48

Luke

Luke è soddisfatto. Gli sembra che Jessica possa andare bene. Un po’ piccolina e poco propensa a sollevare pesi. Dice che i Ten Tors le hanno fatto venire mal di schiena. Potrebbe essere un problema con le consegne. Ha anche unghie molto lunghe, ha notato. Potrebbe aver poca voglia di lavorare alla svelta quando c’è molto da fare. Ma è simpatica. Concittadina. Cordiale. Dice che non le importa di doversi alzare presto e che ha bisogno di soldi. Alla mamma piacerebbe, quindi le passerà senz’altro il suo curriculum.

Guarda l’ora. Tocca a Tim. È un po’ in ritardo. Non un buon segno. Alla mamma piace la puntualità.

Dal gruppo su Facebook sembra che abbiano fatto i Tors lo stesso anno, anche se lui non si ricorda di loro. Né di Jessica né di Tim. Erano in troppi. Ma non c’è nessuno che difetti di resistenza e forza d’animo se ha fatto i Tors. E impegno. E un test infallibile. Sì. Luke si compiace di sé per averci pensato. Un ottimo lavoro part-time. Un negozio a Trundale. Ti interessa? Mandami un messaggio… È contento che a scuola le cose vadano lentamente migliorando e non vuole lasciare la mamma nei pasticci, vuole dimostrarle gratitudine per il suo sostegno. Ma non sono molti i giovani pronti ad alzarsi così presto per andare a lavorare. Se non le piaceranno né Jessica né Tim, lascerà fare a lei.

Allunga lo sguardo nel retro per vedere se la macchina del caffè ha finito la sua opera. Bene. Ha la gola secca. Riordina il banco e si accorge di una rosa in mostra con la corolla penzolante. La prende dal secchio e la trasferisce in un vaso nel retro. Cercherà di salvarla più tardi. Al momento gli fa pensare a Emily. Per la festa di san Valentino le ha regalato una rosa. Hanno bevuto un caffè insieme dopo tutto quello che è successo ed è soddisfatto di aver trovato le parole giuste, di averle fatto sapere quanto le vuole bene. Quanto è mortificato per tutto ciò che le ha fatto passare. Emily si è presa una pausa da scuola, è andata a stare da una zia in Francia. Per adesso ancora non vuole allacciare un rapporto serio con nessuno, ma gli ha detto che può scriverle. È una cosa che lo fa contento. Poi squilla il campanello della porta del negozio. Luke sorride pensando di nuovo a sua madre. È decisamente innamorata di quel suono d’altri tempi…

Lì per lì non pensa che possa essere Tim. Crede che sia un cliente. Gli sembra troppo vecchio…

«Ciao. Sono Tim. Sono qui per quel lavoro». Protende la mano e Luke gliela prende cercando di nascondere la sorpresa. Tutto in quel ragazzo è più vecchio di come se l’aspettava. Abbigliamento. Capelli. Pelle… un po’ grigia. Anche gli occhi incassati.

«Sì. Certo. Ottimo… grazie d’essere passato».

Luke fa la sua tirata sul lavoro. Gli orari. Gli obblighi. Chiede a Tim di sedersi sullo sgabello al banco. Solo dieci minuti e poi possiamo chiudere per mezz’ora per l’ora di colazione e farci una chiacchierata come si deve.

Entra una donna in cerca di un’offerta speciale. Niente in sconto? Luke le mostra i girasole. Fantastici. Un vero affare, scontati al venti percento. Li prende. Tim lo guarda avvolgerli nella carta velina e maneggiare contanti e resto.

Luke spiega a Tim che sua madre ha bisogno di qualcuno nelle prime ore del sabato e qualche volta di domenica ad aiutarla con le scatole e in generale con la selezione dei fiori in arrivo, ma anche a servire i clienti mentre lei finisce le composizioni.

«Ti trovi bene a servire?»

«Oh, sì, sì. Ho fatto il giornalaio».

«Bene. Perfetto».

Ma c’è qualcosa in Tim che non quadra. Difficile da individuare e poi, quando Tim si sporge, si accorge dell’odore. Veramente cattivo. Allora è un no. Luke si ritrae e fa un sorriso forzato. A sua madre non piacerà. Allora Tim è escluso. Ma sarà maleducato. Diplomatico, ma sbrigativo.

«Allora non ti ricordi di me? Dai Ten Tors?». Tim lo sta fissando.

«No, mi spiace. Ma c’era tanta gente. Io poi l’ho fatto due volte. La seconda volta sul percorso più lungo. E tu?»

«Una volta sola. Lo stesso anno», e fa una pausa, «di Anna Ballard».

