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MUY INCONVENIENTE

Sorella Geronima era brava come diceva, come ci si poteva ragionevolmente aspettare da una suora, e aveva rimesso a posto la spalla di Lord Teddy al primo tentativo. In verità, aveva sperato che il duca fosse sopraffatto dal dolore e perdesse i sensi, cosa che avrebbe inteso interpretare come un annullamento del loro accordo, ma Teddy aveva stretto i denti bianchi e regolari, sopportando lo strazio con nient’altro che un “Perbacco” dopo il colpo secco dato dalla suora con il palmo della mano. Quando il suo braccio fu ricongiunto alla scapola, Teddy ingerì un antidolorifico preso nel dispensario e lasciò che Geronima gli stringesse una fasciatura intorno alla spalla. L’intera operazione non durò più di cinque minuti, poi i due furono fuori dalla base segreta e si diressero verso lo Skyblade. Geronima stimò che avevano ancora più o meno cinque minuti prima che le autorità facessero risalire il disastro del porto alla base e facessero irruzione per trovare una dozzina di agenti svenuti nei corridoi.

Il protocollo avrebbe solitamente richiesto che sorella Geronima cancellasse tutti i dati sensibili prima di un’evacuazione, ma ci aveva già pensato Myles Fowl: aveva cancellato tutti i file dell’ACRONYMO da qualsiasi supporto, tranne che sul proprio computer.

Devo acciuffare quel niño, si rese conto. Conosce tutti i nostri segreti.

L’ACRONYMO era riconosciuta dai governi di trentasette paesi, che le avevano concesso di operare all’interno dei loro confini, ma in ventotto di questi paesi aveva l’obbligo di presentare rapporti dettagliati in merito a ogni operazione nota. Sorella Geronima gestiva al momento sette operazioni fantasma ma, tra tutte le divisioni dell’ACRONYMO, dovevano essercene più o meno un altro centinaio; e ora Myles Fowl era in possesso dei dettagli di ognuna di queste, e poteva venderli a qualsiasi rete di informazioni del pianeta.

Questo, pensò Geronima, poteva essere muy inconveniente, poiché, pur essendo un’agenzia clandestina intergovernativa, nel corso degli anni l’ACRONYMO aveva infranto più leggi di tutti gli altri servizi segreti del resto del mondo messi assieme.

In effetti, se Myles Fowl avesse fatto trapelare i file rubati, avrebbe segnato la fine dell’ACRONYMO, e condannato ad anni di carcere federale molti dei suoi dirigenti. Tra cui la stessa sorella Geronima.

Lord Teddy e la suora giunsero allo Skyblade ma non poterono decollare, giacché la polizia olandese arrivò prima di quanto non si fossero aspettati. E così, suora e nobiluomo furono costretti a restarsene seduti nel velivolo, in silenzio, mentre l’unità di crisi armata di Amsterdam faceva irruzione nella base segreta. Il tempo non fu del tutto sprecato, però, dal momento che Lord Teddy poté accoppiare il suo cellulare con il sistema di intrattenimento dello Skyblade e visualizzare una mappa sul parabrezza smart. Un puntino rosso, che rappresentava la tracciatura della pellicola di cellophane attorno al troll, pulsava in periferia.

«Come vede, signora» disse, tamburellando sul vetro con quelle stesse dita che avevano portato una lama alla gola di Geronima in un passato molto recente, «saranno meno di cinque minuti di volo. La nostra banda di fuggiaschi sarà incaprettata ben benino prima di pranzo.»

Geronima si limitò ad annuire.

Sapeva bene chi fosse Lord Teddy Sang-Uisuga. La maggior parte dei possessori di smartphone avrebbe saputo riconoscere il duca di Scilly. E anzi, l’ACRONYMO aveva indagato brevemente su di lui pochi anni prima, quando un giovane agente aveva ipotizzato che Sang-Uisuga facesse ricorso a un qualche tipo di stregoneria per conservarsi giovane. Vedendolo da vicino, sorella Geronima si rese conto che quell’uomo non era, a dire il vero, giovane, ma del resto nemmeno vecchio. Aveva la pelle consunta, come una patina lucida e vagamente maculata, che a Geronima ricordava le salsicce stagionate di sobresada che suo nonno aveva l’abitudine di appendere in cantina. Non si poteva però negare che la sua barba fosse magnifica; era impossibile resistere alla tentazione, e Geronima si accorse di star allungando una mano per accarezzarla.

Il duca colse il movimento e l’ammonì: «Lo so. È magnifica. Guardi pure ma non tocchi, prego.»

