17

ADDIO, AMICI

E così giungiamo al momento cruciale: la morte imminente di Myles Fowl.

È credenza comune che la vita di una persona gli passi davanti agli occhi nel momento di separazione dalle spoglie mortali, ma, nel caso di Myles, ciò che provò fu un profondo rimpianto di non essere riuscito a salvare i suoi compagni. Si era aspettato che in occasione della sua dipartita sarebbero stati presenti ammiratori in lutto che avrebbero pianto irrefrenabilmente ai piedi del suo letto, piangendo non soltanto per Myles, ma per il futuro stesso dell’umanità. Myles aveva perfino passato un bel po’ di tempo a scegliere le sue ultime parole, e al momento la scelta era ricaduta su: “Addio, amici. Non piangete per me; piangete per un mondo senza di me”.

Gli pareva succinto e citabile.

In ogni modo non aveva importanza, dal momento che Myles era destinato a tornare in vita subito dopo essere morto.

Lord Teddy Sang-Uisuga premette il grilletto, scaricando una cartuccia subsonica a quaranta grani in pieno nel petto di Myles, stracciandogli il nuovo completo e, ovviamente, penetrandogli a fondo nella carne. Incredibilmente, la rosa non colpì né la testa né il cuore, per cui non morì subito ma quasi subito. La sua esile figura fu catapultata all’indietro tra le braccia della specializzanda Platz, il che fu una vera fortuna per lui. Dieci minuti prima, il punto in cui fosse atterrato Myles non avrebbe fatto la benché minima differenza, dal momento che Lazuli non aveva ancora manifestato la sua magia, ma ora la pixel era una creatura del tutto diversa. Il lato positivo era che era magica. Quello negativo, che non aveva nessun controllo sulla sua magia e nessuna idea di quali fossero effettivamente le sue capacità.

C’è una massima, scritta nel “Testamento di Orsone” nel Libro del Popolo, che dice: Come l’acqua fluisce dove vuole, così la magia va dove vuole. Un semplice aforisma su cui i teologi hanno dibattuto per secoli, ma i più pensano che stia a significare che la magia, se non viene controllata, sceglierà di andare dove c’è bisogno di essa. In questo caso, di magia c’era decisamente bisogno nel petto di Myles, e anche nel suo cervello, che si era già spento. Lazuli non capiva bene cosa stesse succedendo, dal momento che era ancora semincosciente dopo il suo spettacolare attacco pirotecnico, per cui non si accorse nemmeno quando la sua mano destra si premette sulla ferita di Myles e trasmise ondate di energia arancione in profondità nella carne martoriata.

Anche gli altri due membri degli Incresciosi erano intenti a fare qualcosa. Qualche istante prima che Lord Teddy premesse il grilletto, Beckett fu abbastanza svelto da mettere in atto una delle sue idee. Il duca era troppo lontano perché il ragazzo riuscisse a colmare la distanza che li separava, ma aveva a disposizione un proiettile, per così dire.

Alzò il troll in miniatura dal suo petto, gli grugnì qualche succinta istruzione e poi, con tutta la considerevole forza del suo braccio dominante, scaraventò Spiffero verso il drone TATA, ancora crepitante.

Spiffero era più che all’altezza della missione che gli era stata affidata, anche se non ne capiva il senso. Il troll avrebbe preferito essere lanciato direttamente verso Lord Teddy, ma il ragazzo umano era suo amico, per cui Spiffero fece come gli era stato chiesto e usò lo spesso callo osseo della sua fronte per spedire di testa il drone verso Lord Teddy, che d’istinto lo prese sottobraccio.

«Ah!» disse il duca. «Bel tentativo…»

E il duca aveva ragione.

Era stato proprio un bel tentativo.

Un ottimo tentativo, a dirla tutta, giacché i fili che penzolavano sotto il drone fecero contatto con Lord Teddy, mandandogli una scarica a basso voltaggio nel corpo. Non poteva fargli molto di più che un po’ di solletico, considerando che il duca aveva, dopotutto, sviluppato una considerevole resistenza alla corrente elettrica, grazie alle sue anguille. Ma la scossa era certamente sufficiente a innescare i proiettili al cellophane che aveva nelle tasche.

