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Il padre

Nella veranda a vetrate, Henry Ballard si sforza di ignorare i rumori che arrivano dalla cucina.

Sa che dovrebbe andare da sua moglie, per aiutarla, consolarla, ma sa anche che non servirebbe a niente e così continua a rimandare. La verità? Ha solo voglia di starsene lì così ancora un po’, a contemplare il prato. In quello spazio strano, quell’aggiunta alla casa che non ha mai funzionato veramente come avrebbe dovuto. In quella veranda che è sempre troppo calda o troppo fredda, nonostante le veneziane e il costoso ventilatore catturapolvere che hanno fatto installare, Henry è riuscito a scivolare miracolosamente in uno stato di semin-coscienza, un posto in cui la sua mente può vagare fuori del corpo, fuori del tempo, nel giardino dove in quel preciso istante, nella luce del primo mattino, le ascolta bisbigliare nella loro tana tra i cespugli. Anna e Jenny.

Per un anno o forse due è stato il loro rifugio preferito, quand’erano in quel brutto periodo rosa. Piumoni rosa. Barbie rosa. Una tenda rosa comprata per posta e riempita di ogni genere di cianfrusaglie da ragazzine. Si era sempre rifiutato di avvicinarsi a quell’orrore. Ora desidererebbe più di ogni altra cosa al mondo dimenticarsi della mungitura e del mangime, dei moduli per l’IVA e della banca, per andare invece là fuori a preparare un fuocherello per cuocere delle salsicce da offrire alle ragazze per colazione. Campeggio vero e proprio, come aveva promesso così spesso, senza mai farlo.

Poi uno schianto monumentale in cucina lo riporta dentro. Sua moglie sta raccogliendo scatolame da terra, una collezione di stampi e teglie da forno di tutte le dimensioni e forme.

«Cosa diavolo stai facendo?»

«Torta di prugne».

«Oh, per l’amor del cielo, Barbara».

La torta di Anna. Una specie di biscottone farcito con prugne cotte speziate. Sente l’odore di cannella, il vasetto è caduto sul banco, ha rovesciato fuori un minuscolo mucchietto ordinato dal profumo penetrante.

Oh, Barbara.

La guarda raccogliere tutte le teglie con le mani che le tremano e, semplicemente, non lo sopporta.

Così, invece di aiutarla e cercare di essere un po’ solidale o almeno decoroso, va nello studio e si siede vicino al telefono ed è così che cinque, forse dieci minuti dopo, è il primo a vedere la macchina della polizia che si ferma davanti a casa.

Allora qualcosa di terribile gli si guasta nello stomaco e per un momento pensa davvero di barricare la porta, un’immagine ridicola di tutta la mobilia del corridoio e dell’anticamera impilata davanti all’ingresso per non lasciarli entrare. Questa volta sono in due. Un maschio e una femmina. L’uomo è in borghese e la donna in uniforme.

Ora che è davanti alla porta, sua moglie è ferma sulla soglia della cucina con il grembiule addosso ad asciugarsi e riasciugarsi le mani. Si gira a guardarla per un momento, e gli occhi di lei implorano lui e Dio e la giustizia.

Apre la porta. Immagina Anna e Jenny che corrono dentro con le cartelle e le racchette e lasciano cadere tutto per terra. Basta. Basta. Basta.

Poi la realtà.

Gliela legge in faccia.

«L’avete trovata?».

L’uomo con l’abito alla moda scuote la testa.

«Questo è il vostro ufficiale di collegamento. L’agente Cathy Bright. Vi abbiamo parlato di lei per telefono?».

Lui non riesce a dire niente. Muto.

«Va bene se entriamo, signor Ballard?».

Un cenno con la testa. Tutto ciò che riesce a fare.

Si accomodano nello studio e c’è uno strano fruscio, pelle contro pelle: è sua moglie che si strofina le mani, così lui gliene prende una. Per fermare quel fruscio snervante.

«Come abbiamo detto in precedenza, la polizia di Londra, la squadra metropolitana, sta facendo tutto il possibile. Sono in contatto costante con noi».