Geronima ritrasse le dita, pensando a quanto fosse strano che un nobiluomo di tale rango conducesse una vita segreta come una sorta di vigilante acchiappabambini.

Forse dovrei reclutarlo, pensò, poi però riportò alla mente la sensazione del proprio coltello sul collo e decise di concentrarsi sull’obiettivo di sopravvivere alla missione.

Non appena la frotta di poliziotti armati sciamò all’interno dell’edificio, Teddy manovrò il velivolo facendolo uscire da dietro una chiatta e si addentrò nel canale. Nella rete fluviale c’era un po’ di polizia, ma nessuno aveva ancora pensato a chiudere le dighe o a posizionare barriere, per cui Teddy riuscì a navigare agevolmente fino al porto. Utilizzò il tetto inclinato dell’EYE come una pista di decollo, sghignazzando mentre i nuotatori si tuffavano precipitevolmente in acqua per evitare di venir travolti dallo Skyblade.

«Stiamo arrivando, Myles Fowl» mugugnò. «Non mi sfuggirai di nuovo.»

A Sorella Geronima parve che la prendesse come una faccenda personale e, secondo la sua esperienza, un uomo che la prendeva sul personale era destinato a commettere errori.

Metterò fuori gioco quest’uomo alla prima occasione, pensò. E poi, in qualche modo, chiamerò i rinforzi.

Si sentiva ragionevolmente certa che Lord Teddy stesse pensando più o meno la stessa cosa, ma sbagliava. Poiché infatti, per un gentiluomo inglese, la parola data era sacra, Teddy avrebbe considerato molto maleducato rivoltarsi contro sorella Geronima senza la giustificazione di una provocazione. Ma dentro di sé era certo che tale provocazione gli si sarebbe presto palesata.

Geronima era impressionata da quell’aereo e si appuntò mentalmente modello e fabbricante, entrambe informazioni incise sul volante accanto a ciò che avrebbe giurato essere un ritratto a linea continua del duca in persona.

Myishi Skyblade, pensò. L’ACRONYMO non ha niente di così elegante. I nostri fanno sempre tutto esageratamente in grande. Elicotteri e mitragliatrici calibro cinquanta. Può darsi che ci sia qualcosa da imparare da questo Lord Teddy.

La prima cosa che imparò fu che i gemelli Fowl erano in qualche modo riusciti a liberare il troll dal rivestimento infuso di radiazioni. Il localizzatore di Lord Teddy lo ritrovò nella periferia di Amsterdam, buttato via all’interno di un caratteristico mulino a vento adiacente a un canale, il che facilitò l’atterraggio.

«Dannazione!» imprecò il duca. «Sono sfuggiti alla nostra rete.»

Era fastidioso, certo, ma Lord Teddy sentiva l’adrenalina della caccia e stava già architettando un modo per seguire la pista di quella particolare preda.

S’inginocchiò accanto a delle tracce di pneumatico che si allontanavano dal mulino.

«Sono in movimento» commentò. «Il che significa che hanno accesso a dei fondi.»

Anche sorella Geronima aveva una qualche esperienza di caccia – dopotutto, era una larga parte del suo mestiere. Per prima cosa cacciava, poi interrogava, e infine la terza fase, l’ultima.

«Vorranno confondersi con la gente» dichiarò la suora. «Tranne quel ragazzino, Myles. Gli piace troppo fare la primadonna.»

«Questo è vero, madame» replicò Teddy. «Il ragazzo ha uno stile piuttosto particolare, e sarà questa la sua rovina.»

Tornarono allo Skyblade e Lord Teddy premette il logo Myishi inciso sul volante, che lo mise subito in collegamento con la Linea di Assistenza 24 ore su 24 della Myishi.

Una voce gioviale esclamò: «Salve, Lord Sang-Uisuga! Sono Douglas, dell’Assistenza Myishi. I vostri crimini sono la nostra forza. Come posso esservi d’aiuto?»

«Buongiorno a te, ragazzo mio» disse il duca. «Ti darò una lista di oggetti, e voglio che controlli se qualcuno di questi è stato ordinato online dalla mia posizione approssimativa in questi ultimi quindici minuti. Credi sia possibile?»

«Assolutamente sì, è possibile, Vostra Grazia» disse Douglas con trasporto. «E, se posso permettermi, sono un vostro grande ammiratore. Sono felice di potervi essere d’aiuto.»

«E bravo Douglas» cinguettò Lord Teddy. «Possiamo andare avanti, e parlare della mia lista?»

«Sparate pure» disse Douglas. «Ci tengo inoltre a informarvi che, poiché questo è un servizio remoto senza richiesta di intervento fisico – omicidio, furto e così via –, il vostro status di assistito in qualità di cliente platino rimarrà intatto e la vostra classe di bonus invariata.»