A innescarli tutti.

Fu al contempo orribile e affascinante da vedere. E, quando Ishi Myishi rivide il video quel giorno, fu spronato a implementare diverse modifiche di sicurezza al prototipo degli avvolgirestringenti, poiché doveva ammettere che c’era un serio difetto di progettazione, ossia che i proiettili potevano essere innescati da una qualsiasi scossa elettrica, e non soltanto da quella interna al bossolo.

I proiettili si attivarono in una reazione a catena che ben presto vide il duca ingolfato in una serie di sfere di cellophane che gli avvolgevano il corpo come lumache translucide, con le scariche elettriche che crepitavano intrappolate in quegli involucri di plastica. Lord Teddy non poté far altro che guardare con orrore mentre il suo corpo veniva inglobato da quello stesso materiale che con tanta noncuranza aveva inflitto agli altri, senza alcun riguardo per le loro sofferenze. A dire il vero, le sofferenze delle sue vittime erano niente, se paragonate alle sue. Ciò che sentì in quel momento era simile a ciò che doveva provare un topo nella stretta di un gorilla, poiché i proiettili CV erano progettati per essere impiegati uno per bersaglio, laddove il duca venne invece stritolato da una dozzina di avvolgirestringenti, ognuno dei quali formava un nuovo strato intorno alla sua sagoma intrappolata. Le sue ossa furono frantumate, la carne straziata, e una scarica elettrica gli percorse l’intestino. Lord Sang-Uisuga fu ferito a morte in molti modi, benché, ovviamente, uno solo fosse più che sufficiente. Le ultime parole che Teddy per poco non profferì, prima di essere completamente consumato, furono: “Ce l’avrei fatta, se non fosse stato per quei mocciosi ficcanaso”.

Ma le ultime vestigia della sua nobile educazione gli causarono un ripensamento, e così si lasciò soccombere al cellophane senza dire una parola. Il suo sguardo gelido bastava a comunicare un universo di odio puro, il che aveva un’importanza relativa, dal momento che nessuno guardò verso di lui per vederlo. Dopo diversi secondi, il cellophane si stabilizzò in una forma vagamente sferica e, con Lord Teddy al suo interno, rotolò, rimbalzò e precipitò mollemente giù nello sfiatatoio. Non ricomparve.

Il potere selvaggio della magia di Lazuli fece ribollire la nebbia salina in una spuma vaporosa. Quando la nube fu spazzata via dalla brezza marina, la pixel si ritrovò con uno dei gemelli Fowl stretto al petto ma non sapeva bene quale dei due fosse, dal momento che teneva il viso schiacciato contro la sua schiena. A quanto pareva, erano riversi in una pozzanghera di fango e acqua salata che le si era fermata a metà del viso. Sentiva delle voci provenire da chissà dove ma non riusciva a distinguere le parole per via dell’acqua che le era entrata nelle orecchie, per liberarsi della quale sapeva che sarebbero servite settimane. Benché le sue particolari orecchie ibride fossero eccellenti per l’ascolto localizzato, erano anche un labirinto di cartilagini, era un vero incubo ripulirle dall’acqua che vi si incanalava dentro.

Mi sa che mi toccherà farmela aspirare con una siringa, pensò, pur sapendo che le orecchie erano davvero l’ultimo dei suoi pensieri. Se non mi tolgo da sotto questo umano, finirò annegata o soffocata.

Era buffo: i gemelli Fowl le erano sempre parsi piuttosto mingherlini, e Lazuli era abituata a correre lungo le rampe di allenamento con carichi più pesanti sulle spalle, ma adesso Myles o Beckett, chiunque fosse dei due, sembrava pesare una tonnellata.

Agitò la mano libera per ricordare a chi era rimasto in vita che anche lei faceva parte dello stesso gruppo e fu sollevata nel sentire che qualcuno l’afferrava e la tirava fuori da sotto Myles. Doveva essere Myles, visto che era stato Beckett a tirarla fuori.

