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Il padre

Henry sta inserendo la marcia indietro sul trattore quando sulla soglia compare Barbara.

«Cosa diavolo stai facendo, Henry?»

«Preparo le cose per la tua veglia».

«La mia veglia».

«Di certo non è stata una mia idea».

Passano alcuni minuti durante i quali lei si limita a guardarlo manovrare il trattore. Movimenti avanti e indietro, bruschi, rabbiosi. Lui spera che lei rientri. Lo lasci fare. Invece no.

«Ancora non capisco cosa stai facendo».

«Metto fuori delle balle di fieno. Per sedersi».

«Nessuno vorrà sedersi. Non si tratterranno qui a lungo».

«La gente vuole sempre sedersi. Ci saranno delle persone più anziane che avranno bisogno di sedersi, Barb. Non possiamo metter fuori delle sedie. Non voglio che stiano troppo comodi, altrimenti non ce li caviamo più di torno».

«Oh, quanto sei ridicolo».

Henry trova che sia proprio un bel momento per dargli del ridicolo. Lui quella stupida veglia non l’aveva mai voluta. La notte scorsa a letto hanno avuto un altro battibecco sottovoce.

Potremmo farlo davanti a casa, aveva proposto Barbara quand’era passato il parroco. Henry aveva dichiarato esplicitamente che non avrebbe sostenuto niente di così ecclesiastico, niente che somigliasse a una funzione commemorativa.

Ma il parroco aveva obiettato che la veglia aveva il significato esattamente opposto. Che la comunità avrebbe avuto piacere di far vedere che non aveva rinunciato. Che continuava a sostenere la famiglia. A pregare che Anna tornasse a casa sana e salva. Barbara ne era felice e si era deciso. Una cerimonia modesta a casa. La gente sarebbe venuta a piedi dalla città o dal parco della zona industriale.

«L’idea è stata tua, Barbara».

«Diciamo piuttosto del parroco. La gente ha voglia di far vedere che è con noi. È di questo che si tratta».

«È una cosa macabra, Barb. Di questo si tratta».

Passa di nuovo con il trattore e deposita altre due balle di fieno vicino alle altre.

«Ecco fatto. Queste dovrebbero bastare».

Guarda sua moglie e lo colpisce la solita contraddizione. Si chiede com’è possibile che siano arrivati lì. Non da quando Anna è scomparsa, ma alla fine di ventidue anni di matrimonio. Si chiede se è così che vanno a finire tutti i matrimoni. O se è lui a essere una persona scadente.

Perché quando Barbara si ravvia i capelli dietro l’orecchio e solleva il mento, Henry vede di nuovo le labbra carnose, i denti perfetti e gli zigomi alti che una volta gli hanno fatto provare sensazioni così diverse. È un pendolo che lo disorienta ancora, gli fa desiderare di poter tornare indietro, al ballo dei Giovani fattori, quando lei profumava di stelle e tutto sembrava così facile e realizzabile.

E vorrebbe, sì, poter tornare indietro e riprovare. Farlo meglio. Tutto quanto.

Poi chiude gli occhi. Di nuovo all’orecchio l’eco della voce di Anna vicino a lui in macchina.

Mi fai schifo, papà.

Vorrebbe non sentirla più. Che si zittisse. Che potesse tornare di nuovo indietro. A quando Anna era piccola e gli voleva bene e collezionava mazzolini di fiori lungo Primrose Lane. A quando era il suo eroe e lei voleva fare a gara con lui tornando di corsa a casa per il tè.

Ora Barbara sta guardando il braciere in fondo al piazzale.

«Hai intenzione di accendere un fuoco, Henry?»

«Farà freddo. Sì».

«Grazie. Io preparo anche della minestra da servire nelle tazze». Fa una pausa. «Tu sei proprio dell’idea che sia un errore, vero Henry? Non mi aspettavo che l’avresti presa così male. Scusa».

«Pazienza, Barbara. Adesso cerchiamo di farla funzionare al meglio».

Ingrana di forza la marcia indietro ed esce dal piazzale rimettendo il trattore al suo posto nella rimessa. Lì, nella semioscurità, il suo cuore comincia infine a rallentare e Henry resta seduto immobile sul trattore perché ha bisogno di silenzio, di quiete.

Era il loro piano B, quello di tenere la veglia al coperto in quel fienile se ci fosse stato brutto tempo. Ma era stata una giornata serena. Fredda, ma con un cielo luminoso e limpido, però l’avrebbero fatta all’aperto. Già. Henry sperava che la gente sarebbe tornata a casa presto per colpa del freddo, minestra o no.

E adesso pensa che resterà qui un po’ più a lungo. Già. È bello lì da solo nel fienile. Scopre di non avere nessuna voglia di muoversi.

Un’ora abbondante dopo, in cucina compare Jenny che è venuta a vedere come se la cava sua madre proprio mentre Henry si sfila finalmente gli stivali nello stanzino.

«Pensi di farcela, mamma?».

Barbara sta mescolando la minestra in due pentoloni. «Sì. È solo complicato sapere quanta gente ci sarà».

Henry parla rivolgendosi alla sua schiena. «Mi spiace per prima, tesoro. Sono solo un po’ teso».