«Superlativo, ragazzo mio» commentò Lord Teddy, e procedette con la lista. Era breve ma molto specifica.

«Abbiamo un vincitore» lo informò Douglas, una ventina di secondi dopo. «Uno degli oggetti in lista è stato ordinato da Master Porter in quest’ultima ora. Si tratta di un negozio di abbigliamento per giovani gentiluomini. Il pacco sarà infiocchettato e spedito a una longitudine e latitudine precisi.»

Lord Teddy inserì le coordinate del luogo di consegna nel suo computer di bordo e, pochi istanti dopo, lo Skyblade aveva elaborato una rotta.

«Posso esservi utile in altro modo, Vostra Grazia?» chiese Douglas.

«Credo sia tutto per il momento, Douglas» rispose Lord Teddy. «E consentimi di dire: sei stato di grande utilità.»

Sul parabrezza comparvero una fila di teschietti translucidi. «Grazie, Vostra Grazia. Gradireste lasciare qualche teschietto Myishi per la valutazione di gradimento?»

«Sarà un piacere, Douglas, ragazzo mio» disse il duca. Assegnò cinque teschi su sei, facendoli diventare dorati, e lasciò un commento: “Trovo che Douglas sia l’epitome dell’efficienza. Ha ottime maniere e non esiterei a raccomandarlo per qualsiasi necessità criminosa!”.

Pochi secondi dopo, Douglas inviò un pollice all’insù e due faccine con gli occhi a cuoricino.

«Sa, i fan…» spiegò Lord Teddy alla suora, in postazione da copilota. «È imbarazzante, ma non si può biasimare la gente perché è attratta dai VIP, suppongo.»

Il duca è come Myles Fowl: vanesio, pensò Geronima. Una crepa nella sua armatura.

E lei non vedeva l’ora di piantare il suo pugnale in quella crepa e poi girare la lama.

L’Orient Express

Qualche ora più tardi, ritroviamo i nostri eroi a bordo di un vagone letto sull’Orient Express, diretti a Verona. La tranquillità a bordo di quel treno lussuoso cozzava in un certo qual modo con i nuvoloni neri che rovesciavano pioggia a catinelle da sopra le torreggianti vette delle Alpi Svizzere. Proprio come la locomotiva, anche gli Incresciosi si trovavano nell’occhio del loro personalissimo ciclone, e Myles più di ogni altro era ben consapevole del fatto che quel periodo di requie doveva essere impiegato al meglio per esplorare le loro possibilità e analizzare i punti di forza. Oltre ai punti deboli, naturalmente. A questo proposito, era intento a esaminare l’equipaggiamento della specializzanda Platz, l’attrezzatura tecnologicamente più avanzata che avesse mai visto. Ciò non significava che non ne comprendesse il funzionamento; anzi, quei meccanismi avevano risolto alcuni problemi con cui si era scontrato nelle sue ricerche. Nei laboratori umani, l’impiego di polimeri a base di carbonio per la realizzazione di circuiti semplici era ancora agli inizi, fatta eccezione per il laboratorio di Artemis, dove quest’ultimo era riuscito a far uso di composti metallorganici per far crescere una buona parte del suo razzo a carica automatica. Ma il Popolo aveva sviluppato quella tecnologia ben oltre qualsiasi risultato attualmente ottenibile dagli umani, e la usava per alimentare e regolare ogni parte della tuta LEP. La ricrescita dei circuiti poteva avvenire tramite energia solare, quando disponibile, e, in effetti, i circuiti e le celle fungevano da batterie autonome. Per quel che riusciva a capirne Myles, il sistema operativo era già parzialmente ripristinato dopo il GEM di Dalkey Island, e riuscì a usare il software di traduzione di TATA – che, ovviamente, includeva lo gnomico – per dedurre che le funzioni primarie sarebbero tornate attive in poco meno di un giorno. TATA usò quel poco di energia che le rimaneva per fare un test sui sistemi di Lazuli, poi si mise a riposo.

Siamo tutti in riserva, pensò Myles.

Beckett e Spiffero ronfavano nella cuccetta più in alto, dopo essersi assopiti guardando una serie di video di stimolazione della risposta autonoma del mediano sensoriale su un tablet a disposizione dei viaggiatori connesso alla rete wi-fi del treno.

È incredibile quanti video di caramelle gommose riescano a sopportare, quei due, pensò Myles.