«Voglio andare a Londra. Voglio dare una mano…».

«Signor Ballard. Ne abbiamo discusso. Sua moglie ha bisogno di lei e anche noi abbiamo bisogno di aiuto qui. È meglio se per il momento, per favore, ci concentriamo sulla raccolta di tutte le informazioni necessarie. Se ci saranno novità, di qualunque genere, le prometto che sarà informato e sarà allestito immediatamente un trasporto».

«E Sarah non ha ricordato niente? Non ha aggiunto altro? Ci piacerebbe parlarle. Se potessimo solo parlarle».

«Sarah è ancora sotto choc. È comprensibile. È assistita da un’équipe di specialisti, e adesso con lei ci sono i suoi genitori. Stiamo tutti cercando di ottenere più informazioni. A Londra stanno visionando tutte le registrazioni delle telecamere di sorveglianza. Quelle del locale».

«Ancora non capisco. Un locale? Cosa ci facevano in un locale? Non c’era in programma nessun locale. Avevano dei biglietti per Les Misérables. Avevamo espressamente convenuto che…».

«E c’è un nuovo sviluppo che potrebbe gettare luce sull’intera vicenda, signor Ballard».

Quando tenta di deglutire, si sente uno schiocco. Gutturale. Volgare.

«Si è fatto avanti un testimone. Una persona che si trovava sul treno».

Catarro. In gola.

«Testimone. Come sarebbe… Testimone. Testimone di cosa? Non capisco».

I due poliziotti si scambiano un’occhiata, e la donna va a sedersi di fianco a Barbara.

È il detective a parlare. «Una donna, che era seduta vicino ad Anna e Sarah durante il viaggio, ha telefonato dopo l’appello della polizia. Ha detto di aver sentito la conversazione delle due ragazze che facevano conoscenza con due uomini in treno».

«Come sarebbe facevano conoscenza? Uomini? Non la seguo». Ora la moglie gli stringe la mano con più forza.

«Da quel che ho sentito, signori Ballard, sembra che Anna e Sarah abbiano stretto amicizia con due uomini. Che ci sono noti».

«Uomini? Quali uomini?»

«Uomini appena usciti di prigione, signor Ballard».

«No. No. Deve esserci un errore… Non è possibile. Fuori discussione».

«La polizia di Londra sta cercando di sapere qualcosa di più in proposito da Sarah. Con una certa urgenza. E da questa teste. Come ho detto abbiamo solo bisogno di mettere insieme il maggior numero possibile di dettagli su quanto è successo prima della scomparsa di Anna».

«Sono passate ore e ore».

«Sì».

«Sono ragazze con la testa a posto, agente. Questo lo capisce, vero? Brave ragazze, sensate. Tirate su nella maniera giusta. Mai e poi mai le avremmo lasciate andare da sole se non avessimo…».

«Sì. Sì. Certo. E dovete cercare in ogni modo di rimanere positivi. Come ho detto, stiamo facendo tutto il possibile per trovare Anna e vi terremo informati di ogni nuovo passo in questo senso. Cathy resterà con voi. Risponderà a tutte le vostre domande. Io, se possibile, vorrei dare un’altra occhiata alla camera di Anna. Speriamo che abbia tenuto un diario, per esempio. Darei anche un’occhiata al suo computer. Vuole accompagnarmi, signor Ballard? Intanto Cathy può preparare una tazza di tè per sua moglie. Va bene?».

Ora lui non sta ascoltando. Sta pensando che lei non voleva che andassero a Londra. Sua moglie. Ha detto che erano troppo piccole. Era troppo lontano. Troppo presto. È stato lui a parlare a favore della gita. Oh, santo cielo, Barbara. Non puoi trattarle per sempre da bambine. La verità? Pensava che fosse ora che Anna si staccasse dalla sottana della mamma.

Dalle torte di prugne.

Ma non era solo quello. Oddio.

E se dovessero scoprire che non era solo quello?