Quest’ultimo le parlava scuotendo la testa, con Spiffero che faceva i suoi soliti scimmiottamenti accanto al ragazzo.

«Come?» chiese lei. «Cosa stai dicendo? Non ti sento.» Sganciò la fibbia, si tolse il casco della LEP e scrollò la testa per buttare fuori almeno un po’ d’acqua. «Allora, Beck» disse poi, «cos’è che hai detto?»

Beckett indicò Myles, che giaceva lì accanto, dopo essere stato affastellato sopra di lei, e Lazuli ebbe un vago ricordo di qualcuno che veniva colpito da una fucilata.

«Ho detto che, quando Myles se ne accorgerà» ripeté Beckett, «non sarà per niente contento, anche se dovrebbe esserlo.»

Lazuli guardò il punto che indicava Beckett e fu incline a concordare. Myles non sarebbe stato contento, ma perlomeno sarebbe stato vivo per potersi infuriare.

D’Arvit, pensò. E sono stata io. Posso fare cose, adesso!

Il ritorno di Myles alla consapevolezza fu piuttosto brusco. Si mise seduto di colpo, gridando: «Non piangete per me; piangete per un mondo senza di me!».

Dopodiché crollò immediatamente sul terreno fangoso, respirando a fondo con i polmoni che non sembravano affatto perforati da pallini di cartuccia da fucile come lo erano pochi minuti prima. Myles rimase immobile e con gli occhi chiusi per diversi istanti, dandosi il tempo di assimilare quell’informazione.

Udì Spiffero che grugniva e Beckett che rispondeva: «No, amico. Non sta dormendo e non è stupido. Myles sta riflettendo. Cerca di dare un senso a tutto questo».

Il troll grugnì di nuovo, e forse un linguista esperto avrebbe saputo dire la differenza tra quel grugnito e il precedente, Myles però non ci riusciva. Fortunatamente, Beckett il poliglotta trans-specie capiva.

«Quelle erano le ultime parole di Myles. Le stava provando da anni.»

Il troll emise un ruglio e Myles, anche a occhi chiusi, sapeva che stava ridendo di lui.

Prese un altro istante per ricomporsi, poi aprì gli occhi e trovò Beckett accovacciato accanto a lui. Suo fratello poteva anche aver sghignazzato insieme a Spiffero, ma sul suo giovane viso c’era un’aria di autentica preoccupazione.

«Bentornato, fratello» disse Beckett.

Myles si rese conto che stava effettivamente bene, quando era palese che non avrebbero dovuto star bene.

«Mi ha sparato?» chiese.

«In pieno petto» confermò Beckett.

«Per cui, secondo tutte le leggi dell’anatomia e, naturalmente, della biologia, il rigor mortis dovrebbe essere già iniziato.»

«Dovresti essere mangime per i pesci, se è quel che stavi cercando di dire.»

«Il mio completo…?» si informò Myles.

«Distrutto. Coperto di sangue e interiora.»

«Era un completo nuovo di zecca.»

«E hai del fango sulle scarpe.»

Non finirà mai questo oltraggio?, si chiese Myles. «Che giornata» disse. «Com’è possibile che siamo ancora in vita?»

Spiffero indicò Beckett con un artiglio. L’implicazione di quel gesto era chiara. Aveva salvato tutti.

«Sei stato tu?»

«Mi sono ricordato di quel che avevi detto riguardo ai proiettili avvolgirestringenti che venivano innescati da una scarica elettrica, e ho visto quei fili crepitanti che penzolavano dalla pancia di TATA, per cui ho colpito TATA con Spiffero per fare in modo che il drone innescasse i proiettili del duca. Avresti dovuto vederlo, Spiffero. Ha preso un angolo perfetto!»

Myles era sbalordito. «Una mossa davvero intelligente.»

«Lo so» ammise Beckett. «Non dirlo a nessuno.»

Myles chiuse nuovamente gli occhi e disse ciò che intendeva davvero esprimere. «Ci hai salvato tutti, Beck. Io che pensavo di essere così intelligente, e invece ci hai salvato tu.»