Quanto alla specializzanda Platz, era rigidamente seduta con la schiena ritta dall’altra parte del tavolino di legno lucido, intenta a finire la sua insalata con grande cura e senza nessuna soddisfazione apparente, come se il cibo fosse soltanto una sorta di carburante e non qualcosa di cui godere o con cui perdere tempo. Senza casco, la pixel aveva un aspetto molto infantile, e quello era l’unico freno al sussiego di Myles, un atteggiamento che gli veniva istintivo quasi con chiunque. Molti ritenevano che Artemis fosse un tipo altezzoso, ma una volta Angeline Fowl aveva detto a Myles che lui lo era almeno cinque volte più del fratello maggiore, cosa che il ragazzino aveva accettato come un dato di fatto, senza considerarlo né un insulto, né un complimento.

Il soggiorno a bordo dell’Orient Express fu privo di sorprese, per cui un breve sommario potrà bastare a far luce su quel viaggio di cinque ore. Una volta riusciti a costringere Spiffero a salire nella macchina a guida autonoma, Myles aveva ordinato le scorte che sarebbero state loro necessarie per proseguire quell’avventura. Tali acquisti sarebbero stati consegnati a Verona, dove l’Orient Express avrebbe fatto una fermata alle ore diciassette in punto del giorno dopo. Le carrozze del leggendario treno espresso erano solitamente al completo con mesi di anticipo ma, verso la fine del Diciannovesimo secolo, quando l’intera famiglia Fowl era stata dichiarata fuorilegge per un breve periodo dai governi di Germania, Svizzera e Austria, la matriarca Peg O’Connor Fowl (meglio – e volgarmente – nota come Peg la Pirata) aveva versato alla Compagnie Internationale des Wagon-Lits una vertiginosa somma in oro affinché incorporassero nell’ultimo vagone uno scompartimento segreto che rimanesse a disposizione perpetua della famiglia Fowl. In tal modo, Peg poteva attraversare l’Europa in tutta comodità e continuare a occuparsi dei suoi considerevoli interessi in quel di Costantinopoli. E così, per Myles era stato semplice lasciare la macchina a guida automatica alla Gare de l’Est di Parigi e approfittare dello Scompartimento F.

Artemis aveva spesso fatto la stessa cosa, e Myles aveva imparato il codice per sbloccare la serratura elettronica quando aveva quattro anni. Il resto dei passeggeri e del personale di bordo credevano che lo Scompartimento F fosse parte della sala motori, perché la porta era mascherata da un pannello, ma c’era un unico commissario di bordo che riforniva lo scompartimento di cibo e aveva portato il tablet che aveva cullato Beckett e Spiffero fino al sonno. Sfortunatamente, in quanto ad abbigliamento, la carrozza conteneva poco o niente che potesse aiutare il gruppo a passare inosservato, a meno che non avessero in mente di montare gli uni sulle spalle degli altri e di indossare un abito da ballo d’epoca vittoriana.

Questa volta, il frigo bar era stato riempito con insalate fresche, frutta e un pollo arrosto che Beckett e Spiffero avevano spolpato fino alle ossa, che il troll nano aveva poi provveduto a divorare. Non c’era però nessun tipo di equipaggiamento per la ricarica elettrica, a parte la presa europea cui poteva collegarsi TATA ma che non sarebbe minimamente bastata a fornire il quantitativo energetico necessario a consentire la sua piena funzionalità.

Sarebbe ora che nostro padre ammodernasse questa carrozza, aveva pensato Myles. Che quantomeno si integrassero gli ultimi ritrovati in materia di comunicazioni e tecnologia.

Una volta giunti a Verona avrebbero avuto entrambi.

Myles si era reso conto che, quando fossero giunti nella città italiana, avrebbe dovuto acconsentire a un salvataggio elfico. Aveva sperato di riuscire a portare a buon fine quella prima grande avventura dei gemelli Fowl senza coinvolgere la LEP, ma assecondare quel moto di orgoglio avrebbe comportato un fallimento doloroso quanto inevitabile. Se avessero avuto un unico genio del crimine o una sola ambigua organizzazione da sconfiggere, Myles si sarebbe sentito più che all’altezza del compito, ma quei due avversari insieme erano uno scontro decisamente impegnativo e, se fosse accaduto qualcosa a Beckett, Myles non se lo sarebbe mai potuto perdonare.

Dall’altra parte del tavolo laccato, la specializzanda Platz aveva finito il suo ultimo gambo di sedano e aveva dichiarato: «Umano, ho un piano. Rimarremo su questo treno fino a Istanbul; per allora, i miei circuiti si saranno rigenerati e potrò chiedere rinforzi alla LEP».