E a questo punto Luke è ammutolito. Tim lo sta fissando apertamente, senza battere le palpebre.

Luke regge il suo sguardo e comincia a sentirsi a disagio. Riflette per un momento. Tim lo sta guardando con troppa attenzione, la sua espressione è davvero insolita.

«Allora… sei un giornalista?»

«No. Non sono un giornalista».

«Be’, sai una cosa, Tim? Non credo che funzionerà. Senza offesa, ma…».

«Mi stai dicendo che non ti ricordi di Anna Ballard?».

Luke è di nuovo senza parole. Cosa diavolo sta succedendo? «Senti, non so bene dove vuoi andare a parare, ma non permetterò a nessuno di importunare ancora mia madre con questa storia di Anna Ballard. Perciò ti prego di andare via».

Ma Tim si è tolto di tasca una fotografia.

«Allora spiegami questa».

Sbatte la foto sul banco e per un momento Luke è sconcertato. È l’immagine del caos dopo la consegna delle medaglie al Ten Tors. Un sacco di gente. Luke cerca tra le facce, si ferma finalmente su due dei suoi compagni di squadra. Andy e Geoff. Alla loro destra c’è un gruppo di ragazze. Una di loro… Sì. Guarda meglio. Somiglia effettivamente ad Anna Ballard. È uno choc. Naturalmente ha visto anche lui la sua foto in televisione. Ma Luke non aveva idea che avessero fatto il Tors nello stesso anno…

«Senti, non sapevo che quell’anno ci fosse anche Anna Ballard. E non ho idea del perché tu mi abbia portato questa foto. Però non starò qui a discuterne con te. Capito? Ora devi andare. Subito».

Allora Tim indietreggia e Luke pensa: meno male. Questo non ha tutte le rotelle a posto. Ma invece di andarsene, quando arriva alla porta Tim chiude il chiavistello. Gira il cartello che indica la chiusura.

Scusa?

Fermo davanti alla porta adesso, a guardarlo.

«Caspita». Ora Luke prende atto che la situazione è diventata più seria. Va verso di lui pensando di poter risolvere la cosa, Tim non è particolarmente robusto, non è muscoloso, calcola di poterlo buttare fuori di peso e vedere se si accontenta di andarsene, o se eventualmente deve chiamare la polizia. Ma Tim si è sfilato lentamente un coltello dalla tasca destra. Ha gli occhi strabuzzati e piantati in quelli di Luke.

«Nel retro. Ora».

Luke guarda il coltello, la lama affilata. Riflette sulle alternative a disposizione. La porta di servizio. Il telefono. Fargli saltar via il coltello dalla mano con un calcio? Al momento alza adagio le mani, ma solo all’altezza della vita. «Okay, come vuoi. Adesso vediamo di calmarci…».

«Nel retro, ho detto».

Luke cammina lentamente all’indietro. Non può arrischiarsi a staccare lo sguardo dal coltello. Ora ricorda che la porta sul retro è sprangata. Cristo.

«Tu e Anna. Le piacevi. Ha parlato con te. Io guardo. Io vedo le cose. Io guardo e ricordo…».

«No, sul serio, guarda che ti sbagli. Io non mi ricordo di lei. Era solo una gran festa collettiva dove tutti erano felici insieme».

«Sei un bugiardo». E di nuovo gli occhi gli escono dalle orbite. È infuriato. «Io la tengo d’occhio. Io so…».

All’improvviso Tim si lancia in avanti e graffia il braccio destro di Luke con il coltello. Una ferita superficiale, ma il dolore è istantaneo e bruciante. Sgorga subito il sangue.

Luke è accanto al banco da lavoro di sua madre e guarda a sinistra. Ricorda. Afferra con uno scatto la boccia del caffè e scaglia su Tim l’infuso bollente. Una parte gli cola su una gamba e Tim caccia un grido di dolore. Ma non lo ha preso in faccia e non impedisce un altro affondo con il coltello. Questa volta il dolore ottenebrante gli parte dalla coscia. La rapida sensazione di bagnato sui calzoni.

Sono sul pavimento e Luke si dibatte nel tentativo di rialzarsi. Sente la coscia bagnata e fredda. Cerca di reggersi, ma il dolore è terribile e subito dopo… un colpo alla spalla.

In quel momento lo vede, un fievole lampo rosso riflesso nello specchio che sua madre usa per controllare le composizioni. I manici. Le sue amate cesoie. I manici vermigli spuntano dal bordo del ripiano inferiore. Si serve dell’immagine riflessa per raggiungerle, si allunga, si allunga, e sferra un colpo all’indietro. La sensazione spaventosa della lama che penetra nelle carni. E poi oscurità.