosa per voi.»

Lazuli consegnò a entrambi i ragazzi una spilletta a forma di ghianda. «Comunicatori, nel caso doveste aver bisogno di me. Sono già stati codificati, per cui vi basterà premere il pollice sulla ghianda per parlare.»

Beckett premette subito la spilla e disse: «Prova, prova. Qui Beckett Fowl, degli Incresciosi, e ho inventato una chiave mnemonica per i pianeti: Mai Visto Tante Marmotte Garrule Spalmarsi Unguenti Nei Prati? Bella storia, eh?»

Lazuli si toccò l’auricolare e accennò una smorfia. «Ottimo, Beck. Non serve che gridi.»

Myles tenne la spilla sul palmo della mano, considerandola con sospetto. «Non vorrai provare a spiarci, vero, ambasciatrice?»

«Non spiare, Myles. Monitorarvi» disse Lazuli. «Per la vostra sicurezza.»

«Sicurezza?» chiese Myles. «E da cosa dovresti tenerci al sicuro?»

Lazuli fece per rispondere ma Myles alzò una mano per bloccarla.

«Il duca» disse. «È fuggito.»

«Non proprio» precisò Lazuli. «Ma quando la squadra di recupero ha controllato lo sfiatatoio, Sang-Uisuga era sparito. Dev’essere disperso in mare.»

«Disperso in mare?» disse Myles, divertito. «E la potentissima, onniveggente LEP, con tutta la sua tecnologia autorigenerante, non è riuscita a rintracciare un nobile galleggiante?»

«Sang-Uisuga è presumibilmente morto» ribatté Lazuli. «Ucciso dalle sue stesse armi. Ma, per prudenza, vi terremo d’occhio per qualche tempo.»

«Sono confortato oltre ogni dire» disse Myles. «E come avete fatto con sorella Geronima…? O forse anche lei è fuggita?»

«Sorella Geronima e la sua squadra dedicano il loro tempo allo sforzo umanitario» spiegò Lazuli. «Non posso aggiungere altro.»

Myles intascò la spilla e batté le mani una volta. «Molto bene, allora, ambasciatrice» disse. «I nostri affari si concludono qui, a quanto pare.»

«Per questa settimana» precisò Lazuli. «Resterò in contatto con voi. Magari potreste darci una mano, di tanto in tanto?»

«Consulenti?» chiese Myles.

«Esattamente» rispose Lazuli, stringendo la fibbia del casco. «Vi interesserebbe la cosa?»

«Assolutamente» disse Beckett, abbracciando stretta la giovane pixel. «Gli Incresciosi torneranno presto in azione.»

«Consulenti» ripeté Myles. «Mi piacerebbe molto. Immagino che vi siano molti problemi che necessiterebbero di una mente Fowl per essere risolti.»

Lazuli tossì quando Beckett la lasciò andare. «Immagino di sì» disse. «Ci separiamo da buoni amici, allora? È tutto a posto? Sono in periodo probatorio tanto quanto voi.»

Beckett si strinse le mani da solo. «Fowl e Popolo, Popolo e Fowl, amici per sempre.»

«Fowl e Popolo, Popolo e Fowl, amici per sempre» gli fece eco Lazuli.

Myles non poté fare a meno di unirsi allo spirito del momento. «Fowl e Popolo, Popolo e Fowl, amici per sempre» ripeté a sua volta, poi aggiunse: «Ambasciatrice». Per senso del decoro.

«Non devi per forza chiamarmi ambasciatrice» disse Lazuli. «Credo che ormai ci conosciamo ragionevolmente bene. Chiamami Lazuli. Come la pietra semipreziosa.»

«Non semi» precisò Myles, con insolito e temporaneo affetto. «Incredibilmente preziosa. Anzi, direi inestimabile.»

«Grazie, Myles» disse Lazuli. «Ci vediamo tra una settimana. Cercatemi al tramonto.»

L’ambasciatrice Platz attivò lo schermo e scomparve pezzo dopo pezzo, e l’ultima cosa che svanì fu il suo sorriso, che si attardò per un poco come quello dello Stregatto.

Pochi minuti più tardi, Myles era appoggiato alla ringhiera del balcone della stanza, intento a sorseggiare il suo frullato stimolante al ritmo di esattamente cinque millilitri al secondo per assicurare il massimo assorbimento, quando Beckett sbucò dall’uscio sottostante e si inoltrò nel giardino.

Beck pare sospettosamente intento a sgattaiolare da qualche parte, pensò Myles, e lo chiamò. «Beckett, fratello mio. Posso farti una domanda?»

Beckett si fermò e guardò in alto.

«Aspetta un momento» disse, e in pochi secondi si arrampicò sulla porta della cucina e saltò sul balcone. «Che c’è?»

«Quando l’ambasciatrice Platz era qui le ho chiesto di Lord Teddy e sorella Geronima, eppure tu non hai chiesto niente di Spiffero. Come mai, mi domando?»

Beckett si indicò le labbra con un dito, poi ne puntò un altro verso il comunicatore LEP che era appuntato al bavero di Myles.

Myles scacciò via il dito. «Oh, non preoccupartene. Artemis ci ha lasciato specifiche particolareggiate sulla tecnologia del Popolo – dettagli che, per una volta, si sono rivelati accurati. TATA ha hackerato il comunicatore in meno di trenta secondi. Sta dando in pasto alla polizia fatata un po’ di inutile chiacchiericcio sulla sua ultima ossessione, che sembrerebbe essere la forza vitale residua nei dipinti a olio. La LEP ci metterà mesi, a capirci qualcosa.»