«Dissento, specializzanda» aveva replicato Myles. «Spero che non ti dispiaccia se lo dico, ma mi sembri un po’ giovane per articolare strategie.»

Lazuli non aveva potuto impedirsi di pensare che era un po’ il colmo. «Io sono giovane? Dici a me? Ma se sei soltanto un bambino! Io ho sessant’anni.»

«Non li dimostri affatto, garantisco» aveva fatto notare Myles.

«I tempi di sviluppo di ogni specie sono diversi» aveva spiegato la pixel. «La maggior parte delle creature fatate cammina già dopo una settimana. Siamo in grado di leggere e scrivere dopo un anno. Io ho concluso il mio corso di studi in giurisprudenza all’età di dieci anni. Ho tre amici, e tutti e tre hanno una relazione stabile.»

«E qual è la tua aspettativa di vita?»

Lazuli si era stretta nelle spalle. «Chi può dirlo? Sono un ibrido. Potrebbe stare in un punto qualsiasi fra i trecento anni e il millennio.»

«Ti invidio tutto questo tempo» aveva detto Myles. «Ci sono tante di quelle cose che potresti imparare.»

«Una delle cose che ho già imparato» aveva replicato Lazuli, «è come articolare una strategia.»

Era un argomento sensato, ma Myles si era comunque sentito in dovere di dissentire.

«Dobbiamo scendere a Verona» aveva insistito. «Restare chiusi in questo vagone senza una rete di comunicazione sicura per troppo tempo è rischioso, dal momento che dobbiamo immaginare che il duca o sorella Geronima troveranno il modo di rintracciarci e che ci troviamo sostanzialmente intrappolati in una scatola d’acciaio. Ho scelto un punto d’incontro per ritirare i rifornimenti. Una volta lì potrò collegare il tuo comunicatore a una sorgente di energia umana – posto che tu mi consenta di esaminarlo – e potrai chiamare rinforzi che ci traggano immediatamente in salvo. Potresti rimanere a bordo del treno, naturalmente, ma ho idea che Spiffero vorrà restare insieme a Beckett.»

Lazuli ci aveva riflettuto su e aveva dovuto ammettere che il piano dell’umano era sensato. Significava anche che avrebbe dovuto consentire a Myles di studiare ancora più a fondo il suo equipaggiamento, ma i Fowl erano amici storici del Popolo e, dopotutto, agli umani si poteva sempre cancellare la memoria. Dieci minuti dopo l’arrivo della squadra di soccorso, i gemelli si sarebbero risvegliati nei loro letti senza la minima idea di quanto fosse accaduto.

«Concordo, ragazzo umano» aveva acconsentito, slacciando la fibbia sul suo guanto di controllo.

A Myles era parso piuttosto strano che la specializzanda Platz gli porgesse il proprio computer senza ulteriori obiezioni.

«La mia unica condizione» aveva specificato, «è che non vi siano interferenze né con me, né con mio fratello. Ce ne andremo per la nostra strada e la faccenda si chiuderà lì.»

«Per il momento» aveva aggiunto Lazuli, in un modo che Myles aveva trovato vagamente preoccupante. Gli era venuto in mente che forse la gente del Popolo non voleva altri Fowl nel proprio mondo, e che avrebbe potuto decidere di intervenire a questo proposito. Per cui, quando la pixel si era arrampicata sull’ultima cuccetta e si era rannicchiata in fondo al letto, Myles aveva ignorato la propria stanchezza e, una volta finito di studiare il guanto della specializzanda Platz, aveva sfruttato quel poco di energia che TATA era riuscita a ripristinare per esaminare i video relativi al mondo fatato che Artemis aveva lasciato per loro. Perché, come diceva spesso il suo fratellone: “Conosci il tuo nemico e presumi che ognuno ti sia nemico, giacché è assodato che il mondo abbia in odio i geni”.

Parole che Myles intendeva ascoltare, nonostante fossero magniloquenti e ridondanti com’era tipico di Artemis.

Per diletto, aveva editato ogni video di Artemis fino a ridurli a meno di un quarto della loro durata originale e ne aveva salvato le modifiche in una cartella separata qualora avesse avuto necessità di riferimenti un minimo più concisi. Mentre lo faceva, aveva ripassato mentalmente la Sinfonia n. 9 di Schubert. Aveva scelto quel brano in particolare perché, essendo in do maggiore, si accordava alla perfezione con il fischiorussare di Beckett.

Dopo un’ora o poco più, Myles aveva trovato il file che sarebbe tornato utile nel caso in cui una creatura fatata, come Lazuli, non fosse stata particolarmente amichevole.

E lei non era poi così amichevole, in tutta sincerità.