Quando Myles riaprì gli occhi, Beckett gli sorrideva con quel suo modo franco, e l’amore per il suo gemello gli si leggeva in faccia.

«Tu sei intelligente, Myles. E mi hai fatto guadagnare un po’ di tempo, morendo.»

Myles aggrottò le sopracciglia nel ripensarci. «Hai ragione. Dovrei essere morto. La specializzanda Platz deve aver manifestato dei poteri curativi. Sono piuttosto comuni, tra le creature fatate.»

«È proprio quel che è successo» disse Beckett. «Avresti dovuto vederlo. C’erano tipo vapore e fulmini, e poi due draghi viola sono volati fuori dalle nubi, e sul tuo petto è comparso il segno di una mano marchiato a fuoco.»

Myles pensò che forse il suo gemello stava esagerando le cose. «Il tuo resoconto è del tutto accurato, fratello?»

«Mi hai beccato» ammise Beckett. «I draghi non c’erano.»

Myles scoppiò a ridere e si sentì bruciare un’ustione sulla pelle del petto. «Oh» gemette.

Lazuli sbirciò nello sfiatatoio. Quel che vide lì sotto si inscriveva di diritto tra le cose più assurde che avesse visto in tutta la sua vita – ed era tutto dire, considerato ciò a cui aveva assistito in quegli ultimi due giorni.

Quanto caos, in soli due giorni, pensò. E poi: Non credevo di potermi sentire dispiaciuta per il duca.

Invece era così, benché lei stessa si sentisse ancora un po’ squassata e il duca avesse provato in almeno un paio di occasioni a rapirla per usarla come cavia da laboratorio. Perché? Perché il destino che si era attirato addosso era, per come la vedeva lei, perfino peggiore della morte. Infatti, per una bizzarra coincidenza di circostanze, Lord Teddy aveva contemporaneamente coronato la sua ambizione di immortalità e perso ogni speranza di eterna giovinezza.

Per spiegare: Lord Teddy e la sua sfera di cellophane avevano tappato perfettamente lo sfiatatoio, e così se ne stava lì sospeso mentre l’acqua del mare di tanto in tanto percuoteva la sfera dal basso. Gli agenti chimici presenti negli avvolgirestringenti si erano chissà come combinati con il veleno di troll nel becher che il duca aveva portato con sé. Il veleno era stato reso chimicamente attivo dall’elettricità intrappolata ed era entrato in circolo nel sistema sanguigno di Lord Teddy attraverso le lacerazioni nel suo stomaco prodotte dalla fiala frantumata. E così, ora, la vita del duca era stata salvata e allungata indefinitamente, ma avrebbe vissuto quella vita come un uomo di centocinquant’anni. Lazuli usò l’Optix del suo casco per ingrandire la visuale sul viso di Lord Teddy e vide che la barba del duca si era considerevolmente ridotta ed era grigia come cenere. Fu sorpresa nell’accorgersi che Lord Teddy la stava guardando in cagnesco. Le sue pupille erano appesantite dalle pieghe di pelle antica, ma s’intravedeva ancora un pezzettino di pupilla, e sembrava che tutto l’odio accumulato in quel secolo e mezzo fosse concentrato in un unico raggio su per lo sfiatatoio, verso Lazuli. Quell’occhiataccia fece rivoltare lo stomaco già sottosopra di Lazuli e qualsiasi compassione avesse potuto provare evaporò in men che non si dica.

Quell’umano ci avrebbe uccisi tutti, pensò, e sapeva che era vero. Si rese conto che non sapeva cosa fare del duca. Sarebbe forse stato meglio per tutti gli interessati, incluso Sang-Uisuga stesso, se avesse caricato di pietre la sfera finché non si fosse dislosmossacata e non fosse finita in mare aperto?

Un’icona sul suo visore lampeggiò e Lazuli si rese conto con un certo sollievo che quell’iniziativa non spettava a lei. Dopotutto, era una Ricognitrice. Quella era una decisione per i suoi superiori.