«In tal caso…» disse Beckett. «Non ho chiesto di Spiffero perché è già fuggito e si sta nascondendo sulla spiaggia. Non l’ho portato dentro nel caso avesse una microspia addosso.»

«Stai infrangendo la nostra promessa, Beck» disse Myles severamente. «Sei sicuro di riuscire a sopportarne le conseguenze?»

Beckett gli rispose con quel suo ampio sorriso innocente. «Non sono capace di scegliere tra un amico e l’altro, fratello. Sono fatto così.»

Quella, per quanto riguardava Myles, era la risposta perfetta.

Bisogna essere se stessi, pensò. La natura vince sempre.

«In tal caso» disse, porgendo a Beckett i suoi occhiali, «porta TATA con te. Controllerà Spiffero e farà sì che possa entrare in casa in tutta sicurezza.»

Beckett inforcò gli occhiali. «Guardami» disse. «Sono Myles Fowl. Il vortice del quadrangolo mi sta deteriorando le mutande.» E scomparve con un salto carpiato all’indietro fino a terra, per poi scappar via per il giardino come un ragazzo cresciuto tra le bestie.

«Fa’ attenzione, fratello» mormorò Myles. «Stiamo entrambi giocando una partita pericolosa.»

Già, perché anche lui aveva intenzione di infrangere appena possibile la parola data alla LEP. C’era così tanto da imparare, e così poco tempo in cui farlo…

Lord Teddy aveva buone idee ma metodi sbagliati, pensò Myles Fowl.

Impegnato nella propria ricerca di conoscenza, Myles aveva piena fiducia nel fatto che le sue tecniche sarebbero state superiori a quelle di Sang-Uisuga, ma era anche certo che quelle stesse tecniche l’avrebbero fatto finire nel mirino della LEP.

Vedremo, pensò, chi di noi ne uscirà vincitore.

Myles si strinse le mani e disse, non senza sarcasmo: «Fowl e Popolo, Popolo e Fowl, amici per sempre»-

Per sempre è un sacco di tempo, pensò. E io non ho “per sempre”.

Guardò Beckett che svaniva oltre il crinale.

«Non ancora, no» mormorò.

Quattrocento chilometri a sud dell’isola di Dalkey, uno strano grumo di cellophane veniva spinto al largo nel Mar Celtico da una nostra vecchia conoscenza, lo squalo pinna bianca. I pinna bianca non sono tipicamente aggressivi ma possono agitarsi in presenza di cibo, e quel particolare squalo riusciva a vedere un bel pezzo di carne all’interno di quel che sembrava essere il cadavere di un’enorme medusa, per cui continuava a strappare pezzi di cellophane dalla palla nella speranza di riuscire a raggiungere il tesoro al suo interno. Il tesoro era, ovviamente, Lord Teddy Sang-Uisuga, che, per un incredibile coincidenza cosmica, non era ancora deceduto. La tempesta perfetta di ferite allo stomaco, veleno di troll ed elettricità l’aveva riportato in vita come fosse un elettroshock, cauterizzandogli le ferite, facendogli saldare le ossa rotte e garantendogli una longevità pari a quella di un troll. Un sogno diventato realtà, verrebbe da pensare. Ma ci si sbaglierebbe, giacché, nonostante Teddy fosse stato preservato, non lo sarebbe rimasto a lungo se quel dannatissimo squalo avesse avuto la meglio sul cellophane.

Teddy pensò che forse sarebbe anche stato meglio così.

Mordi, mordi, orrenda bestia, pensò rivolgendosi allo squalo, le cui spigolose fattezze erano distorte dal velo di cellophane. Spero che ti ci strozzi, con questa plastica schifosa.

Qualora siate in pensiero per il pinna bianca, non abbiate timore: l’acido gastrico dello squalo era più che in grado di dissolvere i pezzi di cellophane ingerito. La bestia diede un altro morso, permettendo al duca di assistere alla spaventosa vista delle sue file di denti, e Lord Teddy scoprì che in fondo non gli sarebbe dispiaciuto sopravvivere. Riuscì a trovare la forza di schiacciare una capsula montata su un molare in fondo alla bocca, attivando il localizzatore Myishi che veniva fornito in dotazione con il servizio di Assistenza Myishi.

In uno dei centri di assistenza della Myishi a Londra, un giovanotto di nome Douglas notò che la spia di emergenza del duca di Scilly stava lampeggiando. Seguì il protocollo e trasferì una chiamata diretta a Ishi Myishi in persona, a Tokyo, cercando al contempo di aprire una linea di comunicazione con il duca, dato che molto spesso capitava che i molari di emergenza si rompessero per via di un pezzo di caramella errante o un anacardo.

Myishi rispose, ma il duca no.

Douglas spiegò la situazione al suo capo e raccomandò che venisse inviato un elicottero, dal momento che il duca era, dopotutto, il loro più antico cliente, e di certo il più prezioso.

Ishi Myishi si preoccupò per la salute del suo amico e autorizzò immediatamente l’invio di un elicottero, chiedendo aggiornamenti a ogni ora. Si raccomandò anche che l’elicottero volasse al di sotto della linea di rilevamento dei radar della Guardia costiera britannica.

«Piloterò l’elicottero personalmente» disse Douglas, deliziato all’idea di poter finalmente conoscere il duca in persona e, chissà, guadagnarsi quell’elusivo sesto teschietto.