«Non fa niente». Lei non si gira a guardarlo, ma allunga una mano per toccare la spalla di Jen e rassicurarla.

«E come sta Sarah?».

Jen prende fiato.

«Vorrebbe ancora venire. Le dispiace mancare alla veglia. E continua a dire che è stato un incidente. Quello delle pillole. Noi ci sentiamo tutti quanti uno schifo».

C’è qualcosa nel tono della sua voce che sconcerta Henry. «Come sarebbe a dire? Voi tutti? È molto triste ma non è colpa vostra».

Jen si gira verso suo padre. «Forse sì».

«In che senso?»

«Abbiamo avuto uno scontro con lei prima dell’appello in TV».

«Avete?»

«Io e Tim e Paul». Adesso si sono aperte delle crepe nella voce di Jenny.

«Siamo stati in giro dappertutto per l’anniversario. E con voialtri a bisticciare in continuazione… non so. Sono stata a trovare Sarah con i ragazzi per organizzarci a vedere l’appello insieme. E gli animi si sono scaldati un po’ troppo. La situazione ci è scappata di mano».

«E…?»

«E credo che ci sentiamo tutti in colpa per aver rinunciato alla gita a Londra. Se fossimo andati anche noi saremmo stati in tanti a cercare Anna».

«Non puoi metterla in questi termini», replica Henry.

«Ma il problema è che non si riesce a farne a meno. Così i ragazzi se la sono presa di nuovo con Sarah per essersi separata da lei quand’erano al club. Su quale può essere stata la vera ragione per cui si sono divise. Sul perché dà sempre risposte così vaghe».

E ora Jenny piange apertamente. «Non volevamo farla stare così male. Ci siamo lasciati trasportare. Io non sono andata a Londra per John e il concerto dei suoi amici, e non esco nemmeno più con lui. Non riesco a capacitarmene. Aver dato più importanza a uno stupido ragazzo che a mia sorella. Ci sentiamo così tremendamente in colpa… Per non essere stati anche noi con loro, su a Londra. Ma non avremmo dovuto prendercela con Sarah…».

«E questo litigio quando è successo?»

«La sera prima della ricostruzione alla TV».

Motivo per il quale ha preso le pillole, pensa Henry. Gesù.

Ora le braccia di Barbara cingono Jen.

«D’accordo, è stato un vero peccato, cara. Ma siamo tutti in difficoltà, in questa situazione. Non devi incolpare te stessa. Dovete chiarirvi con Sarah. Spiegarle che non la ritenete responsabile».

«Infatti. Non è che ce l’abbiamo con lei. È solo che…».

«Siete tutti sconvolti. Come noi. Parlerò alla mamma di Sarah e vedo se posso fare in modo che tu vada a trovarla. A spianare questa situazione. Ora però abbiamo altro da fare. Asciuga quelle lacrime e prendi la tua giacca nuova. Presto arriverà la gente. Ti prometto che ti do una mano a sbrogliare questo inghippo. Vedrai che con Sarah sistemerai tutto. Va bene? Si sistemerà. Ora come ora abbiamo bisogno di essere forti per Anna, questa sera. Giusto?».

Henry sta guardando sua moglie e si chiede dove abbia imparato questo trucco. Sa sempre cosa dire alle ragazze.

Le ragazze? Fa una smorfia per quel plurale.

«Questo è per Anna, non te lo scordare. Per farci trovare a testa alta quando Anna tornerà a casa. Giusto?». Barbara sta asciugando il viso di Jenny con un fazzoletto di carta quando suonano alla porta.

Henry va ad aprire ancora senza scarpe e trova il parroco in giacca impermeabile e stivali.

«Non entrerò. Fango». Sorride. «Bell’idea di sistemare fuori qualcosa per sedersi, Henry. Volevo solo farvi vedere che cosa avrei pensato di leggere. Niente di troppo religioso, come d’accordo. Solo qualcosa di positivo e edificante. E poi ho pensato che forse vuole dire qualche parola anche lei, Barbara? Per ringraziare tutti del loro sostegno e per chiedere alla stampa locale di continuare a sollecitare nuovi testimoni a farsi avanti. Dire che anche le cose più piccole possono essere d’aiuto. No?».

Barbara sorride e Henry guarda Jenny che sparisce di sopra a prendere la sua giacca nuova prima di chiamarli improvvisamente dalla finestra sul pianerottolo.

«Guardate. Guardate fuori. Dovete vederlo… Venite su».

Spinto dall’agitazione improvvisa, il parroco si decide infine a togliersi gli stivali e segue Henry e Barbara al piano di sopra, da dove si vede tutta l’angusta strada che arriva alla fattoria. Al buio è uno spettacolo ipnotico.

Una sottile linea di lumi di ogni genere che procedono oscillando: lanterne e candele e anche fiaccole, una scia luminosa nell’oscurità.

Henry sorprende se stesso. Gli trema il labbro inferiore.

Guarda le luci tremolanti in arrivo e vede di nuovo Anna che corre davanti a lui con il vestito rosa della scuola sotto il cappottino e un mazzo di fiori in mano.

Presto arriverà anche Cathy, l’ufficiale di collegamento. E capisce che è andata avanti già troppo a lungo.

Dovrà parlare alla polizia.

Dovrà dire a tutti la verità.